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Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario & La zingarata della verginella di via Ormea

Il quarto e l‟ultimo romanzo di Lakhous Contesa per un maialino italianissimo a San

Salvario e La zingarata della verginella di via Ormea si distinguono per la loro differente

ambientazione torinese rispetto a quella romana presente nei primi romanzi dell‟autore, ma li accomuna l‟inchiesta antropologica sociale e la messa in scena delle società contemporanee meticcie e multiculturali. E proprio per questo che l‟autore italo-algerino decide di trasferirsi al capoluogo piemontese nel cuore del quartiere multietnico per eccellenza San Salvario, situato fra la stazione di Porta Nuova e il Parco del Valentino, dove, non per caso, hanno luogo le vicende narrative di entrambe le opere. A tal proposito, spiega Lakhous:

“Cerco di essere professionale, lavoro seriamente come un contadino cabilo, i miei racconti nascono sempre da una grande ricerca di terreno, come nel caso di questo terzo romanzo per il quale ho dovuto individuare le differenti ondate d‟immigrazione a Torino, i numerosi dialetti che si parlano, per meglio comprendere la pluralità di questa città.”450

Contesa per un maialino esce nel 2013 dalle edizioni e/o, e dopo un anno esce nel 2014 La zingrata della verginella sempre dalla stessa casa editrice, nota per la sua attività nel dare

spazio alle pubblicazioni della letteratura migrante.

Il primo segue due vicende narrative che scorrono parallele avendo come punto di contatto il protagonista Enzo Laganà, giornalista di cronaca nera che lavora per la testata locale di un grande quotidiano nazionale: una legata al microcosmo di San Salvario e l‟ardente contesa fra i musulmani frequentatori della moschea e i suoi abitanti “italianissimi” per il maialino Gino entrato nella moschea del quartiere e ripreso passeggiandosi dentro con la sciarpetta della Juventus al collo; e l‟altra concerne il ritrovamento dei cadaveri di alcuni albanesi e rumeni che attizza la fantasia del protagonista facendogli inventare una “faida” tra le mafie albanese e rumena operanti sul territorio italiano.

Nel secondo romanzo, invece, Lakhous tira fuori la questione dell‟ondata xenofoba e razzista contro i rom e i sinti la quale, a prescindere dai pregiudizi e i cliché persistenti che ritengono i rom dei criminali e invasori, viene provocata, in tal caso, dalla vicenda di un presunto stupro di una ragazza minorenne del quartiere che accusa due giovani rom di averla violentata; la notizia dello stupro porta all‟organizzazione di un corteo anti-rom dal quale si staccano alcune persone che appiccano un incendio alle baracche e alle roulotte del campo rom.

Ciò che emerge da entrambi i romanzi, come anche da quelli precedenti, è la messa in scena del tema dello scontro, dell‟odio e la paura dell‟altro, con quel “altro” che cambia da un

450 Nathalie Galesne, Amara Lakhous, lo scrittore che non conosce confine, in “Babelmed”,

29/12/2013.(http://ita.babelmed.net/letteratura/245-italia/13338-amara-lakhous-lo-scrittore-che-non-conosce- confini.html) .

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romanzo a un altro: in Contesa per un maialino l‟odio e la paura è rivolta agli immigrati musulmani in primo piano, e prima ancora agli immigrati meridionali arrivati al nord Italia nell‟epoca del boom economico trattati spesso con ostilità, disprezzo e discriminazione. E dunque, l‟autore va a sottolineare, attraverso i vari esempi, che in realtà i cliché, gli stereotipi di stampo razzistico non hanno mai smesso di agire sotterraneamente nell‟immaginario collettivo e la cultura di massa italiana.

E come si nota dagli atteggiamenti razzisti degli italiani del quartiere di San Salvario, un perfetto microcosmo della città settentrionale apparentemente multietnica, l‟arrivo degli extracomunitari ha reso, in qualche modo, un grande servigio ai meridionali catalizzando l‟attenzione e l‟odio dei settentrionali “d‟oc” accompagnati in questo caso dai meridionali stabiliti e residenti al nord verso gli stranieri, e non tanto quanto prima nei confronti dei “terroni del sud”, abitualmente chiamati con altri epiteti come “napuli”.

