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LE TRE PROCEDURE D’INFRAZIONE CONTRO L’UNGHERIA

2. L’indipendenza della Banca centrale nazionale

3.3 La fase contenziosa

L’8 giugno 2012 la Commissione europea ha pertanto proposto un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte di Giustizia dell’UE chiedendo che la stessa dichiarasse che l’Ungheria, avendo posto fine anticipatamente al mandato del Commissario, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della Direttiva 95/46/CE.

Nel ricorso, la Commissione europea afferma come, a suo giudizio,

“l'anticipata cessazione del mandato dell'autorità incaricata di sorvegliare la protezione dei dati viola l'indipendenza che dovrebbe esserle propria in applicazione della Direttiva. Poiché quest'ultima non definisce la durata di detto mandato gli Stati membri possono in linea di principio determinarla liberamente. Tuttavia, il mandato deve avere una durata ragionevole ed è necessario che, una volta che lo Stato membro abbia fissato tale durata, la stessa venga rispettata. Se così non fosse, l'autorità di controllo rischierebbe di essere influenzata, nello svolgimento dei propri compiti, dal timore di una cessazione anticipata del suo mandato, il che ne pregiudicherebbe l'indipendenza”. Secondo la Commissione “soltanto motivi gravi e oggettivamente verificabili possono giustificare una cessazione anticipata del mandato di cui trattasi”, e l'Ungheria non avrebbe dedotto motivi di questo tipo.

La Commissione non contesta il diritto dell'Ungheria di trasformare la sua autorità di controllo, passando ad esempio dal precedente modello di "Commissario per la protezione dei dati" a un modello consistente in "un'Autorità". Tuttavia, afferma che

49 “il cambiamento in termini di modello istituzionale non richiedeva affatto la cessazione anticipata del mandato dell'ex autorità di controllo. L'Ungheria avrebbe avuto la possibilità di prevedere nel suo diritto nazionale che il nuovo modello venisse applicato solo dopo la scadenza del mandato del Commissario per la protezione dei dati che occupava l'incarico o che si nominasse quest'ultimo quale primo presidente della nuova Autorità per il restante periodo del suo mandato”.

La Commissione, infine, non esclude che

“le autorità politiche si avvalgano di tali riforme per sanzionare e controllare le autorità di controllo della protezione dei dati che abbiano determinato la loro disapprovazione. Il mero rischio di tale influenza è di per sé incompatibile con la totale indipendenza delle autorità di controllo”.

L’Ungheria ha eccepito l’irricevibilità del ricorso, poiché, laddove la Corte di Giustizia avesse constatato l’inadempimento, la sentenza non avrebbe potuto essere eseguita. Secondo l’Ungheria, infatti, l’unico modo concepibile di rimediare alla violazione contestata sarebbe stato quello di mettere fine anticipatamente al mandato del presidente dell’Autorità e sostituirlo in tale carica con il Commissario; il che avrebbe equivalso, in sostanza, a reiterare la pretesa violazione. Essa ha sostenuto che la Commissione non può chiedere alla Corte di pronunciare una sentenza che accerti un inadempimento al quale lo Stato membro avrebbe potuto rimediare solo mediante una violazione del diritto dell’Unione. Ha aggiunto, poi, che l’adozione di una tale misura avrebbe condotto anche ad una situazione incostituzionale a causa della violazione del principio dell’indipendenza dell’Autorità previsto dalla Legge Fondamentale nell’art. VI, par. 3.

La soluzione proposta dalla Commissione ai fini della regolarizzazione dell’inadempimento dedotto, qualora constatato, avrebbe comportato, inoltre, che tutti gli atti compiuti dall’attuale presidente dell’Autorità sarebbero stati incompatibili con il diritto

50 dell’Unione, essendo stati adottati da un’autorità di controllo che non soddisfa i requisiti della Direttiva 95/46, circostanza che violerebbe il principio di certezza del diritto.

Lo Stato membro ha rilevato, peraltro, che il cambiamento di modello delle istituzioni incaricate della protezione dei dati personali implicava necessariamente, poiché si poneva fine alla funzione di Commissario, che si ponesse fine anche al mandato della persona che esercitava tale funzione. Orbene, secondo l’Ungheria, porre fine al mandato dell’attuale presidente dell’Autorità senza un cambiamento in termini istituzionali non avrebbe potuto essere giustificato da simili ragioni normative.

