CAPITOLO IV LA CONTABILITÁ AMBIENTALE COME STRUMENTO DI VALUTAZIONE DELLE POLITICHE AMBIENTAL
CONTESTO NAZIONALE
4.3 CONTABILITÀ AMBIENTALE DI TIPO MONETARIO
4.3.1VALUTAZIONE ECONOMICA DEL DANNO AMBIENTALE
Le metodologie di valutazione sono state sviluppate dall’economia del benessere inizialmente allo “scopo di confrontare ex ante tutti quei costi e benefici sociali che esulano dai ristretti ambiti dell’analisi finanziaria (basata esclusivamente sui costi e i benefici privati)” (Bognetti, Moretti e Rimini; 1994, pag. 179) e che si debbono considerare nel momento di prendere decisioni su progetti
pubblici. Alcune risorse sono oggetto di scambi di mercato e per esse è relativamente semplice
ricavare il valore del danno subito: oltre all’eventuale diminuzione quantitativa derivante dall’impatto dell’agente inquinante, si può fare riferimento alla riduzione del prezzo del bene in seguito alla sua contaminazione per stimare la misura del deterioramento. In questi casi, quindi, è direttamente il mercato a fornire un valido aiuto per la valutazione. In altre situazioni l’ausilio è mediato, in quanto la risorsa è un input per la produzione di un bene scambiato (si pensi all’acqua che è un fattore delle colture irrigue). Per l’utilizzo di tale metodo deve essere possibile ricavare una relazione tra quantità o qualità dell’input e livello di output ed anche una funzione per verificare come i costi di produzione siano influenzati da disponibilità e condizione del fattore; è quindi il lato dell’offerta, cioè le imprese con il loro comportamento, a dare le informazioni per questa tecnica
Uno dei metodi cui si ricorre per la quantificazione economica del danno può avvenire attraverso l’attribuzione del prezzo/utilità delle risorse ambientali che è dato da un insieme di possibili utilità offerte dalla risorsa stessa: il cosiddetto Valore Economico Totale (VET) (cfr. § 3.3).
Alcune delle utilità delle risorse ambientali sfuggono al mercato e quindi sono privi di un valore/prezzo ed è pertanto necessario usare altri metodi per monetizzare i loro servizi e le loro
variazioni quantitative e qualitative31.
Gli economisti, come asseriva Pigou (1920)32, erano prevalentemente interessati ai beni il cui valore
può essere espresso in termini monetari, mentre gli altri beni seppur in grado di aumentare il benessere vengono trascurati. È con l’economista Marshall (1881) che al valore d’uso viene riconosciuto un ruolo rilevante attraverso l’introduzione del concetto di rendita (surplus) del consumatore o del produttore che rappresenta proprio la differenza tra il valore d’uso/aspettativa di ricevere e valore di scambio. La rendita dunque fornisce la misura dei benefici netti in base alla disponibilità a pagare (WTP) dei consumatori per fruire di quel bene (Troiano S., 1996).
Il concetto di surplus del consumatore è stato successivamente sottoposto ad analisi da Hicks precisando le modificazioni da esso subite al variare del reddito dello stesso consumatore.
Nel caso dei beni ambientali non esistendo un valore di mercato, i benefici saranno dati dalla rendita individuata dalle relative curve di domanda (fig.4.6)
In definitiva i metodi di valutazione dei beni ambientali creati su tali basi puntano alla costruzione delle curve di domanda determinate da tecniche dirette o indirette, surplus del consumatore o disponibilità a pagare (WTP) o ad accettare (WTA) una somma di denaro per fruire o rinunciare ad un determinato servizio. L’efficacia dei metodi di valutazione diretti ossia dei Contingent Valuation
(CV)33, basati su questionari, interviste personali ecc, può vacillare in base alla veridicità delle
risposte raccolte nonché delle tecniche usate per la costruzione dei questionari e la realizzazione delle interviste. Lo scopo del metodo di valutazione contingente è quello di stimare il benessere sociale dato dalla fruizione/utilizzo della risorsa ambientale corrispondente al surplus del consumatore (cosumer surplus). Qualora, ad esempio sia imposto un prezzo per fruire di una risorsa ambientale come ad esempio la visita ad un parco naturale (ossia dal punto di vista economico la
31 Tali tecniche sono classificabili in metodi diretti e indiretti. I primi costituiscono i cosiddetti approcci delle curve di domanda, in quanto permettono di ottenere relazioni fra “prezzo” e quantità di una risorsa ambientale, collegandola all’acquisto e all’uso di beni di diversa natura, facilmente quantificabili ed aventi una connessione con essa o simulando l’esistenza di mercati, chiedendo direttamente agli intervistati, attraverso sofisticati sondaggi, le loro valutazioni per la ricchezza ecologica in questione [Bresso; 1993]. Le procedure indirette invece, non riescono a fornire un’informazione per misurare il benessere, non giungono a ricavare curve di domanda ed ignorano totalmente i valori di opzione e di esistenza, ma “cercano di valutare l’ambiente facendo riferimento a valutazioni di mercato in qualche modo dipendenti dalla qualità dell’ambiente stesso” [Musu; 2000, pag.62].
