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L’idea di concentrare l’attenzione tra Padova e Vicenza nasce innanzitutto da due eventi quasi contemporanei di fondamentale valore storico e culturale. Nel marzo del 1584, nel Palazzo del Bo sede dell’Università, Girolamo Fabrici D’Acquapendente utilizza per la prima volta un teatro anatomico permanente, dopo secoli di strutture effimere. Di esso rimangono pochissime testimonianze, che rendono difficile farne una ricostruzione veritiera. La struttura sarà sostituita dieci anni dopo da quella tuttora visitabile, voluta sempre dall’anatomico D’Acquapendente. Nel marzo 1585, nell’Accademia Olimpica di Vicenza, è inaugurato il celebre teatro, a cui si lavora da quasi cinque anni con l’ausilio di artisti di primordine, quali Andrea Palladio e Vincenzo Scamozzi. Anch’esso è ufficialmente riconosciuto come il primo teatro a sede fissa, dopo un secolo di teatri smontabili, utilizzati unicamente per il tempo di una rappresentazione. La vicinanza sia geografica che temporale di questi due eventi rende quantomeno plausibile un collegamento tra le due istituzioni. E’ possibile, quindi, che la nascita delle strutture permanenti, una scientifica e l’altra drammatica, sia frutto di una cultura comune che vede nel teatro uno strumento versatile, di conoscenza e intrattenimento colto, ed un veicolo per l’autocelebrazione delle sedi che ne promuovono la costruzione. La necessità di stabilità nel tempo è anche simbolo della volontà di segnare una traccia forte all’interno del tessuto cittadino. Indagherò, dunque, sia la componente culturale sia quella sociale che conducono a questi due eventi, concentrandomi sulle zone di interrelazione tra bisogni artistici e spinte scientifiche delle due istituzioni.

Per quanto riguarda il lato sociale, il teatro in questo caso è veicolo di presenza, autoaffermazione di realtà minori che hanno una rilevanza nelle zone periferiche, o lontane dalle città in cui ha sede il governo centrale. Il teatro Olimpico di Vicenza, il teatro anatomico di Padova, e successivamente quello di Bologna, sono presenze architettoniche che trovano autonomia come rappresentazioni- monumenti- autoaffermazioni di istituzioni accademiche. Esse insomma usano la forma del teatro riuscendo però ad introdurre nella costruzione le loro particolarità e i loro simboli, creando, di fatto,

dei modelli unici.

Accanto alla produzione “teatrale” di poteri centrali forti, soprattutto delle corti come Firenze, Mantova, Ferrara, vi sono quindi delle realtà che creano dei monumenti rappresentativi della loro funzione culturale e sociale. L’adunanza Olimpica trova nel teatro il modo per manifestare la sua presenza in una città dove la classe nobiliare vede minacciato il suo potere dalla dominante Venezia. Essi creano così una struttura che, al di là degli scopi rappresentativi, ha come prerogativa il perpetuare la loro memoria nel mondo e nel tempo. Più che uno spazio adatto alla rappresentazione, l’Olimpico crea un monumento a sé stesso, che assume significato e importanza per il solo fatto di esistere, non di essere usato. E lo scopo di perpetuare la memoria dell’istituzione viene pienamente raggiunto, come testimonia il libro Storia delle Accademie d’Italia:

“Senza voler menomare l’incontrastato debito delle lettere, delle scienze e dell’arti verso l’Accademia Olimpica- vanto di Vicenza ed onore d’Italia- si deve tuttavia riconoscere, che l’edacità del tempo e più ancora i mutati criteri e sistemi della diffusione del bello letterario e delle utili cognizioni non avrebbero risparmiato neppure «l’Olimpico

Concilio», se a preservarlo dallo scioglimento non avesse contribuito la solidità, artistica e materiale, del rinomato

suo teatro.”264

E ancora:

“I Rozzi di Siena, i Concordi di Rovigo, e qualche altra Accademia ancora devono, in gran parte, la continuazione ininterrotta de’ loro giorni al possesso di sedi di loro costruzione e proprietà. L’opera insigne e illimitata del Palladio ha dato fama mondiale all’Accademia e ne ha impedito la caduta; sicché sin dal 1580 la storia dell’adunanza si è collegata e sempre si collegherà con quella del suo teatro, ed ambedue le storie si compendieranno e si completeranno.”265

264 M. Maylender, Storia delle Accademie d’Italia, Cappelli, Bologna 1929, vol. V, p. 109. 265 Ibid.

Vedremo come e perché i membri dell’Olimpico Concilio desiderano celebrare la presenza della propria accademia, che rapporto essi intrattengono con gli altri organi di potere, e in che modo il teatro è strumento privilegiato dalla società aristocratica berica per celebrare la propria continuità

nel tempo.

Passando invece al secondo teatro anatomico patavino, riscontriamo anche in esso i segni della cultura coeva. Nella sua struttura si manifesta l’idea della nuova anatomia, concentrata sull’atto visivo, e del primato della scienza sulle esigenze sociali. A differenza del teatro bolognese, quello di Padova trascura la mondanità a favore delle necessità scientifiche, dell’osservazione del corpo e della ricerca. Privo di ornamenti, la sua forma a gironi è plasmata sulla funzionalità della visione del corpo. Le minime norme sociali del teatro sono rispettate unicamente nella divisione per rango applicabile sui gradi, ma viene meno una funzione finora centrale, ossia, oltre al guardare, l’essere guardati. Il pubblico non può far mostra di se, perché nel teatro scientifico hanno centralità solo il corpo e l’anatomico. L’Anatomia è in scena come unica protagonista, che non intende contendere spazio a celebrazioni e fasti. Forse il teatro anatomico di Padova può essere considerato come il più alto esempio di teatro scientifico, che rivendica l’importanza del metodo osservativo e della verifica pratica nella sua stessa forma. Esso è un monumento alla filosofia che anima la fine del Rinascimento. Privo di tracce politiche, rivendica con la propria neutralità l’indipendenza della scienza e della ricerca. Diverso discorso dovremo fare per Bologna, dove le tensioni tra poteri centrali e periferici, tra i legati pontifici e i senatori bolognesi, troveranno collocazione anche nell’architettura. D’altronde, l’Università Bolognese è da tempo ormai in decadenza, ciò è dimostrato anche dalla forte intrusione del governo nelle attività gestionali. Si capisce allora come la neutralità dello spazio anatomico patavino rivendichi l’indipendenza della ricerca scientifica. Non che l’Università di Padova sfugga al controllo centrale, sia chiaro, come si vede nel Leone di Venezia impresso nell’entrata, però l’accesso al teatro anatomico segna una porta su un mondo altro, di studio, ricerca, pensiero, indipendenza intellettuale dai poteri politici e sociali. Il visitatore quindi passa sotto il segno della dominazione veneziana, percorre corridoi che riportano gli stemmi e le insegne di docenti e studenti che hanno lasciato il proprio marchio, simbolo della tradizione Universitaria lungo i secoli, ma tutto questo rimane fuori dall’ambiente anatomico, dove le ellissi del teatro avvolgono completamente lo spazio, senza compromessi con eventuali decorazioni. Dunque, in Veneto abbiamo due teatri singolari e autonomi che nascono negli stessi anni. Analizziamo adesso quali reali relazioni intercorrono tra le due istituzioni, per capire le influenze reciproche, gli scambi culturali e sociali, l’osmosi di persone ed idee che ha portato all’edificazioni di due importanti monumenti, pionieri delle strutture a sede fissa. Iniziamo con una breve parentesi storica sull’Università di Padova e sulla nascita dell’Accademia Olimpica.