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La refusione delle spese processuali della parte civile nel patteggiamento: quale fondamento

CAPITOLO IV: LA TUTELA DELLA PERSONA OFFESA NEGLI ISTITUTI DI GIUSTIZIA NEGOZIATA

4.5. La refusione delle spese processuali della parte civile nel patteggiamento: quale fondamento

giuridico?

La sentenza di patteggiamento non implica, dunque, alcuna decisione sulla domanda proposta dal danneggiato dal reato, la vicenda processuale civile si chiude con un non liquet. Questa opzione era accompagnata, nel disegno originario del codice, dal silenzio in ordine agli esborsi compiuti dalla parte civile; questi erano destinati evidentemente a rimanere a suo carico. Ne risultava una disciplina fortemente sbilanciata a sfavore del soggetto danneggiato dal reato, che ha indotto la Corte Costituzionale a

intervenire sul tessuto dell’art. 444 comma 2 c.p.p.276. Il giudice

delle leggi pur riputando legittima la scelta di fondo a favore della rigida separazione tra pronuncia penale e decisione in ordine alle obbligazioni civili nascenti dal reato, ha giudicato incompatibili con

275 Nel tentativo di influire positivamente sul fenomeno del sovraffollamento

carcerario, si aggiungono i due fenomeni della sospensione del procedimento con messa alla prova e della particolare tenuità del fatto., destinati a operare nel corso del procedimento, cfr. M. Kilchling., L. Parlato, Nuove prospettive per la restorative justice

in seguito alla direttiva sulla vittima: verso un “diritto alla mediazione?”, in Cass. pen.

11, 2015, p. 4188.

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l’art. 24 cost. l’omessa previsione della condanna dell’imputato a rifondere le spese sostenute dal danneggiato. Dunque, la regola secondo cui, il giudice può condannare l’imputato al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga

di disporre, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale277,

è figlia di un compromesso cui la Corte è giunta per evidenti ragioni

di “riequilibrio” del sistema278. La soluzione così raggiunta ha,

tuttavia, determinato uno “scollamento” della pronuncia sulle spese dal suo tradizionale presupposto processuale, ossia la soccombenza sulle questioni civili. L’art. 541 c.p.p. sancisce, infatti, espressamente che la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile sia conseguenza diretta dell’accoglimento della domanda di restituzione o di risarcimento del danno avanzata da quest’ultima. Dal momento che non si richiede al giudice di esprimere un giudizio in merito alla domanda di parte civile, si è posta la questione se la pronuncia sulle spese abbia un fondamento negoziale, dal momento che essa sarebbe parte integrante dell’accordo tra le parti, costituendone “oggetto implicito” (posto che l’imputato deve accettare la pronuncia sulle spese come conseguenza del concordato sulle parti); o se sia sganciata dallo schema negoziale che di per sé può inerire solo ai profili penalistici,

e non anche agli aspetti liquidatori279. Entrambi gli orientamenti

sopra esposti hanno trovato egual sede nella giurisprudenza di legittimità, con opposte conseguenze. Il primo indirizzo, sostiene che la pronuncia sulle statuizioni contenute nella sentenza di patteggiamento in favore della parte civile, essendo necessariamente

277 La modifica si deve alla l. 16 dicembre 1999, n. 479.

278 Si veda M. GIALUZ, Patteggiamento e spese della parte civile: tra logica negoziale e prerogative del giudice, in Dir. pen. proc., 9, 2001, p. 1122.

279 Per queste riflessioni GERACI, L’appello contro la sentenza che applica la pena su richiesta, cit., p. 96.

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oggetto di rappresentazione ed accettazione da parte dell'imputato che abbia avanzato l'istanza di applicazione della pena o vi abbia aderito, viene a far parte, pur se non espressamente, di un atto plurilaterale. Quale logica conseguenza ne deriva l’applicazione del principio dell’intangibilità dell’accordo anche alla parte relativa alla liquidazione degli esborsi e l’inammissibilità delle censure mosse, mediante ricorso in Cassazione, dall’imputato che nulla aveva

eccepito in sede di patteggiamento280. L’indirizzo opposto, invece,

che non estende l’accordo tra il pubblico ministero e l’imputato agli aspetti strettamente inerenti la liquidazione delle spese sostenute, sottolinea il dovere che incombe sul giudice di decidere con una pronuncia avente natura formale e sostanziale di condanna, e ammette la legittimità del ricorso della parte interessata (imputato o parte civile) a dedurre, mediante il ricorso per cassazione, le normali censure che attengono alla valutazione giudiziale circa la pertinenza delle voci di spese, la loro documentazione e congruità281. Per consentire siffatto controllo sulla statuizione accessoria alla sentenza di patteggiamento, il giudice ha il dovere di

fornire adeguata motivazione.Altre pronunce hanno altresì rilevato,

sotto questo aspetto, la illegittimità della determinazione globale delle somme giudiziali, senza distinzione tra onorari, competenze e spese, proprio in quanto l’omessa differenziazione non permette alle parti di verificare che siano stati rispettati, nei minimi e nei massimi, i limiti tariffari282.

