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La congiuntura nel 2010

Nel documento Rapporto 2010 (4.4mb) (pagine 97-103)

2.5. Industria in senso stretto

2.5.1. La congiuntura nel 2010

La crisi mondiale ha investito duramente il settore dell‟industria in senso stretto, fulcro dell‟economia regionale, determinando una recessione avviata con la seconda metà del 2008 e protrattasi sino al primo trimestre del 2010. A partire dalla primavera i dati dell‟indagine trimestrale condotta dal sistema camerale hanno fornito un‟immagine di una fase congiunturale improntata ad una moderata ripresa (tab. 2.5.1 e fig.

2.5.1). La recessione per l‟industria regionale è durata sette trimestri e ha determinato una caduta dell‟attività che non trova riscontro nella storia della rilevazione congiunturale regionale, dal 1989 a oggi (fig. 2.5.5). Allo stato attuale, la ripresa non appare tuttavia forte, come ci si potrebbe attendere dopo una così ampia caduta, né consolidata e omogenea, essendo dipendente dai risultati conseguiti sui mercati all‟esportazione e frutto dell‟attività di parte dei settori. La ripresa in corso va considerata come un piccolo balzo dal fondo di un baratro, che lascia il livello dell‟attività dell‟industria regionale ben lontano dai punti di partenza pre-crisi. I tassi di variazione tendenziale positivi rilevati non sono apparsi molto ampi e fanno riferimento a periodi che avevano registrato fortissime cadute del livello di attività. Occorre quindi considerare con attenzione i possibili effetti sulla struttura industriale regionale del permanere, per un ampio periodo di tempo, di un livello d‟attività così ridotto.

Nonostante la ripresa dell‟attività congiunturale sia stata non omogenea tra i settori industriali e le aree del paese, l‟andamento dell‟attività nel 2010 è risultato comunque sostanzialmente in linea con quelli riferiti al Nord-est e all‟insieme dell‟industria nazionale.

Tab. 2.5.1. Congiuntura dell‟industria. 1°-3° trimestre 2010.

Fatturato fatturato delle imprese esportatrici. (4) Mesi di produzione assicurata dal portafoglio ordini.

Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna, Centro Studi Unioncamere - Indagine congiunturale sull'industria in senso stretto. L‟indagine si fonda su un campione rappresentativo dell‟universo delle imprese industriali regionali fino a 500 dipendenti ed è effettuata con interviste condotte con la tecnica CATI. Le risposte sono ponderate sulla base del fatturato. L'indagine si incentra sull'andamento delle imprese di minori dimensioni, a differenza di altre rilevazioni esistenti che considerano le imprese con più di 10 o 20 addetti. I dati non regionali sono di fonte Centro Studi Unioncamere - Indagine congiunturale sull'industria manifatturiera.

Il fatturato espresso a valori correnti si era ridotto del 14,3 per cento nel 2009, ma nonostante l‟avvio di una ripresa, nei primi nove mesi dell‟anno è salito di solo l‟1,1 per cento (tab. 2.5.1 e fig. 2.5.1). Per effettuare una corretta valutazione dell‟andamento di questa variabile, occorre tenere presente che i prezzi alla produzione nazionali hanno fatto segnare un incremento tendenziale pari a 2,6 per cento nel periodo da gennaio a settembre. Tenuto conto della composizione dell‟industria in senso stretto regionale, il confronto risulta più adeguato con l‟incremento dei prezzi dei soli beni manufatti del 3,0 per cento. L‟andamento del fatturato è apparso migliore di quello rilevato per l‟industria nazionale, in aumento di appena lo 0,6 per cento, ma lievemente peggiore di quello riferito al Nord-est, che ha segnato un +1,4 per cento. Risultati positivi hanno ottenuto l‟industria del trattamento metalli e quella meccanica, elettrica e dei mezzi di trasporto, mentre sono da segnalare in negativo il basso profilo dell‟industria alimentare e il protrarsi delle notevoli difficoltà che affrontano i settori della moda. L‟andamento del fatturato risulta sostanzialmente disomogeneo per classe dimensionale delle imprese. La ripresa pare essersi avviata prima per le imprese maggiori e poi essersi progressivamente diffusa alle imprese più piccole, grazie ai classici processi di esternalizzazione dell‟attività (fig. 2.5.7). Nei primi nove mesi dell‟anno (tab. 2.5.1 e fig. 2.5.1), il fatturato è cresciuto del 2,1 per cento per le imprese regionali medio - grandi, dai 50 ai 499 dipendenti, dello 0,6 per cento per quelle piccole, dai 10 ai 49 dipendenti, ma è risultato ancora in calo dell‟1,7 per cento per le imprese minori, da 1 a 9 dipendenti.

