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Contenuto e finalità della prima parte del Testo Unico sulla rappresentanza

Il TU 10 gennaio 2014. Misura e certificazione della rappresentanza sindacale

1. Contenuto e finalità della prima parte del Testo Unico sulla rappresentanza

Il c.d. Testo Unico sulla rappresentanza (d’ora in poi TUR) siglato il 10 gennaio 2014 tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil, ultimo tassello d’una lunga serie di accordi, più o meno lontani nel tempo, ambisce a porsi come la disciplina, complessiva e definitiva, della rappresentanza sindacale nel settore

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privato1. Esso, in particolare, oltre a dare attuazione al protocollo d’intesa del 31 maggio 2013, sistematizza, armonizzandole, le regole contenute negli accordi interconfederali 28 giugno 2011 e 20 dicembre 1993. Accordi – tutti questi – accomunati da una medesima, commendevole logica ispiratrice: conferire definitiva certezza e stabilità al nostro sistema di relazioni sindacali, identificando chiaramente gli attori collettivi, le procedure e gli esiti della negoziazione, spingendosi, da ultimo, fino alla previsione d’un significativo apparato sanzionatorio per la violazione delle regole in tal senso poste2.

Nella prima parte del TUR, che qui si commenta, è previsto un sistema di «misura e certificazione della rappresentanza ai fini della contrattazione collettiva nazionale di categoria», finalizzato a identificare – analogamente a quanto già da tempo accade nel pubblico impiego – i soggetti aventi diritto a partecipare alle trattative ed a sottoscrivere gli accordi, nell’ambito di procedure codificate e quindi finalmente certe e (si presume e si auspica) difficilmente controvertibili. Vengono riconosciuti, al riguardo due importanti principi:

1. una soglia di rappresentanza minima (pari al 5%) per aver diritto ad accedere alle trattative;

2. il consenso maggioritario per la validità dei contratti collettivi nazionali e aziendali: questi ultimi, cioè, possono essere conclusi solo con sindacati che, anche per sommatoria, rappresentino più della metà dei lavoratori, ovvero, a livello aziendale, dalla maggioranza dei membri della RSU (ove esista).

Dunque anche nell’impiego privato il sindacato si arrende alla demoscopia, assumendo a parametro della propria azione il successo e l’approvazione sociale quantificati secondo metodi predeterminati. La misurazione della rappresentanza sindacale avviene, infatti, mediante il calcolo della media tra il dato associativo (numero delle deleghe sindacali) ed il dato elettorale (voti espressi in sede di elezioni delle RSU).

Per quanto riguarda il dato associativo, l’accordo disciplina la delega sindacale ai soli fini della misurazione del numero degli iscritti alle singole organizzazioni. A tal fine viene previsto il contenuto, la struttura, l’importo minimo, le modalità e gli effetti della revoca del contributo sindacale; mentre

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Sono poi seguiti accordi separati, ma di identico contenuto, stipulati tra la stessa Confindustria e la Cisal (14 gennaio 2014) e tra la Confservizi e Cgil, Cisl e Uil (10 febbraio 2014), si veda la proiezione informatica del volume.

2 Cfr. al riguardo F. CARINCI, Il lungo cammino per Santiago della rappresentatività sindacale: dal titolo III Stat. lav. al TU sulla rappresentanza 10 gennaio 2014, in questo

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il diritto alla ritenuta è riconosciuto a favore non solo delle parti firmatarie, ma anche delle organizzazioni sindacali estranee all’accordo in commento, a condizione, però, che si impegnino a rispettare l’intero sistema di regole definito a livello interconfederale («le imprese accetteranno anche le deleghe a favore delle organizzazioni sindacali che aderiscano e si obblighino a rispettare integralmente i contenuti del t.u.r. nonché dell’Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011 e del Protocollo 31 maggio 2013»). Per dare credibilità ed autorevolezza al sistema di misurazione, vengono coinvolti – mediante apposite convenzioni – importanti soggetti istituzionali, quali l’Inps ed il Cnel. In particolare:

a. nella convenzione da stipularsi con l’Inps dovranno determinarsi le modifiche da apportare al modello Uniemens per consentire la rilevazione annuale del numero delle deleghe; i dati saranno riferibili al contratto di categoria applicato in azienda e nell’Uniemens dovrà inoltre essere indicata, limitatamente alle imprese con più di 15 dipendenti, la forma di rappresentanza presente in azienda;

b. l’Inps elaborerà il dato associativo per ciascuna categoria, dividendo la somma dei dati relativi alle deleghe nel corso dell’anno per 12 (media mensile) e lo trasmetterà al Cnel per la ponderazione con il dato elettorale. In via transitoria, per il 2014, si rileveranno solo le deleghe relative al secondo semestre.

