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La tutela dello Stato di diritto nell'Unione europea: criticità e prospettive alla luce del caso ungherese

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

L’art. 2 TUE enuncia solennemente i valori, comuni agli Stati membri, sui cui l’Unione europea si fonda: il rispetto della dignità umana, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani. L’art. 7 TUE, di conseguenza, prevede due meccanismi attivabili a fronte della violazione di uno o più di tali valori da parte degli Stati membri a seconda che vi sia il rischio che la violazione si verifichi oppure la stessa si sia già verificata. Questa disposizione, introdotta con il Trattato di Amsterdam e poi modificata sia dal Trattato di Nizza che dal Trattato di Lisbona, rappresenta attualmente l’unica possibilità per le Istituzioni europee di intervenire all’interno degli ordinamenti degli Stati membri per questioni che non si traducano in mere inosservanze della normativa europea. Proprio per questo si tratta di una disposizione che è stata ed è ampiamente discussa e nei cui confronti l’Unione europea mostra una certa riluttanza: di fatto, essa non è mai stata applicata. Tuttavia, si tratterebbe dell’unica disposizione che consentirebbe all’organizzazione di affrontare eventuali situazioni di violazione dei valori comuni europei da un punto di vista che non sia meramente tecnico e frammentario, come invece avviene quando le Istituzioni europee fanno ricorso alla procedura d’infrazione ex art. 258 TFUE. Di fronte ad una situazione di inadempimento sistematico come quella che inevitabilmente si verifica quando anche uno solo dei valori succitati non sono rispettati, infatti, solo un procedimento altrettanto articolato sarebbe in grado di dotare l’Unione di uno sguardo d’insieme sul progressivo allontanamento di un determinato Stato membro dal percorso d’integrazione europea.

Inserendosi in questo dibattito, il presente lavoro si prefigge lo scopo di analizzare l’efficacia e l’effettività degli strumenti di cui

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2 l’Unione europea dispone per fronteggiare le eventuali violazioni da parte degli Stati membri dei valori sanciti dall’art. 2 TUE, ed in particolare dello Stato di diritto. Tale analisi, infatti, sarà condotta alla luce dei recenti sviluppi politici in Ungheria, ovvero considerando quelli che sono stati gli interventi delle Istituzioni europee di fronte alle ampie e problematiche riforme che hanno interessato l’ordinamento ungherese a partire dal 2010. In particolare, sulla base di circostanze particolari verificatesi in seguito alle elezioni del 2010, nel 2011 l’Ungheria si è dotata di una nuova Costituzione, cosa che ha portato di conseguenza alla necessità di adottare numerose leggi organiche attuative della stessa. L’assetto complessivo risultante da tale processo di riforme si è tradotto in una minaccia all’indipendenza di istituzioni cruciali per l’ordinamento ungherese, ponendosi al limite del rispetto dei principi dello Stato di diritto.

Muovendoci sullo sfondo delle vicende che hanno interessato l’ordinamento ungherese negli ultimi quattro anni, avremo modo di osservare come la questione ungherese ha sollevato, ancora una volta, il problema della discrepanza tra, da un lato, la proclamazione dell’Unione europea come basata su valori comuni e come garante del loro rispetto nel territorio dell’Unione stessa, e, dall’altro, le sue limitate capacità di intervenire negli affari interni degli Stati membri. Il lavoro si articola in cinque capitoli. Nel Capitolo I saranno esaminate brevemente le peculiarità del processo costituente che ha portato all’adozione della nuova Legge Fondamentale, nonché i profili di alcune leggi organiche attuative che hanno destato le principali preoccupazioni delle Istituzioni europee circa la loro compatibilità con il diritto UE. Tuttavia, tali profili, vuoi per i parziali successi ottenuti almeno inizialmente dalla Commissione europea e dalle Istituzioni del Consiglio d’Europa, vuoi per gli interventi puntuali della Corte Costituzionale nazionale, sono stati affrontati a livello europeo prevalentemente per mezzo del ricorso a strumenti di semplice

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3 persuasione politica. Il nostro campo d’indagine, pertanto, sarà circoscritto all’analisi di altre leggi organiche, i cui problemi di compatibilità con gli obblighi derivanti agli Stati membri dall’acquis europeo hanno portato all’applicazione di alcuni degli strumenti di cui l’Unione è giuridicamente dotata, sulla base dei Trattati, al fine di intervenire a fronte delle violazioni del diritto UE: la disciplina della Banca centrale ungherese, la riorganizzazione dell’Autorità garante per la protezione dei dati e la libertà d’informazione e la riforma concernente la magistratura. Il Capitolo II sarà dunque dedicato all’esame delle tre procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea su alcuni profili delle succitate leggi. Sulla base della collaborazione e della complementarietà che da sempre contraddistinguono i rapporti tra Unione europea e Consiglio d’Europa, nel Capitolo III sarà prevalentemente condotta un’analisi degli interventi della Commissione per la Democrazia attraverso il diritto (cd. Commissione di Venezia) – l’organo consultivo del Consiglio d’Europa sulle questioni costituzionali – sulle tre materie oggetto di procedura d’infrazione, evidenziando le proposte avanzate dalla Commissione, nonché i risultati ottenuti in seguito al dialogo con le autorità ungheresi. Il Capitolo IV, poi, si occuperà di compiere un bilancio circa il grado di efficacia che nel caso ungherese hanno avuto gli strumenti giurisdizionali di cui l’Unione europea è dotata al fine di porre rimedio a violazioni del diritto UE da parte degli Stati membri. Nel Capitolo V, infine, l’attenzione si sposterà sull’analisi dei meccanismi di cui all’art. 7 TUE. In particolare, attraverso la ricostruzione della storia di questa disposizione cercheremo di comprendere i motivi per cui tali meccanismi non solo non siano stati utilizzati nel caso di specie, ma non siano mai stati utilizzati tout court. Di fronte all’impasse causata dall’inoperatività dei principali meccanismi di cui l’Unione è dotata per porre termine a tali violazioni, è emersa la necessità di individuare soluzioni alternative

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4 che possano consentire all’organizzazione un’azione efficace a tutela dei valori sanciti all’art. 2 TUE. Nel corso di questo ultimo capitolo, pertanto, saranno esaminate anche le proposte avanzate in tal senso dalla dottrina e dalle Istituzioni europee.

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CAPITOLO I

LE PRINCIPALI PREOCCUPAZIONI DESTATE DAL PROCESSO DI RIFORMA DELL’ORDINAMENTO

UNGHERESE

1. Il processo di riforma costituzionale in Ungheria

L’Ungheria è stato l’unico Paese dell’ex blocco sovietico a non aver adottato un nuovo testo costituzionale nel periodo di transizione democratica. Tuttavia, la Costituzione socialista del 1949, quasi una copia della Costituzione “staliniana” del 1936, era stata profondamente modificata in seguito alle negoziazioni delle tavole rotonde1, avviate nel febbraio 1989, che hanno consentito al Parlamento ungherese di emendare, nell’ottobre 1989 – ovvero antecedentemente alle prime elezioni democratiche, svoltesi nell’aprile 1990 – gran parte della vecchia Costituzione. Della Costituzione socialista, ormai, era rimasta intatta solo la struttura, e ciò ha agevolato, insieme al forte attivismo della Corte Costituzionale ungherese, volta ad affermare la democrazia nel pieno rispetto dello Stato di diritto attraverso la creazione di una sorta di “Costituzione invisibile”2, l’ingresso dell’Ungheria nell’Unione europea nel 2004.

1 In occasione delle tavole rotonde, i delegati del Partito socialista ungherese, nato

dallo scioglimento del vecchio partito al potere, negoziarono le modalità dei cambiamenti con le forze politiche dell’emergente opposizione e altre organizzazioni sindacali e politiche.

