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CAPITOLO IV: LA TUTELA DELLA PERSONA OFFESA NEGLI ISTITUTI DI GIUSTIZIA NEGOZIATA

4.6. Il novellato art 444, comma 1-ter c.p.p e il d.d.l

Con la legge 27 maggio 2015, n. 69, contenente “Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni

289 Ibidem

290 Per tali considerazioni si veda, M. GARAVELLI, Spese giudiziali (dir. proc. pen.), in Enc. Dir., XLIII, 1990, p. 10.

291 Così anche Cass. pen., sez V, 29 ottobre 2009, n. 49493, in Guida al Diritto 2010,

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di tipo mafioso e di falso in bilancio”, il Parlamento italiano è

tornato sulla disciplina penale della corruzione pubblica292 e

fattispecie contigue, con l’intento di rafforzare ulteriormente il sistema repressivo delle patologie lato sensu corruttive, avvertite nel nostro Paese come sempre più dilaganti e corrosive del tessuto

economico e politico-democratico293. Il fulcro della novella risiede

nell’inasprimento delle fattispecie di concussione, corruzione e induzione indebita, sino a lambire figure di reato di norma complementari, in ambito societario, a quelle di corruzione, come le false comunicazioni sociali, nonché il delitto di associazione di tipo

mafioso294. Un settore interessa, tuttavia, anche il patteggiamento,

in particolare l’art. 6 della legge 27 maggio 2015, n. 69 inserisce nell’art. 444 c.p.p. il comma 1-ter, che impone la restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato all’imputato che voglia accedere al patteggiamento per i delitti ex artt. 314, 317, 318, 319,

319-ter, 319-quater e 322-bis c.p.295 L’obbligo restitutorio, peraltro,

292 Dopo la l. 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. legge Severino) recante “Disposizioni per la

prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”.

293 Basta dare uno sguardo ai dati riportati dal Global Corruption Barometer – Transparency International (disponibili su www.transparency.org) per appurare come il livello di corruzione percepita dagli italiani nelle istituzioni sia tra i più alti d’Europa.

294 Vedi V. MONGILLO, Le riforme di contrasto alla corruzione introdotte dalla legge n. 69 del 2015, in www.penalecontemporaneo.it , 2015, p. 2.

295 Il richiamo è ai delitti di peculato (art. 314 c.p.), concussione (art. 317 c.p.),

corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 c.p.), corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.), corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.), e induzione indebita a dare o a promettere utilità (art. 319-quater c.p.), anche commessi nei riguardi di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee o di Stati esteri (art. 322-bis c.p.). In tal modo si impone all'imputato che voglia accedere al rito speciale di assumere un fattivo atteggiamento di collaborazione, agevolando la confisca nell'interesse pubblico delle ricchezze connesse alla commissione del reato, secondo quanto si legge nella Relazione di accompagnamento al d.d.l. C.2798, approvato alla Camera il 23 settembre 2015. Occorre rilevare altresì rilevare che l’art. 2 della medesima legge ha modificato il contenuto dell’art. 165 c.p.p. in materia di sospensione condizionale della pena prevedendo anche qui una condizione di accesso, ovvero il pagamento di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all’ammontare di quanto indebitamente percepito dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio, a titolo di

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prescinde dall’entità della pena applicata e si prospetta, quindi, anche qualora la sanzione oggetto dell’accordo fra le parti non superi la soglia dei due anni di pena detentiva.

Questa disciplina differenziata per alcuni reati contro la pubblica amministrazione ha dato adito a dubbi di incostituzionalità sotto il profilo dell’eguaglianza, poiché, si dice, «se il danneggiato è la pubblica amministrazione, l’imputato deve restituire il maltolto prima di accedere ai benefici della sospensione condizionale della pena o del patteggiamento, mentre se la vittima del reato, anche predatorio come il furto o la rapina, è un cittadino, il reo può usufruire della condizionale o del patteggiamento anche se non

restituisce quanto rubato o rapinato»296.

