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L’iniziativa promozionale a “riserva” sindacale

Modalità di costituzione e di funzionamento delle RSU

PARTE SECONDA

1. Dall’accordo interconfederale 20 dicembre 1993 al protocollo d’intesa 31 maggio 2013 passando per l’accordo interconfederale 28 giugno

2.3. L’iniziativa promozionale a “riserva” sindacale

Il TU conferma altresì, sempre con la previsione del punto 1, la riserva sindacale per quanto concerne l’iniziativa promozionale, attribuita ora alle «organizzazioni sindacali di categoria aderenti alle Confederazioni firmatarie dell’Accordo Interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo 31 maggio 2013 e del presente accordo interconfederale», recuperando così la Uil, che aveva perso il diritto ad esercitare l’iniziativa stessa, senza purtuttavia uscire dal sistema di rappresentanza disciplinato con l’AI del 20 dicembre 1993, a seguito della disdetta del protocollo del 23 luglio 1993 in data 13 giugno 2011. La nuova formulazione preclude il diritto all’esercizio dell’iniziativa alle confederazioni, previsto al contrario dall’AI del 20 dicembre 1993 laddove indicava tra i soggetti titolari del medesimo potere le «associazioni sindacali firmatarie del protocollo del 1993». La limitazione non pare generare invero conseguenze degne di nota, essendo stata teoricamente circoscrivibile alla sola ipotesi in cui le organizzazioni sindacali che raccoglievano il consenso dei lavoratori alla presentazione della lista risultassero prive del potere di iniziativa alla costituzione di RSU ai sensi della regolamentazione categoriale, residuando per esse la sola possibilità di agire per il tramite della confederazione di riferimento13.

Riservando l’iniziativa per la costituzione delle RSU espressamente alle sole organizzazioni sindacali “di categoria” il TU parrebbe confermare quell’orientamento restrittivo delineatosi sempre nel vigore dell’AI del 1993 secondo cui l’iniziativa promozionale delle associazioni, che all’epoca erano indicate in quelle diverse dalle firmatarie il protocollo del 23 luglio 1993 e il

12

Cfr. ISTAT, Rapporto annuale 2013. La situazione del Paese, cap. 3, ed i dati riportati secondo cui in Italia, nei Paesi scandinavi, in Francia e nel Regno Unito la riduzione del tasso di occupazione si è accompagnata, sia pure con gradazioni diverse, all’aumento della quota del lavoro temporaneo.

13 B. DE MOZZI, La rappresentanza sindacale in azienda: modello legale e modello

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contratto collettivo nazionale di lavoro, deve ritenersi riconosciuta alle sole organizzazioni di livello nazionale, restando preclusa alle articolazioni locali autonomamente considerate14.

Un’interpretazione di sistema non può che indurre a ritenere tale opzione ermeneutica, ai sensi del terzo comma del punto 1, circoscritta alla sola ipotesi che contempla espressamente di riservare l’iniziativa promozionale alle «organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del c.c.n.l. applicato nell’unità produttiva».

Il TU attribuisce infatti la titolarità del potere di promuovere la costituzione delle RSU, accanto alle associazioni di categoria, anche alle «associazioni sindacali abilitate alla presentazione delle liste elettorali ai sensi del punto 4, sezione terza» da individuarsi secondo la lett. b nelle «associazioni sindacali formalmente costituite con un proprio statuto ed atto costitutivo» che abbiano «accettato espressamente, formalmente ed integralmente i contenuti del presente accordo» ed abbiano presentato una lista «corredata da un numero di firme di lavoratori dipendenti dall’unità produttiva pari al 5%». Non solo. In merito alla presentazione delle liste, come si è precisato, il TU richiede il rispetto di due soli requisiti, la formale costituzione e l’accettazione degli accordi, secondo le modalità già dette. Dal che anche i sindacati territoriali devono ritenersi titolari dell’iniziativa promozionale per la costituzione delle RSU, con particolare riferimento alla presentazione delle liste ovvero in una fase ove si ravvisa sicuramente con minor frequenza l’intervento dal sindacato nazionale.