32 Pigou A.C. (1920) The Economics of Welfare 33
La valutazione contingente è un approccio diretto che ha lo scopo di monetizzare il valore di beni ambientali con la creazione di mercati ipotetici mediante interviste e altre tecniche sperimentali: l’elemento di novità di un simile metodo è costituito dall’inclusione nell’analisi del contesto istituzionale nel quale il bene/servizio è fornito o tutelato e il modo in cui viene finanziata l’operazione [Turner e Pearce; 1991]. Questa tecnica ha il grande vantaggio di permettere di valutare, diversamente da ogni altro approccio, anche il valore di opzione e di esistenza. Agli intervistati, che costituiscono il campione di riferimento, viene chiesto quale sia la loro massima disponibilità a pagare per un certo bene ambientale o la minima
funzione di offerta è rigida poiché il prezzo è fissato), si definisce la quantità del numero di ingressi o visite effettuate. L’area sottesa tra il prezzo e la quantità definisce i ricavi (net rent) il surplus del consumatore si stabilisce nel momento in cui l’intervistato dichiara, secondo un principio di razionalità, che il valore attribuito all’esperienza che andrà a condurre nell’area è almeno pari al prezzo pagato, ma può essere superiore.
Figura 4.6 – Funzione di domanda e offerta, surplus del consumatore
Fonte: Costanza et al, 1997
La disponibilità a pagare può essere definita anche mediante tecniche indirette che permettono la stima almeno di parte dei benefici che possono scaturire dalle risorse ambientali.
Un altro approccio al problema consiste nel considerare il costo-opportunità, che rappresenta, il costo della rinuncia derivante da un uso alternativo, rispetto a quello ottimale, del bene e quindi stima la perdita dei benefici monetari/guadagni conseguente all’imposizione di un vincolo. Il valore economico minimo del bene è stimato pari proprio ai mancati guadagni che ne conseguono ossia alle rinunce attualizzate.
La sua utilità per l’analisi delle conseguenze su siti aventi un equilibrio ecosistemico particolarmente fragile deve quindi prevedere una stima dei danni emergenti piuttosto che del mancato lucro. È intuibile che non tutti i benefici o i danni sono monetizzabili e che quindi il costo- opportunità fornisce spesso solo il valore minimo dell’utilità ritraibile del bene.
Un altro metodo di stima indiretto è il travel cost creato da Clawson che mira alla costruzione della curva di domanda analizzando i costi di trasporto (carburante, alimenti, pedaggi, tariffe d’ingresso ecc.) sostenuti per raggiungere una certa zona presumendo che esso sia un buon indicatore della disponibilità a pagare da parte degli utenti per fruire della stessa.
In particolare il numero delle visite effettuate verso un certo luogo che possono dipendere anche dai costi di trasporto, indicherebbe il valore del bene attribuito al bene ambientale o paesaggistico
(Tempesta, 1997). Uno dei limiti di questa tecnica è che non può essere applicato a quelle zone in situate in prossimità di aree popolate e che trascura il tempi di viaggio. La curva di domanda può
essere costruita anche con l’hedonic price34 che si basa sul prezzo che il bene immobile ha in
presenza di certe componenti ambientali o paesaggistiche piuttosto che in loro assenza (Zeppetella et al, 1992). Poiché si ritiene che il costo delle abitazioni sia influenzato da vari fattori, quali il numero di vani, la prossimità ai luoghi di lavoro, i metri quadrati e la qualità ambientale della zona, si può ottenere, tramite una regressione multipla, una stima (in termini percentuali del prezzo degli immobili) dei cambiamenti di valore dovuti solamente a differenze nell’ultima variabile sopraindicata (Stefano Pagiola, Konrad von Ritter, Joshua Bishop, 2004)
Risulta palese in questo metodo la difficoltà nell’isolare il valore dell’immobile attribuibile all’ambiente o al paesaggio data anche la scarsa trasparenza dello stesso mercato (Tempesta, 1997). Le procedure indirette di valutazione dell’ambiente come l’hedonic price e il travel cost non riescono a fornire un’informazione per misurare il benessere, non giungono a ricavare curve di domanda ed ignorano totalmente i valori di opzione e di esistenza, ma “cercano di valutare l’ambiente facendo riferimento a valutazioni di mercato in qualche modo dipendenti dalla qualità dell’ambiente stesso” (Musu; 2000, pag.62). Ciò nonostante danno ugualmente indicazioni utili ai
decision makers.
