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La Costituzione e i riferimenti al patrimonio culturale

1. Oggetto del lavoro

1.3 L'ORDINAMENTO INTERNO

1.3.1 La Costituzione e i riferimenti al patrimonio culturale

Succeduto allo Statuto Albertino, il testo costituzionale è entrato in vigore il 1° gennaio 1948, segnando l’ingresso della Repubblica e l’avvio di una nuova fase della vita e della politica italiana, come ben evidenziato dai suoi principi fondamentali ( i primi dodici articoli ); e nello specifico, l’art. 9 :

« La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione ».

136Si cfr Istat, Rapporto Bes 2015: il benessere equo e sostenibile in Italia , p. 212 in

http://www.istat.it/it/files/2015/12/Rapporto_BES_2015.pdf.

137M. GIAMPIERETTI, “Il sistema italiano di salvaguardia del patrimonio culturale e i suoi recenti sviluppi

nel quadro internazionale ed europeo” in L. ZAGATO con M. GIAMPIERETTI, Lezioni di diritto

internazionale ed europeo del patrimonio culturale, Parte I, Venezia, Libreria Editrice Cafoscarina, 2011,

p. 127.

138"Prefazione", S. SETTIS ( a cura di ) in G. VOLPE, Manuale di legislazione dei beni culturali. Storia e

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La sua portata estremamente innovativa, non solo per i tempi139, ma anche per l’assunto che vi sta a fondamento, ha attribuito all’Italia un primato140

e al contempo, si è dimostrata estremamente coerente con la recente forma di governo: in quanto democrazia, e in perfetta sintonia con il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, lo Stato italiano pone al centro la persona umana, il suo benessere e la sua crescita non solo come singolo ma anche collettività141. E a questo scopo adempiono anche la cultura e il patrimonio storico-artistico, portatori di una funzione identitaria e civile142 , testimonianza di una memoria e di un passato assunti quale principio giuridico da preservare e lasciare in eredità alle generazioni future, tanto che l’on. Ruini143 « nella seduta del 22/12/1947 aveva [...] enfaticamente asserito che l’inclusione della norma tra i principi fondamentali valeva “ a giustificare il richiamo, che ha speciale valore per l’Italia, ad uno stato di cultura e di tutela dell’eredità di storia e di bellezza del nostro Paese”»144

.

Guardando al rapporto fra i due commi, inevitabilmente interdipendenti, e focalizzando l’attenzione sul secondo ( oggetto di svariate esegesi ), emerge la sua “strumentalità”e subordinazione rispetto al primo. Come sentenziato dalla Corte Costituzionale :« [...]lo Stato, nel porsi gli obiettivi della protezione e dello sviluppo della cultura, deve provvedere alla tutela dei beni che sono testimonianza materiale di essa ed assumono rilievo strumentale per il raggiungimento dei suddetti obiettivi sia per il loro valore intrinseco sia per il riferimento alla storia della civiltà e del costume anche locale; deve, inoltre, assicurare alla collettività il godimento dei valori culturali espressi da essa »145.

Ergo, ciò che ne scaturisce è che pur menzionando soltanto la tutela, « la Costituzione

[...]non accoglie una concenzione statica del patrimonio culturale, in quanto i beni culturali richiedono una tutela propositiva, rivolta alla valorizzazione e non solo alla protezione »146.

139La Costituzione italiana è stata redatta in una fase storica “critica”, nel secondo dopoguerra, quando le

problematiche che il Paese, distrutto e provato da tutti i punti di vista, si trovava a dover affrontare erano ben più veniali rispetto all’ “immaterialità” della cultura e del valore storico-artistico. Alla luce di tale contesto, la redazione e l’inserimento dell’art. 9 tra i principi fondamentali della Carta assumono ancor più valore di eccezionalità.

140M. GIAMPIERETTI in L. ZAGATO con M. GIAMPIERETTI, cit., nota 3, p. 129. 141

Si cfr.art. 3 c. 2 Cost.

142M. GIAMPIERETTI in L. ZAGATO con M. GIAMPIERETTI, cit., p. 128.

143Meuccio Ruini è stato membro dell’Assemblea Costituente e Presidente della “Commissione dei 75”

incaricata della redazione della Carta.

144G. VOLPE, op. cit., p. 114. Per il testo integrale della seduta si veda

http://www.camera.it/_dati/Costituente/Lavori/Assemblea/sed347/sed347.pdf.

