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CAPITOLO III LA CONSERVAZIONE DELLA BIODIVERSITÁ NELLE POLITICHE AMBIENTAL

3.2 I MECCANISMI DI PROTEZIONE BASATI SUL MERCATO

L’amministrazione pubblica può porre rimedio alle esternalità vietando o rendendo obbligatori specifici comportamenti (fig. 3.1). Per esempio scaricare rifiuti tossici nelle falde acquifere è un reato, in questo caso il costo esterno per la società eccede di gran lunga il beneficio per l’inquinatore e quindi il governo istituisce norme e controlli per controllare tale comportamento. Per assicurare una gestione più efficiente dei servizi ambientali all’interno di un sistema di mercato e per rimediare all’inefficienza che deriva da un’esternalità, la politica di protezione ambientale può essere attuata in diversi modi mediante (Turner e Pearce, 1994):

1. un approccio basato su strumenti economici come imposte ed oneri.

I mercati di concorrenza perfetta vengono modificati in quanto si decide a livello centrale il valore dei servizi ambientali e ci si assicura che questi valori siano inclusi nei prezzi dei beni e dei servizi attraverso l’uso di imposte e sussidi. Questo sistema di oneri e di imposte consente ad un inquinatore di scegliere come adeguarsi allo standard di qualità ambientale. Gli inquinatori con alti costi di riduzione dell’inquinamento preferiranno versare l’imposta, mentre quelli con bassi costi di riduzione preferiranno installare impianti adeguati allo scopo;

2. un approccio normativo diretto (“Comando e Controllo”) che implica la fissazione di standard ambientali (per esempio per la qualità dell’aria o dell’acqua) mediante strumenti legislativi e senza il sussidio di strumenti di mercato;

3. un sistema che agisce sui diritti di proprietà nelle risorse in cui viene abbandonato l’intervento dello Stato (mediante imposte, sovvenzioni, o fissazioni di standard) a favore della contrattazione di mercato sostenuta da opportuni diritti di proprietà per conseguire il livello socialmente ottimale di inquinamento (Teorema di Coase).

Gli strumenti economici possono essere di due tipi:

a) un intervento diretto sui prezzi di mercato dei beni o sui costi di produzione; b) un intervento indiretto sui prezzi o sui costi mediante strumenti finanziari o fiscali.

Una modifica diretta dei livelli dei prezzi e dei costi sono, ad esempio, le imposte sui prodotti (tasse di produzione) o sui processi (tasse di emissione, oneri sugli input), oppure i sistemi di rimborso dei depositi. Questi ultimi consistono nel diritto del consumatore ad essere rimborsato se il prodotto di scarto (per esempio contenitore di bevande) viene restituito al venditore (punto di riciclaggio/reimpiego).

Un esempio di oneri sugli input (sui materiali) è l’imposta che potrebbe essere applicata alle materie prime usate per l’imballaggio di prodotti. L’ammontare del prelievo dovrebbe essere stabilito in relazione diretta al danno ambientale causato dalla produzione e dal consumo dell’imballaggio.

Figura 3.1 - Schema riassuntivo degli interventi per correggere il fallimento del mercato

Fonte: Turner e Pearce, 1994

Un’imposta sulla produzione, al contrario, è un’imposta sull’output, cioè sullo stesso prodotto finale di imballaggio, il cui valore dovrebbe essere determinato in relazione all’impatto potenziale dello smaltimento dei rifiuti e dell’inquinamento. I prodotti realizzati con materiali riciclati potrebbero essere esentati, mentre quelli costituiti solo in parte da materiali riciclati potrebbero essere soggetti ad un’imposta meno gravosa.

Una modifica indiretta, invece, avviene quando, ad esempio, vengono istituiti sussidi diretti e incentivi creditizi o fiscali per favorire l’adozione di tecnologie pulite.

Lo strumento scelto deve essere equilibrato, amministrativamente attuabile, affidabile e deve fornire incentivi dinamici e continui al miglioramento.

