Il biodistretto come strumento di sviluppo territoriale
6. Considerazioni final
Intorno al tema dei distretti biologici si concentra un’ attenzione crescente non solo da parte del mondo delle imprese e delle istituzioni locali, ma anche da parte dei cittadini e dei consumatori. Tale attenzione esprime un bisogno di profonde innovazioni nei sistemi di produzione e consumo del cibo che ne garantiscano la sostenibilità ma anche di un maggior radicamento territoriale.
Se si assume una chiave di innovazione e di transizione socio-tecnica- economica, il DB non può svolgere solo funzioni di tipo tecnico o di branding territoriale, e non può rappresentare solo una tra le tante iniziative di sviluppo territoriale. Il ruolo che il DB può giocare nella transizione è quello di strumento di governance forte per l’innovazione rurale, sia di tipo orizzontale – tra attori del settore agricolo e di altre componenti dell’economia e del mondo rurale, in modo da assumere una logica non settoriale ma territoriale e multifunzionale – che multilivello – tra attori e in primis istituzioni locali, regionali, nazionali ed europee, in modo da coordinare i vari strumenti di intervento in funzione degli obiettivi individuati territorialmente.
La logica è dunque quella di fare emergere dei “territori-progetto” (MAGNAGHI,
2001) in una prospettiva di “territorialità proattiva” (POLI, 2015), secondo una
logica molto più prossima a quella dei distretti rurali che a quella dei distretti agroalimentari di qualità. In questa prospettiva una funzione chiave del DB è quella del sostegno all’empowerment, alla mobilizzazione e alla partecipazione degli attori locali (imprese, cittadini, rappresentanze, istituzioni pubbliche) al fine di porli in grado di assumere un ruolo attivo nella transizione, e del rafforzamento del dialogo e del confronto pubblico-privato intorno all’elaborazione di una visione di sviluppo territoriale, finalizzata alla definizione di progetti di sviluppo agricolo, rurale e territoriale.
Si tratta di processi dal basso che richiedono tempi elevati di realizzazione e il cui successo (come evidenziato dall’esperienza dei distretti agroalimentari e rurali) deve essere valutato con riferimento alle dinamiche attivate e non solo ai risultati immediati conseguiti. Data la complessità del processo di formazione di un distretto è necessario che l’operatore pubblico metta a punto strumenti di
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accompagnamento che consentano di mettere a disposizione prima di tutto le risorse umane necessarie all’emergere della progettualità, e allo stesso tempo creino le condizioni, all’interno dell’architettura istituzionale, per una sua reale incidenza sui processi di elaborazione e gestione delle politiche a livello territoriale.
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