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Ritorniamo all’opera principale di Giulio Camillo, l’Idea del teatro, nel quale il Mondo tutto si apre davanti ai nostri occhi. Il teatro è visione dell’esistente, dominio del reale attraverso la conoscenza. Giulio Camillo elabora un teatro della memoria in cui inserisce tutto lo scibile, il Mondo, inteso nel senso più ampio possibile, dalle Sfere Celesti alla cosmologia ermetica allo stesso essere umano. In questo spazio l’Uomo, in quanto parte del cosmo, è inserito nella sua scomposizione anatomica, così da diventare parte del teatro e teatro stesso. Il Microcosmo può comprendere il Macrocosmo, ha una posizione centrale che gli permette di avvicinarsi al divino e vedere, e vedersi, nell’armonia celeste.

Il corpo umano sezionato è collocato al quinto grado, chiamato Pasifae e il Toro. L’anima e il terrestre si uniscono, attraverso la trasformazione della prima dalla materia ignea all’aerea. A ciascuna sezione verticale, dominata, ricordiamolo, da un Pianeta, è assegnata una parte umana che, secondo la tradizione, protegge e domina.

Questo è solo un breve indizio dell’interesse di Delminio per l’anatomia. Sfogliando alcune delle sue opere minori, il concetto viene ampliato e troviamo più dettagliate nozioni sulla relazione teatro-corpo. Leggiamo la biografia di Liruti, che racconta non solo dati anagrafici ma anche l’evoluzione del suo pensiero. Qui compare un’interessante notizia:

“non avrà egli sicuramente perduta di mira quest’opera, […] , ed avrà continuato, ed accresciuto sempre il lavoro sull’idea, ch’egli lo descrive a Marcantonio Flaminio in lettera posta nella seconda edizione del Porcacchi, pag 298. Tutto appoggiato, e ordinato al picciol mondo del corpo umano, e delle di lui parti secondo la più esatta Anatomia. Questa opinione, ed idea mutò egli poscia, verisimilmente per maggior chiarezza, e facilità degli spettatori, come dalla Idea del Teatro siamo fatti consapevoli, dove si fa vedere mutato da questa idea prima di servirsi del corpo umano, in quella di appoggiarla ai sette Pianeti, così per il numero rimarchevole, e adatto alla molteplicità degli effetti di quelli, a lui necessaria per dimostrare la moltitudine delle cose da dirsi, o da scriversi.”111

Il progetto iniziale quindi è quello di costruire un modello su forma corporea, piuttosto che scenica. Rintracciando la lettera a Marcantonio Flaminio, si legge chiaro e preciso l’intento e risultano evidenti le corrispondenze con la successiva e definitiva struttura.

Il mittente spiega all’amico come sia intenzionato a “sistemare” la sua conoscenza, in particolare gli studi sull’eloquenza, per renderla pubblicamente utile e facilmente adoperabile. Ha raccolto, immaginiamo in una frammentazione enciclopedica di enorme portata, i numerosi significati e applicazioni delle parole dalle opere latine, in una sorta di dissezione della lingua. Il problema principale riguarda la loro composizione in una visione d’insieme. L’edificio ciceroniano, il luogo caduco già citato a inizio capitolo, pare poco dignitoso, l’applicazione dei dodici segni proposta da Metrodoro troppo complicata. A questo punto quindi la soluzione, che vale la pena riportare per intero:

111 G. Liruti, Notizie delle vite e opere scritte da letterati del Friuli, appresso Modesto Fenzo, Venezia 1760-1830,

“Rivolgemmo tutto ‘l pensiero alla meravigliosa fabrica del corpo humano. Avvisando se questa è stata chiamata piccol mondo, per havere in se parti, che con tutte le cose del mondo si confacciono, potersi a qualunque di quelle accomodare secondo la sua natura di cosa del mondo, & conseguentemente le parole, quella significanti. Et come per la grande vicinità delle parti parrà forse a voi adombrarsi il lume della distinzione, nondimeno se vedeste come nel libro son collocate, parebbevi, non senza gran meraviglia, separatamente vedere in ordine da non uscire mai di mente tante archeo conserve, che dir vogliamo, da riporre ciascuna cosa, & ciascun modo di dire, nel mondo sia. Et che le parti del corpo come luoghi ricevere si possano, ci insegna Galeno, il quale nell’opera che fece, delle passioni, che alle membra dell’huomo possono avvenire, dice, le parti del corpo humano da tutti gli antichi essere state chiamate luoghi. […]et veramente non so che prudentia habbiano gli huomini di cercare dottrina di tutte le cose fuori che di se medesimi, conciosia cosa che questa dovrebbe esser la prima. hor quale opra uscì mai fuori dalle mani dell’eterno mastro più divina dell’huomo? Certo niuna.”112

Camillo ci informa di essere a conoscenza delle opere mediche di Platone, Galeno, Aristotele, Celso, Marco Tullio, Plino Lattanzio e molti altri, quindi di essere aggiornato sugli studi anatomici

del suo tempo, che su questi maestri si basano.