3.3L’ECONOMIADELBENESSEREATTRAVERSOL’ISTITUZIONEDEIPARCHI

NAZIONALI

L’intervento pubblico nel campo della gestione delle risorse naturali trova una motivazione economica in tutti i casi in cui il mercato non è in grado di garantire un utilizzo corretto ed efficiente. Si tratta dei fallimenti di mercato (cfr § 1.3) che possono essere ricondotti essenzialmente a cinque caratteristiche principali:

• beni pubblici;

• irriproducibilità delle risorse;

• monopoli;

• selezione avversa e rischio morale.

Qualora vi sia una di queste problematiche l’intervento pubblico diviene necessario per correggere l’inefficienza del mercato con diversi strumenti (cfr § 3.2). Inoltre, come già descritto precedentemente, accanto ai fallimenti di mercato è possibile distinguere anche i fallimenti dell’intervento pubblico che si manifestano quando l’azione pubblica non comporta automaticamente un miglioramento della gestione delle risorse rispetto al mercato.

Le aree naturali protette e nello specifico i parchi nazionali, nascono dall’esigenza della tutela e

protezione del territorio che, nell’accezione della teoria economica, costituisce un bene pubblico13

altrimenti non garantito dai funzionamento del mercato.

Nell’ottica del raggiungimento di efficienza del mercato (cfr §1.3) da parte dell’intervento pubblico si dovrebbe stimare la domanda di protezione dell’ambiente attraverso la disponibilità a pagare collettiva per le diverse dimensioni della protezione e l’offerta di protezione ambientale rappresentata dal costo di protezione in termini di opportunità di sviluppo produttivo delle risorse territoriali non realizzate.

Tra i diversi strumenti economici per correggere il fallimento del mercato, il parco diventa espressione dell’approccio normativo diretto di “comando e controllo” alla politica ambientale. In relazione alle diseconomie esterne è stato osservato che i parchi «intendono tutelare e conservare

risorse il cui sacrificio ciascun soggetto economico preso singolarmente non considera nei propri costi. E’ significativo l’esempio di chi costruisce una casa in zone di interesse paesistico: il costo della deturpazione possibile del paesaggio costituisce una diseconomia esterna per la collettività che non rientra tra le valutazioni del singolo in esame» (Magnani, 1974, pp. 205 e segg). Quanto

all’allocazione intertemporale delle risorse naturali, esse non sono riproducibili nel tempo, a differenza di altre risorse la cui offerta può essere aumentata in conseguenza del progresso tecnologico.

A causa di questi problemi occorre che l’operatore pubblico intervenga per definire chiare priorità nella destinazione d’uso delle aree, oppure che provveda a valutare la domanda dei cittadini nei confronti di queste aree, ovvero la disponibilità a pagare per i servizi da esse forniti. Attualmente sono le leggi istitutive dei parchi a provvedere a definire le destinazioni d’uso. Quest’ultime provvedono a varie funzioni o possibilità d’uso:

13 I beni pubblici sono un esempio particolare di esternalità del consumo (Varian 1989), che risulta problematico perché il mercato non consente un’allocazione efficiente di tali beni. Un bene pubblico infatti appartiene alla collettività nel suo complesso e non è possibile escludere qualcuno dalla sua fruizione. Alcuni beni pubblici, a differenza di quelli privati, presentano le caratteristiche di consumo congiunto e di non esclusione.

• conservazione di risorse di speciale interesse ecologico, geomorfologico ed estetico;

• fruizione pubblica o collettiva a fini ricreativi, culturali, educativi, ecc.;

• costituzione di ambiti privilegiati per la ricerca scientifica;

• promozione dello sviluppo economico e sociale delle comunità interessate.

Tra le finalità istitutive dei parchi figura quindi non solo la conservazione, la tutela e il ripristino degli ecosistemi naturali, ma anche la fruizione pubblica a fini ricreativi, la ricerca scientifica e lo sviluppo economico e sociale delle località che gravitano nelle aree, per cui questi costituiscono non solo strumenti per la conservazione del capitale naturale ma anche per la promozione di nuove attività produttive compatibili con la conservazione. Queste finalità sono collegate a quelle più generali perseguite dall’operatore pubblico in relazione allo sviluppo economico sostenibile.

