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Il ricorso per infrazione in materia di discriminazione in base all’età sul luogo di lavoro: la reticenza della Corte di Giustizia a

DI DIRITTO NEL CASO UNGHERESE

2. I rimedi giurisdizionali esperit

2.1 Il ricorso per infrazione in materia di discriminazione in base all’età sul luogo di lavoro: la reticenza della Corte di Giustizia a

pronunciarsi sull’indipendenza della magistratura e l’incapacità di incidere realmente sulla situazione ormai venutasi a creare

Nel caso C-286/12, la principale critica mossa contro la Corte di Giustizia è stata quella di non aver tenuto conto del più ampio contesto in cui la riforma sul pensionamento anticipato di giudici, procuratori e notai si collocava. In sostanza, è possibile riprendere l’appello che l’Hungarian Helsinki Committee, l’Hungarian Civil Liberties Union e l’Istituto Eötvös Károly avevano rivolto alla Corte europea dei diritti dell’uomo: esaminare la questione tenendo conto del più generale processo di indebolimento del sistema di checks and balances che si va consumando da tre anni a questa parte in Ungheria.144

In particolare, la Corte di Giustizia si sarebbe limitata ad affrontare il profilo della violazione della Direttiva 2000/78/CE in materia di discriminazione in base all’età sul luogo di lavoro, senza affrontare quella che era la vera questione al centro delle preoccupazioni sulla nuova disciplina: la minaccia all’indipendenza

108 della magistratura.145 Tale self-restraint della Corte risulta particolarmente eccessivo considerando che già l’Avvocato Generale Kokott, nell’analizzare l’argomento relativo al miglioramento dell’efficienza della giustizia, addotto dal governo ungherese come giustificazione della riforma sull’età pensionabile, aveva aperto la strada alla Corte trattando la questione sotto il profilo dell’indipendenza della magistratura.146

Inoltre, tale sentenza della Corte di Giustizia rappresenta un’occasione mancata per poter definire la funzione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nel diritto antidiscriminatorio. Per quanto riguarda specificamente gli artt. 20 e 21147 della Carta, a cinque anni dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la Corte sembra non aver ancora adottato un’uniforme linea interpretativa, dal momento che, in alcune occasioni, predilige altre fonti in luogo delle disposizioni della Carta, mentre, in altre, si limita a richiamare tali disposizioni a titolo meramente “rafforzativo”. In ogni caso, essa appare più che restia ad utilizzare la Carta quale effettivo parametro di giudizio.148

145 In proposito, v. International Bar Association’s Human Rights Institute (IBAHRI), Courting Controversy: the Impact of the Recent Reforms on the Independence of the Judiciary and the Rule of Law in Hungary, 10 settembre 2012, www.ibanet.org/Document/Default.aspx?DocumentUid=89D4991A-D61F-498A-B D21-0BAFFA6ABF17. Nella sua relazione, l’IBAHRI evidenzia come, più che rappresentare una violazione della normativa europea circa il divieto di discriminazione legato all’età sul luogo di lavoro, le riforme concernenti la magistratura costituiscano una violazione dell’indipendenza della magistratura.

146 Corte di Giustizia, Presa di posizione dell’Avvocato Juliane Kokott,

Commissione c. Ungheria, causa C-286/12, par. 54.

147 Art. 20 – Uguaglianza davanti alla legge

Tutte le persone sono uguali davanti alla legge. Art. 21 – Non discriminazione

1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale.

2. Nell'ambito d'applicazione dei Trattati e fatte salve disposizioni specifiche in essi contenute, è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità.

148 In proposito, v. E. GUALCO, Unione europea e principio di non discriminazione

in base all’età: tendenze consolidate e nuovi sviluppi alla luce della più recente giurisprudenza, cit.