L’Ungheria ha sostenuto, altresì, che la nuova legge sulla protezione dei dati garantisce pienamente l’indipendenza del presidente dell’Autorità e soddisfa perciò le esigenze della Direttiva. A suo avviso, anche supponendo che mettere fine al mandato del Commissario costituisca una violazione del requisito dell’indipendenza, una tale violazione non ha avuto effetto sull’attività del Commissario. Pertanto, conformemente all’obiettivo della Direttiva, il diritto alla protezione dei dati personali è stato garantito, in Ungheria, in modo continuato sia prima sia dopo il 1° gennaio 2012. Inoltre, la normativa ungherese ha garantito la continuità giuridica assegnando all’Autorità i procedimenti pendenti dinanzi al Commissario. Di conseguenza, secondo l’Ungheria, se anche una violazione c’è stata, questa non ha, in ogni caso, avuto conseguenze giuridiche che sarebbe necessario correggere.

Infine, lo Stato membro ha affermato che il preteso inadempimento aveva già prodotto i suoi effetti allo scadere del termine fissato nel parere motivato della Commissione, pertanto ritiene il ricorso irricevibile.

La Commissione ha affermato che il ricorso fosse ricevibile. Essa ha sostenuto che non fosse per niente impossibile rimediare

51 all’inadempimento e ha affermato che l’Ungheria dovesse prendere le misure necessarie affinché il sig. Jóri occupasse nuovamente il posto di cui all’art. 28 della Direttiva fino al normale scadere del suo mandato, ovvero fino a settembre 2014. Secondo la Commissione, la scelta delle modalità con cui rimediare all’inadempimento rientra nella competenza dello Stato membro ed è irrilevante ai fini dell’accoglimento del ricorso. Inoltre, la Commissione ha sostenuto che l’Ungheria non potesse addurre l’indipendenza del presidente dell’Autorità per opporsi alla reintegrazione del sig. Jóri nella sua carica. Ciò facendo, si sarebbe avvalsa del suo proprio inadempimento come difesa.

Per quanto riguarda l’argomento dell’Ungheria secondo il quale il fatto di giudicare ricevibile il ricorso della Commissione implicherebbe mettere anticipatamente fine al mandato del presidente dell’Autorità, circostanza che potrebbe anch’essa condurre ad una situazione contraria alla Legge Fondamentale, la Commissione ha ricordato che, in applicazione del principio del primato del diritto dell’Unione, quest’ultimo prevale sulle norme costituzionali degli Stati membri. Inoltre, secondo la Commissione, la riforma dell’autorità di controllo per la protezione dei dati non giustificava in alcun modo la cessazione anticipata del mandato del commissario. Come già affermato nel ricorso, poi, la Commissione ripete, cosa che l’Ungheria non ha contestato nel suo controricorso, che sarebbe stato perfettamente possibile prevedere con un atto di diritto nazionale che il nuovo modello dovesse essere applicato solo allo scadere del mandato del Commissario allora in carica o che quest’ultimo fosse il primo presidente dell’Autorità per il restante periodo del suo mandato. Per quanto riguarda la posizione espressa dall’Ungheria secondo cui il ricorso sarebbe irricevibile dato che il preteso inadempimento aveva già prodotto i suoi effetti allo scadere del termine fissato nel parere motivato della Commissione, la Commissione ha rilevato come,

52 secondo una giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato: un ricorso per inadempimento è irricevibile qualora, allo scadere del termine fissato nel parere motivato, l’inadempimento contestato ha cessato di produrre i suoi effetti65.

Nella presente fattispecie, il termine concesso all’Ungheria nel parere motivato per conformarsi a quest’ultimo scadeva un mese dopo la sua notifica, ovvero il 7 aprile 2012.

L’inadempimento lamentato dalla Commissione europea consiste nel fatto che il Commissario non ha potuto svolgere il suo mandato fino al termine inizialmente previsto e tale termine non era ancora scaduto alla data stabilita nel parere motivato. In tali condizioni, non può essere ritenuto che l’inadempimento contestato non producesse più effetti allo scadere del termine fissato dal parere motivato.