La valutazione delle funzioni ambientali e paesaggistiche dei parchi nazionali, dunque, si basa essenzialmente sull’assunto dell’economia neoclassica e dell’economia del benessere (cfr § 1.1.3). Il concetto di valore trova fondamento sugli ideali di sovranità e razionalità del consumatore in base ai quali ciascun individuo conosce in modo coerente ciò che soddisfa i propri bisogni ed è il decisore assoluto delle scelte che condizionano il suo livello di benessere attraverso l’espressione delle proprie preferenze. Le variazioni di benessere degli individui vengono interpretate dall’Economia del benessere come variazioni di utilità e in questo ambito Hicks nel 1944 propone delle misure che consentono di leggere le variazioni di utilità in termini monetari:

• Variazioni e surplus compensativi (VC) • Variazioni e surplus equivalenti (VE)

La variazione compensativa (figura 3.2) è calcolata rispetto al livello di benessere individuale

iniziale (Uo) mentre la variazione equivalente è definita rispetto a quello finale (U1). Se la

Variazione dell’offerta dei beni e servizi ambientali (da Q0 a Q1) produce un miglioramento del

benessere individuale, la variazione compensativa (VC) corrisponde alla massima disponibilità a pagare una determinata somma per assicurarsi quel miglioramento e alla minima disponibilità ad accettare una somma di denaro quale compensazione per rinunciare al previsto aumento di benessere. Se la variazione dell’offerta dei servizi ambientali produce un peggioramento del benessere individuale allora la variazione equivalente (VE) corrisponde alla massima disponibilità a pagare una somma di denaro per evitare quel peggioramento di benessere e alla minima disponibilità ad accettare una somma di denaro per essere compensati per il danno previsto.

Pertanto se si vuol valutare un intervento pubblico volto all’istituzione di un parco nazionale finalizzato a potenziare l’offerta dei servizi ambientali, secondo l’approccio dell’economia del

benessere, è necessario opportunamente misurare e confrontare i costi e i benefici dello stesso intervento pubblico.

Figura 3.2 – Misura della variazione di benessere

Fonte: Signorello G., 2006

Nell’economia del benessere le uniche misure che contano nel processo di scelta sociale sono dunque le preferenze individuali che sono caratterizzate dalla non sazietà (più è meglio) e dalla sostituibilità che rappresenta il pilastro della misura del valore in quanto stabilisce il trade-off nelle funzioni di utilità individuale.

L’analisi del trade-off ci mostra, infatti, come viene valutata l’offerta delle funzioni ambientali create dall’istituzione dei parchi nazionali e come viene percepita la modifica dei cambiamenti che essi comportano. La specificazione del valore economico individuale comporta inoltre che ci siano tanti valori quanti sono gli individui che compongono la comunità di riferimento. Per questo la valutazione economica adotta uno schema democratico cosiddetto botton-up che contrasta quello top-down come sintetizzato nella tabella 3.1.

Tabella 3.1 – Caratteristiche degli approcci gestionali top down e botton up

Top-down Botton up

Scarsa partecipazione da parte degli utenti Prevedere un più largo grado di partecipazione da parte degli utilizzatori delle risorse

I decisori sono designati dalla loro posizione attuale Idealmente tutti gli stakeholder sono rappresentati

Le decisioni e le informazioni sono decise a livello centrale I decisori sono identificati come una rete di interessi rappresentativi

Gli utenti sono esterni al sistema di gestione Il sistema si basa su una struttura che fornisce consigli al processo decisionale

Fonte: Adattato da Hanna, 1995

Al fine di garantire l’efficienza intertemporale nell’uso delle risorse naturali nell’ottica di uno sviluppo sostenibile è necessario adottare corretti sistemi di valutazione ambientale che tengano conto di tutte le esternalità presenti. In figura 3.3 si illustra una situazione che attesta l’importanza di una corretta valutazione ambientale per il raggiungimento di una sostenibilità intergenerazionale.

