Regole generali sulle forme della rappresentanza in azienda
4. Le divergenze rispetto all’accordo interconfederale 28 giugno 2011
In origine, come noto, l’accordo interconfederale 20 dicembre 1993 aveva disegnato un modello di rappresentanza sui luoghi di lavoro realmente “unitario” ed “alternativo” rispetto a quello delle RSA. La contrattazione di categoria si era largamente allineata a tale modello, recependone per lo più i contenuti, tramite rinvio. Taluni settori contrattuali se ne erano, però, discostati, mantenendo il modello legale della RSA, o, in alternativa, scegliendo di preservare l’autonomia delle singole componenti sindacali all’interno di un organismo di rappresentanza (RSU) frammentato e solo
9 Promosso dalla RSA, su richiesta di un’organizzazione aderente a una confederazione o del 30% dei lavoratori. Per la validità della consultazione è richiesta la partecipazione di almeno il 50% + 1 degli aventi diritto al voto; l’intesa è respinta con il voto espresso dalla maggioranza dei votanti. Cfr. Trib. Milano 17 settembre 2013, cit., secondo cui siffatto «referendum va a compensare il difetto di rappresentatività del soggetto negoziale. Tale ratio, evidentemente, viene meno in presenza delle Rsu che, stante la loro natura elettiva, sono dotate di potere rappresentativo».
10 Per il cui commento si rinvia al contributo di F.SANTINI, Modalità di costituzione e di
funzionamento delle RSU, in questo volume.
11 V.BAVARO, op. cit.
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formalmente unitario (e ciò, in particolare, nei settori ove le divisioni sindacali erano più forti).
Siffatta operazione di “frantumazione” della RSU in componenti “di sigla” aveva per lo più ricevuto l’avallo della giurisprudenza: significative, in tal senso, sono le pronunce in tema di diritti delle componenti RSU (ad esempio alla convocazione, disgiunta, dell’assemblea)13
o, ancora, la difficoltà di imporsi del criterio di decisione “a maggioranza” della RSU nella contrattazione; criterio che, pure, secondo l’opinione che pare preferibile, poteva ricavarsi dall’accordo interconfederale 20 dicembre 1993 anche in mancanza di “specifiche intese”14
.
Tale attenuazione del carattere “unitario” della RSU ne aveva permesso la formale sopravvivenza anche nei settori “a rinnovo separato”15, pur a fronte del sostanziale fallimento dell’obiettivo di una contrattazione aziendale realmente unitaria (con definitivo accantonamento della regola di decisione a maggioranza).
La fragilità di tale compromesso veniva, tuttavia, messa a nudo dalle divisioni sindacali “sulle regole” del 200916
, dai rinnovi separati del 2009 in taluni importanti settori17, ed infine dal caso Fiat18. Vicende, tutte, che hanno a loro volta avuto importanti ricadute sul funzionamento dell’istituto di
13 Per le diverse interpretazioni affermatesi in giurisprudenza degli artt. 4 e 5, parte I, accordo interconfederale 20 dicembre 1993, si rinvia al commento di F.SANTINI, op. cit.
14 Non essendo, invece, convincente la tesi di chi richiedeva, in mancanza di specifiche intese, l’accordo di tutte le componenti. In giurisprudenza si veda, ad es., Trib. Torino 9 maggio 2006, in Giurisprudenza piemontese, 2006, 311, secondo cui «il procedimento di formazione della volontà della r.s.u. – organismo elettivo inteso unitariamente e a struttura collegiale – deve necessariamente essere ispirato ai principi generali relativi agli organi collegiali; la volontà si forma validamente se ha votato la maggioranza assoluta dei componenti presenti, rimanendo così vincolati sia i dissenzienti che gli assenti».
15 Così, ad es., il rinnovo Metalmeccanici 2003, ove la RSU sopravvive e il sindacato dissenziente Fiom conserva il terzo riservato nella RSU.
16 Accordo-quadro 22 gennaio 2009; accordo interconfederale 15 aprile 2009, per il settore dell’industria, cui si sono affiancate le omologhe intese separate dei settori artigiano (23 luglio 2009), agricolo (22 settembre 2009) e servizi (18 novembre 2009).