2 L’affermarsi della Corte Costituzionale ungherese come un vero e proprio

watchdog è stato dovuto anche alla previsione in Costituzione dell’actio popularis, strumento che consentiva ad ogni cittadino, anche privo di un interesse ad agire, di far valere l’incostituzionalità di una legge. È stata proprio un’actio popularis, ad esempio, a portare all’eliminazione della previsione della pena di morte nel 1990 (Alkotmánybíróság (Corte costituzionale ungherese), sentenza del 24 ottobre 1990 n. 23/1990). La Corte Costituzionale riceveva circa 1600 petizioni ogni anno; per ovviare al sovraccarico di lavoro della Corte, l’actio popularis non è stata inserita nella nuova Legge Fondamentale. Con riferimento al dialogo tra l’Ungheria e la Commissione di Venezia sull’eliminazione dell’actio popularis, cfr. Opinion on three legal questions arising in the process of drafting the New Constitution of

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6 L’idea di adottare una nuova carta costituzionale, però, era ben chiara sin dall’inizio delle negoziazioni; le stesse tavole rotonde non avevano l’intenzione di scrivere una nuova carta fondamentale vera e propria, ma solo di gettare le basi per il cambio di regime e l’affermarsi della democrazia.3 Tuttavia, i vari progetti di adozione di

una nuova carta costituzionale si erano tutti bloccati nella fase iniziale. La svolta è avvenuta con le elezioni del 2010, con le quali, ad epilogo della diffusa diffidenza e insoddisfazione nei confronti delle forze politiche di centro-sinistra, i cittadini ungheresi hanno consentito alla coalizione di centro-destra FIDESZ/KDNP, capeggiata da Viktor Orbán, di ottenere i due terzi dei seggi del Parlamento monocamerale, sufficienti, come previsto dall’art. 24, 2° e 3° cc della Costituzione, per l’adozione di leggi ed emendamenti costituzionali.

L’art. 24, 5°c della Costituzione, poi, prevedeva che il Parlamento dovesse in via preliminare adottare i principi direttivi di una nuova Costituzione con una risoluzione approvata dai quattro quinti dei deputati.4 Tuttavia, il nuovo Governo, forte della maggioranza di due terzi necessaria per emendare la Costituzione, ha abrogato tale disposizione costituzionale.5 Di conseguenza, il Governo

Hungary, n. 614/2011, adottata dalla Commissione di Venezia nella sua 86ª Sessione Plenaria (25-26 marzo 2011), 28 marzo 2011.

3 Nel Preambolo della Costituzione stessa, scritto nel 1989, si può leggere che essa

rimane valida “fino all’adozione della nuova Costituzione”.

4 Già nel 1994 si era formato un Governo di coalizione fra il Partito socialista

ungherese e l’Alleanza dei liberi democratici che poteva contare su una maggioranza parlamentare superiore ai due terzi dei seggi. Il tentativo di adottare una nuova Costituzione non veniva però portato a compimento, in nome dell’esigenza democratica di coinvolgere nel processo costituente anche le forze politiche di opposizione. A tal fine, nel 1995 veniva introdotto in Costituzione il 5° c dell’art. 24, garantendo così la partecipazione dell’opposizione quantomeno alla fase preparatoria. Tale modifica costituzionale, però, era ben circoscritta all’interno di un determinato arco temporale: doveva considerarsi abrogata quando il Parlamento eletto nel 1994 avesse concluso il suo mandato.

5 Peraltro alcuni hanno ritenuto viziata quest’operazione laddove, anche se non

formulata in maniera autoreferenziale, una disposizione che stabilisca una determinata maggioranza per l’adozione di una nuova Costituzione dovrebbe essere interpretata come modificabile unicamente con la medesima maggioranza, perdendo altrimenti di significato. V. A. ARATO, Constitution Making in Hungary and the 4/5 Rule, http://www.iconnectblog.com/2011/04/arato-on-constitution-making-in-hungary-and-the-45-rule/; Z. FLECK – G. GADÓ – G. HALMAI – S. HEGYI – G.

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7 non solo si è avvalso dell’opportunità di apportare modifiche alla Costituzione, come consentito dall’art. 24, 2° e 3° cc, ma allo stesso tempo ha anche nominato un comitato, composto da soli tre membri, incaricato di elaborare un nuovo testo costituzionale. In realtà, il 29 giugno 2010, con la risoluzione n. 47/2010, il Parlamento ungherese aveva istituito una commissione ad hoc per la redazione del testo costituzionale, composta da 45 membri - 30 dei quali delegati dalla coalizione di Governo. Tuttavia, la bozza presentata il 14 marzo 2011, votata dal Parlamento nel mese di aprile, era il frutto del lavoro del comitato composto dai tre membri tutti di nomina governativa.

I partiti dell’opposizione si sono rifiutati di partecipare al dibattito, esigendo l’aumento della maggioranza richiesta per l’adozione di una nuova Costituzione da due terzi a quattro quinti. Tuttavia, essendo da soli sufficienti i voti dei parlamentari della coalizione al Governo, nell’aprile 2011 il Parlamento ha approvato la nuova Legge Fondamentale, entrata in vigore il 1° gennaio 2012.6 La stessa data segnava l’entrata in vigore delle numerose leggi organiche

JUHÁSZ – J. KIS – Z. KÖRTVÉLYESI – B. MAJTÉNYI – G. A. TÓTH, Opinion on the Fundamental Law of Hungary, http://lapa.princeton.edu/hosteddocs/amicus-to-vc-english-final.pdf. I vizi del procedimento di revisione vengono ricondotti non tanto al dato positivo, che ha perso evidentemente efficacia in seguito al termine del mandato del Parlamento eletto nel 1994 (v. supra n. 4), quanto piuttosto alla convenzione costituzionale che nel frattempo si sarebbe su di esso edificata. Tuttavia, tale impostazione secondo altri striderebbe troppo con la lettera della legge, che non è stata nel frattempo reiterata. In tal senso, v. V. LUBELLO La revisione della Costituzione, in G. F. FERRARI (a cura di) “La nuova Legge fondamentale ungherese”, Torino, 2012, pp. 35-36.

6 Gli aspri dibattiti sorti attorno al nuovo testo costituzionale ungherese hanno

portato la dottrina costituzionalistica a chiedersi se quello che è stato attivato in Ungheria debba essere considerato un potere costituito oppure costituente. Da una parte, non si registra alcun gap di legittimazione tale da far ritenere l’adozione della nuova Legge Fondamentale come il frutto di un potere costituente: si sono svolte libere elezioni ed il Parlamento ungherese ha adottato il nuovo testo secondo le maggioranze prescritte dalla Costituzione precedente. Se però si sposa la diversa tesi che vuole l’instaurarsi di un potere costituente non tanto nel mancato rispetto del procedimento dell’iter di revisione costituzionale quanto piuttosto nel verificarsi di circostanze di fatto che comportino un’eccezionale forzatura interpretativa e/o applicativa delle norme procedimentali e sostanziali vigenti, allora sarà la storia il vero giudice della legittimità dell’attuale Legge Fondamentale. In proposito, v. V. LUBELLO, La revisione della Costituzione, cit., pp. 39-40 nonché A. JAKAB, On the Legitimacy of a New Constitution. Remarks on the Occasion of the New Hungarian Basic Law of 2011, http://ssrn.com/abstract=2033624.

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8 che integrano la Costituzione e che erano state adottate nel corso del 2011 dalla maggioranza rappresentata dai parlamentari di FIDESZ/KDNP, dal momento che anche per l’approvazione o la modifica di leggi organiche è richiesta una maggioranza di due terzi. Critiche sulla nuova Legge Fondamentale e sulle correlate leggi organiche sono piovute sia dall’interno del Paese che dalle Istituzioni europee, dall’OSCE7, dal Consiglio d’Europa, dall’ONU8, dalle

principali ONG a tutela dei diritti umani9 e dai governi americano10 e francese11. La nuova Legge Fondamentale ha sollevato forti preoccupazioni sia per il suo contenuto che per la procedura di approvazione. Con riguardo a questo secondo aspetto, le principali preoccupazioni avevano ad oggetto il già osservato mancato coinvolgimento delle opposizioni nonché della popolazione: il testo approvato non è stato sottoposto a referendum, la consultazione popolare si è svolta in forma di questionario spedito ad ogni cittadino ungherese – senza riportare il testo del progetto di Legge Fondamentale –, dove si chiedeva di rispondere a dodici quesiti dal contenuto generico come, ad esempio, la questione dei diritti degli ungheresi residenti oltre i confini, la costituzionalizzazione

7 Le principali preoccupazioni sono state espresse dalla Rappresentante OSCE per la

libertà dei mezzi di informazione, Dunja Mijatović, con riferimento alle restrizioni alla libertà di stampa introdotte con le nuove leggi sui media, n. CIV/2010 e n. CLXXXV/2010.