109 Il fatto che, nella sua sentenza, la Corte di Giustizia non abbia speso una parola sull’indipendenza della magistratura, elemento indispensabile per la realizzazione dei valori dell’Unione, appare una rinuncia eclatante della Corte ad esercitare il suo ruolo determinante nel processo d’integrazione europea volto a creare un’unione più stretta tra gli Stati membri attraverso la protezione dei valori comuni.149 Considerati il contesto generale in cui la riforma s’inserisce, le preoccupazioni espresse da altre Istituzioni dell’UE e dal Consiglio d’Europa, nonché a livello internazionale, risulta ancora più sorprendente che la Corte si sia lasciata sfuggire l’occasione di rammentare i principi su cui si basa l’Unione e di insistere sul rispetto dei valori enunciati all’art. 2 TUE, cioè il rispetto della dignità umana, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani. Risultava infatti chiaro come l’oggetto della questione andasse al di là dell’inadempimento dell’Ungheria agli obblighi derivanti dai Trattati e conducesse in realtà ad “una riflessione più ampia sulle implicazioni, per uno Stato membro, della sua appartenenza all’Unione europea e sui mezzi che quest’ultima ha a disposizione per indurre uno Stato membro ad inserirsi pienamente nel processo d’integrazione”150. Tuttavia, entrambe queste dimensioni

sono totalmente assenti nella sentenza della Corte. Pertanto, quest’ultima sembra aver rinunciato al potere ad essa attribuito dall’art. 19, par. 1, TUE di vegliare sul rispetto dei Trattati, e, attraverso questo, al potere di contribuire alla realizzazione dell’integrazione attraverso il diritto.

La Corte di Giustizia aveva già assunto il medesimo atteggiamento in un caso precedente che vedeva l’Ungheria opposta

149 V. B. DELZANGLES, Les affaires hongroises ou la disparition de la valeur

«intégration» dans la jurisprudence de la Cour de justice, in Revue trimestrielle de droit européen, n. 2, 2013, pp. 201-215.

110 alla Slovacchia.151 In quel caso, la Corte di Giustizia era stata chiamata a giudicare se il divieto, posto dalle autorità slovacche al Presidente della Repubblica ungherese László Sólyom, di accedere in territorio slovacco violava l’art. 21, par. 1, TFUE e la Direttiva 2004/38/CE, che riconoscono ai cittadini dell’Unione il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

Su invito di un’associazione slovacca rappresentante gli interessi della minoranza ungherese, il Presidente Sólyom aveva previsto di recarsi, il 21 agosto 2009, nella città di Komárno, sede dell’associazione, per partecipare alla cerimonia di inaugurazione di una statua di Santo Stefano.152 In seguito a vari scambi diplomatici tra le ambasciate dei due Stati membri in merito alla prevista visita del Presidente Sólyom, il Presidente della Repubblica, il primo Ministro e il Presidente del Parlamento slovacchi adottavano una dichiarazione comune con la quale indicavano che la visita del Presidente Sólyom era ritenuta inopportuna, tenuto conto, in particolare, del fatto che egli non aveva espresso alcuna intenzione di incontrarsi con personalità slovacche e che la data del 21 agosto era particolarmente delicata. In seguito ad ulteriori contatti diplomatici, il Presidente Sólyom esprimeva l’intenzione di confermare la propria visita. Con nota verbale del 21 agosto 2009, il Ministro degli Affari esteri slovacco informava l’ambasciatore di Ungheria a Bratislava che le autorità slovacche avevano deciso di non consentire l’ingresso del Presidente Sólyom nel territorio slovacco alla medesima data, per ragioni attinenti a rischi per la sicurezza.

151 Corte di Giustizia, sentenza del 16 ottobre 2012, Ungheria c. Slovacchia, caso C-

364/10. V. B. DELZANGLES,Les affaires hongroises ou la disparition de la valeur «intégration» dans la jurisprudence de la Cour de justice, cit.

152 Per comprendere le circostanze di tale visita, occorre rammentare in particolare

che, da un lato, il 20 agosto è un giorno di festa nazionale in Ungheria, in commemorazione di Santo Stefano, fondatore e primo re dello Stato ungherese. Dall’altro, il 21 agosto è una data delicata in Slovacchia, dato che il 21 agosto 1968 ebbe luogo l’invasione della Cecoslovacchia da parte delle forze del Patto di Varsavia, delle quali facevano parte anche le truppe ungheresi.

111 La Corte di Giustizia si era limitata a respingere il ricorso dell’Ungheria sulla base della considerazione del fatto che il Presidente Sólyom intendeva effettuare la propria visita in qualità di capo di Stato e non come semplice cittadino europeo. A tal proposito, la Corte aveva ricordato come, in base al diritto internazionale, i capi di Stato godono, nelle relazioni internazionali, di uno status speciale che comporta, in particolare, privilegi e immunità. La Cortene aveva fatto conseguire, pertanto, che la circostanza che un cittadino dell’Unione ricopra la funzione di capo di Stato fosse idonea a giustificare una limitazione, fondata sul diritto internazionale, all’esercizio del diritto di circolazione.

