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La città di Verona ha origine antichissime, risalenti addirittura all’età del Bronzo o del Ferro, quando pare che sul colle di San Pietro esistesse un Castelliere che serviva da posto di sorveglianza sul passaggio meno disagevole dell’Adige, sulle cui rive si vennero a creare due posti di sosta, presto trasformati in embrionali mercati. Si trattava dell’ultima propagine verso la pianura di un complesso di villaggi fortificati ( Castellieri appunto ) posti sui monti Lessini e abitati da popolazioni che gli antichi indicavano come Reti ed Euganei2. Il nome della Città, che contiene la radice wehr ( muro difensivo ), allude con molta probabilità proprio a questa sua originaria funzione.

Tuttavia, il primo vero insediamento organizzato risale all’epoca romana: secondo un’iscrizione che è stata ritrovata, la data di fondazione sarebbe il 49 a.C3

. Fu in seguito alla costruzione della Via Postumia ( intorno alla metà del II secolo a.C. ), la quale aprì alla

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Iconografia Rateriana da G.B. BIANCOLINI, Dei vescovi e governatori di Verona, Verona, 1757.

2G. BARBETTA, Le mura e le fortificazioni di Verona,Verona, Edizioni di Vita Veronese, 1978, p. 12. 3Nell'agosto del 1959 la Soprintendenza archeologica per il Veneto intraprese un'opera di restauro della più

antica porta della città, Porta Leoni, sulla quale comparve un'iscrizione che, in sostanza, diceva: P.Valerius,

Q. Caecilius, Q. Servilius e P.Cornelius appaltarono i lavori per l'edificazione delle mura, delle porte, delle

cloache ( e pertanto delle strade di cui queste ultime costituivano i canali di drenaggio ); Publio Valerio e

Quinto Cecilio collaudarono le opere eseguite. La scritta ci comunica inoltre che i personaggi lì citati sono i quattuorviri, vale a dire i quattro magistrati al vertice dell'amministrazione dei municipia romani, e che

Verona aveva quindi conseguito la dignità municipale. In A. CONFORTI CALCAGNI, Le mura di Verona, Verona, Cierre Grafica, 2005, p. 13. Si cfr. inoltre A. ZARPELLON, Verona e l'agro veronese in età

romana, Verona, 1954, p. 20 : « Finalmente, per una legge voluta da Cesare e fatta approvare dal tribuno L.

Roscio nel marzo del 49 a.C., Verona ricevette la cittadinanza romana, assieme alle altre città della Transpadania ».

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città la strada per Genova e la Lombardia ( attraverso Pavia, Piacenza e Cremona ) ad ovest, e per Oderzo ed Aquileia a est, che i Romani “scoprirono” Verona e si resero conto della sua favorevole posizione strategica. Essa costituiva infatti un incrocio commerciale vitale tra il Nord e il Sud dell’impero sia per acqua ( l’Adige era navigabile fino a mare ), sia per terra, in quanto punto di convergenza di tre fondamentali vie di comunicazione tanto nel senso dei meridiani quanto dei paralleli: della strada che portava all’Adriatico, collegamento con un importante insediamento Etrusco; quella che, costeggiando il corso del fiume, conduceva alla Valpolicella e al basso Trentino; la via Claudia Augusta, che permetteva il collegamento con le floride zone Cisalpine di Garda e Brescia. Ricorrendo alla caratteristica impostazione basata sui cardi e i decumani, si procedette a definire l’impianto urbano della Città, il cui centro religioso e civile, oltre che geometrico ( punto di incontro del Cardo e Decumano Massimi ) venne fatto coincidere con il Foro ( l’attuale Piazza Erbe ), e il cui perimetro delimitato dalla prima cinta di mura, aperta in corrispondenza dei due ingressi: Porta Leoni e Porta Iova ( poi Porta Borsari ). Tale cintura difensiva rimase pressochè inalterata fino al 265 d.C, quando l’imperatore Gallieno, di fronte alla minaccia delle invasioni barbariche nell’Italia Transpadana, decise di includervi anche l’Anfiteatro Arena, escluso da quella del periodo Repubblicano. Cionostante, nel 489 d.C. Verona fu occupata dagli Ostrogoti e divenne la seconda capitale italiana del Regno di Teodorico I, che vi collocò la sua residenza principale costruendo l’Arx ( passato appunto alla storia come Castello di Teodorico ) ed estese ulteriormente il perimetro murale, ma lasciando inalterato l’impianto originario romano (come testimoniato dall’illustrazione della Città realizzata dal Vescovo Raterio4

