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Il modello nazionale: codificazione e struttura

1. Oggetto del lavoro

2.2 UNA GOVERNANCE SPECIALE: I BENI DI ECCEZIONALE VALORE

2.2.3 I piani di gestione

2.2.3.2 Il modello nazionale: codificazione e struttura

La disposizione imposta dall'UNESCO di redigere i Piani di Gestione si è tradotta nell'art. 3 della legge n. 77 del 2006 ( già oggetto di analisi nel § 1.3.3. ), senza che, tuttavia,

220Ibidem.

221Ibidem. Si tratta di un concetto espresso anche nelle indicazioni del modello di Piano di gestione elaborato

dal MiBACT nel 2005. A tal proposito, si cfr. MiBACT e Ernst&Young, op. cit., p. 6.

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venisse ad assumere una reale valenza coercitiva nel nostro ordinamento: ad oggi lo Stato non si è ancora preoccupato di inserire tale obbligo per legge223, diversamente da alcuni paesi anglosassoni ( come Australia ed Inghilterra )224, che vantano una grande esperienza e competenza in materia ( l'esempio più emblematico ci è stato fornito dal sito Frontiers of

the Roman Empire, per la parte relativa al Vallo di Adriano225), che sono stati assurti, proprio per questo motivo, a punti di riferimento per l'elaborazione del nostro modello nazionale. Quest'ultimo è stato redatto nel gennaio del 2005 al termine di un progetto ad

hoc indetto dal MiBACT, avente come obiettivo la “Definizione di un modello per la

realizzazione di piani di gestione dei siti Unesco”, e rappresenta il risultato di un' integrazione fra l'approccio e il percorso elaborato dal Gruppo di Lavoro appositamente istituito dal Ministero ( supra ), le verifiche e i sopralluoghi effettuati presso i due siti UNESCO coinvolti nel progetto in esame ( il “Parco Nazionale del Cilento e vallo di Diano con i siti archeologici di Paestum e Velia e la Certosa di Padula” e i “Sassi di Matera” ) e le considerazioni scaturite dall'applicazione dei prototipi sperimentati in precedenza. Primo fra tutti, il Piano di Gestione delle “Città Barocche della Val di Noto”226, seguito da quello della Val d'Orcia e delle “Necropoli etrusche di Cerveteri e

Tarquinia”227

. Il prodotto che ne è scaturito deve intendersi come flessibile e generale oltre che versione finale e non definitiva: lo scopo del lavoro era infatti di fornire delle Linee Guida “universali” ed elastiche, declinabili in modo diverso a seconda dei casi e delle innumerevoli realtà che compongono il nostro patrimonio, costantemente aggiornate e rinnovate ogni tre/cinque anni, così da riuscire a monitorare e soprattutto interpretare e gestire correttamente il costante mutamento che investe la dimensione culturale. Inoltre, sono stati individuati i capisaldi che devono esservi posti a fondamento: la garanzia dello sviluppo sostenibile dell’area, anche in termini turistici, così che tutti i processi di valorizzazione prevedano un uso ed una fruizione sostenibili dei beni non solo dal punto di

223A. KOVEOS, op. cit. 224

La legge della Gran Bretagna che stabilisce l'adozione dei Piani di Gestione per i siti protetti è l'

Environment Act del 1995. Mentre in Australia, dove l'attenzione si è focalizzata maggiormente sui siti

naturali ed è stato proposto un modello di gestione condivisa e partecipata tra i responsabili istituzionali dei vari siti e le comunità aborigene, la legge che impone la formulazione dei Piani di Gestioni per le aree protette è l' Environmental Protection and Biodiversity Conservation Act del 1999.

225Le info inerenti il sito sono consultabili all'indirizzo http://whc.unesco.org/en/list/430/.

226Il Piano di Gestione è disponibile all'indirizo http://unescosicilia.it/wp/wp-content/uploads/2014/09/1.-Le-

citt%C3%A0-tardo-barocche-del-val-di-Noto.pdf.

227Si cfr. a tal proposito http://www.cerveteri.beniculturali.it/index.php?it/110/piano-di-gestione. Questo

modello assume un ruolo di particolare rilievo, essendo « stato pensato come strumento gestionale delle risorse ambientali, culturali e storiche di un territorio, orientando gli elementi di pianificazione economica ed urbanistica per mezzo della conservazione, della conoscenza e della valorizzazione ». In F. LUCIANO,