Sullo schema del corpo umano sono distribuiti i sensi che un termine può avere, e i suoi possibili utilizzi. Come nel teatro, ogni “luogo” determina e rimanda all’immagine che gli è affidata, che a sua volta acquista significato per l’inserimento in un preciso spazio anziché un altro. “Abbattere” ad esempio sarà nei nervi “imbattersi in qualche cosa”, poiché il sistema nervoso è intricato e aggrovigliato; “Abbattere a terra” sarà nella mano destra, luogo di Marte e della distruzione. I “cessamenti” e “riposamenti dall’opere” sono nell’ombelico, parte carnale in disuso dopo la nascita, le “cessioni” nel rene sinistro, sceso in basso per far posto alla milza. L’uomo che intende parlare di qualcosa deve individuare la zona che si addice di più al discorso da intraprendere. Nel volto ci sono tutte le passioni umane. Una persona che non è riuscita a vincere la resistenza dell’amata, si rivolge alle ossa, che sono dure ma hanno un tenero midollo. Guardando la mano si dirà di questo soggetto rifiutato “Non stimare qualcuno un’unghia”, ma nel palmo, atto all’addomesticazione delle bestie, si leggono le formule oratorie e poetiche per piegare la donna al proprio desiderio.

Questo è solo il pensiero iniziale, rivolto all’eloquenza, una materia che l’intellettuale ha studiato a lungo. Come obbiettivo futuro, oltre che concludere quest’impresa, Delminio si prefigge di

allargarla alle altre conoscenze, ossia:

“Per le membra dell’umano corpo noi apparecchiamo una e l’altra lingua, e presto tutte le cose”.113 112

G. Camillo, Tutte le Opere, cit., p. 326 (Lettera a Marcantonio Flaminio).

113 Ivi, p. 327. Una e l’altra lingua è riferito al latino e al volgare. Poco più avanti il concetto è reso ancora più esplicito:

Dopo le parole degli antichi e dei moderni, troveranno la loro sistemazione anche le altre arti, la cosmografia, l’agricoltura, in un progetto simile e contiguo a quello del teatro. Infatti, ciò che deve risultare al fine è la visione di tutto il conoscibile, una mappa del Mondo (in tutte le sue accezioni, le scienze, i mestieri, i miti, tutto ciò che troviamo nel teatro) che si offre al nostro sguardo, come un corpo anatomizzato, animato in ogni suo frammento da immagini, concetti, frasi. Soggiace a quest’idea la filosofia rinascimentale che pervade anche la scienza medica, ossia la corrispondenza tra Microcosmo e Macrocosmo. Nella “macchina umana” è contenuto tutto l’Universo, secondo una corrispondenza armonica che unisce neoplatonismo, ermetismo e cabala.

Camillo è venuto a contatto con le conoscenze mediche durante la sua formazione. Egli frequenta le Università di Bologna e Padova, all’avanguardia nello studio e nei metodi anatomici, oltre ad aver studiato i maestri dell’antichità, come Galeno, ha partecipato dal vivo a esperimenti dissettori. La traccia è lasciata nella lettera a Marcantonio Flaminio:

“Ma per essermi ancora da uno eccellente Anatomista homai in due corpi humani, di membro in membro il divin magistero mostrato: né solamente ci è paruto doversi considerare ignudo di fuori, & dentro questo corpo, ma a certi tempi convenevoli à guisa del vertunno di propertio, & d’Ovid.”114

E maggiormente nel Trattato de imitatione:

“Ricordami già in Bologna, che uno eccellentissimo anatomista chiuse un corpo humano in una cassa tutta pertugiata, & poi la espose ad una corrente d’un fiume, il qual per que pertugi nello spatio di pochi giorni consumò e portò via tutta la carne di quel corpo, che poi di se mostrava meravigliosi segreti della natura ne gli ossi soli, e ne nervi rimasi. Così fatto corpo dalle ossa sostenuto io assomiglio al modello dell’eloquentia della materia e dal disegno solo sostenuto. E così come quel corpo potrebbe esser stato ripieno di carne d’un giovane, o d’un vecchio, così il modello dell’eloquentia può essere vestito di parole, che nel buò secolo fiorirono, o che già nel caduto languide erano.” 115

meravigliosamente sono distinti, ò tutti gli offici, & le conditioni di tutte le persone; si che cosa non può essere immaginata in cielo, in aere, in terra, in acqua e in abisso, che nel nostro libro non possa haver luogo per se, e per quella parte di lingua acconcia a renderla manifesta”.