145 Corte cost., sent. 8 marzo 1990, n. 118 in http://www.giurcost.org/decisioni/1990/0118s-90.html.

146D. AMIRANTE, “Le attività culturali: una nozione da costruire” in A. CATELANI e S. CATTANEO ( a

cura di ), I beni e le attività culturali, Trattato di diritto amministrativo diretto da G. SANTANIELLO, vol. 33, Padova, CEDAM, 2010, p. 751.

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Nonostante la sua indiscussa rilevanza, soltanto se letto in correlazione con altri artt. della Carta, l’art. 9 « delinea uno specifico modello di intervento pubblico nel campo della cultura e dei beni culturali ( c.d. costituzione culturale ) »147: il 33, il 116, il 117 e il 118. In seguito alla riforma del Titolo V della Parte Seconda del testo costituzionale, conseguente alla l. cost. 18 ottobre 2001 n. 3, diventata attuativa con la legge La Loggia del 5 giugno 2003 n. 131, soprattutto gli ultimi due articoli hanno subito delle sostanziali modifiche, riflesso e punto d’arrivo di tendenze, in parte, precedenti. Facendo propria la distinzione fra tutela e valorizzazione, già emersa nel d. lgs n. 112 del 1998, la Costituzione ha avvallorato una disfunzione funzionale [...] che è l’esatto contrario della

best practise universalmente diffusa e che non ha cittadinanza in alcun sistema giuridico

fuori d’Italia148, « con una scelta che “in realtà ha pesantemente inciso sulla materia,

producendo una frattura[...]che, dal punto di vista scientifico, non appare giustitificata, e dal punto di vista amministrativo crea non pochi problemi di coordinamento”»149

. Intervenendo sulle materie della potestà legislativa, la riforma ha ridimensionato il ruolo dello Stato, che, secondo il nuovo art. 117 diventa concorrente con le Regioni ( a statuto ordinario ) e il governo del territorio in merito alla valorizzazione dei beni culturali e alla promozione delle relative attività ( c.3 ), mentre mantiene competenza esclusiva in materia di tutela ( c.2, lett. s ), seppur con la possibilità di attribuire, riguardo a quest’ultima funzione, « con apposita legge statale, alle regioni che, di volta in volta, ne facciamo richiesta »150, « ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia »151.

« Quanto, invece, al riparto delle funzioni amministrative, nel contesto più generale del principio di sussidiarietà introdotto dall’art. 118, viene dettata al comma 3 una disposizione specifica circa la tutela dei beni culturali, materia in relazione alla quale si da mandato alla legge statale di disciplinare forme di intesa e coordinamento tra lo Stato e le regioni e gli altri enti autonomi territoriali »152. Da un' analisi più ampia, emerge che con il rinnovamento dell'art. citato, ispirato al principio di sussidiarietà che trova sviluppo sia orizzontalmente ( nel rapporto pubblico-privato ), sia verticalmente ( tra i diversi livelli di governo ), si sia totalmente rovesciata l'impostazione della versione precedente, investendo

147M. GIAMPIERETTI in L. ZAGATO con M. GIAMPIERETTI, cit., p.129. 148S. SETTIS, Conservare perché in «www.patrimoniosos.it», 23/1/2004. 149G. VOLPE, op.cit., p. 295.

150

M. GIAMPIERETTI in L. ZAGATO con M. GIAMPIERETTI, cit., p. 134.

151Cfr. art.116 c. 3 in https://www.senato.it/1025?sezione=136&articolo_numero_articolo=116.

152N. AICARDI, Recenti sviluppi sulla distinzione tra “tutela” e “valorizzazione” dei beni culturali e sul

ruolo del ministero per i Beni e le Attività culturali in materia di valorizzazione del patrimonio culturale di appartenenza statale, « Aedon », 1/2003.

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i Comuni di un primato amministrativo, che, soltanto in funzione di una maggiore unitarietà, viene conferito a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato.

« Abbandonando il rigido criterio del parallelismo tra funzioni legislative e funzioni amministrative153, che aveva caratterizzato il periodo precedente, con la riforma costituzionale del 2001 si è passati, infatti, ad un sistema flessibile di ripartizione delle competenze tra gli enti territoriali »154, che è rimasto invariato dopo l’esito negativo del referendum sulla nuova proposta di riforma costituzionale, approvato dalla Camera dei Deputati il 12 aprile 2016; che implicava la soppressione della “concorrenza” e la ridistribuzione delle materie in capo allo Stato e alle Regioni.

1.3.2 L'evoluzione normativa italiana fino al d. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42: il Codice