Tenuto conto delle circostanze particolari, dei rapporti intercorrenti tra Ungheria e Slovacchia153 e del fatto che l’Ungheria avesse fatto ricorso al raramente utilizzato art. 259 TFUE154, ne risulta che la Corte di Giustizia anche in quel caso, riguardante non tanto il diritto di circolazione dei cittadini europei quanto le relazioni diplomatiche intercorrenti fra Stati membri, abbia mancato di partecipare al processo d’integrazione, in particolare potendo sfruttare quella circostanza per ribadire l’obbligo di cooperazione leale e di mantenimento di un clima pacifico tra gli Stati membri, nonché il rispetto dei rapporti di buon vicinato e il dovere di solidarietà fra Stati.

L’approccio della Corte di Giustizia al caso C-286/12, anticipato, come visto, già nella questione che aveva opposto

153 L’Ungheria ha perso due terzi del suo territorio in seguito alla firma del Trattato

del Trianon del 1920; di conseguenza, gran parte degli ungheresi si è ritrovata improvvisamente fuori dai confini dell’Ungheria. Da quel momento, lo Stato magiaro ha sempre fatto ricorso ad un forte attivismo legislativo a tutela della popolazione ungherese situata al di là dei confini. Queste misure sono percepite, dagli Stati limitrofi dove le minoranze ungheresi vivono, tra cui la Slovacchia, come attentati alla loro sovranità. In particolare, a partire dal 2006 la Slovacchia ha adottato numerose misure sfavorevoli alla minoranza ungherese situata sul suo territorio.

154 In quanto si tratta di un attacco diretto di uno Stato membro contro un altro Stato

membro, dal quale può derivare un inasprimento dei rapporti interstatali, si può facilmente comprendere la reticenza nell’utilizzo di tale strumento.

112 l’Ungheria alla Slovacchia, stupisce a maggior ragione tenendo conto di quello che è sempre stato il ruolo della Corte di fronte alla necessità di proteggere lo Stato di diritto, nonché i diritti fondamentali, un ruolo creativo che molto spesso prescinde dai limiti contenuti in disposizioni normative e molto spesso anticipa e propone gli strumenti necessari ad assicurare il rispetto dei principi dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali nell’ordinamento giuridico europeo. Frutto degli orientamenti della Corte di Giustizia sono stati, a mero titolo di esempio, l’inserimento di un esplicito riferimento, all’interno dei Trattati, ai diritti fondamentali, attualmente contenuto nell’art. 6 TUE, l’introduzione della possibilità di impugnare gli atti del Parlamento europeo idonei a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi e la previsione di criteri più ampi per l’impugnazione degli atti delle Istituzioni da parte delle persone fisiche e giuridiche. Pur sempre rispettosa dei limiti fissati alle proprie competenze dai Trattati, la Corte ha solitamente indicato, in funzione di proposta e di invito, la strada necessaria da seguire per assicurare strumenti più efficienti di tutela dei valori comuni, molto spesso proprio evidenziando quelli che erano i propri limiti, che le impedivano un intervento efficace.155

Le uniche argomentazioni che è possibile portare in difesa della Corte di Giustizia nel caso di specie sono, da una parte, l’aver assicurato il procedimento accelerato, dall’altra, il principio del non ultra petita.

Un procedimento accelerato ai sensi dell’art. 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, infatti, è garantito solo nei casi eccezionali di particolare urgenza. Pertanto, in questo caso la

155 Per un’analisi più approfondita del ruolo creativo della Corte di Giustizia, v. S.

MARINAI, Il rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali nell’Unione europea, in M. DI FILIPPO (a cura di), “Organizzazioni regionali, modello sovranazionale e metodo intergovernativo: i casi dell’Unione europea e del Mercosur. Organizaciones regionales, modelo supranacional y metodo intergubernamental: los casos del Mercosur y de la Unión europea”, Torino, 2012, pp. 26-30, nonché G. TESAURO, Alcune riflessioni sul ruolo della Corte di giustizia nell’evoluzione dell’Unione europea, in Il Diritto dell’Unione Europea, vol. 3, 2013, pp. 483-511.