In ordine al dato elettorale, i voti ricevuti dalle organizzazioni sindacali in sede di costituzione della RSU sono rilevati unicamente dai verbali redatti dalla Commissione elettorale prevista e costituita ai sensi del punto 19 della parte II, sezione III, del Testo Unico. Il Comitato provinciale dei garanti dovrà, pertanto, acquisire i verbali relativi alle elezioni delle RSU, aggiornandoli anno per anno, tenendo conto della scadenza delle singole RSU: il dato rilevato per ogni anno sarà quello relativo alle RSU validamente in carica alla data del 31 luglio. Il dato è raccolto dal Comitato provinciale dei garanti (o da analogo organismo che potrà essere costituito allo scopo) che lo elaborerà per ciascuna organizzazione sindacale di categoria, e lo trasmetterà al Cnel annualmente per la ponderazione con il dato associativo, entro il mese di gennaio dell’anno successivo a quello di rilevazione.

Per quanto concerne la ponderazione e l’elaborazione del dato sulla rappresentanza, il Cnel, ricevuti i dati degli iscritti dall’Inps e quelli elettorali dal Comitato provinciale dei garanti, provvederà, entro il mese di aprile di ciascun anno, alla loro ponderazione (con riferimento ad ogni singolo CCNL di categoria) e comunicazione. Si effettuerà, a tal fine, la media semplice tra i due dati, attribuendo quindi un peso del 50% per ciascuno.

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Il TUR, in definitiva, prevede espressamente almeno due forme di rappresentanza sindacale, modellate sul (ma non del tutto coincidenti col) sistema di contrattazione del pubblico impiego.

Vi è, innanzitutto, una rappresentanza sufficiente, che corrisponde almeno al 5% della media ponderata tra iscritti e voti nella categoria ed il cui possesso costituisce condicio sine qua non per l’accesso al sistema di contrattazione (cfr. parte III, secondo periodo, TUR, qui sostanzialmente conforme all’art. 43, comma 1, d.lgs. n. 165/2001).

Vi è, poi, una rappresentanza complessiva, che corrisponde almeno al “50% + 1” della media ponderata tra iscritti e voti nella categoria, necessaria per la sottoscrizione del contratto collettivo (cfr. parte III, settimo periodo, TUR). Nel pubblico impiego è, invece, richiesta la maggioranza del 51%, che può arrivare anche al 60% con riferimento al solo dato elettorale (art. 43, comma 3, d.lgs. n. 165/2001). La differenza non è di poco conto. Nell’impiego privato risulta dunque ulteriormente accentuata la natura maggioritaria e bipolare del sistema rappresentativo, specie per quanto riguarda gli ambiti di riferimento medio-grandi. Questo perché si è optato per un sistema di calcolo del consenso che, richiedendo – rispetto al pubblico impiego – un dato numerico inferiore per la formazione di maggioranze, mira a promuovere e ad accelerare in misura ancor più spiccata la formazione di processi decisionali utili a legittimare la sottoscrizione dei contratti collettivi.

Infine, l’ulteriore aspetto della rappresentatività comparata, necessario alla ripartizione delle prerogative sindacali che spettano a tutti i sindacati (sufficientemente) rappresentativi, non è espressamente contemplato. Nel pubblico impiego tale ripartizione deve avvenire «in quota proporzionale alla loro rappresentatività […] tenendo conto anche della diffusione territoriale e della consistenza delle strutture organizzative nel comparto o nell’area» (art. 43, comma 6, d.lgs. n. 165/2001). Nel TUR ci si limita a prendere in considerazione l’ipotesi del passaggio dalle RSA alle RSU, prevedendosi più genericamente che si debba procedere, «nel principio dell’invarianza dei costi, all’armonizzazione nell’ambito dei singoli istituti contrattuali, anche in ordine alla quota» diritti, permessi e tutele «eventualmente da trasferire ai componenti della r.s.u.» (cfr. parte II, punto 4, terzo periodo, TUR). Ciò lascerebbe intendere che la materia è rimessa alla contrattazione (nazionale o anche decentrata, se delegata da quella nazionale, in conformità alle disposizioni dell’accordo interconfederale 28 giugno 2011), che potrà decidere nel senso della proporzionalità in rapporto alla rappresentatività (come nel pubblico impiego) ovvero diversamente (nel senso, ad esempio, della

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“pariteticità” nell’ottica della pari dignità, quanto alla fruizione dei diritti sindacali, di tutte le organizzazioni a prescindere dal loro specifico seguito). Se questo è il contenuto dell’accordo di gennaio 2014, nelle pagine che seguono si cercherà di valutare la sua compatibilità coi principi civilistici e costituzionali, oltre che le sue presumibili conseguenze sul piano socio-economico. Ciò è di fondamentale importanza – come insegna l’analisi economica del diritto – non solo per approfondire portata e limiti della nuova normativa, ma anche per decidere, se del caso, quali diverse regole e procedure potrebbe essere opportuno studiare e adottare nel futuro «in quell’area della cooperazione sociale nella quale si confrontano, nel segno della ponderazione e del bilanciamento, i valori supremi dell’ordinamento e i diritti dei suoi membri»3.

2. Ragionevolezza e conformità al codice civile e alla Costituzione dei

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