Resta da stabilire se le organizzazioni sindacali di categoria legittimate all’iniziativa debbano aderire alle confederazioni che siano state effettivamente coinvolte nella negoziazione degli accordi, con esclusione di tutte quelle che successivamente vi abbiano aderito. Così come accaduto per quanto concerne il protocollo del 23 luglio del 1993, si tratta di verificare se l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, il protocollo 31 maggio 2013 ed il medesimo TU possano configurarsi quali contratti aperti la cui sottoscrizione seppure tardiva consente di acquisire la qualità di parte e la titolarità dell’iniziativa, oppure limitino siffatto effetto/potere ai soli contraenti originari.

La dottrina15 non ha mancato già in passato di precisare che i protocolli trilaterali siglati dal Governo e dalle parti sociali, ma anche gli accordi

14 Sulla scia della seppure isolata pronuncia del Trib. Roma ord. 14 gennaio 2000, in LG, 2000, n. 5, 443.

15 A. MARESCA, Le rappresentanze sindacali aziendali dopo il referendum (problemi

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interconfederali non posseggono un valore meramente programmatico e debbono essere intesi in termini giuridicamente obbligatori nei confronti di una serie aperta di soggetti, individuati in base alla trama di impegni che si sono venuti delineando in quegli stessi atti16. In questa prospettiva non può escludersi l’interesse degli accordi in oggetto di ottenere il più ampio coinvolgimento delle parti sociali, con la conseguenza di riconoscere la legittimazione all’iniziativa per la costituzione delle RSU anche alle confederazioni che successivamente vi abbiano aderito.

Mentre vengono confermate l’iniziativa promozionale delle organizzazioni di categoria aderenti alle associazioni firmatarie dei più recenti accordi sindacali o firmatarie il contratto collettivo nazionale di lavoro, vengono rimodulate le condizioni di accesso per quelle associazioni sindacali che accettino i contenuti dei medesimi accordi.

In quest’ultimo caso, la presentazione della lista dovrà essere accompagnata da un numero di firme variabile, in relazione al limite dimensione dell’azienda. Con un altalenante riferimento all’ambito dimensionale dell’impresa e dell’unità produttiva, il requisito della firma del 5% dei lavoratori dell’unità produttiva aventi diritto al voto resta solo per le imprese che occupino complessivamente oltre 60 dipendenti, mentre nelle imprese di dimensione compresa tra i 16 e i 59 dipendenti viene richiesta la firma in generale di soli 3 lavoratori.

La disposizione non precisa per quest’ultima ipotesi se si tratta di 3 dipendenti dell’unità produttiva o dell’azienda. La volontà delle parti firmatarie non può essere stata che nel senso di fare riferimento al limite di 3 dipendenti nell’unità produttiva interessata. Diversamente ragionando si perverrebbe a legittimare la costituzione di RSU in un’impresa, ad esempio, con 50 dipendenti, dislocata su più sedi, sulla base della sola iniziativa di 3 lavoratori che potrebbero trovarsi in forza della unità produttiva diversa da quella in cui si intende avviare la elezione.

L’iniziativa, ai sensi del punto 1 della Sezione Terza, deve essere esercitata almeno «tre mesi prima della scadenza del mandato» della RSU, da parte delle associazioni sindacali di cui si è detto oppure della stessa RSU uscente «ove

cura di), Rappresentanze e contributi sindacali dopo i referendum, Cedam, 1996, 19 ss.; S.

BELLOMO, Il “nuovo” art. 19 della legge n. 300 del 1970: problemi interpretativi, in ADL,

1997, n. 4, 171; G. SANTORO PASSARELLI, A. MARESCA, La nuova disciplina delle

rappresentanze sindacali aziendali dopo i referendum, in A. MARESCA, G. SANTORO

PASSARELLI, L. ZOPPOLI, Rappresentanze e contributi sindacali dopo i referendum, in NLCC,

1996, 732.

