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Considerazioni conclusive: la situazione attuale, criticità e punti di forza

1. Oggetto del lavoro

2.2 UNA GOVERNANCE SPECIALE: I BENI DI ECCEZIONALE VALORE

2.2.3 I piani di gestione

2.2.3.4 Considerazioni conclusive: la situazione attuale, criticità e punti di forza

Dopo aver definito teoricamente i mezzi per redigere il Piano di Gestione e il sistema per monitorarlo e valutarlo, il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e il Turismo ha deciso di passare alla pratica, realizzando due ricerche empiriche ispirate dalle medesime finalità. Il primo obiettivo consisteva nell’ottenere il numero di piani effettivamente completati, elemento sul quale non era ancora stata redatta una statistica ufficiale244; in secondo luogo, si è voluto capire quali competenze disciplinari fossero state utilizzate per la loro redazione o fossero previste per quelli non ancora completati, confrontando l’aderenza dei contenuti con i punti richiesti dall’UNESCO; ed infine, di verificare la presenza di sistemi di monitoraggio e controllo e di specifici indicatori di misurazione, oltre che della capacità dei soggetti gestori di applicarli245. La prima indagine si è conclusa nel 2009, è stata finanziata nell’ambito di un progetto di Promozione alla Ricerca Nazionale del CNR su “L’identità culturale come fattore di integrazione” e ha avuto ad oggetto 43 siti, mentre la seconda, del 2012, 47. I risultati emersi non riportano un quadro confortante. L’incremento delle unità relative ai siti iscritti nella Lista non ha comportato

241Per un approfondimento su tali strumenti e sul loro uso nelle organizzazioni culturali, si rimanda a P.

FERRARESE, Lineamenti di report per le aziende culturali, cit., Capitolo IV, p. 127 e ss. ; mentre una possibile metodologia per la loro elaborazione ed esempi di eventuali indicatori utilizzabili nel Piano di Gestione, vengono forniti in MiBACT e Ernst&Young, op. cit., p. 209 e ss.

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Il modello di monitoraggio proposto ne individua cinque: conoscenza, conservazione, valorizzazione culturale, valorizzazione economica, comunicazione.

243A tal proposito si rimanda a E. CIMNAGHI e P. ROSASCO, "Considerazioni sulla misurazione degli

impatti delle politiche di gestione dei siti UNESCO" in A. RE ( a cura di ), Valutare la gestione dei Siti

Unesco.

Monitoraggio dei Piani di gestione dei siti italiani iscritti alla Lista del Patrimonio Mondiale, Torino,

Celid, 2012, Tabella 1, p. 178-180.

244Tale grave lacuna si riscontra non solo a livello nazionale ma anche mondiale.

245F. BADIA, Monitoraggio e controllo della gestione dei siti UNESCO. Il piano di gestione come

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un miglioramento incisivo e significativo rispetto alla situazione analizzata tre anni prima: i piani redatti sono passati da 19 (44,2 %) a 25 (53,2 %), quelli in una fase piuttosto avanzata da 16 (37,2 %) a 6 (12,8%) e quelli in fase arretrata o totalmente assenti da 8 (18,6 %) a 16 ( 34%). Ciò che stupisce di tali dati è il contesto da cui sono stati estrapolati, attinti dall’analisi del Paese che vanta il maggior numero di beni iscritti nella WHL, che è stato scelto a livello mondiale come riferimento per i caschi blu dell’ONU in seguito alla sottoscrizione di una convenzione con l’UNESCO nel 2005246

, e che, a fronte della positiva e consolidata tradizione nazionale in tema di tutela e conservazione, potrebbe porsi in una posizione di primato anche nell’implementazione del Piano di Gestione247

. Contrariamente a quanto è accaduto in altri paesi europei dove tale strumento è stato assorbito e recepito nelle sue potenzialità strategiche in maniera molto più proficua ( in particolare in Inghilterra248 ), in Italia, ha assunto la valenza di « un’opportunità mancata »249, che, anche laddove redatto, o non è arrivato a coinvolgere concretamente tutti gli

stakeholder, in primis la popolazione locale250, o viceversa, ha visto l’attuazione di

programmi ed azioni miranti a garantire l’interesse del solo ente promotore/gestore, o è rimasto pura teoria senza tradursi in atto pratico251. A tal proposito, uno degli esempi più emblematici è rappresentato dal sito "Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata", che, nonostante sia stato iscritto nella WHL nel 1997, è riuscito a dotarsi di un Piano, per giunta non definitivo, soltanto tra il 2008 e il 2010252. Spostandosi sui dati

246

Si cfr. Ministero degli Affari Esteri per la salvaguardia del patrimonio culturale nel mondo, Agenzia ANSA, p. 20 in http://www.esteri.it/mae/doc_dossier/dossier_cultura/cultura.pdf e http://www.beniculturali.it/mibac/export/MiBAC/sito-

MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html_65557617.html.

247

A.M. FERRONI, "La gestione dei siti UNESCO italiani"in A. RE ( a cura di ), Valutare la gestione dei Siti

Unesco, Monitoraggio dei Piani di gestione dei siti italiani iscritti alla Lista del Patrimonio Mondiale,

Torino, Celid, 2012, p. 15.

248Il Regno Unito vede ciascuno dei suoi 24 siti dotati di un piano di Gestione e di un sito dedicato. 249

F. BADIA, Monitoraggio e controllo della gestione dei siti UNESCO. Il piano di gestione come

opportunità mancata?, cit.