Tra i metodi estimativi il più utilizzato è quello basato sul valore di mercato del bene che non sempre è possibile ricavare nel caso dei beni ambientali poiché la maggior parte di essi si colloca al di fuori del mercato. È improbabile anche valutare il valore di surrogazione dato che il più delle volte è impossibile trovare sul mercato beni che abbiano anche solo una qualche affinità con quelli qui considerati. Porta alle stesse conclusioni il discorso fondato sul valore di trasformazione dal momento che è tutt’altro che agevole tentare di costruire il valore di tali beni in base ad una probabile loro trasformazione.
Altro metodo di stima tipico della disciplina estimativa è quello che si basa sulla determinazione del
costo. Per le risorse ambientali si parte dalla considerazione che non tutte le attività/servizi forniti
sono remunerati come ad esempio, le ricadute sulla tutela del paesaggio indotte dalle attività agricole (potatura cespugli, pulizia fossi...). In questi casi la valutazione non può avvenire considerando la remunerazione effettiva ma piuttosto sui costi sostenuti per porle in essere.
34 “Con questo nome si indicano le indagini tese a separare nei valori rilevati sui mercati immobiliari, la parte del prezzo di un immobile che è da attribuire alle sue qualità ambientali, oppure a stimare la somma che i cittadini sono a disposti a pagare per migliorare la qualità dell’ambiente in cui
Tabella 4.6 – I metodi di valutazione monetaria dell’ambiente
Tipo di
valutazione Unità di misura Metodo di valutazione Curva di domanda
Non monetaria Parametri tecnici Valutazione di impatto ambientale
(analisi multiattributo o multicriteri)
Curve di domanda non ottenibili
Monetaria
Valori convenzionali Coeff. tecnici applicati a prezzi di mercato
Curve di domanda non ottenibili Prezzi di mercato (estimo
tradizionale)
Valore di produzione Valore complementare Valore di surrogazione Valore di trasformazione
Curve di domanda non ottenibili Surplus
del consumatore
Indiretti
Costo di viaggio (TCM) Curve di domanda non compensate (marshalliane) Surplus
del
consumatore come misura del benessere
Indiretti Metodo edonimetrico (HP) Curve di domanda non compensate (marshalliane)
Misura del benessere Diretto Valutazione contingente (CVM)
Curve di domanda compensate con il reddito (hicksiane) Fonte: elaborato da Stellin G., Rosato. R., 2002
Il vasto argomento delle funzioni e dei servizi degli ecosistemi dunque, sono oggetto, da tempo, delle ricerche nell’ambito di diverse discipline (Costanza R., 1997.; de Groot R., 1992; Daly G.; 1997) nelle quali emerge la necessità di ricorrere a metodologie valutative di tipo economico per quantificare la perdita della biodiversità nonché dei servizi ecosistemici ad essa connessi. Farber et. al (2002) definiscono la valutazione come “the process of expressing a value for a particular action
or object. In the current context, ecosystem valuation represents the process of expressing a value for ecosystem goods or services (i.e. biodiversity, flood protection, recreational opportunity), thereby providing the opportunity for scientific observation and measurement”
Tuttavia per valutare i beni e servizi ambientali oltre che al valore economico (esaminato in precedenza) si può ricorrere al valore ecologico e al valore socio culturale. Il primo è strettamente connesso alla capacità del sistema di produrre beni e servizi determinata dall’integrità delle funzioni di regolazione e habitat, capacità di recupero e resistenza; il secondo tipo di valore è connesso alle funzioni di tipo culturale, educativo e scientifico che contribuiscono alla crescita del benessere immateriale. La tabella 4.7 illustra i metodi di valutazione economici (diretti ed indiretti) più comunemente utilizzati per stimare il valore delle funzioni ecosistemiche.
Il mercato diretto principalmente utilizzato per la valutazione delle funzioni produttive (Farber et al. 2002), viene anche impiegato per la valutazione dei servizi ecosistemici inerenti la scienza ed educazione oltre che la regolazione. Mentre, attraverso le tecniche di mercato indiretto come la valutazione contingente e il metodo del prezzo edonico, è stimato il valore che la società attribuisce a un bene/servizio che non ha un prezzo di mercato (Mitchell e Carson 1989).