Secondo i dati dell‟indagine congiunturale, l‟andamento del fatturato ha trovato ancora una volta sostegno nelle esportazioni, che, nei primi nove mesi dell‟anno, hanno fatto segnare un incremento del 2,6 per cento. L‟evoluzione del fatturato estero è risultata migliore di quella del fatturato complessivo in tutti i settori dell‟industria, in particolare per i settori in difficoltà della moda, ma con l‟eccezione dell‟industria del legno e del mobile. L‟andamento delle esportazioni regionali è risultato lievemente migliore rispetto a quello registrato per l‟Italia (+2,0 per cento) e a quanto riferito al Nord-est (+2,3 per cento). La ripresa ha fornito una buona occasione, prontamente colta, ai settori forti di specializzazione delle esportazioni regionali, con aumenti superiori al 3 per cento per l‟industria del trattamento metalli e minerali metalliferi e per l‟ampio aggregato dell‟industria meccanica elettrica e dei mezzi di trasporto. La capacità di operare sui mercati esteri e quindi la struttura aziendale è apparsa determinante, tanto che la crescita delle vendite all‟estero si è avviata prima e ha portato a più ampi risultati al crescere della dimensione delle imprese. Nei primi nove mesi dell‟anno il fatturato all‟esportazione è aumentato del 2,9 per cento per le imprese medio - grandi, dell‟1,9 per cento per le piccole imprese (10-49 addetti) e di solo l‟1,0 per cento per quelle minori (1-9 addetti). Tra gennaio a settembre, il 24,5 per cento delle imprese industriali regionali, con almeno uno e non più di 500 dipendenti, ha effettuato esportazioni, un dato sensibilmente inferiore rispetto a quelli rilevati con riferimento all‟intero Paese (26,6 per cento) e all‟insieme del Nord-est (30,4 per cento).

Fig. 2.5.1. Congiuntura dell‟industria. Andamento delle principali variabili. Tasso di variazione sullo stesso periodo dell‟anno precedente. 1°-3° trimestre 2010.

Fonte: Unioncamere Emilia-Romagna, Centro Studi Unioncamere - Indagine congiunturale sull'industria in senso stretto.

Secondo i dati Istat, nei primi sei mesi del 2010, le esportazioni regionali di prodotti dell‟industria manifatturiera sono risultate pari a 19.676,1 milioni di euro, avendo messo a segno un recupero dell‟11,3 per cento, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (fig. 2.5.2). Si tratta comunque solo di un parziale recupero della pesante caduta (-23,4 per cento) subita nello stesso periodo dello scorso anno rispetto al 2008. Occorre comunque cautela nel valutare questo risultato, che è stato conseguito soprattutto nel corso del secondo trimestre, che ha avuto un andamento nettamente migliore rispetto al precedente. Il dato, inoltre, è relativamente peggiore rispetto all‟incremento del 13,1 per cento conseguito dalle vendite sui mercati esteri del complesso dell‟industria manifatturiera nazionale (fig. 2.5.2). Tale andamento trova una spiegazione sia nel pesante colpo inferto dalla crisi internazionale ai settori in cui l‟industria regionale è specializzata, ovvero la produzione di beni di investimento, sia nei risultati relativamente modesti conseguiti dai settori della moda e del “legno e del mobile”. I dati Istat confermano quindi la tendenza emersa per il primo semestre dall‟indagine congiunturale, che non prende però in considerazione i dati delle imprese con più di 500 addetti.