Al fine di valutare la fondatezza del ricorso, la Corte di Giustizia ha esaminato se, come afferma la Commissione, il requisito, previsto all’art. 28, par. 1, 2°c della Direttiva 95/46, secondo il quale deve essere garantito che ogni autorità di controllo sia pienamente indipendente nell’esercizio delle funzioni che le sono attribuite, implichi l’obbligo, per lo Stato membro interessato, di rispettare la durata del mandato di tale autorità fino al termine inizialmente previsto. La Corte aveva già statuito66 che tale articolo deve essere interpretato nel senso che le autorità di controllo competenti per la vigilanza del trattamento dei dati personali devono godere di

65 Corte di Giustizia, sentenza del 18 maggio 2006, Commissione c. Spagna causa C-

221/04, nonché Corte di Giustizia, sentenza del 7 aprile 2011, Commissione c. Portogallo, causa C-20/09.

66 Corte di Giustizia, sentenza del 9 marzo 2010, Commissione c. Germania causa

C-518/07, nonché Corte di Giustizia, sentenza del 16 ottobre 2012, Commissione c. Austria, causa C-614/10.

53 un’indipendenza che consenta loro di svolgere le proprie funzioni senza subire influenze esterne.

“Tale indipendenza esclude in particolare qualsiasi imposizione e ogni altra influenza esterna di qualunque forma, sia diretta che indiretta, che possano orientare le loro decisioni e che potrebbero quindi rimettere in discussione lo svolgimento, da parte di dette autorità, del loro compito, consistente nello stabilire un giusto equilibrio tra la protezione del diritto alla vita privata e la libera circolazione dei dati personali67”.

L’indipendenza funzionale delle autorità di controllo, nel senso che i loro membri non sono vincolati da alcuna istruzione nell’esercizio delle loro funzioni, è pertanto una condizione necessaria affinché esse possano soddisfare il criterio d’indipendenza ai sensi dell’art. 28, par. 1, 2° c della Direttiva 95/46, ma, contrariamente a quanto sostiene l’Ungheria, una tale indipendenza funzionale da sola non è sufficiente per preservare le autorità di controllo da qualsiasi influenza esterna. La Corte di Giustizia ha affermato che

“il solo rischio che le autorità dello Stato possano esercitare un’influenza politica sulle decisioni delle autorità di controllo è sufficiente ad ostacolare lo svolgimento indipendente delle funzioni di queste ultime68. […] Se fosse consentito ad ogni Stato membro porre fine al mandato di un’autorità di controllo prima del relativo termine inizialmente previsto senza rispettare le norme e le garanzie prestabilite a tal fine dalla legislazione applicabile, la minaccia di una tale cessazione anticipata incombente su detta autorità durante l’intero esercizio del suo mandato potrebbe condurre ad una forma di obbedienza al potere politico in capo alla stessa, incompatibile con detto requisito di indipendenza. Ciò è vero anche qualora la cessazione del mandato derivi da una ristrutturazione o da un cambiamento del modello, i quali devono essere organizzati in modo da rispettare i requisiti di indipendenza disposti dalla legislazione applicabile. Inoltre, in una tale situazione, non potrebbe ritenersi che l’autorità di controllo possa agire, in

67 Corte di Giustizia, sentenza dell’8 aprile 2014, Commissione c. Ungheria, causa

C-288/12, punto 51.

54 ogni circostanza, al di sopra di qualsivoglia sospetto di parzialità. Il requisito d’indipendenza di cui all’art. 28, par. 1, 2° c della Direttiva 95/46 deve, pertanto, necessariamente essere interpretato nel senso che include l’obbligo di rispettare la durata del mandato delle autorità di controllo fino alla scadenza e di porvi fine anticipatamente solo nel rispetto delle norme e delle garanzie della normativa applicabile69”.

Nella fattispecie, l’art. 15, par. 1, della legge del 1993, applicabile al Commissario ai sensi dell’art. 23, par. 2, della legge del 1992, prevedeva che il mandato del Commissario poteva cessare solo in ragione della sua scadenza, del decesso del Commissario, delle sue dimissioni, della dichiarazione di un conflitto di interessi, del collocamento a riposo o delle dimissioni d’ufficio.

Poiché non è stato posto fine al mandato del Commissario per nessuno di questi motivi, e considerato che lo stesso non si è ufficialmente dimesso, ne deriva che l’Ungheria ha posto fine al mandato del Commissario senza rispettare le garanzie previste dalla legge per tutelare il suo mandato, compromettendo quindi la sua indipendenza ai sensi dell’art. 28, par. 1, 2° c della Direttiva 95/46. Il fatto che la cessazione anticipata derivi da un cambiamento del modello istituzionale non può renderla compatibile con l’indipendenza delle autorità di controllo richiesta da tale disposizione.