Ebbene, al fine di chiarire le ragioni di un tale (apparente) discrimen occorre partire da un’interpretazione che muova dalla locuzione “restituzione del prezzo o del profitto del reato”. Il tema si intreccia indefettibilmente con quello della confisca dei beni che costituiscono il prezzo o il profitto dei delitti, previsti agli artt. 314- 320 anche nei casi di applicazione della pena su richiesta. Anche nell’ambito dei delitti dei pubblici ufficiali contro la p.a., la confisca commisurata al profitto conseguito dal reato è apparsa come la strategia più efficace per favorire il ripristino della legalità all’interno della pubblica amministrazione, segnatamente per

prevenire il fenomeno corruttivo297.

Proprio con lo scopo di determinare l’oggetto di quest’ultima, sono state a lungo elaborate in dottrina e giurisprudenza più o meno ampie

riparazione pecuniaria in favore dell’amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale […] fermo restando il diritto all’ulteriore eventuale risarcimento del danno.

296 Intervento dell’On. R. Occhiuto: v. resoconto stenografico dell’Assemblea, seduta n.

427 di giovedì 14 maggio 2015, p. 89, in www.camera.it.

297 Cfr. A. M. MAUGERI, voce Confisca (diritto penale), in Enc Dir., Annali, VIII, 2015, p.

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nozioni di profitto e prezzo del reato, stante l’assenza di una precisa

definizione normativa298. Con riguardo alla nozione di “prezzo”, può

affermarsi, con buona dose di approssimazione, che debba intendersi il denaro, i beni e altra utilità economica che

rappresentano un corrispettivo per la commissione del reato299,

mentre per “profitto” del reato, s’intende il “vantaggio economico derivante in via diretta e immediata dalla commissione

dell’illecito”300. In sostanza, il concetto di profitto quale effettivo

incremento patrimoniale immediatamente ricavabile dal fatto di reato, è inscindibilmente legato al vincolo di pertinenzialità, il mutamento materiale (e di segno positivo) della situazione patrimoniale del suo beneficiario, cioè, deve essere ingenerata dal

reato301. Con la sentenza che applica la pena su richiesta il giudice

che ordina d’ufficio la confisca deve ritenerne sussistenti le condizioni, in particolare, dovrà dar conto non solo del vincolo di pertinenzialità tra res e reato, ma altresì illustrare le ragioni per cui

ritiene di dover applicare la misura ablativa302. Va qui precisato,

infatti, che la confisca è, per legge, una misura di sicurezza

298 Si tenga presente che tali nozioni possono venire ricomprese all’interno del più

ampio concetto di “provento del reato”, locuzione utilizzata dalla normativa comunitaria e che include tutto ciò che deriva dalla commissione del reato, Così Cass. sez. un. 2 luglio 2008, n. 26654 in Guida al diritto, 2008, 31, 99.

299Cfr. Cass. pen. 25 giugno 2009 n. 2010, n. 38691, Cass. pen. 2010, 90. Con nota di

MAUGERI, La confisca per equivalente - ex art. 322-ter - tra obblighi di interpretazione

conforme ed esigenze di razionalizzazione, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2011, p. 777. 300 Cass. sez. un., 26 febbraio 2015, n. 31617, DeJure, però in senso contrario v. Cass.

sez. un., 24 aprile 2014, n. 38343 in ced CAss, m. 261116. Esiste anche una nozione ampia di profitto, comprensivo anche dei beni o delle utilità derivanti dal reimpiego di quanto inizialmente conseguito; Per una recente ricostruzione dei concetti di prezzo e di profitto dei reati nei reati contro la P.A. si veda E. MEZZETTI, Profitto e prezzo

confiscabili e confisca per equivalente nei reati contro la pubblica amministrazione, in www.penalecontemporaneo.it, 21 febbraio 2014.