I dati Istat mettono poi in luce gli importanti risultati positivi conseguiti da alcuni settori regionali, tra cui l‟aggregato delle “apparecchiature elettriche, non elettriche per uso domestico, elettronica, ottica, elet-tromedicale e apparecchi di misura” (+28,1 per cento) e quello della “chimica, farmaceutica, gomma e materie plastiche” (+34,3%). Questi hanno messo a segno incrementi delle vendite all‟estero notevolmente superiori a quelli conseguiti dagli stessi settori a livello nazionale. Molto positivi anche gli incrementi fatti segnare dalle esportazioni dei settori “della metallurgia e dei prodotti in metallo” (+18,5 per cento) e dei “mezzi di trasporto” (+13,6 per cento), anche se quest‟ultimo, in particolare, non è risultato migliore del dato nazionale. Le esportazioni dell‟importante settore dei “ macchinari e apparecchiature”, che corrispondono al 28,4 per cento delle esportazioni regionali, sono aumentate solo nel corso del secondo trimestre e ad un ritmo pari alla metà della media regionale nel semestre (+5,6 per cento), nonostante si tratti di un incremento superiore a quello ottenuto dal settore nazionale. Non mancano forti ombre. Sono rimaste al palo le vendite all‟estero dei settori regionali del “legno e del mobile” (-3,2 per cento) e del “tessile, abbigliamento, cuoio e calzature” (-2,9 per cento), che hanno messo in luce andamenti sensibilmente peggiori dei rispettivi settori nazionali.

Se si considerano i paesi e le aree di destinazione, appare evidente la relativamente limitata ripresa (+10,1 per cento) delle esportazioni verso i mercati europei, che hanno assorbito il 67,7 per cento delle vendite all‟estero dell‟industria regionale. Essa è stata realizzata prevalentemente nel corso del solo secondo trimestre e trainata dai risultati positivi conseguiti in Germania (+13,6 per cento), a seguito della forte espansione sperimentata da questo paese tra aprile e giugno, e in Francia (+13,9 per cento). Inoltre ha comunque ha prodotto dei risultati meno ampi rispetto a quelli ottenuti dalle esportazioni italiane sui Fig. 2.5.2. Esportazioni dell‟industria manifatturiera emiliano-romagnola. Gennaio – Giugno 2010.

Confronto territoriale e andamento per i

(1) Tasso di variazione sullo stesso periodo dell‟anno precedente.

Fonte: Elaborazione Unioncamere Emilia-Romagna su dati Istat, Esportazioni delle regioni italiane.

mercati europei e su quello della Germania, cresciute rispettivamente del 13,4 per cento e del 14,7 per cento. Ai mercati della sola Unione Europea è stato destinato il 57,8 per cento delle vendite all‟estero, con un incremento del 12,8 per cento, anche questo lievemente inferiore al dato nazionale. Tra i mercati europei extra Ue, si segnala la bassa crescita registra sul mercato russo (+8,0 per cento), verso cui si orienta una quota ancora limitata dell‟export settoriale (2,9 per cento).

Le esportazioni regionali verso i mercati africani sono cresciute in misura inferiore alla media (+6,1 per cento, con una quota del 5,2 per cento), mentre sono salite in misura superiore alla media quelle verso il complesso dei mercati asiatici (+15,6 per cento). L‟Asia assorbe il 14,9 per cento delle esportazioni industriali regionali. In quest‟ambito sono da sottolineare il buon incremento delle vendite destinate all‟India (+24,5 per cento, con una quota pari a solo lo 0,9 per cento) e, soprattutto, il notevole incremento (+53,2 per cento) di quelle dirette al mercato cinese, che costituiscono il 2,9 per cento del totale.

Meglio che sui mercati asiatici hanno fatto le imprese regionali sui mercati americani, con un aumento delle esportazioni del 16,1 per cento. Nella media del semestre è apparso limitato il risultato ottenuto negli Stati Uniti (+8,5 per cento, per una quota del 6,6 per cento), ma è stata eccezionale la crescita messa a segno sul mercato carioca (+83,6), anche se a questo si orienta solo l‟1,4 per cento delle esportazioni industriali regionali. Un risultato notevole (+29,7 per cento) è stato registrato sui mercati dell‟Oceania, che hanno tuttavia un rilievo ancora marginale (1,2 per cento). Con tutte le differenze del caso, risulta comunque sempre maggiore l‟importanza dei paesi emergenti come sbocco per le esportazioni dell‟industria regionale, ancor più in una prospettiva di medio termine.