8 Il Segretario Generale Ban Ki-moon ha dichiarato che "avrebbe apprezzato che il

Governo ungherese avesse cercato consigli e raccomandazioni nel proprio Paese e presso il Consiglio d'Europa o le Nazioni Unite" e che riteneva che l'Ungheria, in quanto Stato membro dell'UE, avrebbe dovuto invitare le Istituzioni europee a fornire consulenza e a rivedere la nuova Costituzione. Cfr. Risoluzione del Parlamento europeo sulla Costituzione ungherese rivista, 2011/2655(RSP), 5 luglio 2011.

9 Il riferimento principale è al comunicato di Amnesty International n. CS005 del

16/01/2012, in cui l’organizzazione chiedeva all’Unione europea di premere sull’Ungheria affinché rispettasse i diritti umani, con particolare stigmatizzazione delle possibilità di discriminazione sessuale lasciate aperte dalla nuova Legge Fondamentale nonché delle nuove leggi riguardanti i media e la Corte Costituzionale.

10 Cfr. Secretary of State Clinton’s letter to Viktor Orbán, 23 dicembre 2011,

www.state.gov/secretary/rm/2011/02/167374.htm.

11 Il 3 gennaio 2012 il Ministro degli Esteri Alain Juppé ha sollecitato la

Commissione europea ad intervenire affinché i valori comuni fossero rispettati ovunque, compresa l’Ungheria. Cfr. Le Monde, 4 gennaio 2012.

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9 dell’ergastolo effettivo, il diritto per le madri ad un voto plurimo in ragione dei figli. A tale questionario ha risposto solamente circa l’11% dell’elettorato. Con riferimento al contenuto, invece, tra le varie preoccupazioni che sono state espresse possiamo ricordare, tra le principali, quelle riguardanti l’insufficiente tutela delle minoranze, della libertà di culto e di espressione e della dignità umana, la definizione di famiglia come unione basata sul matrimonio di un uomo con una donna, l’eliminazione del divieto di costituire associazioni paramilitari che perseguano scopi politici, l’omesso divieto di discriminazione in base all’orientamento sessuale, la copertura costituzionale offerta alla legittima difesa senza alcun riferimento alla proporzionalità fra offesa e difesa, la definizione del fiorino ungherese come moneta nazionale, l’indebolimento della Corte Costituzionale, la costituzionalizzazione dell’ergastolo effettivo, le modifiche al sistema giudiziario. A queste, si aggiunga l’atteggiamento tollerante tenuto dallo stesso Governo rispetto alle dichiarazioni di matrice xenofoba, razzista e antisemita espresse dal partito Jobbik, di ispirazione ultraconservatrice, presente in Parlamento.

Prima ancora di esaminare il contenuto della nuova Legge Fondamentale, il giudizio negativo sulla stessa poteva essere anticipato considerati i tempi strettissimi con cui si è giunti alla sua adozione: come visto, il Parlamento ungherese ha istituito la commissione ad hoc per la redazione del testo costituzionale il 29 giugno 2010, questa ha iniziato i suoi lavori il 20 luglio 2010; il 14 marzo 2011, il comitato composto dai tre membri di nomina governativa ha presentato la bozza della nuova Legge Fondamentale, votata dal Parlamento il 18 aprile e firmata il 25 aprile dello stesso anno dal Presidente della Repubblica Pál Schmitt. La stesura di un testo destinato per lungo tempo a dettare l’organizzazione di un ordinamento e a disciplinare il funzionamento degli equilibri sociali,

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10 infatti, è un’operazione che richiede cura e ponderazione, uno sguardo comparatistico attento a selezionare i più validi esperimenti di altre esperienze e, nel contesto europeo, un’approfondita valutazione degli obblighi incombenti sugli Stati membri in virtù dei Trattati e del diritto dell’Unione. Non si può dire che questo sia stato il caso dei costituenti ungheresi.

2. La legislazione organica attuativa che ha destato le principali preoccupazioni delle Istituzioni europee

In seguito all’approvazione della nuova Legge Fondamentale nell’aprile 2011, il Parlamento ungherese ha adottato una serie di leggi organiche attuative della stessa e destinate ad entrare in vigore anch’esse il 1° gennaio 2012. Sin dal febbraio 201212, il Parlamento

europeo, in seguito a dichiarazioni del Consiglio europeo e della Commissione europea, si è pronunciato in merito a talune leggi organiche affinché fossero assicurati:

a) il rispetto della legislazione europea da parte del regolamento della Banca centrale ungherese (legge n. CCVIII/2011);

b) il ripristino e la garanzia dell'indipendenza istituzionale della protezione dei dati e della libertà d'informazione (legge n. CXII/2011); c) la totale indipendenza della magistratura, in particolare garantendo un’amministrazione dell'autorità giudiziaria nazionale e dei tribunali in genere senza interferenze politiche ed evitando abbreviazioni arbitrarie del mandato dei giudici (leggi n. CLXI/2011 e n. CLXII/2011);

d) il ripristino del diritto della Corte costituzionale di riesaminare ogni atto legislativo, incluso il diritto di rivedere le leggi fiscali e in materia di bilancio (legge n. CLI/2011);

12 Risoluzione del Parlamento europeo sui recenti sviluppi politici in Ungheria

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11 e) la garanzia della libertà e del pluralismo dei mezzi d'informazione, in particolare per quanto riguarda la partecipazione dei rappresentanti della società civile e dell'opposizione in seno al consiglio dei mezzi d'informazione (leggi n. CIV/2010 e n. CLXXXV/2010);

f) la conformità della nuova legge elettorale alle norme democratiche europee e il rispetto del principio dell'alternanza politica (legge n. CCIII/2011);

g) il rispetto, da parte della legge sulle chiese e sulle confessioni religiose, del principio fondamentale della libertà di coscienza, evitando di subordinare la registrazione delle chiese all'approvazione della maggioranza di due terzi nel Parlamento ungherese (legge n. CCVI/2011).

Pertanto, il Parlamento europeo aveva invitato la Commissione europea a monitorare attentamente le possibili modifiche e l'attuazione di dette leggi e la loro conformità alla lettera e allo spirito dei Trattati europei, nonché a chiedere il parere della Commissione di Venezia e a continuare a collaborare con il Consiglio d'Europa in relazione a tali questioni.

3. Le problematiche su cui l’Ungheria si è dimostrata disponibile al dialogo con le Istituzioni europee

Nei paragrafi successivi del presente Capitolo saranno esaminati i profili che hanno destato le maggiori preoccupazioni delle Istituzioni europee con riguardo alle leggi organiche citate nei punti d), e), f) e g) del precedente paragrafo. Sulle problematiche sollevate da tali leggi di riforma, infatti, le autorità ungheresi si sono dimostrate sin da subito aperte al dialogo con le Istituzioni europee, procedendo – anche sulla base delle denunce di incostituzionalità provenienti dalla Corte Costituzionale nazionale – ad emendare gli aspetti maggiormente

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12 criticati. Pertanto, alla luce dei successi almeno inizialmente ottenuti, i profili di incompatibilità con il diritto UE di tali leggi organiche sono stati affrontati a livello europeo unicamente sul piano del dialogo politico.

Per quanto riguarda invece i profili di incompatibilità con l’acquis europeo delle leggi citate nei punti a), b) e c) del paragrafo precedente, poiché questi hanno portato le Istituzioni europee ad intervenire ben al di là della sola persuasione politica, per un loro esame si rinvia ai Capitoli II e III.