). Nei secoli successivi la Città passò sotto la dominazione dei Goti fino al 567, dei Lombardi fino al 774 e del Sacro Romano Impero fino alla fine del millenio, continuando a svilupparsi anche all’esterno delle mura ( esempio embletatico è il sobborgo isolato che si andò formando a S. Zeno ), che videro un ennesimo ampliamento con l’avvento dell’età comunale ( ad essere inclusi e protetti furono così le chiese di S. Stefano, S. Giovanni in Valle ed il Monastero di S. Maria in Organo, i sobborghi di Falsorgo, Feraboi, Fratta e la zona del porto fluviale di S. Fermo ) e l’intervento di Ezzelino da Romano, divenuto frattanto nella pratica Signore della Città. A lui si attribuiscono quelle porzioni ancora ben visibili ai Portoni di Piazza Brà e lungo via Pallone, poi rimaneggiati da Giangaleazzo Visconti, reggente per un breve periodo, e ora riferite alla casata di quest’ultimo5

, come la zona di Cittadella. Tra il 1259 e

4Si cfr. a tal proposito nota 1, p.131. 5

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il 1387 fu la volta della Casata Scaligera, con cui Verona assunse le funzioni e l’aspetto di una vera e propria capitale di Stato, andando ad esercitare la sua giurisdizione su buona parte dei territori del Nord-ovest fino ad allora sotto il controllo di Venezia e adeguando le sue strutture difensive al nuovo status: venne costruito Castelvecchio ed inclusi i sobborghi rimasti fuori dalle mura comunali, comprese vaste zone tenute ad orti e prati. La floridezza e prosperità economica di quegli anni si perpetuarono anche durante la dominazione della Serenissima (1405-1797) riflettendosi nei prestigiosi palazzi delle famiglie abienti e nei numerosi edifici pubblici e religiosi caratteristici dell’epoca, parte integrante del progetto ideato dai Veneziani, miranti a trasformare la città nella loro fortezza di Terraferma. A tale scopo adottarono la soluzione “bastionata” proposta dall’architetto Michele Sanmicheli, che comportò il rafforzamento di alcune porzioni della cinta e il totale rifacimento di altre6 ( come ad esempio le nuove Porta Nuova, Porta Palio e Porta San Zeno ), ed imposero l’obbligo ( protrattosi fino alla dominazione Austriaca ) di costruire soltano all’interno delle mura, favorendo così uno sviluppo organico ed unitario del tessuto cittadino urbano. Il lungo periodo di pace che aveva caratterizzato la città fino a quel momento, intervallato soltanto dalla guerra della Lega di Cambrai del 1509, cedette il passò ad un’epoca di conflitti, in cui Verona divenne costante terreno di scontro e campo di battaglia fra gli schieramenti francesi di Napoleone ( occupanti la parte alla destra dell’Adige) e le truppe dell’Impero austriaco ( situati nella parte sinistra )7. Quest’ultime riuscirono ad avere la

meglio e si insediarono nella Città dal 1814 fino al 1866, poteziandone il ruolo e le strutture militari: il Maresciallo Radetzki e l’architetto Franz von Scholl attuarono una serie di interventi funzionali a rendere Verona la principale piazza di deposito asburgica in Italia ( adempiendo in tal modo ai piani di Vienna ) e uno dei vertici del c.d. “Quadrilatero Veneto”, a giustificazione della sua importante posizione strategico-logistica. L'architettura austriaca si espresse tanto nell'edilizia civile, di cui sono un esempio l'Arsenale di artiglieria, la provianda di Santa Marta e l'ospedale militare, quanto nelle opere fortificatorie, che resero Verona un'effettiva piazzaforte: vennero infatti costruite le prime opere esterne alle mura, ovvero un iniziale sistema di dodici forti, seguito da una seconda cerchia di otto (successiva alla guerra del 1859 ), a cui si affiancarono, parallelamente, altri cinque forti collocati a protezione dei punti più vulnerabili, e le cinque torri Massimiliane (

6Ivi, p. 19.

7Per un approfondimento si rimanda a A. CONFORTI CALCAGNI, "Dalla caduta della Serenissima

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le attuali Torricelle )8. E' a quella fase che risale la conformazione pressoché definitiva della cinta muraria magistrale, oggi ancora visibile, sviluppatasi per oltre 9 km ed occupante, nell'insieme delle sue componenti, quasi 100 ettari9.

Diventata parte del Regno d'Italia, Verona entrò in una fase di crisi economica che, ulteriormente aggravata dall'alluvione del 1882, dopo la quale furono eretti, a protezione, i c.d. "muraglioni", si protrasse fino alla Seconda Guerra Mondiale, quando circa il 40% dell’intera città si ritrovò distrutta, opere architettoniche e ponti compresi.