La produzione industriale regionale ha chiuso il 2009 con una flessione del 14,1 per cento. Nei primi nove mesi dell‟anno, la ripresa, avviata con il secondo trimestre, ha portato a un moderato incremento dello 0,9 per cento rispetto all‟analogo periodo dello scorso anno (tab. 2.5.1 e fig. 2.5.1). Anche in questo caso, il risultato dell‟Emilia-Romagna è risultato intermedio rispetto al dato riferito all‟Italia (+0,6 per cento) e al Nord-est (+1,7 per cento). A livello settoriale, l‟industria del trattamento metalli e quella meccanica, elettrica e dei mezzi di trasporto hanno mostrato un andamento meglio intonato, mentre fatica a riprendersi l‟industria alimentare, settore aciclico per eccellenza e continua a contrarsi l‟attività dei settori della moda. L‟andamento della produzione tra le classi dimensionali ha visto una chiara ripresa solo per le imprese medio - grandi, da 50 a 499 dipendenti, che sono uscite dalla recessione dal secondo trimestre con maggiore decisione (fig. 2.5.7) e che nel complesso dei primi nove mesi (tab. 2.5.1) hanno evidenziato l‟aumento produttivo più elevato (+2,0 per cento). La produzione è rimasta sostanzialmente stazionaria nello stesso periodo per le piccole imprese (+0,3 per cento), mentre si è ancora sensibilmente ridotta (-2,1 per cento) per le imprese minori, da 1 a 9 dipendenti.

Da inizio anno alla fine di settembre, gli ordini acquisiti dall‟industria regionale sono saliti dell‟1,3 per

Fig. 2.5.3. Esportazioni dell‟industria manifatturiera italiana. Gennaio – Giugno 2010.

Confronto territoriale e andamento per i

(1) Tasso di variazione sullo stesso periodo dell‟anno precedente.

Fonte: Elaborazione Unioncamere Emilia-Romagna su dati Istat, Esportazioni delle regioni italiane.

cento. Questa indicazione getta alcuni dubbi sulla solidità della ripresa. Se, da un lato, l‟incremento è stato superiore a quello della produzione, dall‟altro, la differenza non appare sostanziale e non offre una chiara prospettiva di ulteriori forti accelerazioni del ritmo dell‟attività (tab. 2.5.1 e fig. 2.5.1). Anche in questo caso il dato risulta intermedio rispetto ai risultati conseguiti a livello nazionale e circoscrizionale, anche se appare molto più prossimo all‟aumento dell1,1 per cento medio dell‟Italia, piuttosto che all‟incremento del 2,4 per cento degli ordini rilevato nel Nord-Est. Rispetto a quello della produzione, l‟andamento degli ordini (tab. 2.5.1 e figg. 2.5.5-6) ha messo in luce una maggiore disomogeneità delle tendenze settoriali. L‟industria meccanica, elettrica e dei mezzi di trasporto ha visto un chiaro miglioramento, che appare meno netto invece per quella del trattamento metalli. In negativo invece, gli ordini confermano una tendenza all‟ulteriore contrazione per i settori della moda, ma questa prospettiva pare estendersi anche all‟industria alimentare.

Al contrario delle differenze settoriali, quelle riferite all‟andamento degli ordini tra le diverse classi dimensionali delle imprese, non appaiono più accentuate di quelle relative ai risultati della produzione.

L‟andamento si conferma, comunque, ancora pesante per le imprese minori, da 1 a 9 dipendenti, per le quali gli ordini acquisiti si sono ridotti dell‟1,7 per cento, debole per le piccole imprese, che mettono a segno un incremento dello 0,9 per cento, mentre appare più positivo per le imprese medio - grandi, che con un incremento del 2,4 per cento rafforzano la prospettiva di ripresa.