La curva rappresenta la frontiera delle possibilità di utilità tra due generazioni, con gusti e una dotazione di risorse e tecnologia definiti; senza una corretta valutazione ambientale, l’economia è, poniamo, nel punto inefficiente A; quando le esternalità ambientali sono calcolate e incorporate nel processo decisionale, e assumendo che non operino altre distorsioni, l’economia giunge al punto B dove l’efficienza è raggiunta a scapito della sostenibilità. Supponendo operante una forma di redistribuzione intergenerazionale, si arriva al punto A*, sostenibile ma inefficiente. Con la valutazione ambientale ci conduce al punto B*, sostenibile ed efficiente. I valori della risorsa ambientale derivati in A sono però diversi da quelli ottenuti in A* poiché i prezzi relativi e i tassi di sconto sono diversi nelle due situazioni. I punti efficienti e sostenibili del tratto di curva C*C possono essere raggiunti solo se disponiamo di una funzione di benessere sociale intertemporale.

Figura 3.3 – Sostenibilità versus efficienza

Fonte: Howard e Norgaard, 1992

In questo ambito il concetto di Valore Economico Totale (VET) è un tentativo di affrontare il problema della commensurabilità ambientale. In accordo con la teoria economica convenzionale, il valore dei beni ambientali è stimato basandosi sulle preferenze degli individui. Per ottenere una valutazione quanto più completa, gli economisti cercano di quantificare i valori d’uso e di non-uso di una risorsa. I primi sono collegati all’utilizzazione, alla fruizione (diretta o indiretta) di un bene ambientale; i secondi sono più complessi da rilevare e non sono associati ad un uso corrente o futuro del bene in questione.

Entrando nel particolare il valore economico totale di un parco nazionale è dato sia dai valori d’uso, che rappresentano la quantità di soddisfazione che è possibile trarre da un bene in ragione della sua diretta utilizzazione, sia dai valori di non uso che si riferiscono a valori non strumentali che appartengono alla natura reale delle cose, ma che non sono associati ad un uso effettivo, o anche solo all’opzione di usare il bene (Tabella 3.2).

Più nello specifico i valori d’uso derivano dall’utilizzazione effettiva dell’ambiente, a questi appartengono i valori d’uso reale ed i valori d’opzione, i primi sono dati dal valore dell’uso concreto della risorsa, i secondi sono quelli relativi all’espressione delle preferenze- disponibilità a pagare- nei riguardi della conservazione dei sistemi ambientali. I valori d’opzione si riferiscono al valore attuale rappresentante la probabilità (potenzialità), di poter utilizzate una certa risorsa nel futuro. Questa probabilità è valida per l’individuo (valori d’uso), per gli altri individui (valori d’uso indiretto), per i discendenti e per le generazioni future (valori d’uso ereditari). Il valore di non uso è dato dai valori di lascito o di ereditarietà (bequest value), e dai valori di esistenza. I primi esprimono la disponibilità a pagare da parte della popolazione per un potenziale uso futuro associabile alla conservazione attuale della risorsa. I secondi sono anche definiti valori intrinseci di un bene ambientale, non dipendono né dall’uso effettivo né potenziale della risorsa, essi includono interesse, simpatia, rispetto per i diritti o il benessere degli esseri non umani, e il cui valore non è in rapporto all’uso da parte degli uomini. Considerando l’option value (valori di opzione d’uso), e i

bequest value (valori di lascito o di ereditarietà), i parchi possono essere considerati come banche

per le “generazioni future”, anche se la misurazione dei benefici derivanti da entrambi questi valori sono difficilmente misurabili.

Tabella 3.2 – Classificazione IUCN dei benefici derivanti da un’area protetta

USE VALUES NON-USE

VALUES