Tabella 4.7– Metodi di stima delle funzioni e servizi eco sistemici, espressi in $
Fonte: Nunes P. A.L.D., van den Bergh J. C.J.M., 2001
4.3.2RICLASSIFICAZIONE DELLA SPESA
Il concetto di spesa difensiva è stato oggetto di numerosi studi nella letteratura ambientale, come testimonia l’esistenza di varie definizioni e classificazioni alternative di questa nozione. Tra le
prime definizione di spesa difensiva vi è quella fornita da Leipert e Simonis (1991): “expenditures
to cure and mitigate, or to anticipate and prevent the damages the economic process in industrial societes caused, or causes, to the environmental and living conditions in general”. Sebbene le stime
empiriche di questo fenomeno non siano sempre conclusive, alcuni studi hanno argomentato che il ricorso alle attività protettive appare assai diffuso nelle economie moderne al punto che le spese difensive ambientali rappresenterebbero nel loro insieme una voce assai rilevante del Prodotto
Interno Lordo di un paese35. L’importanza del concetto di spesa difensiva è anche tale che ad essa si
fa riferimento tra i metodi di valutazione delle risorse ambientali, andando a valutare la spesa, sostenuta dai diversi agenti presenti sul territorio, necessaria per il mantenimento di un determinato standard qualitativo dell’ambiente. Una definizione di spesa difensiva fornita dalle Nazioni Unite (1993) è quella che considera “the actual environmental protection costs involved in preventing or
neutralizing a decrease in environmental quality, as well as the actual expenditures that are necessary to compensate for or to repair the negative impacts of an actually deteriorated environment”.
35 Si sottolinea al riguardo che tali spese nel calcolo del PIL entrano come prodotti finali portando ad una sopravvalutazione della ricchezza di una nazione. Paradossalmente il PIL aumenta se un disastro naturale trasforma ed impoverisce un territorio e il governo interviene con risorse per riparare i danni; da ciò consegue che gli acquisti finalizzati alla difesa ambientale andrebbero detratti dal
Un’altra definizione è consigliata dall’OCSE, per cui la spesa difensiva ambientale viene intesa come “costo difensivo o preventivo sostenuto per ridurre il danno causato da un impatto
ambientale negativo”, costo che può essere considerato una stima minima dei benefici della
riduzione del danno36. Anche l’UNEP fornisce un contributo al tema della spesa ambientale
sottolineando l’importanza di agire attraverso una adeguata allocazione delle spese difensive per evitare il danno o ridurre l'inquinamento ambientale ed i problemi di degrado e proponendo l’utilizzo del bilancio d’esercizio come strumento per monitorare l’allocazione delle risorse in modo coerente con la politica e l’impegno verso lo sviluppo sostenibile. Nel 1999 le Nazioni Unite proposero un primo sistema di contabilità ambientale denominato SEEA (Sistemi Integrati di
Contabilità Ambientale ed Economica)37 in cui si proponeva un sistema di contabilità integrato con
i tradizionali conti tradizionali. Il SEEA 1993 ha rappresentato il primo manuale internazionale sulla contabilità ambientale e la sua preparazione ha dimostrato un forte interesse da parte della comunità internazionale nell’adozione di sistemi di tipo contabile ambientale necessari per integrare l’ambiente nella contabilità nazionale nell’ottica di uno sviluppo sostenibile (Smith R, 2007). Questo lavoro pionieristico non sarebbe stato possibile senza il sostegno e l’impegno di alcuni paesi nella preparazione di un loro proprio set di conti ambientali tra gli anni 1970 e 1980. Tra questi primi sforzi nazionali sono stati quelli della Norvegia (Alfsen et al., 1987; Alfsen e Graeker, 2007 e la Francia (Theys, 1989). Il sistema contabile SEEA comprende un insieme di conti satellite in termini monetari e in termini fisici, degli stock e dei flussi di risorse naturali e di inquinanti che vengono abitualmente scambiati tra il sistema economico e l’ambiente. Lo schema del SEEA adottato per la Norvegia (Alfsen K. H., Greaker M., 2007) è riportato in tabella 4.8
Come si evince i conti sono stati suddivisi in unità fisiche ed in particolare per quanto riguarda le
risorse materiali, si suddividono in 1) conti di riserve38 (capitale), 2) conti di estrazione,
trasformazione e commercio, e 3) conti di uso finale delle risorse.
Tabella 4.8 – Struttura del sistema contabile riferito alle risorse materiali