280 Cfr. ex multis, Cass. pen., sez. VI, 21 gennaio 1999, n. 2815, in Cass. pen. 2000, p.

2349; Cass. pen., sez. V, 27 settembre 2002, in Leg. Pen., 2003, p. 3887, con nota di ZAPPULLA, Patteggiamento e impugnazione della condanna alle spese sostenute dalla

parte civile; Cass. pen. sez. V, 21 marzo 2008, n. 14309, Leoni, in Cass. pen. 2009, p.

2085.

281 Cfr. Cass. pen. sez. IV, 3 maggio 2006, n. 20796, Dejure.

282 Cfr. Cass. pen. sez. II 12 dicembre 2012, n. 8109, in Guida al diritto, 2013, 17, 82. Si

discute tra l’altro sul contenuto delle spese processuali sostenute dalla parte civile ;

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Ebbene la questione, che con tutta evidenza si intreccia col più generale tema della fisionomia della decisione ex art. 444 c.p.p. e dell’estensione dell’accordo tra le parti, è stata da ultimo affrontata

con pronuncia adottata a Sezioni Unite dal Supremo Collegio283, che

ha ritenuto di condividere il secondo dei due orientamenti illustrati sulla base di argomentazioni di tipo logico-sistematico.

Sotto il profilo soggettivo, il tenore testuale del novellato art. 444 c.p.p., comma 2, rende evidente che il danneggiato è escluso dalla partecipazione all'accordo che intercorre fra imputato e pubblico ministero, pur avendo lo ius loquendi sulle questioni che formano oggetto della valutazione del giudice; si pensi, a mero titolo esemplificativo, alle iniziative, esterne al patteggiamento, volte ad indurre il giudice a respingere l'accordo […]. Mentre da un punto di vista oggettivo, il dato normativo ha una portata inequivoca nel definire la natura e i contenuti tipici del patteggiamento sulla pena unicamente in relazione agli aspetti penalistici e sanzionatori e nel lasciare strutturalmente estranea all'accordo la parte civile, i cui

interessi non possono filtrare nell'accordo attraverso il pubblico

ministero neppure sotto il limitato profilo della rifusione delle spese sostenute.

Esclude, poi, il Collegio che possa avere seguito la tesi secondo cui, parallelamente all'accordo principale tra pubblico ministero e imputato, si perfezioni implicitamente un patto autonomo - pur se intimamente connesso al primo - tra l'imputato e il danneggiato. La

alla costituzione, ma anche gli oneri riguardanti l’intero arco processuale fino alla formalizzazione dell’accordo per il patteggiamento, includendovi le spese sostenute per la consulenza tecnica, nonché quelle riguardanti «l’attività svolta prima della costituzione, […], consistita nella partecipazione a incombenti di natura probatoria, in specie all’incidente probatorio Cass., sez. IV, 18 gennaio 2011, n. 4136, Cass. pen., 2012, 208 In dottrina, sul punto v. M. COLAMUSSI, Le conclusioni della parte civile: dove, come,

quando, in Processo penale e Giustizia, 2, 2014, p. 42.

283 Si fa riferimento a Cass. sez. un., 14 luglio 2011 n. 40288, in Guida al diritto, 5, 2012,

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domanda della parte civile tesa ad ottenere la rifusione delle spese sostenute nel processo svoltosi nelle forme di cui all'art. 444 c.p.p., pur inserendosi in uno schema di giustizia contrattata, esula, infatti, dall'accordo intercorso tra il pubblico ministero e l'imputato circa la pena da applicare in ordine ad un determinato reato. L'entità della somma da liquidare a titolo di rifusione delle spese sostenute dalla parte civile non è compresa nei termini del patteggiamento e forma oggetto di una decisione che, pur se inserita nel rito alternativo, si connota per la sua autonomia (in quanto prescinde dalla pronunzia sul merito) e per la maggiore ampiezza dello spazio decisorio attribuito al giudice rispetto a quello inerente ai profili squisitamente penali284.

Da qui il principio di diritto, affermato con la sentenza in esame, secondo cui «è ricorribile per cassazione la sentenza di patteggiamento nella parte relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile, in particolare per quanto attiene alla legalità della somma liquidata e alla esistenza di una corretta motivazione sul punto, una volta che sulla relativa richiesta, proposta all'udienza di discussione, nulla sia stato eccepito».