3.1 La disciplina della Corte Costituzionale fra legge organica ed emendamenti costituzionali

In attuazione dell’art. 24, 5°c della nuova Legge Fondamentale, che prevede che le competenze della Corte Costituzionale, la sua organizzazione e il suo funzionamento siano stabiliti per legge organica, il Parlamento ungherese ha adottato la legge n. CLI/2011, entrata in vigore il 1° gennaio 2012. Le principali perplessità sollevate da tale legge fanno riferimento al fatto che:

- l'indipendenza della Corte Costituzionale e lo status dei suoi giudici dovrebbero essere garantiti dalla Legge Fondamentale, e non solo dalla legge sulla Corte Costituzionale;

- la previsione secondo cui i giudici della Corte Costituzionale sono nominati esclusivamente dal Parlamento a maggioranza dei due terzi senza necessità di un accordo con le opposizioni, tenuto conto del fatto che l’attuale Governo gode di una maggioranza di due terzi in Parlamento, potrebbe condurre ad un rischio di politicizzazione della Corte Costituzionale (artt. 7, par. 1 e 8, par. 1 in attuazione di quanto previsto dall’art. 24, 4°c della Legge Fondamentale, secondo cui

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13 anche il Presidente della Corte Costituzionale è nominato dal Parlamento invece che dai giudici costituzionali);13

- dovrebbero essere messe in atto specifiche garanzie procedurali per controbilanciare la vaghezza dell’espressione “indegnità” utilizzata per giustificare l'esclusione di un membro dalla Corte (art. 16);

- non dovrebbe essere attribuito al Procuratore Generale il compito di richiedere alla Corte Costituzionale un esame circa la conformità costituzionale di determinate disposizioni quando la persona interessata sia incapace di difendere personalmente i propri diritti o quando la violazione dei diritti riguardi un più ampio gruppo di persone, in quanto la protezione di interessi individuali contrasterebbe con la funzione propria del Procuratore Generale quale rappresentante dell’interesse generale (art. 26);

- le procedure di reclamo individuale, descritte dagli artt. 26 e 27 e introdotte per compensare l’abolizione dell’actio popularis, dovrebbero essere ulteriormente puntualizzate laddove, viceversa, gli "elementi cardinali" nella legge sulla Corte Costituzionale, in quanto modificabile solo a maggioranza di due terzi, dovrebbero essere limitati ai principi fondamentali;

- dovrebbe essere prevista un'eccezione al requisito dell'esaurimento delle vie di ricorso, necessario per poter accedere alla Corte Costituzionale (art. 26, 2°c), per tutti i casi in cui l'osservanza di questa norma potrebbe causare danni irreparabili per l'individuo;

13 In aggiunta, si consideri che la nuova Legge Fondamentale ha previsto l’aumento

del numero dei giudici costituzionali da undici a quindici. Insieme alla necessità di ricoprire alcuni posti vacanti, ciò ha consentito alla maggioranza al Governo di nominare ben sette nuovi giudici costituzionali. Un precedente in tal senso può essere riscontrato nel cd. “Court Packing Plan”, con cui nel 1937 il Presidente americano Roosevelt aveva minacciato la Corte Suprema, che ostacolava le politiche legislative in materia economico-sociale dell’amministrazione federale, di aumentarne il numero di membri da nove a undici. Poiché fra i nove giudici ve ne erano quattro favorevoli alle politiche federali e cinque contrari, per ribaltare tale maggioranza sarebbe stato sufficiente aumentare di due il numero dei membri di nomina governativa. Tuttavia, la sola minaccia fu sufficiente affinché la Corte Suprema modificasse il proprio orientamento.

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14 - l’art. 41, 2°c, in attuazione dell’art. 37, 4°c della Legge Fondamentale prevede una limitazione dei poteri di controllo della Corte Costituzionale in materia di bilancio;

La Legge Fondamentale impone criteri specifici per la gestione del bilancio dello Stato nonché rigide limitazioni al debito dello Stato. Tuttavia, invece di dare alla Corte Costituzionale il pieno controllo sulla costituzionalità del bilancio e della legislazione delle imposte, conferisce un particolare potere di intervento in questo ambito al nuovo Consiglio per il Bilancio, disciplinato dall’art. 44 della Legge Fondamentale. L’art. 37, 4°c della Legge Fondamentale, difatti, prevede che in un periodo durante il quale il debito pubblico supera la metà del PIL, la Corte Costituzionale non può esercitare il controllo di costituzionalità sulle leggi di attuazione della Legge Finanziaria, sulla tassazione centrale, sulle imposte, sui contributi, sulle imposte doganali, e sulle disposizioni nazionali sulla tassazione locale se non per violazioni del diritto alla vita e alla dignità umana, alla protezione dei dati personali, alla libertà di pensiero, coscienza e religione e dei diritti concernenti la cittadinanza ungherese, nonché per vizi di invalidità formale.

A seguito delle aspre critiche mosse da più parti circa tale limitazione alla competenza della Corte Costituzionale14, il Quarto

emendamento alla Legge Fondamentale ha introdotto un ulteriore 5°c all’art. 37, prevedendo che tali limitazioni alla competenza della Corte Costituzionale siano applicabili anche posteriormente al periodo di alto indebitamento pubblico, ma solo in riferimento al periodo stesso. Ovvero, quando il debito pubblico scende al di sotto del 50% del PIL, la Corte Costituzionale può pronunciarsi sull’illegittimità costituzionale delle disposizioni a carattere finanziario e fiscale di cui al 4°c, ma – in caso di accoglimento – con effetti solo parzialmente

14 V., in proposito, Opinion on the new Constitution of Hungary, n. 621/2011

adottata dalla Commissione di Venezia nella sua 87ª Sessione Plenaria (17-18 giugno 2011), 20 giugno 2011, punto 98.

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15 retroattivi, ossia inficiando la validità e l’efficacia della norma limitatamente agli effetti prodotti dopo il rientro del PIL nella soglia prefissata.

Il Quarto emendamento, poi, ignorando la pronuncia del dicembre 2012 della Corte Costituzionale15, nella quale la stessa aveva affermato la possibilità di potersi pronunciare sulla legittimità costituzionale degli emendamenti costituzionali anche nel merito, ha aggiunto un 5°c all’art. 24 della Legge Fondamentale, stabilendo la competenza della Corte Costituzionale a pronunciarsi unicamente sui profili procedurali di illegittimità costituzionale degli emendamenti costituzionali.

In aggiunta, il Quarto emendamento ha introdotto la Disposizione Transitoria n. 5 stabilendo la caducazione di tutte le sentenze della Corte Costituzionale precedenti all’adozione della nuova Legge Fondamentale, senza pregiudizio degli effetti giuridici da esse prodotti. Ciò significa che per la Corte non sarà più possibile fare riferimento alla propria corposa giurisprudenza elaborata sulla base della precedente Costituzione e della dottrina della “Costituzione invisibile”, bensì dovrà sviluppare una nuova giurisprudenza basata unicamente sul testo della nuova Legge Fondamentale.16 Ciò risulta

come diretta conseguenza del fatto che il Preambolo del nuovo testo costituzionale dichiara “nulla e non avvenuta” la precedente Costituzione in quanto instauratrice di un “regime tirannico”.

A completamento di questo scenario, il Quarto emendamento aveva anche previsto un risicato periodo di 30 giorni entro il quale la Corte avrebbe dovuto esaminare le questioni di legittimità costituzionale sollevate attraverso il procedimento in via incidentale

15 Alkotmánybíróság (Corte costituzionale ungherese), sentenza del 29 dicembre

2012, n. 45/2012.

16Ciòin netta antitesi rispetto a quanto sostenuto dalla Corte stessa nella sentenza dell’8 maggio 2012 n. 22/2012, dove affermava che nella giurisprudenza costituzionale ben potevano trovare spazio le argomentazioni utilizzate sotto la vigenza della precedente Costituzione.

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16 (art. 24, 2°c, let. b), nonché la possibilità per il Parlamento di imporre una tassazione straordinaria per far fronte a spese derivanti da decisioni, fra le altre, della Corte Costituzionale, qualora la Legge Finanziaria non avesse offerto una sufficiente copertura e il debito pubblico fosse superiore al 50% del PIL (art. 37, 6°c). Sulla base anche delle gravi preoccupazioni espresse dalla Commissione di Venezia17, tale ultima disposizione è stata abrogata dal Quinto emendamento, il quale ha anche ampliato a 90 giorni il termine entro il quale la Corte è chiamata ad esaminare le questioni di legittimità costituzionale sollevate in via incidentale.