Pertanto, l’8 aprile 2014 la Grande Sezione della Corte di Giustizia ha dichiarato che l’Ungheria, ponendo anticipatamente fine al mandato dell’Autorità di controllo per la protezione dei dati personali, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della Direttiva 95/46/CE70.

Tuttavia, l’Ungheria non ha provveduto a reimmettere l’ex Commissario nel proprio incarico.

69 Ibidem, punto 54.

70 Corte di Giustizia, sentenza dell’8 aprile 2014, Commissione c. Ungheria, causa

55 4. L’indipendenza dell’autorità giudiziaria

Il terzo procedimento di infrazione avviato dalla Commissione europea il 17 gennaio 2012 ha ad oggetto la decisione dell'Ungheria di abbassare l'età pensionabile minima per i giudici, i pubblici ministeri e i notai portandola da 70 a 62 anni dal 1° gennaio 2012.

Le norme UE relative alla parità di trattamento in materia di occupazione (Direttiva 2000/78/CE) proibiscono la discriminazione sul posto di lavoro in base all'età. Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE, infatti, se un governo decide di ridurre l'età pensionabile per un gruppo di persone e non per altri, è necessaria una giustificazione oggettiva e proporzionata71.

Nel caso dell'Ungheria, la Commissione non ha individuato alcuna giustificazione oggettiva per trattare i giudici e i pubblici ministeri in maniera diversa rispetto ad altri gruppi di persone, “in particolare in un momento in cui l'età pensionabile in tutta l'Europa viene progressivamente innalzata, non certo abbassata72”.

La situazione, poi, è ancora più discutibile sotto il profilo giuridico in quanto il Governo aveva già comunicato alla Commissione l’intenzione di innalzare l'età pensionabile generale a 65 anni nel periodo 2014-2022.

Per quanto riguarda l'indipendenza dell'autorità giudiziaria, la Commissione ha chiesto all'Ungheria anche ulteriori informazioni relative alla nuova legge sull'organizzazione dei tribunali (legge n. CLXI/2011). In base a tale legge, il Presidente del nuovo Ufficio giudiziario nazionale accentra i poteri relativi alla gestione operativa dei tribunali, alle risorse umane, al bilancio e all'assegnazione delle cause. Per la gestione operativa dei tribunali non è più previsto il

71 Questo principio è stato affermato dalla sentenza della Corte di Giustizia del 13

settembre 2011, secondo cui vietare ai piloti di linea di esercitare l'attività dopo i 60 anni costituisce una discriminazione fondata sull'età. Corte di Giustizia, sentenza del 13 settembre 2011, Reinhard Prigge, Michael Fromm e Volker Lambach c. Deutsche Lufthansa, causa C-447/09.

56 processo decisionale collegiale, né sono previste altre salvaguardie adeguate: una sola persona prende tutte le decisioni importanti in materia di autorità giudiziaria, compresa la nomina dei giudici. Inoltre, alla fine del 2011 è stato posto termine anzitempo al mandato del Presidente della Corte Suprema ungherese, eletto nel giugno 2009 per un periodo di sei anni. Altri giudici della Corte suprema hanno invece proseguito il loro mandato come giudici della nuova Kúria73, che ha sostituito la Corte Suprema74.

Già nel dicembre 2011, la vicepresidente della Commissione europea Viviane Reding aveva espresso, in allegato ad una lettera75 indirizzata alle autorità ungheresi, numerosi interrogativi con riferimento alla nuova disciplina.

Nello specifico, per quanto riguarda la nuova età pensionabile dei giudici, la Commissaria chiedeva che venisse specificato quale fosse l’obiettivo perseguito attraverso l’abbassamento dell’età pensionabile obbligatoria dei giudici, soprattutto in considerazione del fatto che la stessa sarebbe stata nuovamente innalzata a partire dal 2014. In particolare, poi, la Commissaria domandava in quale modo questo provvedimento potesse rientrare nell’obiettivo di politica generale di tutti i Governi dell’UE di consolidare le finanze pubbliche; perché l’età di pensionamento obbligatoria non fosse stata abbassata anche per le altre simili categorie di dipendenti pubblici (ad esempio,

73 Termine ungherese originario, pre-socialista, del medesimo organo.

74 Anche il vice-Presidente della Corte Suprema, nominato il 15 novembre 2009 con

un mandato di sei anni, è stato rimosso dal suo incarico a partire dal 1° gennaio 2012 sulla base dell’art. 185 della legge n. CLXI/2011 che stabiliva che il mandato del vice-Presidente della Corte Suprema sarebbe terminato con l’entrata in vigore della nuova Legge Fondamentale. L’ex vice-Presidente ha lamentato l’incostituzionalità di tale previsione per contrasto con i principi dello Stato di diritto, con il divieto di leggi retroattive e con il diritto ad un mezzo d’impugnazione. Con la sentenza n. 2309/2012 la Corte Costituzionale ungherese ha rigettato il ricorso ritenendo che la cessazione anticipata del mandato fosse giustificabile sulla base dei rilevanti cambiamenti apportati alle funzioni e alle competenze del Presidente della Kúria. Tale decisione è stata approvata con 8 voti favorevoli e 7 contrari.

