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Minacce e criticità delle risorse forestali del Montalbano

La gestione sostenibile del patrimonio forestale

5. Minacce e criticità delle risorse forestali del Montalbano

I principali fattori di minaccia che agiscono sugli ecosistemi forestali del Montalbano possono essere così riassunti:

 superficie forestale concentrata quasi esclusivamente sui settori di crinale su cui insistono forti pressioni antropiche dovute ad insediamenti e infrastrutture (strade, elettrodotti e ripetitori) e in cui la funzionalità dei varchi di connessione con i sistemi forestali settentrionali (Appennino pistoiese) e meridionali (Colli di Scandicci) è ridotta per la presenza di assi stradali ed insediamenti;

 netta predominanza del governo a ceduo rispetto alla fustaia;  proprietà pubblica estremamente ridotta;

 proprietà privata fortemente parcellizzata;

 elevata diffusione di specie vegetali aliene invasive (principalmente robinia e ailanto);

 frequenti e intensi attacchi di parassiti con grossi problemi fitosanitari;  elevato rischio di incendio;

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 rete sentieristica e viabilità secondaria molto sviluppate e frequentate ma in condizioni di conservazione spesso inadeguate.

La questione legata alla sostenibilità ecologica del ceduo è una delle più dibattute nel mondo scientifico forestale degli ultimi anni e la notevole diffusione di questa forma di governo è una caratteristica propria di tutta l’Italia peninsulare. Ciano e Nocentini (2004) sostengono che la gestione sostenibile dei boschi cedui sia “il problema dei problemi della selvicoltura italiana”. L’interesse verso questa forma di governo è tanto più vivo oggi, rispetto al recente passato, in considerazione dell’accresciuto valore economico della legna da ardere, e delle biomasse forestali in genere, che ha portato in certi casi a considerare le utilizzazioni forestali come una minaccia potenziale alla

conservazione delle risorse naturalistiche (GIUNTI,2011). A questo riguardo si

veda, ad esempio, il Piano d’azione regionale per la biodiversità in Toscana

(LOMBARDI ET AL., 2010) in cui si individuano, tra le principali cause di

minaccia per gli obiettivi di conservazione, quelle legate ad alcune forme di utilizzo dei boschi cedui. Il governo a ceduo è diffuso in Italia su quasi

3.700.000 ettari (INFC, 2005) ed è applicato a soprassuoli originati in tempi

molto diversi: già utilizzati per secoli come tali o, come è successo in molte aree del centro e del meridione d’Italia, ricavati dalla conversione delle fustaie

soltanto tra ’800 e ’900 (FABBIO, 2010; BERNETTI, 1983; CIANCIO &

NOCENTINI, 2004). Il declino delle utilizzazioni è iniziato a partire dagli anni

’50 del secolo scorso e si è protratto fino alla fine degli anni ’70. L’inversione di tendenza verificatasi a partire dagli anni ’80 può essere spiegata per la concomitanza di tre principali fattori: aumento considerevole della biomassa ritraibile per unità di superficie, ampia disponibilità di manodopera a basso costo, aumento del valore della legna da ardere conseguente a un aumento della domanda anche per effetto del ripopolamento di molte aree rurali in ampi settori d’Italia.

A scala regionale si attesta che, nonostante il generale e progressivo processo di ‘invecchiamento’ di buona parte dei soprassuoli, una quota ancora molto rilevante è rappresentata da boschi sostanzialmente giovani, se non altro dal punto di vista biologico. Dai dati dell’Inventario Nazionale (ISAFA, 2006), tralasciando il 25% circa dei soprassuoli di cui non viene definita una età, il 43% risulta inferiore ai 40 anni, mentre solo il 2% si configura come un bosco maturo (oltre 80 anni di età); la restante parte (30% circa) si colloca in una classe intermedia. Secondo il ‘Rapporto sullo stato delle foreste in Toscana’

(ARSIA, 2009), relativo al 2008, dei circa 100 mila ettari forestali del

Patrimonio Agricolo e Forestale Regionale, quasi i 3/4 dei boschi è di origine agamica con età che solo in parte supera i 60 anni, collocandosi più spesso tra i

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40 e i 60 anni. Le formazioni di origine gamica ammontano al 25%, di cui quasi l’80% di origine artificiale (es. abetaie e pinete).