3.2 La normativa sui mezzi d’informazione

Il quadro legislativo che disciplina i mezzi d’informazione in Ungheria è notevolmente mutato negli ultimi anni. Innanzitutto, nella nuova Legge Fondamentale la libertà di stampa non è intesa come un diritto dell’individuo, bensì come un obbligo dello Stato (art. IX18); è

attribuito ad una legge organica il compito di determinare le norme specifiche relative alla libertà di stampa e alla sua supervisione, senza che siano forniti orientamenti circa le finalità, i contenuti ed i limiti di tale legge (art. IX, 3°c). Nonostante ciò, il Parlamento ungherese non ha adottato, in seguito all’entrata in vigore della nuova Legge Fondamentale, alcuna nuova legge organica relativa ai mezzi d’informazione o all’organismo di regolamentazione autonomo. Tuttavia, solo nel 2011 erano entrate in vigore le nuove leggi sui mezzi d’informazione n. LXXXII/2010, n. CIV/2010 e n. CLXXXV/2010, modificate nello stesso anno e nel 2012.

17 V. Opinion on the Fourth Amendment to the Fundamental Law of Hungary, n.

720/2013, adottato dalla Commissione di Venezia nella sua 95ª Sessione Plenaria (14-15 giugno 2013), 17 giugno 2013, punti 115 ss.

18 La Costituzione ungherese presenta una numerazione peculiare, in base alla quale

la prima parte, contenente i principi fondamentali, è ordinata con lettere alfabetiche, nella seconda parte, relativa alle libertà e responsabilità, gli articoli sono indicati con numeri romani e la terza parte, sull’organizzazione dello Stato, presenta la classica suddivisione in numeri arabi.

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17 La prima delle tre leggi citate ha istituito le nuove autorità di regolamentazione centralizzate dei mezzi d’informazione: l’Autorità nazionale per i mezzi d’informazione e le telecomunicazioni e il Consiglio dei mezzi d’informazione. Le altre due leggi hanno definito, rispettivamente, le norme di base del contenuto dei mezzi d’informazione nonché i poteri dei nuovi organismi di regolamentazione dei mezzi d’informazione e le sanzioni per le violazioni della nuova normativa.

L’Autorità nazionale per i mezzi di informazione e le telecomunicazioni, composta da cinque membri di nomina governativa, è formata da diversi organismi, alcuni dei quali hanno una competenza normativa autonoma: il Presidente, il Consiglio dei mezzi d’informazione e l’Ufficio competente. I compiti correlati alla regolamentazione dei mezzi d’informazione sono svolti dal Consiglio dei mezzi d’informazione, un organo collegiale con autonomia relativa all’interno dell’organizzazione dell’Autorità, i cui membri sono nominati dal Parlamento a maggioranza di due terzi e di norma presieduto dal Presidente dell’Autorità stessa. Il Presidente dell’Autorità è eletto direttamente dal Primo Ministro con un mandato di nove anni e può essere rieletto al termine del suo mandato; ha inoltre la facoltà di nominare due vicepresidenti per un tempo indeterminato. Il Presidente e il Consiglio dei mezzi d’informazione dell’Autorità nazionale dispongono di ampio potere normativo in tutti i settori delle comunicazioni, nonché del potere di adottare atti normativi in merito a procedure d’appalto, rilascio di licenze, ripartizione dello spettro, gestione delle frequenze, vigilanza, monitoraggio e imposizione di sanzioni. Il Consiglio dei mezzi d’informazione, poi, nomina il Presidente del Consiglio dei garanti, unico gestore della Fondazione del Servizio Pubblico, proprietaria delle tre emittenti televisive pubbliche e dell’Agenzia di stampa ungherese. Il Consiglio dei garanti ha la responsabilità generale dei

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18 mezzi d’informazione pubblici e svolge, inoltre, un ruolo importante nella nomina e nel licenziamento dei gestori di ciascun fornitore dei mezzi d’informazione pubblici. Il Consiglio dei garanti, infine, nomina il Presidente e la maggior parte dei membri del Consiglio di vigilanza delle emittenti televisive del servizio pubblico, che controllano le modalità di gestione delle emittenti.

Le principali perplessità suscitate dalla disciplina introdotta nel 2010 concernono:

- le restrizioni preventive sulla libertà di stampa sotto forma di requisiti di registrazione e regime di autorizzazione (artt. 41-46 legge n. CLXXXV/2010);

- le eccezioni alla protezione delle fonti giornalistiche per ragioni legate alla “sicurezza nazionale” e all’ “ordine pubblico” (artt. 4 e 6 legge n. CIV/2010);

- l’assenza di indipendenza degli organismi di regolamentazione dei mezzi d’informazione, soprattutto a causa della carenza di obiettività e pluralismo nella procedura di nomina (artt. 124-125 legge n. CLXXXV/2010);

- l’assenza di un efficace ricorso interno per gli operatori dei mezzi d’informazione soggetti alle decisioni del Consiglio dei mezzi d’informazione (artt. 163-166 legge n. CLXXXV/2010);

- i poteri sanzionatori dell’Autorità nazionale e del Consiglio dei mezzi d’informazione su tutti i media, compresi la stampa e Internet, per qualsiasi violazione della regolamentazione dei mezzi d’informazione nonché nel caso di “violazione dell'interesse pubblico” - non meglio specificato -, informazioni “non equilibrate politicamente” o “lesive della dignità umana”. Le sanzioni vanno da settecento mila euro per le emittenti televisive a ottantanove mila euro per i giornali e i siti Internet (artt. 185 ss. legge n. CLXXXV/2010);

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19 - la mancanza di una procedura di sospensione automatica delle sanzioni in caso di ricorso giudiziario contro un provvedimento dell'Autorità nazionale;

- l’assenza di garanzie per l’indipendenza finanziaria ed editoriale delle emittenti televisive pubbliche, in quanto viene conferito all’Agenzia Telegrafica Ungherese, ente pubblico finanziato dal bilancio dello Stato, il compito di fornire i notiziari ai media di servizio pubblico;

- la possibilità per l’Autorità nazionale di autorizzare un’impresa, senza una procedura d’appalto e per un periodo massimo di tre anni, a fornire servizi d’informazione al fine di svolgere funzioni pubbliche (art. 48 legge n. CLXXXV/2010).

Sulla base dell’art. 10, par. 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che afferma che “la libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati”, nonché sulla base della Direttiva 2010/13/UE sui servizi dei media audiovisivi e degli artt. 49 e 56 TFUE sulla libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi all’interno dell’Unione, la Commissione europea ha criticato tale normativa innanzitutto per la sua adozione nell’ambito della procedura parlamentare dei progetti di legge ad iniziativa personale, che non prevede la consultazione con i partiti dell’opposizione e la società civile; inoltre, la Commissione si è espressa negativamente sulla struttura estremamente gerarchica e politicamente omogenea della supervisione dei mezzi d’informazione, sul notevole impatto di determinate disposizioni sul contenuto della programmazione, sulle norme in materia di autorizzazione e di registrazione dei media,

sull’ampio potere sanzionatorio e di vigilanza dell’Autorità per assicurare il rispetto della legge ungherese sui media anche da parte delle emittenti legalmente stabilite ed autorizzate in altri Stati membri e sulla genericità delle espressioni contenute in alcune norme, potenzialmente favorevoli ad un’applicazione e ad un’attuazione

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20 arbitrarie.19 In proposito, il Parlamento europeo ha più volte invitato la Commissione a presentare, ex art. 265 TFUE, una proposta legislativa sulla libertà, il pluralismo e l'indipendenza della governance dei media, divenuta sempre più necessaria ed urgente,al fine di colmare le lacune del quadro normativo dell'UE sui media.20

In seguito alle prese di posizione della Commissione europea, nel marzo 2011 il Parlamento ungherese ha modificato la normativa, ma tali modifiche sono state ritenute insufficienti sia dal relatore speciale delle Nazioni Unite sulla promozione e la salvaguardia del diritto alla libertà di opinione ed espressione21 che dal Consiglio d’Europa22 e dall’OSCE23, in quanto la regolamentazione dei mezzi

d’informazione in Ungheria continuava a non essere coerente con le prassi e norme europee, avendo l’Autorità nazionale una concentrazione di poteri unici in Europa. La Commissione europea aveva già dichiarato che avrebbe monitorato attentamente l’adozione di tali emendamenti e la loro successiva attuazione.24

Nel dicembre 2011, poi, la Corte Costituzionale ungherese ha dichiarato l’incostituzionalità di alcune disposizioni della legge n. CIV/2010 riguardanti la regolamentazione del contenuto della stampa scritta, il potere dell’Autorità nazionale sulla stampa e su Internet, la protezione delle fonti di informazione dei giornalisti, nonché l’obbligo

19 Per la ricostruzione del dialogo fra la Commissione europea e la autorità ungheresi

v. Commissione europea, Neelie Kroes, Commissaria per l’Agenda digitale, 11 gennaio 2011, SPEECH/11/6; 17 gennaio 2011, SPEECH/11/22; 9 febbraio 2012, SPEECH/12/80; Commissione europea, MEMO/11/89, 16 febbraio 2011.