301 Cfr. Codice penale commentato, a cura di E. DOLCINI, G.L. GATTA, Ipsoa, Vol. II, IV ed.,

2015, p. 419.

302Cfr. Codice di procedura penale commentato, a cura di A. Giarda, G. Spangher, Ipsoa,

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patrimoniale sottratta alla disponibilità delle parti303, pertanto, un

eventuale accordo in merito potrebbe avere solo una funzione di orientamento nella decisione del giudice, il quale ha, in ogni caso,

l’obbligo di motivare la decisione da adottare304. Invero, secondo

consolidata giurisprudenza, la sinteticità della motivazione tipica del rito non può estendersi all’applicazione della misura di sicurezza della confisca, sicché il giudice è tenuto ad indicare le ragioni per le quali ritiene di dover disporre la confisca di determinati beni sottoposti a sequestro – o, in subordine, i motivi per cui non possono reputarsi attendibili le giustificazioni eventualmente dedotte in

merito alla provenienza del denaro o dei beni confiscati305 – in

ragione della particolare e diretta correlazione tra la cosa e il reato in base alla quale viene espresso il giudizio di pericolosità derivante

dal mantenimento della cosa nella disponibilità del condannato306.

Così, ad esempio, in una fattispecie di corruzione la Corte ha stabilito che le somme versate al pubblico ufficiale corrotto e qualificate come “prezzo del reato” – suscettibili pertanto di confisca – sono elemento integrante la fattispecie ed in particolare

si pongono come motivo a delinquere307.

303 Si tratta di una circostanza che, a detta dei giudici di Cassazione, conferma la “natura allogena” della sentenza di patteggiamento rispetto alla sentenza di condanna tout court che consente alla discrezionalità del giudice di riespandersi in riferimento alle

pene accessorie, alle misure di sicurezza e alla confisca Cass. pen., sez. V, 22 marzo 2013, n. 1154, DeJure.

304 Cass. pen., sez. II, 18 dicembre 2015, n. 1934, DeJure, in senso conforme Cass. pen.

sez. II, 4 aprile 2011, n. 20046; Cass. pen., sez. II, 19 aprile 2012, n.19945; Cass. pen. sez V, 22 marzo 2013, n. 1154. Isolata risulta, invece, Cass. sez. VI, 11 marzo 2010, n. 12508, Valente, DeJure, secondo cui il giudice non può accogliere la richiesta di applicazione della pena se l’accordo intervenuto tra le parti non comprende anche l’oggetto della confisca prevista per il reato cui il patteggiamento si riferisce ovvero non consente la determinazione certa dei beni destinati all’ablazione.

305 Cfr. Cass. pen., sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 11497 DeJure. 306 Cfr. Cass. pen., sez. IV, 23 aprile 2008, n. 24878 DeJure.

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Ebbene, data la sostanziale identità di contenuti tra l’art. 322-ter e

l’art. 444, comma 1-ter308, ne consegue l’esigenza di stabilire un

rapporto univoco tra illecito e utilità anche per quest’ultimo, così da limitare la condizione di accesso al patteggiamento alla riconsegna delle somme la cui circolazione abbia determinato al contempo un vantaggio per l’agente e un pericolo per il corretto funzionamento dell’attività amministrativa pubblica. Gli stessi criteri adottati in punto di confisca, dovranno, de iure condendo, trovare analoga

applicazione all’art. 444, comma 1 ter, c.p.p.309.

Nelle ipotesi di restituzione del prezzo o del profitto di cui all’art. 444, comma 1-ter, pertanto, l’imputato è obbligato a restituire ciò che l’amministrazione ha perso per effetto della sua condotta. Il giudice non è chiamato, invece, a calcolare il pregiudizio non patrimoniale subìto dall’amministrazione, né l’imputato è tenuto a ristorarlo per accedere al rito alternativo. La restituzione in discorso è tesa ad elidere le conseguenze dannose del reato ed è, quindi,

inerente al c.d. danno criminale310. In ciò sta la sostanziale identità

di contenuti tra restituzione e confisca, che sfocia nella medesima

destinazione delle somme restituite al patrimonio dello Stato311.