113 Corte di Giustizia deve aver ritenuto che si trattasse di una questione fondamentale, altrimenti non avrebbe garantito lo svolgimento di un procedimento accelerato.156 Questo potrebbe essere l’unico modo di riconoscere che la Corte di Giustizia avesse ben presenti le implicazioni del caso di specie sulla questione dell’indipendenza della magistratura ungherese. Il caso simile Fuchs e Köhler c. Land Hessen157, richiamato dalla Corte nella sentenza Commissione c. Ungheria158, non si è infatti svolto con procedimento accelerato. “La differenza tra il caso di specie e il caso dei due procuratori tedeschi non

risiede nell’esistenza o nella giustificabilità della discriminazione, bensì

156 V. A. VINCZE, The ECJ as the Guardian of the Hungarian Constitution: Case

C-286/12 Commission v. Hungary, in European Public Law Review, vol. 19, n. 3, 2013, p. 498.

157 Corte di Giustizia, sentenza del 21 luglio 2011, Gerhard Fuchs e Peter Köhler c.

Land Hessen, cause riunite C-159/10 e C-160/10. I ricorrenti in ciascuna delle due cause principali avevano esercitato le funzioni di procuratore principale fino all’età di 65 anni, raggiunta nel corso del 2009, ed alla quale sarebbero normalmente dovuti andare in pensione in forza dell’art. 50, n. 1, della legge sui pubblici funzionari del Land Hessen (HBG), come modificata nel dicembre 2009. Valendosi dell’art. 50, n. 3, dell’HBG, gli interessati avevano chiesto di esercitare le loro funzioni per un altro anno. Avendo il Ministro della Giustizia del Land Hessen respinto le loro domande a motivo del fatto che l’interesse del servizio non richiedeva il loro mantenimento in attività, i ricorrenti avevano, da un lato, presentato un ricorso in opposizione dinanzi a tale Ministro e, dall’altro, instaurato un procedimento cautelare dinanzi al Verwaltungsgericht Frankfurt am Main. Tale giudice aveva accolto le domande di misure cautelari così proposte ed aveva ordinato al Land Hessen di mantenere in attività i ricorrenti. Le decisioni del Verwaltungsgericht Frankfurt am Main sono state tuttavia impugnate in appello dinanzi all’Hessischer Verwaltungsgerichtshof, che le aveva annullate. Poiché anche i ricorsi amministrativi proposti dai ricorrenti sono stati respinti con decisioni del Ministro della Giustizia del Land Hessen, gli interessati avevano proposto un ricorso giurisdizionale avverso tali decisioni dinanzi al Verwaltungsgericht Frankfurt am Main. Nutrendo dei dubbi circa la compatibilità del limite di età fissato per l’esercizio delle funzioni di procuratore con l’art. 6 della Direttiva 2000/78/CE, tale giudice aveva fatto ricorso al rinvio pregiudiziale. La Corte di Giustizia ha affermato che la Direttiva 2000/78/CE non osta ad una legge, come la legge sui pubblici funzionari del Land Hessen, la quale preveda il collocamento a riposo d'ufficio dei pubblici funzionari al raggiungimento dell'età di 65 anni, e che però consenta loro di continuare a lavorare, ove richiesto dall'interesse del servizio, fino all'età massima di 68 anni, purché la finalità di tale legge sia quella di instaurare una ripartizione equilibrata delle fasce di età allo scopo di favorire l'occupazione e la promozione dei giovani, di ottimizzare la gestione del personale e, al tempo stesso, di prevenire le eventuali controversie in merito all'idoneità del dipendente ad esercitare la propria attività oltre una certa età, e purché la legge suddetta consenta di raggiungere tale finalità con mezzi appropriati e necessari.

158 Corte di Giustizia, sentenza del 6 novembre 2012, Commissione c. Ungheria,

114 proprio nel diffuso, sistematico e rapido prepensionamento obbligatorio dei giudici che può essere visto come un attacco contro l'indipendenza della magistratura”159.