20 Risoluzione del Parlamento europeo sulla legge ungherese sui media, 10 marzo

2011, punto 6.

21 Statement delivered by the UN Special Rapporteur on the promotion and

protection of the right to freedom of opinion and expression, Mr. Frank La Rue, after the conclusion of his visit to Hungary, 5 aprile 2011, http://www.ohchr.org/en/NewsEvents/Pages/DisplayNews.aspx?NewsID=10915&L angID=E.

22 Consiglio d’Europa, Opinion of the Commissioner for Human Rights on

Hungary’s media legislation in light of Council of Europe standards on freedom of the media, CommDH(2011)10, 25 febbraio 2011.

23 The Office of the OSCE Representative on Freedom of the Media, Analysis of the

Hungarian media legislation, 28 febbraio 2011, http://www.osce.org./fom/75990.

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21 di registrazione delle pubblicazioni stampate e on line.25 La Corte ha pertanto chiesto al Parlamento ungherese di modificare la legge entro il 31 maggio 2012.

La legge n. LXVI/2012, di modifica delle leggi n. CIV/2010 e n. CLXXXV/2010, ha apportato un ulteriore miglioramento alla disciplina, abolendo una serie di obblighi originariamente imposti alla stampa e ai mezzi d’informazione on line e introducendo norme dettagliate relative alla protezione delle fonti giornalistiche, ma anche in questo caso gli elementi fondamentali della normativa – in particolare la nomina e i poteri dell’Autorità nazionale e del Consiglio dei mezzi d’informazione nonché l’imposizione di ammende estremamente severe e imposte per ragioni tanto discutibili quanto indefinite – non sono stati migliorati.

Sullo sfondo di questa disciplina, nel frattempo, Klubrádió, considerata l'unica emittente d'opposizione del Paese, non si è vista rinnovare la concessione delle licenze in seguito ad una decisione del Consiglio dei mezzi d'informazione. Nonostante si trattasse di una competenza del Governo e nonostante questa vicenda in sé non comportasse un’infrazione della normativa europea, ed in particolare della Direttiva 2002/20/CE sulle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica, la Commissaria europea per l’Agenda digitale Neelie Kroes, avendo valutato preoccupante la tendenza sulla stampa in Ungheria al di là del non rinnovo delle licenze, aveva invitato il Governo ad incoraggiare la concorrenza assegnando licenze supplementari.26 Attualmente, l’emittente radiofonico ha nuovamente

25 Alkotmánybíróság (Corte costituzionale ungherese), sentenza del 19 dicembre

2011, n. 165/2011.

26 Neelie Kroes, Commissaria per l’Agenda digitale, Defending media pluralism in

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22 ottenuto le proprie frequenze dopo una lunga e costosa battaglia che ha rivelato procedure d’appalto “parziali ed opache”27.

Secondo il disegno di legge proposto in Parlamento nel febbraio 2013 in seguito al dialogo con l'UE, sarebbe ora il Presidente della Repubblica ad avere il potere di nominare e rimuovere il Presidente dell'Autorità nazionale, su proposta del Primo Ministro. Prima della nomina da parte del Presidente della Repubblica, le organizzazioni civili e professionali attive nel campo dei media avrebbero la possibilità di proporre alcuni candidati alla carica. Tuttavia, questo emendamento non ha riguardato l’elezione della nuova Presidente dell’Autorità, eletta nell’agosto 2013 con un mandato di nove anni. A questo si aggiunga che l’11 giugno 2014 il Parlamento ungherese ha approvato il disegno di legge che prevedeva una nuova tassa sulla pubblicità, sulla base di una proposta presentata il 2 giugno 2014 da un deputato FIDESZ. La nuova legge prevede livelli di tassazione crescente con aliquote progressive fino al 40% sulla pubblicità di giornali, radio, TV, siti Internet e manifesti pubblicitari, esentando solo gli annunci di pubblico servizio, quelli politici e quelli con fatturati inferiori a un milione di fiorini ungheresi (circa tremila euro). La Commissaria Neelie Kroes ha affermato che

“questa nuova tassa è stata approvata in Parlamento senza un adeguato dibattito e senza alcuna consultazione; è una tassa che colpisce in modo sproporzionato soprattutto RTL Group28, il gruppo che gestisce uno dei

pochi canali in Ungheria che non promuove apertamente il governo Orbán”. Secondo la Commissaria, la verità è che “il Governo ungherese non vuole un media neutrale e straniero nel proprio Paese, ecco perché sta utilizzando un ingiusto sistema di tassazione per spazzare via i guardiani

27 Neelie Kroes, Commissaria per l’Agenda digitale, Media freedom remains under

threat in Hungary, http://ec.europa.eu/commission_2010-2014/kroes/, 28 luglio 2014, trad. it. nostra.

28 Si tratta del primo gruppo di media audiovisivi europeo a guida lussemburghese,

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23 della democrazia e neutralizzare quello che considera una sfida al proprio potere”29.

3.3 La nuova legge elettorale

L'ampia riforma istituzionale e costituzionale in Ungheria ha incluso anche una nuova legge elettorale, ossia la legge n. CCIII/2011, sulle elezioni dei membri del parlamento ungherese, e una nuova legge sulla procedura elettorale. La legge n. CCIII/2011, adottata il 23 dicembre 2011 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2012, ha introdotto le seguenti modifiche:

- una riduzione significativa del numero di seggi in Parlamento (da 386 a 199);

- una formula modificata per l'assegnazione dei seggi (un sistema elettorale misto proporzionale-maggioritario con un maggior peso della componente maggioritaria);

- l'introduzione di un singolo turno elettorale in luogo del sistema a due turni, prima utilizzato per l'assegnazione dei seggi in seno alla componente maggioritaria del sistema elettorale;

- la riduzione del numero di circoscrizioni elettorali e l'inclusione di un allegato che identifica nel dettaglio ogni circoscrizione;

- l'estensione del diritto al voto per i cittadini ungheresi che vivono all'estero ma solo per la componente proporzionale delle elezioni; - norme specifiche per la rappresentanza delle minoranze nazionali in Parlamento.

Il sistema elettorale varato è un sistema misto tra maggioritario e proporzionale in cui, tuttavia, la quota maggioritaria è più incisiva rispetto alla normativa precedente. La Commissione di Venezia e

29 Neelie Kroes, Commissaria per l’agenda digitale, Media freedom remains under

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24 l’OSCE30, in particolare, hanno criticato il procedimento di

approvazione della nuova legge elettorale, che si è svolto prevalentemente sulla base di proposte di legge ad iniziativa personale e senza il coinvolgimento delle opposizioni su questioni cruciali come la scelta del sistema elettorale, le modalità di attribuzione dei seggi e la determinazione delle circoscrizioni elettorali. Questa mancanza di trasparenza e dialogo risulta aggravata dal fatto che questioni di dettaglio, in particolar modo la determinazione dei collegi, sono contenute in una legge organica, modificabile, come sappiamo, solo a maggioranza di due terzi, rendendo così difficile procedere ad eventuali successive modifiche che si renderanno necessarie nella definizione delle circoscrizioni elettorali.

Il 18 settembre 2012, poi, i membri dei partiti FIDESZ e KDNP hanno presentato un progetto di legge sulla procedura elettorale come progetto di legge a iniziativa personale, destinato ad essere applicato sia alle elezioni nazionali che alle elezioni del Parlamento europeo. Tale progetto mira a sostituire l'attuale sistema di registrazione automatica degli elettori per tutti i cittadini residenti in Ungheria con un sistema di iscrizione volontaria quale condizione per l'esercizio del diritto di voto.