308Così D. VIGONI, Patteggiamento e delitti contro la p. a. nella l. 27 maggio 2015, n. 69: gli effetti di chiaroscuro della riforma, in www.lalegislazionepenale.eu, 11 gennaio 2016.

309 Così TRAPELLA, Il patteggiamento nei giudizi per reati corruttivi, in Processo penale e giustizia, n. 1, 2016, p.146.

310Intendendosi per danno criminale l’offesa necessaria per l’esistenza del reato, vale

a dire la lesione o la messa in pericolo del bene giuridico. L’esempio tipico per una fruibile distinzione tra danno civile e criminale è quello delle lesioni personali: in tal caso l’offesa tipica è la lesione dell’integrità fisica, il danno risarcibile è rappresentato dalle perdite patrimoniale (spese per cure, mancati guadagni), dal pregiudizio alla salute e dalle sofferenze patite dalla vittima. Cfr. Codice penale, Rassegna di giurisprudenza e dottrina, (a cura di) G. LATTANZI-E. LUPO,Vol. V, Milano, Giuffrè, 2010 p. 763.

311D. VIGONI,Patteggiamento e delitti contro la p. a. nella l. 27 maggio 2015, n. 69: gli effetti di chiaroscuro della riforma, in www.lalegislazionepenale.eu, 11 gennaio 2016. A tal proposito è interessante segnalare un contrasto in giurisprudenza circa la necessità di costituzione di parte civile quale presupposto per l’adempimento dell’obbligo delle restituzioni delle somme di denaro illegittimamente percepite in

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Il riferimento alla restituzione correlato al prezzo e al profitto, d’altra parte, pare assorbire soltanto le ipotesi in cui vi sia stato un corrispettivo – e non solo la promessa di denaro o altra utilità – che abbia valore e sia valutabile sul piano economico: si verrebbe così ad escludere il rilievo dell’impegno restitutorio quando l’utilità o il vantaggio conseguiti non abbiano una connotazione economica perché si tratta di favori non monetizzabili o perché quanto indebitamene percepito o conseguito non è qualificabile o quantificabile sotto il profilo materiale. La restituzione che implica la determinazione del prezzo o del profitto da parte dell’organo inquirente, deve essere “integrale”: questa induce, in primo luogo, a

relazione al fatto criminoso. Secondo un primo indirizzo (Cass. pen., Sez. II, 18 dicembre 2013, n. 3958, in Cass. pen. 10, 2014, p. 3188.), in difetto di costituzione della parte civile, il giudice non può subordinare la sospensione della pena alle restituzioni di beni conseguiti per effetto del reato, poiché queste come il risarcimento, riguardano il danno civile e non anche il danno criminale, che si identifica con le conseguenze di tipo pubblicistico che ineriscono alla lesione o alla messa in pericolo del bene giuridico tutelato dalla norma penale e che assumono rilievo, a norma dell’art. 165 c.p., solo se i loro effetti non sono ancora cessati. Le ragioni poste a fondamento di questo orientamento sono, anzitutto, che il sistema normativo collega sempre la locuzione «risarcimento danno e obbligo di restituzioni» alle pretese della parte civile, sicché non v’è motivo per ritenere che l’espressione «adempimento dell’obbligo delle restituzioni, pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno», di cui all’art. 165 comma 1, prima parte, c.p., non si riferisca alle restituzioni a favore della costituita parte civile, poiché ove l’inciso «adempimento dell’obbligo delle restituzioni» fosse fatto coincidere con quello di cui all’art. 165, comma 1, seconda parte, c.p. («eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato»), si darebbe vita ad una inutile duplicazione della norma, attribuendo alla seconda previsione un significato del tutto superfluo. Si ha allora che, secondo l’orientamento in esame, «una cosa è l’obbligo di restituzione a favore della parte civile (che rientra nel danno civilistico) altra e diversa cosa è l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato (c.d. danno criminale).