114 Ivi, p. 327.

L’anatomia è un modo per affrontare l’esistente, sezionando le nozioni, collocandole su ciascuna zona del corpo in base a corrispondenze di senso. Questa parte del trattato c’illustra anche il successivo passo dal corpo al teatro: le caratteristiche della composizione umana sono le stesse della scomposizione teatrale, la frammentazione nella visione unitaria, la possibilità di dominio visivo dell’universo intero e delle sue singole aree di conoscenza, attraverso un perfetto isomorfismo tra microcosmo, macrocosmo e teatro. Quest’ultimo è preferito soltanto perché più pratico e preciso. La conclusione alla quale l’intellettuale friulano perviene non è isolata nel complesso culturale coevo. Troviamo riflessioni simili anche nel mondo teatrale. Non solo l’edificio è attiguo all’anatomia umana, ma trova la stessa sezione anche quello che in esso viene rappresentato. Leone dè Sommi, che abbiamo già trovato come teorico nei Dialoghi, descrive la divisione della commedia conformemente a quella del corpo. Cinque è il numero che racchiude pari e dispari, maschio e femmina, applicato in antichità a Mercurio, dio delle Scienze, della Matematica, dell’Aritmetica e della Musica. E’ il numero della giustizia perché mediano al dieci, figura perfetta che torna moltiplicata per sé stesso, come un cerchio, è potenza contro i demoni e i veleni ed è il numero delle uova delle rondini. Cinque è dunque la perfezione, e se un’opera deve essere esemplare rispecchierà questa proporzione. Di più: la filosofia Rinascimentale vede l’uomo come centro e creatura prediletta, la sua esistenza quindi deve essere eccellente come la sua proporzione di membra.

“Et per venire a capo, cominciando dico che la commedia, come più volte ho riferito, non è altro che una imitazione o esempio della vita civile, et essendo il suo fine la istituzione umana, chiara cosa è che, quanto più ella avrà convenienza con la disposizione de l’uomo, tanto nel suo essere avrà maggior perfezione.”116

La peculiarità dell’Uomo deriva dal suo essere non solo terreno, ma partecipe al divino: lo hanno scoperto i greci chiamandolo Microcosmo, lo ribadiscono anche i cristiani perché Dio ci ha creato a sua immagine e somiglianza. L’uomo contiene tutto l’Universo, nella parte inferiore, celeste e spirituale.

Questo si riconosce anche grazie ad alcuni segni, in quanto l’essere vivente è diviso attraverso il numero perfetto 5:

1) proprietà dell’anima: vista, udito, gusto, odorato e tatto

116 L. de Sommi Quattro dialoghi in materia di rappresentazioni teatrali, a cura di F. Marotti, il Polifilo, Milano 1968,

2) proprietà dell’anima: vegetale, sensitiva, concupiscibile, irascibile e razionale 3) parti estreme: capo, due mani, due piedi (ed ognuno 5 dita)

4) capo: occhi, naso, orecchie, bocca, intelletto 5) corpo: ossa, nervi, vene, cartilagini, carne

Il cuore infine è raffigurazione dello spirito che anima tutte le membra, cioè il soggetto della commedia.

Cinque è anche numero direttamente divino, infatti la legge sacra è divisa in cinque libri, il nome di Dio, secondo i cabalisti, ha quel numero di lettere, Mosè utilizza solo cinque interlocutori per il poema di Giobbe, da cui gli antichi presero esempio per i drammi.

Tra l’uomo e la commedia c’è più di una similitudine, vi è un vero e proprio isomorfismo. Nel primo atto della Commedia si conoscono i fatti e i protagonisti della storia, così come la conoscenza che riguarda il capo e i suoi sensi:

“Prima, sì come con li sentimenti del capo l’uomo vede, ode, et capisce ogni sua cosa, così nel primo atto della comedia con la protasi, o vogliam dire argomento e dimostrazione, si ha a far conoscere, vedere, et capire i soggetti principali della favola”.117

La mano sinistra è debole e non riesce a difendersi dalle avversità, come nelle situazioni critiche del secondo atto. La destra risolleva la situazione con la sua fortezza. Allo stesso modo si superano le disgrazie che ci si intoppano tra i piedi del quarto e quinto atto. Come il cuore, come alle membra distribuisce lo spirito, così il soggetto disporrà la sostanza in tutte le parti, che sono ben proporzionate e studiate.