Il principio del non ultra petita, poi, impone che l’oggetto del ricorso per infrazione sia determinato dalla fase precontenziosa della procedura d’infrazione, non potendo, cioè, riguardare gravami ulteriori rispetto a quelli fatti valere dalla Commissione in quella fase. Poiché la Commissione non ha sollevato la questione della violazione del principio di indipendenza della magistratura, limitandosi a contestare la violazione della Direttiva 2000/78/CE, la Corte di Giustizia non poteva ampliare l’oggetto del ricorso senza violare il diritto di difesa dello Stato membro.160 Tuttavia, la Corte avrebbe potuto almeno spendere qualche parola sulla questione dell’indipendenza della magistratura o approfittando del riferimento alla stessa effettuato dall’Avvocato Generale Kokott, o affrontando la questione nel momento in cui ha valutato se la misura fosse necessaria e appropriata e dunque proporzionale, o ancora facendo riferimento alla pronuncia del 16 luglio della Corte Costituzionale ungherese, che aveva esaminato la medesima disciplina dichiarandola incostituzionale in quanto contrastante con il principio di indipendenza della magistratura sancito all’art. 26 della nuova Legge Fondamentale ungherese.

Si pensi, poi, come, da parte sua, la Commissione di Venezia abbia invece esplicitamente rifiutato di affrontare la questione sotto il profilo della discriminazione legata all’età, dichiarando espressamente come si trattasse, nel caso di specie, di valutare un caso di minaccia

159 A. VINCZE, The ECJ as the Guardian of the Hungarian Constitution, cit., p.

496, trad. it. nostra.

160 B. DELZANGLES, Les affaires hongroises ou la disparition de la valeur

115 all’indipendenza della magistratura.161 Secondo alcuni, tuttavia,

questa differenza sarebbe da ricondurre alla maggiore audacia che da sempre caratterizza gli interventi della Commissione di Venezia a causa della natura non vincolante dei Pareri che essa adotta. Proprio per la consapevolezza della non vincolatività e, quindi, dell’assenza di sanzioni in caso di mancato seguito dei Pareri di questo organo consultivo, gli Stati sarebbero meno restii a cooperare e dialogare con la Commissione di Venezia piuttosto che con la Commissione europea. La Commissione europea, dal canto suo, di fronte alla possibilità di avvalersi dell’attività della Commissione di Venezia per agevolare i propri compiti, sfrutterebbe quest’opportunità, incoraggiando l’adozione di atti di soft law da parte della Commissione di Venezia ed il loro successivo seguito da parte degli Stati destinatari per affrontare quelle questioni che diversamente condurrebbero all’adozione di azioni/sanzioni formali da parte dell’Unione.162

Al di là della possibilità di poter giustificare la mancanza di una valutazione più prettamente politica, la sentenza della Corte di Giustizia risulta però anche particolarmente inefficace. È infatti noto, ormai, come, anche in seguito alla pronuncia della Corte, la situazione sia rimasta invariata. Più precisamente, le migliorie che sono state introdotte nella disciplina concernente la magistratura, grazie anche e soprattutto al dialogo fra le istituzioni ungheresi e la Commissione di Venezia, sono state ben attente a non alterare la situazione che era stata creata per mezzo dell’osteggiata disciplina: nella maggior parte dei casi i giudici rimossi dal loro incarico non sono stati reimmessi nel sistema giudiziario, e quando reimmessi non sono stati collocati nelle posizioni antecedentemente ricoperte soprattutto se si trattava di

161 Opinion on Act CLXII of 2011 on the legal status and remuneration of judges and

Act CLXI of 2011 on the organisation and administration of courts of Hungay n. 663/2012 adottata nella sua 90ª Sessione Plenaria, 16-17 Marzo 2012, par. 104. 162 V. W. HOFFMANN-RIEM, The Venice Commission of the European Council –

116 posizioni di vertice, i poteri del Presidente dell’Ufficio giudiziario sono stati ridotti, ma gli effetti che tali poteri avevano già prodotto sono rimasti invariati, il Presidente della Corte Suprema, sulla cui situazione la Corte di Giustizia non ha fatto alcun cenno, non è stato incaricato della presidenza della Kúria nonostante la CEDU si sia espressa sull’avvenuta minaccia alla sua indipendenza. Quella che appare è una sorta di epurazione dissimulata di tutti quei soggetti, in particolare magistrati, che si erano formati nel periodo di transizione democratica del Paese, per sostituirvi figure maggiormente allineate al partito al potere.163

L’intervento giurisdizionale della Corte di Giustizia nulla ha potuto dinanzi a questo scenario, a meno che questo non sia stato un modo per porre gli organi politici europei di fronte alle loro responsabilità.

2.2 Il ricorso per infrazione avente ad oggetto la cessazione

anticipata del mandato del Commissario per la protezione dei dati personali: i limiti derivanti dalle caratteristiche dello strumento esperito

Nonostante nel caso C-288/12 la Corte di Giustizia abbia