Questo indirizzo interpretativo si pone in contrasto con un altro filone giurisprudenziale (Cass. pen., sez III, 24 giugno 2014, n. 1324/15, Volturno; nel caso di specie il fatto criminoso era stato integrato dall’omesso versamento all’ente previdenziale delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni da questo corrisposte ai propri dipendenti) che include le restituzioni nelle condotte di eliminazioni delle conseguenze dannose del reato e, conseguentemente, ritiene legittima la subordinazione della concessione della sospensione della pena all’adempimento degli obblighi restitutori. Le restituzioni in tal caso assolvono alla funzione d’impedire la prosecuzione della situazione danno posta in essere dall’imputato con la sua azione illecita, accertata in modo definitivo dalla sentenza di condanna, e in ultima analisi, al reinserimento sociale del reo motivandolo a comportamenti sintomatici di una maggiore socialità.

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ipotizzare la possibilità che, come per la confisca, si prefiguri anche una restituzione per equivalente ossia per un valore corrispondente al prezzo o profitto del reato in chiave surrogatoria quando non sia

possibile la confisca ordinaria312. Tale previsione porta a intravedere

nella novella del 2015, quale meta essenziale, il recupero coattivo del lucro illecito ottenuto dai funzionari pubblici, un obiettivo che è in grado di condizionare l’operatività di diversi istituti di favore per

il reo313, tra i quali appunto il patteggiamento e la sospensione

condizionale della pena. Non solo, ma la previsione della restituzione ex ante dei profitti illeciti che potrebbero essere oggetto di confisca ex post, risponde all’esigenza di garantire la sottrazione

di quest’ultimi anche in mancanza di una sentenza di condanna314.

A questo scopo ben si presta il rito del patteggiamento che mostra ancora una volta le sue possibilità operative in un regime differenziato e attraverso limiti calibrati in base ai reati per cui si procede. Tanto è vero che il patteggiamento era preordinato alla medesima finalità di recupero anche altrove, ovvero nel caso dell’integrale pagamento degli importi dovuti e del ravvedimento operoso specificamente previsto per i delitti in materia tributaria dall’art. 13-bis, comma 2, d. lgs. n.74/2000. In quel caso la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità di tale disposizione, ebbe a dire come una norma che imponga oneri

312 Cfr. D. VIGONI, Patteggiamento e delitti contro la p. a. nella l. 27 maggio 2015, n. 69: gli effetti di chiaroscuro della riforma, in www.lalegislazionepenale.eu, 11 gennaio 2016. La confisca per equivalente può ricadere pertanto anche su beni che non hanno alcun collegamento diretto con il singolo reato, di talché si intuisce che lo stesso valga anche per la restituzione. La ratio di tale misura è stata rinvenuta nella sua capacità dissuasiva e disincentivante la commissione dei reati per i quali è prevista. Cfr. Codice penale commentato, a cura di E. DOLCINI, G. L. GATTA, cit., p. 425.

313 Cfr. V. MONGILLO, Le riforme in materia di contrasto alla corruzione introdotte dalla legge n. 69 del 2015, cit., p. 8.

314 La necessità di “forme di alleggerimento dell’onere della prova” dell’origine illecita,

se non di inversione dell’onere della prova, è stata prospettata da MAUGERI, Confisca

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patrimoniali per il raggiungimento di determinati fini possa essere ritenuta costituzionalmente illegittima soltanto qualora si comprometta un diritto garantito a tutti dalla Costituzione, ovvero quando gli oneri imposti non risultino giustificati da ragioni connesse a circostanze obiettive, così da determinare irragionevoli situazioni di vantaggio o svantaggio315, circostanze che non ricorrevano per la Corte nel caso di specie.