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validamente esistente», innovando in quest’ultima parte rispetto all’AI del 1993 che specificava «almeno tre mesi prima della scadenza del mandato». La modifica risolve un dubbio interpretativo precedentemente emerso17 confermando oggi che l’iniziativa da parte della RSU può essere utilmente esercitata anche nel corso dei mesi finali del suo mandato, con conseguente illegittimità del rifiuto del datore di lavoro di porre in essere le attività strumentali a consentire le elezioni.

Resta che l’iniziativa per il rinnovo della rappresentanza unitaria al di fuori dei termini indicati è possibile solo per le associazioni sindacali, mentre deve dirsi preclusa alla RSU uscente in quanto ormai scaduta, determinando una nuova costituzione di RSU e non già il rinnovo di quella uscente.

PARTE SECONDA

Regolamentazione delle rappresentanze in azienda SEZIONE SECONDA

Modalità di costituzione e di funzionamento delle Rappresentanze Sindacali Unitarie

[...]

2. Composizione

Alla costituzione di rsu si procede mediante elezione a suffragio universale ed a scrutinio segreto tra liste concorrenti.

Nella definizione dei collegi elettorali, al fine della distribuzione dei seggi, le associazioni sindacali terranno conto delle categorie degli operai, impiegati e quadri di cui all’art. 2095 c.c., nei casi di incidenza significativa delle stesse nella base occupazionale dell’unità produttiva, per garantire un’adeguata composizione della rappresentanza.

Nella composizione delle liste si perseguirà un’adeguata rappresentanza di genere attraverso una coerente applicazione delle norme antidiscriminatorie.

3. Numero dei componenti

Il numero dei componenti le rsu sarà pari almeno a:

a) 3 componenti per la rsu costituita nelle unità produttive che occupano fino a 200 dipendenti

17 Cfr. Trib Livorno 22 settembre 2010, secondo cui l’iniziativa per il rinnovo deve essere esercitata con un congruo preavviso (3 mesi) rispetto alla scadenza del mandato qualificando tale termine come termine convenzionale di decadenza, la cui violazione determina il venir meno del potere di iniziativa da parte della RSU uscente.

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b) 3 componenti ogni 300 o frazione di 300 dipendenti nelle unità produttive che occupano fino a 300 dipendenti

c) 3 componenti ogni 500 o frazione di 500 dipendenti nelle unità produttive di maggiori dimensioni, in aggiunta la numero di cui alla precedete lett. b).

[...]

3.1. Dal sistema “misto” di investitura alla integrale elettività della RSU: la scomparsa della quota del c.d. “terzo riservato”

Il punto 2, primo comma, contiene una delle disposizioni più innovative e significative18 del TU in quanto destinata a segnare una profonda revisione nel modello di rappresentanza del settore privato, con un movimento a ritroso che lo vede ora riavvicinarsi a quello pubblico.

Nella previsione secondo cui «alla costituzione di rsu si procede mediante elezione a suffragio universale ed a scrutinio segreto tra liste concorrenti» risiede l’eliminazione della quota del terzo riservato.

La conclusione non poteva dirsi scontata, almeno per qualcuno ed alla luce del protocollo di intesa del 31 maggio 2013, laddove (punto 6) veniva prevista l’elezione delle RSU “con voto proporzionale”, poco innovando rispetto a quanto già stabilito dall’accordo del 1993 in cui il criterio di proporzionalità sottintendeva sia l’elezione dei rappresentanti eletti in liste concorrenti, sia la ripartizione del terzo residuo tra le liste presentate dalle associazioni sindacali firmatarie il CCNL applicato nell’unità produttiva, per la cui copertura «si procede mediante elezione o designazione, in proporzione ai voti ricevuti»19. Il TU nel “riprendere” la disciplina contenuta nell’accordo interconfederale 20 dicembre 1993 «con gli adeguamenti alle nuove intese interconfederali», sgombera il campo da qualsiasi dubbio e portando a compimento il programma contenuto nelle Linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia del 16 novembre 2012, con le quali

18 F.CARINCI, Adelante Pedro, con juicio: dall’accordo interconfederale 28 giugno 2011 al

Protocollo d’intesa 31 maggio 2013 (passando per la riformulazione “costituzionale” dell’articolo 19, lettera b, St.), in DRI, 2013, n. 3, 608.