In effetti, nonostante il flusso di milioni di meridionali verso il triangolo industriale del Nord, a partire dagli anni sessanta, abbia mescolato la popolazione italiana, ormai largamente mista, però, in realtà, è servito a poco per ridurre il grado di sfiducia e diffidenza tra le due parti del paese. I meridionali che diventano settentrionali, o ancora quelli di seconda generazione, sono accettati a condizione che riescano a superare la loro supposta “tara” o “difetto” iniziale ovvero nascondendo le loro origini, le loro cadenze e inflessioni dialettali che sono considerate come aspetti di “inferiorità”. Infatti, il protagonista Enzo ne commenta tirando fuori dal baule della memoria alcuni ricordi dolorosi della sua infanzia:

“Io mi ricordo, mi ricordo tutto: le risate dei compagni di classe quando il mio cognome veniva pronunciato: Laganà! Sì, anch‟io mi vergognavo e desideravo un cognome diverso, non calabrese, ma il più nordico nordico nordico possibile. Mi ricordo le domande che mi facevano da piccolo: “È vero che coltivate il basilico nella vasca da bagno?”. E ancora: “Perché siete dei fannulloni?”. Quanto disprezzo, quanta umiliazione. Poi si è pensato che fosse meglio nascondere la merda sotto il tappeto. Voltare pagina senza nemmeno leggerla.”451

Non a caso, in una delle due citazioni iniziali, riportata da La Stampa, Lakhous pone l‟accento su quell‟aria di ostilità e diffidenza nei confronti degli italiani del sud mostrata mediante la lettera inviata al direttore del quotidiano a giugno del 1961 in cui un cittadino meridionale esprime la sua esasperazione nel trovare un alloggio per via del razzismo italiano impegnato contro gli operai meridionali:

“Sono un meridionale sposato, con un bimbo di pochi mesi. Non chiedo piaceri, ma soltanto un alloggio in affitto, dando la massima garanzia di pagamento. Quotidianamente compro La Stampa […] e il mio sguardo cade sugli annunci economici. Nonostante io incominci a tempestare di telefonate gli inserzionisti dalle prime ore per tutta la giornata, trovo sempre l‟apparecchio occupato e se per caso qualcuno risponde, la prima domanda che mi viene rivolta è la seguente: “Lei è meridionale?” Sono spiacente, io non posso”. O altre frasi che mi ripugna scrivere, o magari: “Il nostro alloggio è un ambiente tranquillo e non vogliamo chiasso di bimbi”. Visto che

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non ho l‟onore almeno di spiegarmi e visto che appena sentono parlare un meridionale trovano la scusa dei bambini, vorrei rivolgere a questi signori più evoluti di me alcune parole: Sono e mi sento cristiano e pertanto sono convinto che tutti al mondo, senza distinguere se nord o sud, si trovano persone buone e cattive, con figli o senza figli. Personalmente deploro certa mentalità: come celebrare il Centenario dell‟Unità d‟Italia con questi sentimenti?”452

Attraverso, quindi, la faccenda del maiale Gino, l‟autore sottolinea, con un costante intersecarsi dei toni comici e seri, quanto il razzismo possa essere trasversale adattandosi alle posizioni di chiunque lo utilizza, come ad esempio i contegni del razzismo di alcuni abitanti del quartiere guidati da Mario Bellezza453 contro i musulmani il quale, essenzialmente, prende forma dell‟atteggiamento dell‟elitismo identitario e la tolleranza zero nei confronti dell‟ultimo arrivato per tutelare la purezza e l‟omogeneità degli italiani minacciati dalla forte presenza di stranieri portatori di culture e religioni altre. Il che lo esprime Bellezza stesso con lo slogan della sua campagna anti-immigrazione “Padroni a casa nostra” avente come scopo la chiusura di tutte le moschee e le sale di preghiera e in generale mandare via gli immigrati dall‟Italia, e lo esprime ancora volgarmente:

“Questi bastardi di extracomunitari si comportano da veri padroni a casa nostra. Non se ne può più. È ora di mandarli via con un calcio in culo.”454

Succede, recentemente, che la società italiana moderna, e in generale quella europea, reagisce alla richiesta di ospitalità avanzata dallo straniero, respingendolo ai confini del proprio mondo; i movimenti etnocentrici e nazionalisti non accettano facilmente la differenza dell‟altro e la trasformano in diseguaglianza, esclusione e addirittura in razzismo.

Com‟è ovvio, non esiste soltanto il razzismo degli autoctoni contro le popolazioni immigrate, vi è perfino un razzismo degli stessi stranieri nei confronti di altre minoranze discriminate. Si tratta di una forma di razzismo in cui gli immigrati attingono al bagaglio dei pregiudizi e valutazioni radicati nelle loro mentalità (spesso prodotti dalla cronaca e dai mass media) trattando con sufficienza e spregio altri stranieri o extracomunitari. Proprio perché il razzismo può assumere fattezze e ragioni diverse a seconda della posizione e dei fini di chi lo adotta, in tal caso potrebbe essere una strategia razionale che si rivela utile nella competizione tra gruppi per ottenere più rispetto o ricchezza. Ad esempio, Lakhous mostra quel tipo di razzismo attraverso una conversazione fra il protagonista e la sua donna delle pulizie ucraina Natalija che commenta la faida fra le mafie albanese e rumena con toni stereotipati che affondano le