17 CCNL 15 ottobre 2009 per il settore metalmeccanico, ove la RSU sopravvive formalmente, ma il sindacato dissenziente (Fiom) ne esce emarginato. Fiom mantiene il diritto a partecipare alla costituzione delle RSU, ex punto 4, lett. b, parte II, accordo interconfederale 20 dicembre 1993 (richiamato dal CCNL 15 ottobre 2009), ma, da un lato, perde il diritto al “terzo”, riservato ai soli sindacati firmatari di CCNL (Trib. Vasto 13 marzo 2013, non pubblicata), dall’altro, in concreto, difficilmente – dopo aver rifiutato di sottoscrivere il contratto a livello nazionale – potrà accettare di rientrare in gioco a livello aziendale. Cfr. anche CCNL separato Metalmeccanici 5 dicembre 2012; CCNL separato Metalmeccanici/Orafi 23 settembre 2010.
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rappresentanza sindacale sui luoghi di lavoro, essendosi addivenuti, in taluni settori, all’accantonamento della RSU e ad un revival delle RSA (dei soli sindacati firmatari di CCNL separato), espressamente regolate nel contratto (separato) stesso19.
In tale problematico contesto era sopravvenuto l’accordo interconfederale 28 giugno 2011, il quale, legittimando (anche “a regime”) il modello statutario di rappresentanza sui luoghi di lavoro quale alternativa praticabile al modello negoziale del 1993, anche ai fini della contrattazione decentrata e rimettendo alla contrattazione di categoria la scelta tra l’uno e l’altro modello, riconosceva piena legittimità alle RSA «anche in proiezione futura, andando, quindi, oltre alla funzione decrescente e residuale dell’accordo del 1993»20. In sostanza, l’accordo interconfederale 28 giugno 2011, considerato il poliedrico atteggiarsi dell’azione sindacale nelle categorie, talora contrassegnate da unità di azione, talaltra invece spaccate da profonde divisioni, ribadiva e rafforzava l’unitarietà della RSU in quei settori dove l’unità restava praticabile e legittimava, invece, la scelta (anche a regime) per le RSA (ad opera della contrattazione di categoria) nei settori segnati dalle divisioni sindacali. In tal modo, esso assecondava la costituzione di RSU solo a fronte di una sostanziale unità sindacale e dettava regole perché si potesse addivenire comunque alla costituzione di RSA e ad una contrattazione aziendale “a maggioranza” là dove l’unità sindacale mancasse.
Al contrario, l’accordo interconfederale 10 gennaio 2014, preservando formalmente l’alternativa tra RSA e RSU, ma prefigurando, in sostanza, la scelta unitaria delle organizzazioni sindacali aderenti a Cgil, Cisl e Uil a favore della RSU come un punto di non ritorno verso le RSA, “sterilizza”, ma al contempo omette di tenere conto dell’eventualità di successive divisioni sindacali, capaci di compromettere gli esiti di una reductio ad unum nell’ambito dell’organismo elettivo, collegiale e deliberante a maggioranza, quale quello oggi disegnato dall’accordo stesso. Costringendo, in ultima analisi, le organizzazioni sindacali che – in mancanza di unità di azione – intendessero recuperare il modello delle RSA (dismettendo quello, già sperimentato, delle RSU) ad uscire dall’alveo tracciato dall’accordo interconfederale. E sospingendole o verso una contrattazione nazionale in
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Non pare, tuttavia, possano considerarsi “RSA” con tutte le ricadute che ciò comporta, anche ai fini della stipulazione di accordi “di prossimità” ex art. 8, d.l. n. 138/2011), quelle strutture di rappresentanza non costituite a «esclusiva, volontaria» iniziativa dei lavoratori, e così, in particolare, quelle disciplinate dal contratto collettivo specifico Fiat del dicembre 2011, attraverso il “velo” di un’intesa endo-sindacale allegata (all. 6).
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conflitto con il livello confederale; o altrimenti all’autoesclusione da una contrattazione solo separata.
5. Il modello di rappresentanza sindacale sui luoghi di lavoro nella