19 A.VISCOMI, Prime note sul Protocollo 31 maggio 2013, in RIDL, 2013, n. 3, I, 767; contra

F. CARINCI, op. loc. cit.; M. MAGNANI, Rappresentatività e diritti sindacali tra autonomia

collettiva e giustizia costituzionale (il Protocollo di intesa e la sentenza sull'art. 19 St. lav.),

2013, dattiloscritto; M.MARAZZA, Il protocollo d’intesa 31 maggio 2013 c’è, ma la volontà

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le parti firmatarie si erano accordate per «esplicitare il superamento del terzo», trasforma le RSU in un organismo interamente elettivo.

La previsione del terzo riservato aveva generato disappunto in gran parte della dottrina; anche quella che più apprezzava la filosofia dell’AI del 20 dicembre 1993 si è rivelata infatti fin da subito critica nei confronti della “quota di riserva”, sia in termini di opportunità che di legittimità20

.

Il protocollo del 1993 (punto 2), in ordine alla composizione delle RSU, pur dichiarando di rifarsi all’Intesa Quadro del 1o

marzo 199121, aveva già deviato rispetto alla formula interamente elettiva prescelta dalle confederazioni Cgil, Cisl e Uil (e seguita dalla maggior parte dei coevi progetti di legge) disponendo che «la composizione delle rappresentanze deriva per 2/3 da elezioni da parte di tutti i lavoratori e per 1/3 da designazione o elezione da parte delle organizzazioni stipulanti il CCNL, che hanno presentato liste, in proporzione ai voti ottenuti». Il precedente del 1991 prevedeva infatti un “patto para-sociale” tra le tre confederazioni che si impegnavano alla redistribuzione paritaria di un terzo dei voti ottenuti dalle tre sigle nel loro insieme, fermo restando che l’intero collegio veniva eletto a suffragio universale.

Il protocollo aveva dovuto modificare la struttura della RSU per far fronte ad una richiesta di Confindustria (con Cisl e Uil di fatto consenzienti) con la finalità di garantire sia quel collegamento stabile dell’organo rappresentativo con le associazioni sindacali nazionali funzionale a generalizzare gli effetti dell’attività sindacale aziendale, quantomeno nei casi in cui la stessa fosse direttamente prevista dalla legge, sia il coordinamento dei livelli negoziali22

20 L. MARIUCCI, Poteri dell’imprenditore, rappresentanze sindacali unitarie e contratti

collettivi, in AA.VV., Poteri dell’imprenditore, rappresentanze sindacali unitarie e contratti

collettivi. Atti delle Giornate di studio di diritto del lavoro (Pisa, 26-27 maggio 1995),

Giuffrè, 1996, 17; E. GHERA, La riforma della rappresentanza sindacale nel protocollo di

luglio e nell’accordo interconfederale del 20 dicembre 1993, in E.GHERA, P.BOZZAO, La

rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro 1970-1993, Sipi, 1994, 19; M.D’ANTONA, Il

Protocollo sul costo del lavoro e l’“autunno freddo” dell’occupazione, in RIDL, 1993, n. 4, I,

425; A.DI STASI, La rappresentanza sindacale unitaria tra accordi sindacali e proposte di

legge, in DL, 1994, n. 1, I, 64; M. CARRIERI, Le Rsu nel sistema italiano di relazioni

industriali, in LD, 1996, n. 1, 170; P.DI NICOLA, Le elezioni delle rappresentanze sindacali

unitarie, ivi, 1995, n. 1, 115. 21

Art. 2, lett. a: «Le organizzazioni sindacali dei lavoratori stipulanti il presente protocollo riconoscono come rappresentanza sindacale aziendale unitaria nelle singole unità produttive quella disciplinata dall’intesa quadro tra Cgil-Cisl-Uil sulle Rappresentanze sindacali unitarie, sottoscritta in data 1o marzo 1991».

