Il Montalbano: una nuova civilizzazione scende dalla montagna
3. Il terroir , dal vino al territorio
Da questi concetti anticipatori del superamento di una visione settoriale dell’attività rurale si è sviluppato il percorso del nuovo mondo contadino, dall’agricoltura biologica, alla riscoperta delle cultivar e dei paesaggi tradizionali, all’agricoltura ecologica, all’agroecologia. In questo percorso anche il concetto di terroir, originariamente riferito alle qualità fisiche dei terreni vocati alle
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produzioni vinicole, si è dilatato fino a rappresentare le qualità identitarie specifiche dei territori, intesi come esiti storici di lunghi processi di coevoluzione fra insediamento umano e ambiente. Interviene ancora l’economista Becattini:
la produzione vinicola, ad esempio, non scaturisce da un’asettica viticoltura, collocata qua o là, ma porta, con gli aromi speciali e le forme dei contenitori, definiti, gli uni e le altre, pazientemente nel corso dei secoli, il segno di generazioni di viticoltori, insieme ai tratti culturali del ‘territorio’ (BECATTINI,MAGNAGHI,2015).
Le definizioni di terroir dunque si avvicinano sempre più alla complessità delle definizioni di territorio sviluppate nell’approccio territorialista, che ne evidenzia il carattere di “sistema vivente ad alta complessità, esito di processi
coevolutivi fra insediamento umano e ambiente” (MAGNAGHI, 2010).
In questo avvicinamento dunque, in una definizione convalidata dall’Unesco, un terroir è:
uno spazio geografico delimitato, definito a partire da una comunità umana che costruisce nel corso della sua storia un insieme di tratti culturali distintivi, di saperi e di pratiche fondate su un sistema di interazioni fra l’ambiente naturale e i fattori umani. I savoir-faire messi in gioco rivelano una originalità, conferiscono una tipicità e permettono una riconoscibilità dei prodotti o servizi originali di questo spazio e dunque delle le persone che ci vivono. I terroir sono degli spazi viventi e innovativi che non possono essere assimilati alla sola tradizione2.
È questa lunga storia di relazioni coevolutive fra insediamento umano e ambiente che produce l’identità del territorio, densa di valori patrimoniali che connota questi ‘spazi viventi’ e innovativi che sono i territori/terroir.
3.1 Il Montalbano, un territorio/terroir
Nel caso del Montalbano, una montagna-sentinella-isola, affiorante in mezzo a vasti sistemi planiziali di città, acque e coltivi fra Firenze-Prato-Pistoia e la valle dell’Arno, la forza di questa identità si costruisce a partire dal percorso di crinale etrusco che ‘triangola’ Gonfienti-Marzabotto con Fiesole; si estende verso l’Arno (strutturando acque e coltivi) nella centuriazione romana; si arricchisce delle trame agrarie dei versanti collinari nella dominazione medievale pistoiese; intensifica, complessifica e porta a maturazione il modello insediativo e paesaggistico dei borghi e ville-fattoria nelle epoche rinascimentale e lorenese a centralità fiorentina.
Così questo luogo, una becattiniana “molla caricata nel tempo lungo della storia”, sopito come sfondo silenzioso nella modernità industriale dal brillare di
2 Definizione proposta da un gruppo di lavoro INRA/INAO e convalidata dagli Incontri Internazionali di UNESCO, Planète Terroirs, UNESCO – 10 novembre 2005.
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luci delle pianure indaffarate e rumorose della Toscana centrale che lo circondano, con l’abbassamento di tono di questo splendore (congestione, rischio idraulico e inquinologico, bassa qualità urbana e ambientale e povertà crescenti…), torna a caricare la molla del proprio orologio del tempo, a proiettare sulle pianure i valori del proprio patrimonio in forma di nuove civilizzazioni ambientali, agroecologiche, urbane, paesaggistiche; civilizzazioni che possono irradiare qualità dell’abitare e dell’ospitalità verso Prato, Pistoia, Montecatini, Empoli, connettendosi alle esperienze in corso del parco agricolo multifunzionale di Firenze-Prato e il parco agricolo di riva sinistra d’Arno, Firenze-Scandicci-Lastra a Signa, per riconnettere alla montagna ‘i patti-città campagna delle piane’.
Ma questa ‘molla ricaricata’ fatica a scaricare la sua forza rigenerativa sulle pianure in profonda crisi se non si portano a compimento i processi avviati con il progetto del biodistretto:
1. l’assunzione piena da parte della società locale, nelle sue diverse componenti, della complessità dei ‘valori patrimoniali’ (materiali e immateriali, culturali, ambientali, paesaggistici, produttivi, artistici, urbani, energetici) e del rinnovamento dei ‘saperi contestuali e esperti’ ad essi legati, riaffermando concretamente questi saperi nei processi formativi e comunicativi, nelle relazioni culturali e di ospitalità, nei modelli di produzione e consumo, nelle filiere locali integrate;
2. se la ricchezza patrimoniale ritrovata non diviene ‘ricchezza durevole’ prodotta sul territorio, individuando nuove forme di ‘produzione sociale’ in grado di valorizzare i beni comuni territoriali.
Qui un ruolo fondamentale giocano gli enti pubblici territoriali, se interpretano le istanze di questa valorizzazione finalizzata al benessere collettivo e se si avvalgono, per produrla, di nuove forme pattizie di ‘pianificazione dal basso’ in grado coinvolgere in modo strutturato la cittadinanza attiva nelle sue componenti pubbliche, sociali, private, associative.
Molte di queste forme son già in atto e connesse in rete a livello regionale o nazionale: oltre ai biodistretti, gli osservatori locali del paesaggio, gli ecomusei, i contratti di fiume e di paesaggio, i parchi agricoli multifunzionali, le reti di economie locali solidali, le fondazioni sociali e così via.
Si tratta da parte dei governi locali di attivare l’integrazione di questi strumenti in forme di autogoverno innovative, che traggano dalla mobilitazione permanente della società locale in istituti di partecipazione strutturata la forza della propria autonomia e resistenza ai flussi della globalizzazione e che ritrovino, in questo percorso, relazioni di sussidiarietà e sinergia fra città e campagna.
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Richiamo ancora in conclusione i nostri profetici autori:
Ciò che deve essere preservato in sistemi locali che producono ‘specialità integrate’ è un complesso interrelato di beni, attività, valori, istituzioni…Il significato generale della proliferazione di questi sistemi locali è un’intensificazione della rete di relazioni tra città e campagna. In altre parole un recupero, attraverso nuove forme, di un’intensa relazione fa città e contado, scompaginata dall’invasione capitalistica del territorio (BECATTINI, OMODEI
ZORINI, 2003).
Questa volta, tuttavia, la nuova civilizzazione parte dal contado, in questo
caso dal Montalbano, ovvero dalla ‘rivincita della montagna’ (DEMATTEIS, 2017).
Riferimenti bibliografici
DEMATTEIS M. (2017), Via dalla città. la rivincita della montagna, Derive Approdi,
Roma.
BECATTINI G., OMODEI ZORINI L. (2003), “Identità i locali rurali e
globalizzazione”, QA-La Questione Agraria, n. 1.
BECATTINI G,MAGNAGHI A.(2015), “Dalla coscienza di classe alla coscienza
di luogo”, in BECATTINI G, La coscienza dei luoghi. Il territorio come coralità
produttiva, Donzelli editore.
MAGNAGHI A. (2010), Il progetto locale. Verso la coscienza di luogo, Bollati
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