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CAPITOLO IV: LA TUTELA DELLA PERSONA OFFESA NEGLI ISTITUTI DI GIUSTIZIA NEGOZIATA

4.1. Considerazioni introduttive

Un profilo di cui si ritiene di dover dar conto riguarda il ruolo svolto dalla vittima – che si sia costituita parte civile – nella dinamica del patteggiamento, anche alla luce degli ultimi interventi normativi

apportati dall’art. 6 della legge 27 maggio 2015, n. 69237, che ha

aggiunto all’art. 444 c.p.p. un comma 1-ter per cui, «nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater e 322-bis del codice penale, l’ammissibilità della richiesta di cui al comma 1 è subordinata alla restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato». Una lettura sistematica impone, poi, di volgere lo sguardo ai recenti interventi di matrice sovranazionale, in particolare, ci si riferisce alla direttiva 2012\29\UE – recepita dal d. lgs. 15 dicembre 2015 n. 212 – che sebbene non abbia apportato modifiche alla disciplina in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, sembra mettere a nudo i nervi scoperti dell’ordinamento italiano in un settore nevralgico quale quello della giustizia negoziata.

4.2. Il ruolo della persona offesa nel patteggiamento La persona offesa dal reato viene tradizionalmente individuata nel soggetto passivo della condotta penalmente rilevante, in quanto

237 Recante “Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio”, pubblicata in Gazz. Uff. del 30-05-

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titolare di un interesse giuridico protetto dalla norma penale violata

dal soggetto attivo del reato238. Persona offesa è, dunque, il titolare

dell’interesse la cui lesione o esposizione al pericolo costituisce l’essenza del reato. Non si discute poi che il concetto di «persona offesa» non si esaurisce nell’ambito delle persone fisiche, ma risulta comprensivo di qualsiasi altro soggetto cui sia attribuita la titolarità di un interesse protetto dalla norma penale e aggredito dal reato. Sicché persone offese possono essere tutti i soggetti individuali, collettivi, privati o pubblici, dotati o meno di personalità giuridica, titolari nel caso concreto dell’interesse protetto dalla norma penale

di cui si assume la violazione239.

Così definito il concetto di persona offesa, va tenuto nettamente distinto da quello di persona danneggiata dal reato. Quest’ultima, infatti, viene in considerazione in quanto titolare dell’interesse al risarcimento di un danno patrimonialmente valutabile, subìto in conseguenza del reato, ovvero, di un danno di natura non patrimoniale. La distinzione è di primaria rilevanza, poiché l’esercizio dei diritti e dei poteri di cui all’art. 90 c.p.p. (“Diritti e facoltà della persona offesa dal reato”) spetta esclusivamente all’offeso, che resta relegato all’angusto ruolo di soggetto

processuale240, mentre il danneggiato è l’unico legittimato alla

costituzione di parte civile241.

238 La persona offesa viene definita soggetto passivo “particolare” per distinguerla dallo

Stato che è soggetto passivo costante di tutti i reati, cfr. Codice di procedura penale commentato, a cura di A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa, I, IV ed., 2010 p. 651.

239 Cfr. TRANCHINA, voce Persona offesa dal reato, Enc. Giur. Trecc., XXIII, Roma, 1990,

p. 1.

240 In quanto tale, egli è titolare di poteri di iniziativa nel procedimento, da intendersi in

relazione anche alla fase delle indagini preliminari, quando ancora non è stata esercitata l’azione penale. Mentre si può definire “parte” colui che ha chiesto al giudice una decisione in relazione all’imputazione e colui contro il quale la decisione è chiesta. Cfr. TONINI, Manuale di procedura penale, Milano, Giuffré, 2014, p. 70.

241 La costituzione di parte civile è finalizzata unicamente a far valere nella sede

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Ovviamente le due figure possono anche coincidere, nel senso che è possibile – anzi, di regola si verifica – che a subire il danno sia la stessa persona offesa.

Ebbene, allorché si passi ad analizzare i diritti e le facoltà che il vigente codice di rito riconosce alla persona offesa, si nota senz’altro

il ruolo di “accusa privata” accessoria242 e adesiva rispetto a quella

pubblica, con il correlativo riconoscimento di facoltà anche autonome in tema di controllo, stimolo investigativo, assunzione di

prove, ed esercizio dell’azione penale243. Sul punto l’art. 90 c.p.p.

stabilisce a chiare lettere che l’offeso dal reato può soltanto presentare memorie in ogni stato e grado del procedimento e può

indicare elementi di prova, tranne che nel giudizio di legittimità244.