22 G. FERRARO, Morfologia e funzione delle nuove rappresentanze aziendali nell’accordo

66 Fabrizia Santini

attraverso l’inserimento dei soggetti stipulanti il contratto collettivo aziendale nell’ambito dei soggetti stipulanti il contratto collettivo nazionale, assicurando per tale via «il necessario raccordo tra le organizzazioni stipulati i contratti nazionali e le rappresentanze aziendali titolari delle deleghe assegnate dai contratti medesimi»23. La “dismissione” dell’unitaria nozione della maggiore rappresentatività imponeva di perseguire la coesione del sistema contrattuale attraverso altre vie, identificate nel caso specifico in un’alterazione strutturale dell’organo di rappresentanza e del criterio elettivo che presiedeva alla sua formazione, al fine di garantire un rapporto organico tra rappresentanze aziendali e sindacato, ritenuto indispensabile per far vivere e crescere un vero sistema di contrattazione articolata, cioè un sistema in cui la contrattazione aziendale si svolge nell’alveo delle regole dettate dalla contrattazione nazionale.

In questo senso, le ragioni ispiratrici della clausola del terzo sono risultate apprezzabili anche da parte degli osservatori più critici. Non vi era solo in gioco l’interesse datoriale a vedersi garantito un interlocutore aziendale dotato di un grado adeguato di stabilità e responsabilità, al riparo dal rischio della scarsa affidabilità di organismi di rappresentanza formati secondo variabili umori elettorali e i meccanismi tipici della competizione politica; ma anche l’interesse più generale ad assicurare la governabilità complessiva del sistema contrattuale. Di tal che le regole sulla costituzione delle RSU erano inscindibilmente connesse, sul piano funzionale, a quelle sull’assetto della contrattazione collettiva.

Seppure la dottrina fosse concorde sulla fondatezza della esigenza perseguita, non vi era condivisione sulla tecnica mediante la quale si tentava di soddisfarla.

La “quota di garanzia” è stata accusata di rendere alquanto confuso il modello di democrazia su cui si fondava la legittimazione dell’organismo; innescando nel canale unico elettivo un secondo canale rappresentativo, a designazione sindacale riservata, questo restava a cavallo tra mandato elettorale e mandato associativo24.

Se, poi, si è detto, la derivazione elettiva ha il precipuo scopo di attribuire alla struttura sindacale cui spetta di svolgere le funzioni di agente contrattuale esclusivo in azienda la massima patente di democraticità, la clausola di riserva non fa che alterare quel nesso intercorrente fra voto e rappresentanza, a tutto

23 L.MARIUCCI, op. cit., 12.

24 M. D’ANTONA, op. cit., 425; E. MANGANIELLO, Verso l’istituzionalizzazione della

rappresentanza sindacale: la disciplina negoziale delle rappresentanze sindacali unitarie, in RIDL, 1997, n. 4, I, 441.

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vantaggio della rappresentatività storica25. Si lamentava in particolare che il correttivo del terzo non avrebbe che consolidato il controllo in azienda delle confederazioni tradizionalmente più forti, che si garantivano così la “presa” sulle RSU: poiché tutti i componenti, quelli eletti e quelli designati, votano nel medesimo collegio, il risultato era quello di neutralizzare ogni maggioranza elettorale sgradita alla “coalizione” dei sindacati firmatari. Al sindacato (o ai sindacati) stipulante il CCNL bastava raccogliere nelle elezioni aziendali il 30% dei voti per assicurarsi la maggioranza dei membri della RSU, alla coalizione il diciassette per cento dei seggi per essere “di diritto” in maggioranza. L’assetto generale della struttura, secondo questa parte della dottrina, avrebbe finito per incentrarsi su di un modello di rappresentanza sindacale unitaria, eletta a suffragio universale su base proporzionale, ma posto sotto la tutela – ancorché non esclusiva – di Cgil, Cisl e Uil.