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vista fisico ( capacità di carico e di accoglienza ), ma anche sotto l’aspetto delle valenze culturali e sociali; la considerazione ed analisi del sistema culturale territoriale, inteso come processo integrato e condiviso di gestione dell’area culturale ( caratterizzata dall’interazione fra bene e contesto, arte e società ), in grado di superare i confini del sito UNESCO, arrivando a coinvolgere l’intero territorio di riferimento e la la sua identità locale; la capacità di stabilire una gerarchia di priorità nella scelta delle azioni e dei programmi da intraprendere, in funzione alla loro fattibilità ed attuabilità, complessità e difficoltà di reperimento di risorse; la consapevolezza della “neutralità” delle indicazioni, delle procedure e delle attività suggerite nello schema di massima; il significato da dare allo strumento in esame, che non deve ridursi al semplice “compitino” da presentare all’UNESCO, ma dovrebbe essere considerato una concreta opportunità per stabilire e/o migliorare la gestione delle “punte di diamante” del nostro tesoro nazionale, la possibilità di mettere in atto quella forma di valorizzazione e fruizione prevista a livello internazionale. Uno strumento capace di garantire il coinvolgimento di tutti gli

stakeholder, il mantenimento dell’ “eccezionale valore universale” attribuito al sito e di

contribuire alla crescita e allo sviluppo economico locale. Considerando ora l’elaborazione di ciascun Piano di Gestione, è stata predisposta una metodologia circolare strutturata in quattro macro-sezioni a loro volta ulteriormente articolate, d’impostazione analoga al

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Fig. 3: Percorso metodologico per la definizione dei Piani di Gestione dei siti UNESCO.

Fonte: MiBACT e Ernst&Young Financial Business Advisor S.p.A., Progetto di definizione di un

modello per la realizzazione dei Piani di Gestione dei siti UNESCO. Versione finale.

La prima fase risponde all’esigenza preliminare di eseguire un’analisi propedeutica funzionale ad impostare il lavoro e a reperire le informazioni utili al completamento delle fasi successive. Si dovrà riconoscere il valore universale del Sito e classificarlo secondo i criteri UNESCO; individuare le macroesigenze del Piano di Gestione, l’area di riferimento e i portatori d’interesse; ricostruire il quadro normativo e le azioni di pianificazione e programmazione in corso; determinare le strutture competenti per la gestione dell’area e il sistema di gestione della conoscenza. La seconda, consistente nell’analisi conoscitiva e socio-economica del territorio in cui il bene/sito analizzato è inserito, si prefigge

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l’obiettivo di quantificare e qualificare le risorse patrimoniali ( territoriali, storiche, morfologiche, paesistiche, ambientali ) dell’area di riferimento attraverso un censimento per categorie, e di fotografarne lo stato di fatto con le relative criticità e opportunità, al fine di poter progettare efficacemente gli interventi di consevazione, tutela, valorizzazione e promozione. La terza, prevede la definizione degli obiettivi e della strategia di breve termine quale “conseguenza” dello sviluppo dei piani di azione di medio-lungo periodo, sulla base del quadro complessivo e sintetico prodotto dalle analisi condotte negli

stepsprecedenti, che fungono da elementi di input. Questa è la fase del processo che

contraddistingue la metodologia utilizzata come “approccio integrato”, poichè, la programmazione e pianificazione temporale complessiva risulta dall’accorpamento di quattro diversi documenti, strumenti formalmente distinti e autonomi, ma tra loro strettamente interdipendenti228

: il piano della conoscenza, il piano della tutela e conservazione, il piano della valorizzazione ( intesa sia in senso culturale sia economico ) e il piano della promozione, formazione e comunicazione. Infine l’ultima, da cui deve scaturire un concreto modello di attuazione dei quattro piani appena citati, in seguito all’individuazione della forma giuridica più idonea, alla definizione della struttura gestionale di coordinamento degli attori coinvolti ( organigramma, funzionigramma, ecc. ) a quest’ultima maggiormente confacente e alla costituzione del processo di Program

Management con la relativa elaborazione di un Master Program e l’individuazione delle

strutture attuative dei singoli progetti. La procedura fin quì descritta si inserisce in un processo di più ampio respiro, implicante il rispetto della prassi burocratico-amministrativa e il potere decisionale dei soggetti coinvolti. A determinare l’avvio dell’intero lavoro è infatti la buona riuscita della stipulazione di un Protocollo d’intesa fra l’Ente promotore ( molto spesso lo stesso MiBACT, per conto della Sovrintendenza, ma anche un Comune, la Regione ecc. ) e i principali stakeholder che impattano in maniera rilevante sul sito UNESCO. Superato questo primo possibile ostacolo, si procede all’individuazione dell’Ufficio di Piano229

, che inizierà la redazione dello stesso secondo le quattro fasi esposte in precedenza. Quest'ultimo, una volta terminato, verrà sottoposto ai sottoscrittori del Protocollo d’Intesa per essere approvato in tutte le sue parti, e solo a tal punto, messo in atto seguendo quanto disposto e stabilito nell’ultima fase del processo di elaborazione.

228G. GARZIA, La valorizzazione del patrimonio culturale: modelli organizzativi e strumenti. Tutela e

valorizzazione dei beni culturali nel sistema dei piani di gestione dei siti Unesco, « Aedon » , 2/2014.

229Le alternative per la sua costituzione sono quattro: all’interno di un Ente già esistente; in una nuova

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