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Theatro è dunque il termine attorno a cui ruota l’opera più celebre di Delminio. Cercheremo di estrapolare le caratteristiche del suo progetto per arrivare a capire in che accezione e con che scopo Camillo adopera il senso e la forma delle sedi sceniche all’interno della sua arte.

Avvaliamoci innanzi tutto della fonte principale: L’idea del theatro, libro molto diffuso nel Cinquecento. La prima edizione vede luce dopo la morte dell’autore, in una stampa fiorentina che Lodovico Domenichini cura per il Torrentino90. Quasi contemporaneamente escono due edizioni veneziane ( Agostino Bindoni e Baldassarre Costantini), e molte ne seguono fino alla fine del 88 Oltre che testimoniato dai biografi, è riscontrabile anche nelle lettere da lui scritte, come quella spedita da Bologna il

14 agosto 1521, ad Agostino Abbioso, o quelle per Ludovico Beccatelli 8 aprile e 12 settembre 1523. Abbiamo inoltre un’epistola del Bembo A M. Giulio Camillo Delminio Bologna, pubblicata nelle Lettere italiane del Bembo, edizione del Sansovino, Venezia 1560, libro III p. 39. Le maggiori notizie su Giulio Camillo sono fornite comunque dal fido amico Muzio, che lo accompagna per gran parte della vita e soprattutto nel periodo finale.

89 Erasmus, Epistole, ed. P.S. Allen, IX, 479.

90 Mi avvalgo qui dell’edizione moderna ripresa dalla stampa del 1550, ossia L’idea del theatro, a cura di Lina Bolzoni,

secolo. Prima di questo, pare che a Venezia il progetto vede vera e propria edificazione. Ne abbiamo testimonianza nella lettera che Lazare de Baif, ambasciatore francese, scrive a Francesco I, oppure in quella citata di Viglio Zwichem a Erasmus.

Il teatro di Camillo s’inserisce, oltre che tra la gamma dei teatri del Mondo precedentemente analizzati, nella lunga tradizione della mnemotecnica, disciplina tramandata dai secoli precedenti soprattutto con i volumi di Raimondo Lullo, e che darà i massimi frutti a fine Cinquecento, negli scritti di Giordano Bruno. La memoria è un’arte, non solo un dono naturale, perché può essere creata attraverso degli espedienti, o meglio delle tecniche. Innanzi tutto, i concetti sono affidati a immagini, che toccano più facilmente l’uomo e ne facilitano la comprensione. Inoltre, è bene associare una serie di nozioni a luoghi differenti, oppure a diverse parti di uno spazio, che permettano di creare una successione di sguardi da un punto all’altro e facilitare la concatenazione dei ricordi. La vista anche in questo caso è una delle componenti centrali, per conoscere e facilitare la permanenza delle informazioni nella mente.

Entrambe le tecniche mnemoniche dei luoghi e delle immagini sono usate da Camillo. Egli cerca di racchiudere il mondo, tutto quello che l’uomo può conoscere e concepire, in un theatro, in cui colloca tutto ciò che esiste nella sfera terrestre e in quella celeste. La costruzione è divisa in sette gradi, ciascuno afferente alle materie, dalle più semplici alle più complesse, a loro volta scomposti in sette sezioni verticali corrispondenti ad un pianeta. Si ha così uno spazio concreto e ben distinto dove i segmenti sono ordinati e in successione. A ogni sessione è affidata una o più immagini, che racchiudono un significato filosofico profondo. In questo modo l’autore riesce a rappresentare il Mondo, dai gradi più alti dell’essere a quelli più materiali, attraverso miti e pitture allegoriche tratte dalla sua vastissima cultura, attingendo la genesi e la conformazione dell’Universo sia dai neoplatonici sia dalla cabala e dall’ermetismo. L’immaginario delminiano racchiude misteri alchemici, miti e storie antiche, simboli con significati trascendenti la loro qualità di oggetti artistici, tratti da Virgilio, Ovidio, dai latini fino alle poesie di Petrarca91.

91 Per un’accurata descrizione del teatro rimando a Frances A. Yates, L’arte della memoria, cit., che ne propone anche

una ricostruzione grafica accurata. Il Methodo invece utilizzato da Camillo, descritto dal punto di vista pedagogico, è chiarificato in M. Carpo, Alberti, Raffaello, Serlio e Camillo, cit. pp. 65-82, che viene applicato all’insegnamento dell’architettura.

Figura 6: G. Camillo, Theatro della memoria, ricostruito da F. Yates.

Il teatro di Camillo è descritto in forma fissa e precisa, sicuro nelle caratteristiche che l’autore gli attribuisce. Tralasciando per un momento il suo contenuto, valutiamo adesso i passi del libro in cui è descritta la struttura e le peculiarità inerenti all’idea, destinata da progetto a diventare edificio concreto92. Lo spettatore si trova al centro dell’orchestra, e osserva la cavea circostante, divisa nelle quarantanove sezioni.