Per quanto riguarda la proprietà privata, il rapporto non fornisce sufficienti informazioni ma la quota di boschi di origine agamica (tra cedui a regime, cedui invecchiati e cedui di oltre 50 anni di età) dovrebbe collocarsi verosimilmente tra l’80 e il 90% del totale.

Secondo i dati dell’Inventario Forestale della Toscana (HOFMANN ET AL.,

1998), le fustaie di latifoglie autoctone (fustaie coetanee, disetanee e irregolari), che costituiscono buona parte delle formazioni forestali di maggior pregio naturalistico, sono stimate in circa 35.000 ettari, pari a solo il 3% dell’intera superficie boschiva regionale.

La tipologia di intervento più frequente nella proprietà privata è il taglio del ceduo semplice (70%). Gli interventi più richiesti sono stati quelli a carico delle specie quercine (circa il 50% del totale), seguite da castagno e faggio.

I vantaggi gestionali del governo a ceduo sono innegabili perché il soprassuolo non necessita di cure colturali e il mercato degli assortimenti legnosi è relativamente stabile ormai da un paio di decenni.

Tuttavia è necessario porre l’attenzione anche sugli effetti che tale forma di governo determina sugli ecosistemi forestali, nell’applicazione dei suoi più frequenti modelli gestionali.

Il taglio di utilizzazione nel governo a ceduo può aumentare il rischio idrogeologico per effetto della quasi totale asportazione della copertura arborea nei primissimi anni successivi all’intervento. Questo effetto è proporzionale all’estensione della tagliata (che in Toscana è per legge limitata a 20 ettari) ed è fortemente dipendente dalla velocità/capacità di crescita dei polloni dalle ceppaie tagliate. Negli ultimi anni tale capacità è sensibilmente compromessa dall’azione dei cervidi (capriolo, cervo e daino) con effetti davvero preoccupanti. Cutini et al. (2009) evidenziano riduzioni del 58% in area basimetrica e del 57% in volume in boschi di specie quercine, mentre un lavoro di Casanova et al. (2005) dimostrerebbe una pressione molto elevata sulle ceppaie di roverella (77% in numero), castagno (75%) e cerro (56%).

Un’altra criticità è rappresentata dalla selezione di specie maggiormente resistenti alla ceduazione (cerro, castagno, robinia, roverella e carpino nero), con conseguente perdita di moltissime specie accessorie (spesso caratterizzate da legno pregiato) e dalla riduzione della variabilità genetica necessaria per garantire la capacità evolutiva e adattativa del popolamento arboreo. Giovannini (2007) ha rilevato che in un bosco di roverella in Provincia di Firenze a distanza di 22 anni dal taglio di ceduazione nessun semenzale, presente al momento del taglio o nato dopo il taglio, ha raggiunto l’altezza di 1 metro,

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mettendo perciò in discussione il concetto stesso di rinnovazione naturale potenzialmente svolto dai semenzali, “[…] ai quali viene assegnato un ruolo che in realtà difficilmente potranno svolgere”. Questo effetto è la conseguenza della scelta inadeguata delle piante di rilascio (matricine e allievi) che troppo spesso vengono reclutati non tra gli individui a miglior conformazione (come del resto richiederebbe la normativa vigente) ma tra quelli più esili. Nei mesi

successivi una parte significativa di questi esemplari va incontro molto

frequentemente a stroncamenti e sradicamenti.

La ceduazione realizzata attraverso i modelli più diffusi di intervento, favorendo un numero ristretto di specie e riducendo di fatto la variabilità interspecifica e intraspecifica, determina la suscettibilità delle formazioni boschive agli attacchi di patogeni e specie aliene invasive (es. cinipide del castagno e defogliatori della quercia, robinia e ailanto) (GIUNTI,2011).

