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Le conseguenze dell’ipotizzata abrogazione dell’art 51 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

DELL’ART 7 TUE E PROSPETTIVE DE IURE CONDENDO

3. La necessità di introdurre strumenti di reazione di fronte alle violazioni dei valori di cui all’art 2 TUE da parte degl

3.5 Le conseguenze dell’ipotizzata abrogazione dell’art 51 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

Molte delle proposte esaminate, volte ad individuare un meccanismo di reazione di fronte alla violazione dei valori comuni europei alternativo a quanto previsto dall’art. 7 TUE, hanno individuato soluzioni per aggirare l’ostacolo rappresentato dall’art. 51 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tale disposizione, si ricorda, definisce l’ambito di applicazione della Carta, stabilendo che le disposizioni della stessa si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Da qui l’impossibilità di applicare la Carta in tutte quelle situazioni che possano essere definite interne agli Stati membri, ovvero non rientranti nelle competenze attribuite all’Unione. Ugualmente, una procedura d’infrazione ex art. 258 TFUE può essere avviata solo se la

190 violazione riscontrata possa essere configurata anche come violazione di una specifica disposizione del diritto UE.

L’art. 7 TUE, come sappiamo, rappresentava una soluzione a tale problema poiché il suo campo di applicazione non coincide con la sfera del diritto dell’Unione, bensì consente all’Unione europea di intervenire anche in caso di violazione dei valori comuni in un settore di autonoma competenza dello Stato membro. Tuttavia, dalla mancata applicazione dell’art. 7 TUE nasce il problema che le varie proposte hanno cercato di affrontare, ovvero la necessità di individuare un meccanismo di reazione di fronte alle violazioni, da parte degli Stati membri, dei valori di cui all’art. 2 TUE ma che allo stesso tempo non integrano i requisiti richiesti per poter attivare i procedimenti di cui all’art. 7 TUE o che, pur integrandoli, per questioni di opportunità prevalentemente politica si preferisce affrontare non ricorrendo all’art. 7 TUE.

Tra le varie proposte avanzate dalla vice-Presidente della Commissione europea Reding nel suo discorso del 4 settembre 2013305, sicuramente la più radicale è rappresentata dalla prospettiva

di estendere l’ambito di applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea tramite l’abrogazione dell’art. 51 della medesima, in modo tale da rendere tutti i diritti fondamentali direttamente applicabili negli Stati membri. Ciò, tra le altre cose, aprirebbe la possibilità, per la Commissione, di avviare procedure d’infrazione per violazione dei valori di cui all’art. 2 TUE da parte degli Stati membri anche qualora essi non agiscano in attuazione del diritto dell'UE.

Si tratta di un’ipotesi ambiziosa di cui la stessa Commissaria dimostra di essere consapevole quando ammette che

305 V. supra, parr. 3.2, 3.2.1, 3.2.2. In aggiunta ad esse, possiamo ricordare anche la

proposta di espandere il ruolo della Corte di Giustizia nell’ambito di un futuro meccanismo europeo per il rispetto dello Stato di diritto così superando l’attuale limitata competenza della Corte, estesa unicamente alle disposizioni di carattere procedurale di cui all’art. 7 TUE come previsto dall’art. 269 TFUE.

191 “questo sarebbe un grande passo federale. Gli Stati Uniti hanno impiegato più di cento anni affinché i primi dieci emendamenti fossero applicati agli Stati da parte della Corte Suprema”306. Tuttavia, la Commissaria prosegue invitando gli attori europei ad essere “almeno altrettanto ambiziosi, per quanto riguarda lo Stato di diritto e i diritti fondamentali, come l'Unione europea lo è attualmente circa la costruzione di nuovi meccanismi di solidarietà finanziaria, regole fiscali comuni e unione bancaria”307.

Quest’ipotesi implicherebbe un notevole ridimensionamento delle prerogative degli Stati membri, e pertanto la sua realizzazione potrebbe rappresentare un passo decisivo verso una delle strade che compongono quel bivio di fronte al quale, secondo molti308, l’Unione si troverebbe da tempo, ovvero lo sviluppo in senso federale da un lato e il mantenimento della collaborazione intergovernativa propria di un’organizzazione internazionale dall’altro. Come l’adozione del Trattato di Lisbona in seguito al fallimento del Trattato sulla Costituzione Europea ha costituito un segnale nel secondo senso, così la scelta degli Stati di cedere, a breve, un’ulteriore parte della loro autonomia per mezzo dell’abrogazione dell’art. 51 della Carta segnerebbe un passo decisivo verso la prima alternativa.309

306 Viviane Reding, vice-Presidente della Commissione europea, Commissaria per la

giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza, Speech: The EU and the Rule of Law – What next?, cit., trad. it. nostra.

307 Ibidem, trad. it. nostra.

308 V., in proposito, U. DRAETTA, Principi di diritto delle organizzazioni

internazionali, III ed., Milano, 2010, pp. 19-20.

309 Tuttavia, si tengano presenti i contenuti dell’art. 5 TUE, il quale caratterizza i

poteri dell’Unione secondo i principi di attribuzione, sussidiarietà e proporzionalità. Ne deriva che i poteri dell’Unione europea non sono poteri “originari”, che essa possiede per forza propria, bensì “derivati”, ovvero attribuiti dagli Stati membri volontariamente attraverso gli accordi istitutivi dell’Unione. Tali caratteri dei poteri dell’UE confermano che, allo stato attuale, nonostante le peculiarità del fenomeno dell’integrazione europea, essa non intende assurgere ad uno Stato federale ma, per quei profili, si colloca nel solco delle organizzazioni internazionali, i cui poteri derivano dall’accordo istitutivo e in tale accordo trovano il proprio fondamento e i propri limiti.

192 Tuttavia, per quanto la scelta degli Stati membri di rinunciare ulteriormente alla necessità di tutelare i loro interessi particolari sarebbe chiaro indice di una matura e profonda adesione al percorso d’integrazione europea più che il ricorso a sanzioni o a minacce di interventi, questa soluzione, al momento, considerati soprattutto i risultati delle recenti elezioni europee, non può che rappresentare solo una delle varie prospettive in futuro possibili, lasciando quindi aperte le problematiche circa i rimedi adottabili nel momento attuale di fronte alle lesioni dei valori che costituiscono le fondamenta dell’Unione europea. In tal senso, un solo ma adeguato miglioramento degli strumenti attualmente a disposizione dell’organizzazione rimane la principale strada auspicabile.

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