Secondo l‟indagine Istat sulle forze di lavoro, nei primi sei mesi del 2010 l‟occupazione dell‟industria in senso stretto dell‟Emilia-Romagna ha subito una diminuzione tendenziale del 2,9 per cento, pari a circa 16.000 unità, che ne ha ridotto la consistenza a 522 mila addetti. Si tratta di una variazione meno pesante rispetto alla diminuzione del 5,5 per cento rilevata nel Paese.

Occorre comunque ricordare che l‟occupazione, misurata dall‟indagine Istat sulle forze di lavoro, contabilizza come occupati anche i lavoratori in cassa integrazione guadagni, il cui numero risulta essere particolarmente elevato. Attraverso le lenti dell‟indagine Istat, l‟attuale fase del mercato del lavoro ha visto solo una parte delle espulsioni in conseguenza della crisi, che continuano a venire ampiamente procrastinate in regione attraverso un elevato impiego della Cig.

L‟occupazione dipendente è risultata pari a quasi 464 mila unità e ha segnato un sostanziale decremento di circa 11.000 unità, pari al 2,4 per cento, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Più pesante la contrazione del numero degli addetti indipendenti, che si è ridotto del 7,1 per cento, ovvero 4.500 unità, ed è sceso a quota 58.700 mila. L‟occupazione maschile è scesa a poco più di 362 mila unità, con una flessione di solo l‟1,3 per cento, equivalente a 4.700 unità. La variazione è frutto di tendenze opposte messe in luce dagli occupati indipendenti e alle dipendenze, i primi sono scesi a poco più di 42 mila (-5,5 per cento), mentre i secondi hanno superato le 319 mila unità, con un lieve incremento marginale dello 0,3 per cento. L‟occupazione femminile ha invece sopportato il peso della riduzione dell‟occupazione. Si è ridotta nel complesso del 6,5 per cento, per circa 11.000 unità, scendendo a poco meno di 161 mila, mostrando nelle sue componenti professionali variazioni in senso opposto, in aumento del 6,5 per cento per le indipendenti, giunte a quota 16.500 unità, e in forte diminuzione (-7,7 per cento) per le dipendenti, scese a poco più di 144 mila, con un calo di 12.100 unità.

Le indicazioni relative all‟industria in senso stretto giunte dalla cassa integrazione guadagni appaiono invece decisamente negative. Nel periodo compreso fra gennaio e ottobre 2010, le ore autorizzate di cassa integrazione guadagni ordinaria, di matrice prevalentemente anticongiunturale, sono risultate quasi 19 milioni 247 mila, in diminuzione del 38,6 per cento sullo stesso periodo del 2009. La Cig riflette l‟andamento del ciclo economico con un certo ritardo, come tutti gli indicatori del mercato del lavoro, e, in particolare, risente di tempi amministrativi. La diminuzione rilevata pare risentire da un lato di un minimo di ripresa dell‟attività, ma soprattutto dal raggiungimento dei termini massimi applicabili. Ricordiamo che nel complesso, si tratta di valori che per l‟industria in senso stretto non trovano riscontro nel passato, ad eccezione dello scorso anno, e sono avvicinati solo dai quasi 18,8 milioni di ore autorizzate nel 1983, dai 15,7 milioni di ore del 1982 e dai quasi 12,6 milioni di ore del 1993, anche se, per un confronto corretto, occorre considerare che i cambiamenti della normativa intercorsi hanno notevolmente ampliato i soggetti per cui può essere richiesta l‟autorizzazione. La Cig ordinaria è stata autorizzata per il 72,7 per cento a favore delle imprese dell‟industria metalmeccanica, con una riduzione del 42,9 per cento, e per il 9,9 per cento per le imprese della lavorazione dei minerali non metalliferi (ceramica, vetro e materiali edili).

Coerentemente con i risultati dell‟indagine congiunturale, tra i settori per cui si è rilevato un aumento delle autorizzazioni si segnalano quello alimentare (+19,3 per cento, ma per una quota pari ad appena lo 0,7 per cento) e quello dell‟abbigliamento (+24,8 per cento, per una quota pari al 2,5 per cento del totale).