Giunti a questo punto, per stabilire la portata effettiva della sfera decisoria conferita al giudice pare indispensabile individuare il criterio giuridico che giustifica la traslazione degli oneri in capo

all’imputato285. A tal proposito si discute sulla natura e sul contenuto

284 Cfr. SCARCELLA, Osservazioni a Cass. pen., sez., un., 14 luglio 2011, n. 40288, in Cass. pen., 6, 2012, p. 2065.

285 La dottrina ha via via individuato una pluralità di criteri volti a giustificare la ratio

dell’art. 444, comma 2 c.p.p. tra i quali l’imputabilità al prevenuto dell’estinzione del procedimento sulle questioni risarcitorie; la categoria giuridica della soccombenza

virtuale, concetto elaborato dalla giurisprudenza civilistica per risolvere il problema

della ripartizione delle spese nel caso di cessazione della materia del contendere; altri autori hanno fatto ricorso al criterio della causalità, cosicché il giudice dovrebbe individuare non il potenziale soccombente, ma la parte che, con la sua condotta, ha

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dell’accertamento che il giudice compie per decidere su detta questione. Secondo l’orientamento giurisprudenziale assunto dalle Sezioni Unite, presupposto logico-giuridico perché il giudice decida in tal senso è il previo accertamento della effettiva legittimazione della parte civile a interloquire nel processo penale. Si tratta di una valutazione meramente processuale dal momento che il giudice non deve esercitare un controllo in merito alla fondatezza della pretesa risarcitoria. In definitiva, la condanna dell’imputato alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile, non è da intendersi quale conseguenza automatica del giudizio di applicazione della pena su richiesta delle parti, ma richiede una verifica preliminare, positiva e circoscritta in ordine alla legittimazione della costituzione onde evitare di liquidare dette

spese nei riguardi di un soggetto che ne sia privo286. Senza dire che

il controllo circa la regolare costituzione delle parti rientra tra le

funzioni ordinarie del giudice durante tutto il processo287.

Per quanto risulti condivisibile l’orientamento illustrato non

mancano voci dissonanti in dottrina288 che, aderendo

all’orientamento giurisprudenziale contrario alla ricorribilità per Cassazione, ribadiscono come risulti assolutamente ingiustificata una decisione del giudice intorno alla liquidazione degli esborsi senza valutare la fondatezza della domanda che essa spiega. Si

dato causa alle spese dell’altra, cfr. GIALUZ, Patteggiamento e spese della parte civile: tra logica negoziale e prerogative del giudice, Dir. pen e proc., 9, 2011 p. 1124-1125.

286 Cass. sez. un., 19 maggio 1999, 12, Foro it., 1999, II, 700, con nota di DI CHIARA. 287 È stata ritenuta, invece, illegittima la condanna dell’imputato al pagamento delle

spese sostenute dal danneggiato, qualora la richiesta di patteggiamento venga formalizzata nel corso delle indagini preliminari, quando non è ammessa la costituzione della parte civile, Cfr. Cass. Sez. un., 27 novembre 2008, n. 241356, in Cass. pen., 2009, p. 2313, con nota di PISTORELLI, Per le Sezioni unite non è ammissibile la costituzione di

parte civile nell’udienza fissata ex art. 447 c.p.p.

288 Si fa riferimento a F. P. GUIDOTTI, Persona offesa e parte civile: la tutela processuale penale, Giappichelli, 2002, p. 276.

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ritiene sia dogmaticamente scorretto effettuare una commistione tra la legittimità della costituzione (che il giudice può valutare non ammettendo, una dichiarazione sprovvista dei necessari requisiti) e la giustificazione di essa (che è vaglio di merito), né si può

contrabbandare la seconda all’ombra della prima289.

Può osservarsi, tuttavia, che il processo è sempre un fatto dannoso: per lo Stato, che deve apprestare i mezzi per lo svolgimento di tutti i processi; per la parte che ha ragione e che lo deve affrontare per il riconoscimento del suo diritto, nel processo civile; per l'imputato

che sarà assolto. Se questo è vero, il pensiero corre alla

regolamentazione generale del fatto ingiusto contenuta nell'art. 2043 c.c. Se si considera la parte civile come potenzialmente “danneggiata” dall’applicazione di un rito che le preclude ogni sindacato sulle questioni civili, essa, laddove si sia legittimamente costituita, ha il diritto ad un “risarcimento”, tramite il rimborso delle

spese290. Per di più se si ritiene che dalla sentenza di patteggiamento

sia accertata una responsabilità dell’imputato, si accompagna la colposità del comportamento (dell’imputato appunto) che ha dato causa al processo. Diversamente, potrebbe trattarsi di responsabilità oggettiva, dal momento che l’imputato ha proposto o ha visto

accolta la sua istanza di patteggiamento291.

4.6. Il novellato art. 444, comma 1-ter c.p.p. e il d.d.l.