250«[...] Il piano di gestione potrebbe proprio costituire il contenitore ideale per sperimentare forme “attive” di

partecipazione dei cittadini alla gestione dei beni culturali secondo una logica di sussidiarietà “orizzontale”, nel senso che esso potrebbe delineare un quadro normativo di massima all’interno del quale collocare le diverse possibili iniziative da incentivare ». In G. GARZIA, op. cit.

251A.M. FERRONI in A. RE ( a cura di ), op. cit., pp. 15-16. 252

La redazione del Piano di Gestione di questo sito è stata tardiva e travagliata: un primo abbozzo di progetto di pianificazione, cui fu dato il nome di “Un Piano per Pompei”, venne stilato tra il 1996 e il 2005 con l’appoggio finanziario del World Monuments Fund. Non trovando seguito, fu sostituito dal primo Piano di Gestione ufficiale del sito, redatto tra il 2008 e il 2010 e finanziato con i fondi dello Stato Italiano previsti dalla l. 77/ 2006. Tuttavia dopo l'azione di monitoraggio e controllo svolta dagli esperti inviati dall' UNESCO, emerse chiaramente la necessità di una revisione dello strumento, che fu aggiornato tenendo conto non solo delle richieste formulate dal Centro del Patrimonio Mondiale ma anche del Grande Progetto Pompei sostenuto dai fondi UE e delle attività in corso ad Ercolano da parte del Herculaneum

Conservation Project. La versione definitiva è stata firmata nel 2013. Si cfr.

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emersi dal secondo ambito d’indagine, ovvero quello relativo alle professionlità coinvolte, emerge un’altro neo, così come per il terzo ed ultimo, l’azione di monitoraggio, valutazione e feed-back. Il ruolo predominante riservato agli architetti (85%) rispetto alle altre figure, in particolare quelle manageriali, non è altro che la conferma di un deficit che investe la maggior parte delle realtà culturali nazionali, rimaste ancorate ad una visione anchilosata di gestione ed organizzazione del patrimonio e demonizzante le discipline economiche. Tale impostazione ideologica potrebbe giustificare la ritrosia dimostrata dal 50% dei soggetti gestori dei siti UNESCO nell’adottare degli indicatori per il monitoraggio e il controllo ( in base alla ricerca del 2009 ) e il motivo per cui solo 12 Piani su 25 presentino un’apposita sezione loro dedicata ( secondo l’indagine di quattro anni dopo ), testimonianza di una cultura manchevole nella responsabilizzazione sui risultati, nell’accountability e nella trasparenza gestionale. Volendo individuare possibili giustificazioni o spiegazioni a tali esiti negativi, i capri espiatori sono innumerevoli: l’oggettiva difficoltà di redazione dei Piani di Gestione, riconducibile al coinvolgimento di soggetti plurimi e diversi e alla necessità di metterli d’accordo, oltre che alla multisciplinarietà e alla varietà di ambiti, mezzi e tecniche previsti per la loro elaborazione, è ulteriormente aggravata dalla natura del nostro patrimonio; eterogeo, e composto in buona parte da centri storici o, secondo la categoria di più recente conio, Paesaggi Storici Urbani, la cui gestione implica una maggiore complessità rispetto ai singoli monumenti, anche per il solo e semplice raccordo con gli strumenti previsti a livello di pianificazione urbastica. Ciò potrebbe spiegare perchè i Piani di Gestione elaborati fino al 2006, tendessero a presentarsi come piani generali “territoriali”253, focalizzati più su ampie porzioni di territorio che non su un dato bene o una singola realtà circoscritta. Fatto forse ascrivibile, a sua volta, alla loro intrenseca natura e quindi, al loro valore, residente non tanto nell’essere strumento decisionale, ma in una serie di ruoli di processo in sè, che risuonano con quelli della process view degli studi manageriali ed urbanistici254. La loro componente operativa e realistica permette di definire il framework di riferimento di altri progetti, indetti anche da istituzioni diverse. La profonda analisi politica e culturale del contesto su cui sono basati è occasione non solo per radicare le strategie e i progetti del

ZAN, Pompei dieci anni dopo. Ascesa e declino dell'autonomia gestionale, « Aedon », 1-2/ 2012; F. PRISCO, Pompei ritorna alla gestione duale, « Il Sole24ore.com », 25/08/2013;

253P. VALENTINO in M.R. GUIDO e M.R. PALOMBI ( a cura di ), Dai Piani di Gestione ai sistemi turistici

locali, Atti della IV Conferenza Nazionale dei siti italiani iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale

UNESCO, Siracusa 10-11 marzo 2006 e Noto 12 marzo 2006, Villanova Monferrato (AL), Diffusioni Grafiche S.p.A., 2007, p. 135.

254M. LUSIANI, D. SHOUP e L. ZAN, "Cambiamento e pianificazione" in L. ZAN ( a cura di ) La gestione

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piano all’interno di quest’ultimo, ma anche per conoscere e riflettere sulla complessa e sfaccetata identità della sua organizzazione. La condivisione del Piano con professionisti in fase di redazione, preparazione ed utilizzo del documento, fa sì che esso non rimanga sterile adempimento burocratico, ma contribuisca ad incrementare l’integrazione sociale e politica255. In sintesi e da un certo punto di vista, possono essere considerati “soluzioni di compromesso”, possibili "panacee"di contraddizioni/opposizioni connaturate alla gestione del nostro patrimonio: tra la valorizzazione economica e quella culturale, e più in generale, tra quest’ultima, intesa come “produzione” e la conservazione, tra singolarità e pluralità, tra contesto e oggetto, tra operatività e strategia256.

255Ibidem.

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«Magna Verona vale Valeas per saecula semper Et celebrant gentes Nomen in orbetuum»1