75 Viviane Reding, Annex to the Letter to Dr Tibor Navracsics, Vice-Prime Minister

of the Republic of Hungary, Minister of Public Administration and Justice, 12 dicembre 2011.

57 professori universitari) e per i dipendenti pubblici in generale; se fossero state adottate tutte le misure necessarie per compensare le perdite finanziarie subite dai giudici che sarebbero dovuti andare in pensione molto prima del previsto; quale fosse l'impatto concreto di tali misure (cioè il numero dei giudici in questione, l'arretrato di casi, il reclutamento di nuovi giudici, ecc); perché le misure transitorie per i giudici che avevano già raggiunto il nuovo limite di età o lo avrebbero raggiunto l’anno successivo fossero così brevi76 rispetto alla portata

del cambiamento e in vista dell’imminente aumento dell'età pensionabile generale; se ci fossero casi di giudici che sarebbero dovuti andare in pensione all'età di pensionamento generale (62 anni) senza una pensione completa in conseguenza della riforma; infine, se i giudici sarebbero stati in grado, in futuro, di vedersi assicurato il diritto ad una pensione completa andando in pensione a 62 o 65 anni, data la nuova età minima di 30 anni, necessaria per poter essere nominati giudici, introdotta nella Legge Fondamentale77.

Per quanto riguarda il Presidente del nuovo Ufficio Giudiziario Nazionale, la Commissaria chiedeva di specificare quale fosse il suo ruolo nonché quello dell’Ufficio stesso e del Consiglio Giudiziario Nazionale; quali fossero le garanzie previste per assicurare una gestione indipendente dei tribunali; quale fosse l’autorità munita di un’influenza decisiva sulla nomina e promozione dei giudici e sulle misure disciplinari nei loro confronti e quali fossero i relativi processi decisionali.

Infine, per quanto concerne la trasformazione della Corte Suprema ungherese in Kúria, la Commissaria chiedeva quali fossero le

76 A tale proposito l’art. 12, par. 1, delle disposizioni transitorie della Legge

Fondamentale dispone che: “Se il giudice raggiunge l’età generalmente prevista per il beneficio della pensione di vecchiaia dall’art. 26, par. 2, della Legge Fondamentale entro il 1º gennaio 2012, le sue funzioni cessano il 30 giugno 2012. Se egli raggiunge l’età generalmente prevista per il beneficio della pensione di vecchiaia dall’art. 26, par. 2, della Legge fondamentale tra il 1º gennaio ed il 31 dicembre 2012, le sue funzioni cessano il 31 dicembre 2012”.

58 differenze nelle competenze della Kúria e del suo Presidente rispetto alla precedente Corte Suprema; quali fossero le garanzie adottate per scongiurare il pericolo della messa in discussione dell’indipendenza della magistratura circa il regime applicabile ai vari aspetti della trasformazione della Corte suprema ungherese nella Kúria, in particolare per quanto riguarda la nomina dei giudici e la cessazione anticipata del mandato del Presidente della Corte Suprema.

Sulla base della risposta fornita dalle autorità ungheresi, la Commissione europea aveva reso una Dichiarazione78 nella quale esprimeva le proprie preoccupazioni, fra le altre cose, sulle misure riguardanti la magistratura e in particolare sul prepensionamento obbligatorio di giudici e procuratori. Pertanto, in quell’occasione, la Commissione si era riservata di adottare le eventuali misure necessarie nella successiva riunione del 17 gennaio 2012.

Anche il Parlamento europeo aveva invitato la Commissione europea, in qualità di custode dei Trattati, a

“monitorare attentamente le possibili modifiche e l'attuazione di dette leggi e la loro conformità alla lettera e allo spirito dei trattati europei, nonché a effettuare uno studio approfondito per assicurare:

a) la totale indipendenza della magistratura, in particolare garantendo che