Il modello di riferimento sembra essere quello Vitruviano. D’altronde, l’opera è composta nella prima metà del Cinquecento, in pieno clima di esegesi, come visto nella prima parte. Il dotto Camillo, padrone di una vasta biblioteca che racchiude i volumi più celebri della sua epoca, non può essere all’oscuro dei trattati che circolano tra gli intellettuali del momento. Inoltre, egli è legato da una forte amicizia a Sebastiano Serlio, e con lui condivide l’interesse per l’architettura. Tra le opere di Delminio, troviamo un’applicazione del teatro della memoria proprio per insegnare la scienza edile, che segue una divisione molto simile a quella proposta dall’artista bolognese nei suoi sette libri di architettura.

Tornando a L’idea del theatro, vediamo che questo spazio è descritto come un luogo ordinato, precisamente suddiviso e soprattutto destinato a durare:

“Or se gli antichi oratori, volendo collocar di giorno in giorno le parti delle orationi che havevano a recitare, le affidavano a’ luoghi caduchi, come cose caduche, ragione è che, volendo noi raccomandar eternalmente gli eterni di tutte le cose che possono esser vestiti di oratione con gli eterni di essa oratione, troviamo a loro luoghi eterni.”93

Questo passo evidenzia come Delminio prenda ispirazione dalla classicità e dai progetti utopici degli architetti. Dotare il luogo dell’aggettivo “eterno” indica un progetto destinato a durare, non una sala effimera da smantellare e rimontare a seconda delle occasioni. La memoria richiede una costruzione solida che la salvaguardi nel tempo, per Camillo a fini personali ed educativi, mentre per gli esegeti per la perpetua gloria di promotori e costruttori. Con questa allettante prospettiva Sulpizio da Veroli invita il Cardinal Rialto a creare di una sede per i drammi, così come nell’antichità gli imperatori Pompeo o Vespasiano hanno affidato la propria fama ad imprese eccezionali ed eterne. Tra meno di mezzo secolo, a Vicenza, verrà eretto il teatro Olimpico, che

92 L’immagine del teatro che propongo, a livello materiale, condivide il modello elaborato dalla Yates che proietta le

riflessioni dell’autore sulla cavea. Tuttavia, sono possibili altre interpretazioni.

monumentalizza le idee classiche mediate da Palladio e i bisogni celebrativi dell’Accademia, partendo dagli stessi presupposti qui esposti.

La costruzione, oltre ad essere eterna, deve avere un aspetto chiaro e preciso, per permettere un percorso mentale semplice.

“L’altra adunque fatica nostra è stata di trovare ordine in queste sette misure, capace, bastante, distinto et che tenga sempre il senso svegliato et la memoria percossa”94

Lo spazio è stabilito su un ordine gerarchico, che segue anche in questo caso il modello antico:

“ma per dar (per così dire) ordine all’ordine, con tal facilità che facciamo gli studiosi come spettatori, mettiamo loro davanti le dette misure, sostenute dalle misure de’ sette pianeti in spettaculo, o dir vogliamo theatro, distinto per sette salite. Et perché gli antichi theatri erano talmente ordinati che sopra i gradi allo spettaculo più vicini sedevano i più honorati, poi di mano in mano sedevano ne’gradi ascendenti quelli che erano di minor dignità, talmente che ne’ supremi gradi sedevano gli artefici, in modo che i più vicini gradi a’ più nobili erano assegnati, sì per la vicinità dello spettaculo, come anchora perché dal fiato de gli artefici non fossero offesi, noi, seguendo l’ordine della creation del mondo, faremo seder né primi gradi le cose più semplici, o più degne, o che possiamo imaginar essere state per la disposition divina davanti alle altre cose create.”95

La disposizione è ordinata e segue delle leggi sociali. Nella parte bassa, nobiliare, sono poste le cose semplici che sono state create per prime, ogni grado ospita quelle che sono venute dopo, imitando i teatri antichi dove il popolo si disponeva partendo dai senatori, vicini al palco, ed arrivando ai meno abbienti, all’ultimo girone. L’idea che gli aristocratici possano essere offesi dagli odori degli altri spettatori è chiaramente ripresa da Vitruvio. Il modello strutturale diventa così una “macchina” versatile, uno spazio il cui uso è plurimo e si può adattare a differenti esigenze. Che si tratti di contenere i cittadini in modo gerarchico per celebrare e riunire la città, o di disporre le immagini mnemoniche per contenere il mondo, la forma base rimane la stessa, il teatro perfetto e ideale che unisce classico e contemporaneo.