In seno al procedimento speciale de qua la posizione della parte lesa (rectius del danneggiato) si connota per tratti di decisa

marginalità245. Al giudice resta inibita la possibilità di pronunciarsi

sulla domanda risarcitoria (art. 444, comma 2 c.p.p.), non potendo in tale sede la parte civile, eventualmente costituita, ottenere una

242 L'azione civile innestata sul tronco dell'azione penale ha carattere accessorio sia

perché è in correlazione con l'azione penale, sicché, se questa risulta impromovibile, l'azione civile resta paralizzata per effetto della impromovibilità dell'azione penale; sia perché è condizionata alla sorte del processo penale, sicché in caso di proscioglimento il giudice penale, ancorché sia chiara una responsabilità civile dell'imputato o del responsabile civile, non può pronunciare condanna alla restituzione o al risarcimento; sia perché, nel caso si verifichi una situazione tale da ripristinare l'autonomia dell'azione civile dalla decisione penale (art. 541 c.p.p.), l'azione civile si distacca del tutto dalla sede penale e continua nella sua propria sede civile (è questo, anzi, il profilo determinante del carattere accessorio del rapporto processuale civile inserito in sede penale). Cfr. G. LEONE, Voce Azione civile nel processo

penale in Enc. Dir., IV, 1959, p. 78.

243 Cfr. E. AMODIO, Sub art. 90 c.p.p., in Commentario del nuovo codice di procedura penale, a cura di E. Amodio – O. Dominioni, Milano, Giuffrè, 1989, p. 533 ss.

244 Un’attenuazione della ritrosia a concepire interferenze dei privati nell’esercizio

dell’azione penale si registra nel procedimento davanti al giudice di pace, nel quale si riconosce alla persona offesa – con esclusivo riferimento ai reati perseguibili a querela – di presentare ricorso immediato al giudice, al fine di ottenere la citazione a giudizio dell’imputato (art. 21 d. lgs. n. 274 del 2000).

245 Di “sacrificio” della parte civile parla GERACI, L’appello contro la sentenza che applica la pena su richiesta, Padova, 2011, p. 90.

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decisione che affronti il merito della pretesa vantata né, tanto meno, conseguire una condanna generica al risarcimento dei danni o ad una provvisionale, ovvero la provvisoria esecutività della sentenza come mezzo di ristoro del danno non patrimoniale. Residua unicamente un limitato spazio per un’azione preventiva di contrasto esterno: il danneggiato, fino a quando non interviene il provvedimento giudiziale di omologazione, ben può interloquire sull’istanza di accesso al rito speciale, svolgendo osservazioni e deduzioni

funzionali all’emissione di una decisione di rigetto246.

Le ragioni di un tale impianto normativo, sono state rintracciate dai più nella funzione deflativa assegnata dal codice al c.d.

patteggiamento247. L’“appetibilità” dei riti deflativi poteva venir

compromessa da un’eventuale pronuncia sulla pretesa civilistica o dalla efficacia extrapenale della decisione ex art. 444 c.p.p., tanto da tradursi per l’imputato in un fattore disincentivante l’accesso al

rito248. Pertanto, è generalmente ammesso che la persona offesa resti

all’oscuro delle trattative in corso tra accusa e difesa, trovandosi così nell’impossibilità di fornire informazioni al pubblico ministero, per convincerlo a non prestare il suo consenso. Il presumibile interesse della vittima a che il processo proceda nelle forme ordinarie viene agevolmente ignorato. Senza contare il senso di frustrazione che comprensibilmente pervade la vittima di fronte a un rito nel quale l’applicazione della pena risulta (apparentemente) svincolata non

246 Cfr. A. ARRU, L’applicazione della pena su richiesta delle parti, in Trattato di procedura

penale, Spangher (a cura di), IV ed., Vol. I, Torino 2008, p. 21.

247 Vedi, tra gli altri, A. CHILIBERTI, Azione civile e nuovo processo penale, Milano, Giuffré,

2. ed., 2006, p. 412; PAULESU, voce Persona offesa dal reato, in Enc. Dir., Annali II-1,

2008, p. 612.

248 Giustamente la Corte Costituzionale con sentenza 12 ottobre 1990 n. 443 ha negato

la fondatezza della questione di legittimità costituzionale di questa norma sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.: ed infatti si è rilevato che nessuna violazione al diritto di difesa si consuma, restando impregiudicato il diritto del danneggiato di far valere in sede propria le proprie ragioni di danno, in Cass. pen., 1992, p. 372.

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solo da un previo accertamento di responsabilità, ma anche da una

esplicita dichiarazione di colpevolezza da parte dell’imputato249.

La parte civile, dal canto suo, assiste inerme all’applicazione del rito alternativo, da cui consegue la sua retrocessione dal processo penale quale percorso obbligato. È questa la ragione per la quale, detta parte, conserva talune garanzie tra cui il diritto alla refusione delle spese sostenute per la costituzione che, salvo compensazione totale

o parziale, sono a carico dell’imputato250 e la possibilità di trasferire

l’azione risarcitoria nella sede civile senza dover subire la sospensione del processo (non si applica infatti il disposto di cui

all’art. 75, comma 3 c.p.p.)251.

4.3. La vittima del reato e la Convenzione europea dei