In particolare, la Corte ha osservato che con riguardo ai reati tributari vi è di regola […] una diretta correlazione tra entità del danno cagionato e potenzialità economiche del reo […] posto che il profitto conseguente al reato corrisponde all’imposta sottratta al fisco.

È stato osservato316, tuttavia, come proprio tale ultima

argomentazione determina l’inapplicabilità dei ragionamenti svolti dalla Corte Costituzionale agli istituti di nuovo conio introdotti dalla legge n. 69 del 2015. In questi ultimi casi, infatti, può anche mancare una correlazione fra prezzo e profitto del reato e il danno patrimoniale causato alla pubblica amministrazione di riferimento. Si dia il caso del richiamo integrale agli artt. 319 quater e 322 bis c.p. che determinano l’applicabilità di tale limitazione sia al “privato indotto”, sia al “privato corruttore internazionale”. In questi casi – oltre agli evidenti profili di irragionevolezza – nei confronti di questi due ultimi soggetti non sempre è possibile sostenere l’esistenza di una corrispondenza tra la dazione di denaro – o dell’altra utilità – e il prezzo o il profitto ottenuto dal reato, soprattutto nei casi in cui la

315Corte cost. sent. 14 maggio 2015 -28 maggio 2015, n. 95 in

www.cortecostituzionale.it

316 Cfr. G. DOMENICONI, Alcune osservazioni in merito alle modifiche apportate dalla legge n. 69/2015 alla disciplina dei delitti dei pubblici ufficiale contro la pubblica amministrazione, in www.penalecontemporaneo.it, 21 gennaio 2016.

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corresponsione effettuata non sia rivolta al compimento di un atto da cui scaturiscano utilità di natura scricto sensu patrimoniale. Tali circostanze, combinate al fatto che la Corte di Cassazione ha affermato che “in caso di concorso di persone nel reato, l’integrale risarcimento del danno da parte di uno dei computati non importa l’automatica applicazione della relativa attenuante […] anche agli altri coimputati”317, dovrebbero determinare l’inapplicabilità delle

argomentazioni svolte nella sentenza n. 95 del 2015 della Corte

Costituzionale alle nuove disposizioni oggetto di analisi318.

Sicuramente nel caso del recupero dei profitti frutto dei reati corruttivi è altresì presente una volontà oltreché recuperatoria anche sanzionatoria del legislatore. In ogni caso, può non osservarsi come il patteggiamento costituisca un congegno indispensabile alla gestione dei carichi giudiziari, e il problema che si pone al legislatore e se mantenere gli attuali requisiti di accesso al rito e i vantaggi che ne derivano o se, invece individuare nuovi e più stringenti elementi costitutivi dell’accordo sulla pena con il pericolo, però, di disincentivare le iniziative difensive volte a definire anticipatamente il giudizio secondo gli artt. 444 ss. c.p.p.

L’attuale disciplina non è destinata a mutare neppure in vista del

d.d.l. C2798, approvato alla Camera il 23 settembre 2015319, che non

ha centrato l’obiettivo di intervento per una razionalizzazione dell’istituto e quindi di riduzione da cinque a tre anni della soglia di

317 Cfr. Cass., Sez. Un., 22 gennaio 2009, n. 5941, in Riv. It. Dir.e Proc. Pen., 2009, p.

1483, con nota critica di G. CIVELLO, Sulla "comunicabilità" della circostanza attenuante del risarcimento del danno ex art. 62, n. 6, c.p. ai concorrenti nel reato.

318 Cfr. G. DOMENICONI, Alcune osservazioni in merito alle modifiche apportate dalla legge n. 69/2015 alla disciplina dei delitti dei pubblici ufficiale contro la pubblica amministrazione, in www.penalecontemporaneo.it, 21 gennaio 2016.

319 Recante “Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il

rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi nonché all'ordinamento penitenziario per l'effettività rieducativa della pena”, oggi in discussione al Senato, con numero S2067.

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pena in concreto, al netto della riduzione, prevista per l’accesso al rito, con la conseguente eliminazione del patteggiamento