In risposta alle obiezioni mosse, si è d’altro canto rilevato che alla prova dei fatti, la clausola è risultata tendenzialmente irrilevante ai fini della distribuzione dei seggi. Gli scostamenti tra percentuali dei voti ottenuti dai sindacati confederali e percentuali dei seggi assegnati sono stati minimi. Sotto il profilo dei risultati, le elezioni delle rappresentanze hanno sfatato il mito della scarsa rappresentatività dei sindacati confederali. superando in molte occasioni il 90% dei suffragi.

Ciononostante, l’eliminazione della clausola del terzo riservato si è presentata come un’operazione necessitata, sia dalle esigenze di riqualificazione del sistema di rappresentanza sindacale, sia per coerenza con la riforma della disciplina della contrattazione collettiva.

Si è trattato da un lato di superare quella che è stata indicata come la “seconda crisi” (a vent’anni dalla prima) del sistema di rappresentanza e rappresentatività, in conformità ad una nuova istanza di democraticità che solo nel metodo elettivo individua lo strumento atto ad assicurare sia la misurazione della rappresentatività effettiva di ogni sindacato, sia la stabilità dell’organismo di base26

. In tal modo rispondendo anche alle ultime

25 G.PERONE, L’accordo sul costo del lavoro del 3 luglio 1993: i soggetti della negoziazione,

in DL, 1994, n. 1, I, 22; M.P.MONACO, Modelli di rappresentanza e contratto collettivo, Giuffrè, 2003, 123.

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G. SANTORO PASSARELLI, Rappresentanza e rappresentatività sindacale.

Istituzionalizzazione della rappresentanza sindacale?, in AA.VV., Rappresentanza e

rappresentatività del sindacato. Atti delle Giornate di studio di Macerata, 5-6 maggio 1989,

Giuffrè, 1990; concordi U.ROMAGNOLI, Riprogettare la rappresentatività, in RTDPC, 1989, n. 1, I, 248; M.RUSCIANO, Sul problema della rappresentanza sindacale, in DLRI, 1987, n. 34, 229 ss.; P.ICHINO, Riflessioni sulla riforma delle rappresentanze sindacali aziendali, in

68 Fabrizia Santini

indicazioni pervenute dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 231 del 2013, improntata appunto alla valorizzazione dei principi di democraticità ed effettività della capacità rappresentativa di ogni organizzazione sindacale27. Dall’altro, l’enfasi che il TU ora spende in funzione della effettività del modello e della sua coesione28, in un sistema inclusivo, il cui corollario è dato da un meccanismo elettorale a suffragio universale, che fotografi esattamente il gradimento che ogni sigla riscuote tra i lavoratori di una data azienda o unità produttiva, diviene fondamentale per l’affermazione dell’efficacia generalizzata degli accordi stipulati dalle RSU29 dal momento che «se si tratta di contrattazione aziendale meglio avere prima il consenso dei lavoratori di quell’azienda»30

.

Muovendo dalla previsione secondo cui la rappresentatività di ogni organizzazione va pesata sulla base del dato associativo e dei risultati delle elezioni delle RSU, affinché possano stipularsi contratti firmati dai sindacati che rappresentano la maggioranza dei lavoratori interessati, una previsione che attribuisca posizioni di potere precostituite e sottratte al controllo dei lavoratori elettori, come la riserva del terzo, non può che suscitare “disagio”31

, dovendo, al contrario, ritenersi coerente la “richiesta” che l’organo rappresentativo rispecchi le volontà plurali della comunità dei lavoratori32. Ciò detto, è sicuramente superfluo indugiare sul significato che la derivazione elettiva acquisisce per un organismo sindacale cui spetta di svolgere le funzioni di agente contrattuale in azienda. Basti la considerazione secondo cui oltre il punto dell’effettività che il procedimento elettivo ha sulla normalizzazione dei rapporti del sindacato con la base, resta che esso rappresenta null’altro che il procedimento normale con cui si conferisce un “ufficio” che si vuole rappresentativo di un gruppo, rispetto al quale si può anche parlare, ma in senso affatto generico, di rappresentanza d’interessi.

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A. DI STASI, Le RSU nell’Accordo del 31 maggio 2013. Una autoregolamentazione ad

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