Le farse invece non sono distinte in cinque atti, perché la lunghezza le renderebbe insopportabili. Cercano quindi di avvicinarsi al numero perfetto attraverso il tre, che riguarda comunque l’umano. Il corpo dal diaframma alle gambe è connesso con il basso mondo, dalla gabbia toracica alla gola ha proprietà celeste, la testa è simulacro del mondo spirituale. Più in generale la partizione è tra corpo, anima e spirito che le unisce. Anche i moti licenziosi sono inseriti in questa ideologia: nella commedia è lecita la presenza di battute volgari, come nella persona umana esistono le “parti vergognose”, presenti ma nascoste dove meno si vedono.

Il teatro seziona l’uomo, con varie sfumature. Può essere la divisione nella struttura mnemonica camilliana, con le corrispondenze tra il cosmo, le cose terrene e gli organi, oppure eloquenza e anatomia umana. Può essere questa particolare teoria di De Sommi. Si potrebbe azzardare che l’anatomia e il teatro sono due metafore peculiari dell’epoca moderna, o più precisamente due modelli conoscitivi con cui approcciarsi al mondo e alla realtà.

Ne I secoli d’oro dell’anatomia Luois Van Delf descrive i vari modi in cui l’anatomia viene usata, fino ad elaborare un modello anatomico:

“Il modello anatomico non si riduce alla sola incisione. L’anatomista, difatti, non si accontenta di incidere e tagliare. Egli stacca, scarta, separa, spiega, isola, libera, mette in luce, evidenzia. Disfa, piega dopo piega, fibra dopo fibra. Penetra fino alle ossa, fino ai nervi, fino ai lineamenti.”118

Il teatro è allo stesso modo forma di conoscenza, attraverso lo sguardo nei modi sopraddetti, spazio privilegiato per l’inquadramento non solo delle cose, ma del Cosmo tutto. Possiamo così arrivare ad un assioma finale, che collega, per proprietà transitiva, il Gran teatro del Mondo alla corrispondenza tra Uomo e Universo. Il corpo è un microcosmo che riflette e comprende in sé, ed è compreso, nel macrocosmo. A sua volta il Mondo è teatro, dove viene rappresentato uno spettacolo effimero e solenne. Quindi, se il corpo è mondo e il mondo è teatro, per proprietà transitiva il corpo è teatro. Entrambi sono due modelli di metodo conoscitivo, che attraverso lo sguardo, la presenza, la sezione e l’unificazione, garantiscono un approccio esaustivo e convincente alla conoscenza. Teatro e corpo si fondono in una forma mentale di sapere, nella vista, nella scomposizione, nella dinamicità dello spettacolo e nel controllo, preambolo prezioso dei teatri anatomici.

Abbiamo così delineato alcuni modi moderni di pensare il theatro, cercando di mettere in risalto soprattutto le zone di sovrapposizione dell’arte e della scienza. Lo spazio vitruviano è la forma classica che gli architetti elaborano, come perfetta. Essa non sarà mai eretta nella sua interezza, tuttavia ci aiuta a comprendere quali sono le caratteristiche del teatro tra Quattrocento e

118 Rappresentare il corpo: arte e anatomia da Leonardo all'Illuminismo, a cura di G. Olmi, Bononia University Press,

Cinquecento: l’attenzione riservata alla vista e all’udito, le esigenze sociali del pubblico, che devono riversarsi nella conformazione architettonica, l’essere non solo un luogo di svago, atto a contenere performance, ma un monumento che trova nella sua costruzione una ragione d’essere, il bisogno di perpetuare nel tempo memoria, messaggi e filosofie.

Questo modello si rivela versatile ed esso viene applicato in ambiti extraperformativi. Le peculiarità di ordine date dallo spazio teatrale lo rendono un luogo ideale per affrontare le caotiche nozioni del mondo umano, in esso i fenomeni sono ridotti sotto la vista degli spettatori, che possono così codificarli e tenerli sotto controllo. Il teatro è così un modello conoscitivo, luogo atto al sapere e con queste caratteristiche viene usato nella produzione libraria, quando gli studiosi cercano di razionalizzare i complessi fenomeni del mondo (le scoperte geografiche, gli eventi fisici, i vari generi di ingegno che contraddistinguono l’uomo). Infine, andando oltre la conoscenza, il teatro diventa spazio di memoria, espediente per l’ars reminiscendi. Al suo interno lo scibile umano è racchiuso e compreso, e diventa una vera e propria sede di apprendimento, dove è possibile contemplare le corrispondenze tra macrocosmo e microcosmo.

Conoscenza e insegnamento, visione e ascolto, società, memoria e monumento sono le parole chiave, elaborate nelle riflessioni tra Quattrocento e Cinquecento, che dobbiamo tenere a mente per comprendere i teatri anatomici, che si sviluppano in questo clima culturale e che andremo adesso ad analizzare.

STORIA DELL’ANATOMIA. TEATRI ANATOMICI PRIMA DEL