Le ore autorizzate per interventi straordinari, concesse per stati di crisi aziendale oppure per ristrutturazioni, sono risultate quasi 27 milioni 375 mila e sono più che raddoppiate rispetto ai primi dieci mesi del 2009, con un aumento del 277,1 per cento. Nonostante il fenomeno risulti in aumento, la sua dimensione risulta anch‟esso limitata dal raggiungimento dei termini massimi applicabili. Nel complesso,

si tratta di valori di assoluto rilievo, che riportano ai precedenti del 1986 (27,5 milioni di ore) e del 1987 (28,1 milioni di ore), anche tenuto conto della variazioni della normativa intercorse. La Cig straordinaria è stata autorizzata per il 64,0 per cento a favore delle imprese dell‟industria metalmeccanica, con un aumento del 329,5 per cento, per il 18,9 per cento per le imprese della lavorazione dei minerali non metalliferi (ceramica, vetro e materiali edili), in aumento del 206,6 per cento, e per l‟8,0 per cento per le imprese dei settori moda (tessile, abbigliamento e pelli, cuoio e calzature), in crescita del 312,5 per cento.

Una conferma che il numero delle ore autorizzate di cassa integrazione ordinaria e straordinaria è risultato limitato dal raggiungimento dei termini massimi applicabili giunge dall‟analisi delle autorizzazioni in deroga, che superano appunto i limiti temporali e settoriali normali. Le ore autorizzate per interventi in deroga a favore di imprese dell‟industria in senso stretto sono risultate pari a quasi 31 milioni 880 mila, un ammontare più di undici volte superiore a quello dello stesso periodo dello scorso anno. La ore di Cig in deroga sono state autorizzate per il 61,8 per cento a favore delle imprese della meccanica, con un aumento pari a 14 volte, per il 18,2 per cento per le imprese dei settori moda (tessile, abbigliamento e pelli, cuoio e calzature), in aumento di quasi 7 volte, e per il 5,3 per cento a favore delle imprese del legno e del mobile, con un incremento superiore alle 18 volte.

Si ha nella sostanza una per certi versi inquietante immagine del mercato del lavoro: la prospettiva di una ondata di espulsioni in conseguenza della crisi. Per ora esse continuano ad essere procrastinate attraverso un elevato impiego della Cig, ma non potranno esserlo per sempre se l‟attesa di una ripresa sufficientemente forte sarà tradita.

La struttura della compagine aziendale dell‟industria in senso stretto, definita sulla base dei dati del Registro delle imprese delle Cciaa ha visto prevalere nuovamente le cessazioni sulle iscrizioni, tanto che, rispetto al settembre dello scorso anno, il saldo è stato ampiamente negativo. Il fenomeno delle variazioni di attività ha quest‟anno contenuto la tendenza negativa. A settembre di quest‟anno, la consistenza delle imprese registrate dell‟industria in senso stretto si è ridotta di 1.201 unità, -2,1 per cento, rispetto a dodici mesi prima, risultando pari a 56.700 unità.

Le imprese attive dell‟industria in senso stretto, che costituiscono l‟effettiva base imprenditoriale del settore, a fine settembre 2010 risultavano 50.293, con una diminuzione corrispondente a 1.143 imprese (-2,2 per cento) rispetto allo stesso mese dello scorso anno (fig. 2.5.4). Anche in questo caso si è riflesso il particolare peso che la crisi congiunturale ha avuto sul settore regionale. Anche in Italia c‟è stata una riduzione delle imprese attive, ma pià contenuta (-1,5 per cento). La consistenza delle società di capitale (pari al 31,3 per cento del totale) è rimasta sostanzialmente stabile (+19 unità, +0,1 per cento), mentre si è ridotta sensibilmente sia quella delle società di persone (-504 unità, -3,7 per cento), sia quella delle ditte individuali (-678 unità, -3,2 per cento). Il piccolo gruppo delle imprese attive costituite secondo altre forme societarie – hanno rappresentato l‟1,5 per cento del totale – ha registrato un aumento significativo pari al 2,7 per cento.

Fig. 2.5.4. Demografia delle imprese, consistenza delle imprese attive e variazioni tendenziali, 3° trimestre 2010.

Fig. 2.5.4. Demografia delle imprese, consistenza delle imprese attive e variazioni tendenziali, 3° trimestre 2010.

Nel documento Rapporto 2010 (4.4mb) (pagine 97-103)