Il 29 ottobre 2012, sulla base di una proposta di modifica – anche in questo caso ad iniziativa personale – delle Disposizioni Transitorie della nuova Legge Fondamentale, che in seguito a quanto stabilito dal Primo emendamento sono divenute parte integrante della Legge Fondamentale, il Parlamento ha adottato il Secondo emendamento, sancendo il requisito della registrazione degli elettori nella Legge Fondamentale.31

30 European Commission for democracy through law and OSCE Office for

democratic institutions and human rights, Joint Opinion on the Act on the elections of members of Parliament of Hungary, n. 662/2012, adottata dal Consiglio delle elezioni democratiche nel suo 41° meeting (14 giugno 2012) e dalla Commissione di Venezia nella sua 91ª Sessione Plenaria (15-16 giugno 2012), 18 giugno 2012.

31 I seguenti paragrafi (3)-(5) sono stati aggiunti all'art. 23 delle Disposizioni

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25 Il Presidente della Repubblica, il 6 dicembre 2012, ha rinviato il progetto di legge sulla procedura elettorale alla Corte Costituzionale per il controllo di costituzionalità conformemente all’art. 6, 4°c della Legge Fondamentale.32 Nella sua petizione, il Presidente della Repubblica ha chiesto alla Corte di verificare la legittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge sulla procedura elettorale che disciplinano le modalità di registrazione degli elettori e di pubblicità politica durante la campagna elettorale. Più precisamente, le disposizioni controverse sono le seguenti:

- art. 88, parr. 1 e 2: identificano due diverse modalità di registrazione, per gli elettori residenti in Ungheria e per gli elettori residenti all'estero. Gli elettori residenti in Ungheria possono registrarsi personalmente o attraverso il "portale dei cittadini", ossia in una modalità elettronica che consenta l'identificazione del richiedente. La richiesta deve essere indirizzata all'autorità locale competente in cui risiede il cittadino. Gli elettori non residenti in Ungheria possono registrarsi a mezzo lettera o attraverso il "portale dei cittadini". Secondo la petizione del Presidente della Repubblica, l'obbligo di presentare la richiesta all'autorità locale competente costituisce una condizioni più restrittiva rispetto a quanto previsto dal 3°c dell’art. 23

“(3) Per dare attuazione ai diritti di cui all'art. XXIII della Legge Fondamentale tutti gli elettori conformemente ai paragrafi (1)-(3) e (7) dell'art. XXIII della Legge Fondamentale sono, su loro richiesta, iscritti in un registro; il diritto di voto può essere esercitato dopo l'iscrizione al registro. La domanda di registrazione può essere presentata a) dagli elettori residenti in Ungheria, personalmente o a mezzo elettronico che consenta l'identificazione del richiedente; b) dagli elettori non residenti in Ungheria, a mezzo lettera o a mezzo elettronico che consenta l'identificazione del richiedente.

(4) L'iscrizione al registro può essere richiesta fino al quindicesimo giorno prima delle elezioni o del referendum.

(5) Il registro è compilato conformemente ai paragrafi (3) e (4) prima di ogni elezione generale dei membri del Parlamento; fanno eccezione le elezioni indette a seguito dell'autoscioglimento o dello scioglimento delle camere.”

32 Art. 6, 4° c della nuova Legge Fondamentale:

"Se il Presidente della Repubblica ritiene una legge o una delle sue disposizioni contrarie alla Legge Fondamentale [...], egli rinvia la legge alla Corte costituzionale per l'esame della conformità alla Legge Fondamentale".

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26 delle Disposizioni Transitorie, e potrebbe violare il principio di proporzionalità;

- art. 92: stabilisce che gli elettori che risiedono in Ungheria ma che non hanno un indirizzo sono soggetti alle disposizioni applicabili agli elettori residenti all'estero. Secondo la petizione del Presidente, tale disposizione è discriminatoria;

- artt. 151 e 152, par. 5, concernenti la campagna elettorale: la pubblicità politica durante la campagna elettorale sarà consentita, a titolo gratuito, solo per i fornitori pubblici di mezzi di informazione, e solo fino a 48 ore prima del voto. I cinema non potranno proiettare pubblicità politiche. Secondo la petizione, tale norma è contraria alla libertà di espressione e alla libertà di stampa;

- art. 154, par. 1: vieta la pubblicazione dei risultati dei sondaggi demoscopici relativi alle elezioni negli ultimi 6 giorni di campagna elettorale. Secondo la petizione, tale disposizione è contraria alla libertà di espressione e alla libertà di stampa.

Il 4 gennaio 2013, in seguito alla petizione del Presidente della Repubblica, la Corte Costituzionale ha completato il proprio controllo di costituzionalità.33 Per quanto riguarda il requisito relativo alla registrazione, la Corte ha dichiarato che, per i cittadini residenti in Ungheria, la registrazione obbligatoria limita il diritto di voto senza alcuna ragione, in violazione della Legge Fondamentale. Al contrario, la Corte ammette che la registrazione è giustificata in determinati casi in quanto facilita l'esercizio del diritto di voto di taluni gruppi di elettori, come gli elettori ungheresi non residenti in Ungheria, i membri della minoranza nazionale che vivono in Ungheria e che desiderano votare sulla lista di minoranza nazionale, e coloro che hanno bisogno di aiuto per partecipare alle elezioni. La Corte costituzionale ha poi dichiarato discriminatoria l'esclusione della

33 Alkotmánybíróság (Corte costituzionale ungherese), sentenza del 4 gennaio 2013,

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27 possibilità, per gli elettori che vivono in Ungheria senza indirizzo, di registrarsi personalmente. Quanto alla normativa sulla campagna elettorale, la Corte ha dichiarato che le disposizioni che consentono la pubblicazione, in forma gratuita, di propagande politiche solo da parte dei mezzi di comunicazione pubblici durante la campagna elettorale, nonché le norme che vietano la pubblicazione dei sondaggi demoscopici nei sei giorni che precedono le elezioni, limitano in maniera sproporzionata la libertà di espressione e la libertà della stampa e sono quindi contrarie alla Legge Fondamentale. Di tutta risposta, il Quarto emendamento alla Legge Fondamentale ha costituzionalizzato, all’art. IX, 3°c, la gratuità e l’esclusiva da parte dei mezzi di comunicazione pubblici della propaganda politica durante la campagna elettorale. Il Quinto emendamento, poi, ha rimosso tale “monopolio” del servizio pubblico nella comunicazione politica, ma ha mantenuto invariata la gratuità delle prestazioni, cosa che potrebbe condizionare le scelte editoriali di chi, non traendo alcun profitto dai messaggi elettorali, potrebbe non considerarne la diffusione.

3.4 La procedura di carattere politico per il riconoscimento giuridico delle chiese

In attuazione dell’art. VII, 3°c, della nuova Legge Fondamentale, che prevede che le norme specifiche riguardanti le chiese siano stabilite per legge organica, il 30 dicembre 2011 è stata adottata la legge n. CCVI/2011, relativa al diritto alla libertà di coscienza e di religione e allo statuto giuridico delle chiese, delle confessioni e delle comunità religiose.

Poiché la situazione determinatasi sulla base della precedente regolamentazione era ritenuta insostenibile, in quanto aveva portato al riconoscimento di più di trecento chiese, molte delle quali, più che allo svolgimento di attività religiose, erano interessate ai benefici economici o fiscali collegati a tale riconoscimento, la legge n.

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28 CCVI/2011 è giunta al riconoscimento di sole trentadue chiese. Tuttavia, se il perseguimento dello scopo di eliminare tali abusi, di per sé, può essere considerato legittimo, tale legge solleva notevoli problematiche in relazione alle previsioni contenute negli artt. 7 e 14.34

Innanzitutto, per quanto riguarda l’art. 7, il 1°c contiene una limitazione alla libertà di religione, considerando come “chiesa” solo quelle organizzazioni autonome che siano riconosciute come tali dal Parlamento. Quelle organizzazioni che non saranno riconosciute come “chiese” potranno solo richiedere di essere registrate come “associazioni religiose”.