Fig. 17 - Ingiallimenti intensi dei castagneti di crinale dovuti a un attacco massiccio di cinipide del castagno (estate 2012).

Il governo a ceduo inoltre determina una perdita/riduzione del valore paesaggistico dei boschi e della loro fruibilità. Un esempio evidente è quello rappresentato dagli interventi di utilizzazione realizzati recentemente all’interno

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di una delle poche proprietà di grande estensione presenti sul Montalbano, a monte di Faltognano nel Comune di Vinci. In quest’area si collocano le formazioni a dominanza di specie mesofile meglio conservate di tutta la dorsale, con particelle derivanti da cedui molto invecchiati oltre che da relittuali fustaie, cedui composti e cedui coniferati. Si tratta di formazioni di grande pregio naturalistico e paesaggistico, non a caso compresi all’interno dei nodi forestali primari della rete ecologica regionale, con esemplari arborei di grandi dimensioni spesso associati a una elevata ricchezza specifica. In queste aree nidificano inoltre il falco pecchiaiolo e il biancone, due dei rapaci più rari e minacciati a scala regionale, i quali necessitano di alberi vetusti che utilizzano per la costruzione del nido.

Per le sue caratteristiche intrinseche e per la vicinanza a località turistiche molto frequentate, questa rappresenta una delle aree più importanti anche dal punto di vista della fruizione, grazie anche a una rete di sentieri ben strutturata. Le operazioni di utilizzazione realizzate e ancora in corso di svolgimento non hanno tenuto adeguatamente conto dei valori presenti e i modelli gestionali non consentono di valorizzare neppure l’enorme patrimonio legnoso della proprietà. Gran parte degli esemplari di maggiori dimensioni sono caduti al taglio e tra gli esemplari rilasciati con funzione di matricine non figurano gli alberi più maturi e meglio conformati.

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Fig. 19 - Particolare dell’area interessata dai tagli nel 2013, prima dell’inizio dei lavori.

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Fig. 21 - Ingrandimento fotografico dell’area destinata all’imposto di legname. La dimensione di quest’area in precedenza completamente boscata è pari a circa 3.000 mq.

Fig. 22 - Rilascio di matricine di qualità inadeguata e danni al suolo per apertura di vie di esbosco e passaggio di mezzi in una tagliata del Montalbano.

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È ormai scientificamente assodato che le consuetudinarie forme di utilizzazione applicate al governo a ceduo deprimono la biodiversità forestale, intesa non tanto come semplice ricchezza specifica quanto soprattutto come ricchezza e variabilità ecosistemica, sia a scala locale (particella forestale) che alla scala di paesaggio (es. catena del Montalbano).

I risultati del progetto Rete Ecologica Toscana (GIUNTI ET AL., 2015)

evidenziano come vi sia una correlazione a scala regionale tra la forma di governo (che influenza l’età media delle piante) e la presenza di specie ornitiche sensibili alla frammentazione forestale e alla complessità strutturale dei soprassuoli (Fig. 23).

Fig. 23 - Idoneità potenziale delle formazioni forestali nei confronti di specie di uccelli sensibili alla frammentazione in relazione al grado di maturità (B.Inv= Boschi invecchiati; B. Giov.= Boschi giovani; Altro: formazioni di cui non è nota l’età). Fonte: Giunti et al., 2015.

L’analisi, basata su migliaia di dati a campionamento randomizzato raccolti nel corso di oltre un decennio, ha evidenziato valori di idoneità potenziale mediamente superiori per i boschi a dominanza di conifere e per buona parte dei castagneti e dei boschi di latifoglie mesofile (ampiamente distribuiti nella fascia appenninica), e valori intermedi o bassi di idoneità per i querceti e le formazioni di sclerofille mediterranee, entrambe formazioni comunemente soggette a frequente ceduazione.

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