Con riferimento all’art. 14, poi, questo stabilisce i requisiti che un’organizzazione deve avere per poter essere riconosciuta come “chiesa”, ovvero, tra gli altri: un documento firmato almeno da mille individui – requisito che può rappresentare un ostacolo per i gruppi religiosi più esigui –; l’esistenza da almeno cento anni a livello internazionale o da almeno venti anni in Ungheria – ostacolando così le religioni di più recente costituzione; lo svolgimento di attività religiose che non siano contrarie alla Legge Fondamentale, alla vita e alla dignità umana, ai diritti e alle libertà altrui, alla sicurezza nazionale e a – non meglio specificate – “norme di legge”. Inoltre, l’art. 14 prevede che la richiesta di riconoscimento debba essere presentata alla Commissione parlamentare per gli Affari Religiosi; successivamente, il Parlamento valuterà la richiesta, accogliendola con legge approvata a maggioranza di due terzi, oppure respingendola con risoluzione parlamentare. Un’iniziativa popolare volta ad ottenere il riconoscimento come “chiesa” della medesima organizzazione non

34 Si consideri, poi, che la nuova Legge Fondamentale, pur affermando il rispetto

delle diverse tradizioni religiose, contiene nel solo Preambolo ben quattro riferimenti al cristianesimo: oltre all’invocazione iniziale e all’intestazione (il termine originale “hitvallás” richiama la professione di fede religiosa, il Credo), in particolare, l’Ungheria viene riconosciuta parte dell’Europa non in quanto tale, bensì dell’Europa cristiana, ed il ruolo del cristianesimo viene considerato un elemento essenziale per la preservazione della Nazione.

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29 potrà essere iniziata prima che sia trascorso un anno dalla pubblicazione di tale risoluzione. Inoltre, poiché, in caso di esito negativo, il riconoscimento viene negato per mezzo di una risoluzione parlamentare, le organizzazioni religiose che si sono viste negare tale riconoscimento non possono rivolgersi ai tribunali ordinari, pertanto l’unico rimedio individuabile è il ricorso alla Corte Costituzionale, soluzione che priva quelle organizzazioni degli atri gradi di giudizio. Come si vede, si tratta di una procedura di carattere politico, condotta esclusivamente da un organo politico senza l’intervento di alcuna autorità consultiva o di controllo che possa garantire un’applicazione neutra ed imparziale della legge. Inoltre, tale legge ha comportato la perdita retroattiva del riconoscimento come “chiesa” – e, con esso, dei numerosi vantaggi e privilegi connessi – di centinaia di chiese già registrate, le quali potranno unicamente, previa richiesta, ottenere la qualifica di “associazioni religiose”. Considerato che gli artt. 19-25 della legge n. CCVI/2011 riconoscono numerosi diritti e privilegi solo alle organizzazioni riconosciute come “chiese”, sarebbe stato quantomeno opportuno che la legge in esame avesse fornito una giustificazione oggettiva e ragionevole di tale disparità di trattamento. Sulla base di un ricorso presentato il 15 febbraio 2012, la Corte Costituzionale ungherese, pur riconoscendo al Parlamento la facoltà di stabilire criteri per il riconoscimento di organizzazioni religiose, ha dichiarato l’incostituzionalità di tale procedura laddove non prevedeva né sufficienti garanzie e rimedi giuridici tali da scongiurare il rischio di decisioni arbitrarie da parte dell’organo legislativo né l'obbligo del Parlamento di presentare una motivazione dettagliata nel caso di una decisione di rifiuto del riconoscimento dello statuto di “chiesa.”35

35 Alkotmánybíróság (Corte costituzionale ungherese), sentenza del 26 febbraio

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30 In risposta a tale pronuncia della Corte Costituzionale nonché ai rilievi della Commissione di Venezia36 e alle preoccupazioni espresse

dalle Istituzioni europee in forza di quanto sancito dall’art. 10, 1°c, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea37, nel marzo

2013 il Quarto emendamento alla Legge Fondamentale ha introdotto espressamente, al 2°c dell’art. VII, la possibilità di ricorrere alla Corte Costituzionale nel caso di diniego di riconoscimento; tuttavia, si tratta di una possibilità riconosciuta unicamente per meri profili procedurali. A questo si aggiunga che il Quarto emendamento ha in pratica costituzionalizzato, sempre al 2°c dell’art. VII, la procedura che poco prima era stata dichiarata incostituzionale, confermando così l’attribuzione esclusivamente in capo al Parlamento, a maggioranza di due terzi, della procedura per il riconoscimento come “chiese” delle organizzazioni religiose, aggiungendo che solo lo status di chiesa riconosciuta dallo Stato conferisce a quest’ultima la capacità di cooperare con le autorità pubbliche a fini di interesse comune.

Nel settembre 2013, infine, il Quinto emendamento ha introdotto l’espressione di “comunità religiosa”, che comprende le due fattispecie di “chiesa” e di “organizzazione religiosa”: tutte le comunità religiose possono considerarsi “chiesa” in senso lato e lo status di “chiesa” non è più condizione necessaria per l’esercizio di pratiche e culti di fede. Il Quinto emendamento ha anche eliminato le previsioni di cui al 2°c che costituzionalizzavano la competenza in capo al Parlamento nella procedura di riconoscimento e il ricorso alla Corte Costituzionale in caso di diniego; tuttavia, al 4°c ha previsto che

36 Opinion on Act CCVI of 2011 on the right to freedom of conscience and religion

and the legal status of churches, denominations and religious communities of Hungary, n. 664/2012, adottata dalla Commissione di Venezia nella sua 90ª Sessione Plenaria (16-17 marzo 2012), 19 marzo 2012.

37 Art. 10 - Libertà di pensiero, di coscienza e di religione

1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o convinzione, così come la libertà di manifestare la propria religione o la propria convinzione individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l'osservanza dei riti.

(31)

31 sempre al Parlamento spetti la competenza a decidere sulle richieste di cooperazione delle organizzazioni religiose con le autorità pubbliche, ma solo quelle che siano riconosciute come “chiese” possono avanzare tale richiesta ed essere destinatarie di sussidi pubblici, ciò al fine di consentire loro l’adempimento dei compiti necessari per il perseguimento degli interessi comuni. In tal modo, il Parlamento, a maggioranza di due terzi, resta il principale organo preposto a pronunciarsi sulla materia.

(32)

32

CAPITOLO II

LE TRE PROCEDURE D’INFRAZIONE CONTRO L’UNGHERIA

1. La procedura d’infrazione

Tra le prime disposizioni del Trattato sull’Unione europea compare l’art. 4, par. 3, che enuncia il principio di leale collaborazione come il dovere degli Stati membri di adottare tutti i provvedimenti necessari per ottemperare agli obblighi risultanti dai Trattati, di facilitare all’Unione l’adempimento dei suoi compiti e di astenersi da tutto ciò che possa nuocere al perseguimento degli obiettivi dell’organizzazione stessa.

Un ruolo cruciale nella verifica del rispetto di tali obblighi è attribuito alla Commissione, cui l’art. 17, par. 1, TUE attribuisce la funzione, tra le altre, di vigilare sull’applicazione dei Trattati e delle misure adottate dalle Istituzioni in virtù dei Trattati nonché, sotto il controllo della Corte di Giustizia, sull’applicazione del diritto dell’Unione.

Tra gli strumenti utilizzabili dalla Commissione per contrastare il mancato rispetto degli obblighi incombenti sugli Stati membri, di centrale importanza è la procedura d’infrazione disciplinata dagli artt. 258-260 TFUE.38 Infatti, nonostante l’art. 259 TFUE preveda che il ricorso per infrazione possa essere proposto anche da parte degli Stati membri, è normalmente la Commissione ad utilizzare tale strumento.

38 Sul funzionamento della procedura d’infrazione si veda in dottrina R. ADAM – A.

TIZZANO, Lineamenti di diritto dell’Unione europea, II ed., Torino, 2010, pp. 265 ss.; A. M. CALAMIA, Manuale breve Diritto dell’Unione europea, VII ed., Milano, 2013, pp. 164 ss; F. POCAR, Diritto dell’Unione europea, XI ed., Milano, 2010, pp. 182 ss.; G. TESAURO, Diritto dell’Unione europea, VII ed., 2012, Padova, pp. 272 ss.; U. VILLANI, Istituzioni di diritto dell’Unione europea, III ed., Bari, 2013, pp. 317 ss.

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