452 Ivi, p.9.

453 Lakhous rileva, ironicamente, che lo stesso Bellezza non è torinese, ma è un immigrato meridionale sistematosi

a Torino da anni, quindi non autoctono nel vero senso della parola, e ciononostante si sente padrone a casa sua: “Bisogna far sentire la voce degli autoctoni. Mario Bellezza usa proprio la parola “autoctoni”. Devo ammettere che fa uno strano effetto sentirla dalla bocca di una persona come lui, un terrone […] Bellezza batte continuamente sullo stesso chiodo: gli immigrati devono capire una volta per tutte che a casa nostra non possono comandare. (Ivi, p.92).

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radici nella discriminazione nei confronti dei rumeni, ritenendoli responsabili della maggior parte dell‟attività criminale in Italia:

“A Natalija piace commentare i fatti di cronaca, quindi non si può non parlare della faida fra rumeni e albanesi […]

“Mamma mia questi rumeni. Che brutta gente, dottore”. “I rumeni sono come tutti, ci sono i buoni e ci sono i cattivi.” “I carceri sono pieni di rumeni”.

“I delinquenti sono una minoranza”.

“No, dottore. Sono tantissimi. Ma non vede la tv?”. “Non bisogna fidarsi della tv”.

“Io non mi fido dei rumeni, dottore” […]

Vai a spiegarle, e soprattutto a convincerla, che i rumeni sono ortodossi come lei e che ci sono rumeni perbene con famiglie da mantenere e figli da crescere […] Non capisco perché non scatti la solidarietà fra colleghe, visto che la maggioranza delle rumene fa lavori domestici. Niente da fare. Natalija non sopporta i rumeni, non c‟è verso di farle cambiare idea o almeno seminare qualche sano dubbio nella sua mente. Più vado avanti e più mi convinco che il pregiudizio è una malattia incurabile. Non c‟è alcuna medicina o prevenzione che tenga. Che ci possiamo fare?”455

Nell‟altro romanzo, invece, si accentua il tema dell‟intolleranza e i pregiudizi nei confronti dei rom e i sinti, i quali diversi soprattutto per il loro nomadismo da loro gelosamente custodito, suscitano spesso diffidenza e paura nella società modernizzata che non accetta, categoricamente, lo stile di vita nomade.

Ed è proprio per questo che la storia degli zingari rom è costellata da emarginazione ed ostilità: nel romanzo l‟autore ci mostra sia attraverso la voce di Enzo sia con la voce di Patrizia, che abbandona lo stile di vita moderno e il suo lavoro in banca scegliendo quello nomade dei rom e si fa chiamare Drabarimos, quanto vige oggi verso i rom una sorta di regime di apartheid, in quanto spesso lo zingaro viene guardato male e con sospetto quando è in mezzo alla gente. Il rom disturba perché il proprio aspetto fisico non corrisponde a quello che un cittadino italiano è abituato a vedere o a conoscere; oltre ad essere di solito preceduto da una reputazione fatta di pregiudizi persistenti: sporco, violento, furbo, imbroglione, ladro; e dunque si percepisce in lui un pericolo minaccioso e si tende ad emarginarlo, il che contribuisce ad un sempre maggior isolamento e intolleranza.

Nel passo che segue, Lakhous riporta un pensiero abbastanza diffuso fra la gente comune verso gli zingari ovvero il rifiuto dell‟indattamento alla civiltà moderna e la conserva stretta del nomadismo, la cultura, la lingua e le tradizioni. Quella diversità crea disagio e paura, la

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paura che nasce, purtroppo, dall‟ignoranza ben lontana dalla valorizzazione culturale, e che certe volte, come dimostrato nel passo, induce a pensieri nazisti che instillano l‟odio razziale come la proposta di una sterilizzazione delle donne rom o lo sterminio razziale per arginare la diffusione dei rom e sinti ritenuti inadatti e inferiori ai costumi della moderna società civile:

“Purtroppo la discussione prende un‟altra piega […] una signora che lavora alle Poste in via Principe Tommaso sostiene che con gli zingari non c‟è nulla da fare. La partita è persa in partenza. Parlare di integrazione è una perdita di tempo e una presa per i fondelli. Insomma, hanno avuto secoli per adattarsi alla nostra civiltà, alle nostri leggi, alle nostre regole del vivere civile, ma hanno sempre fatto di testa loro. Non hanno mai smesso di dare fastidio e alimentare le peggiori paure. Rubano di tutto, compresi i bambini. Sfortunatamente bisogna prendere atto che questa razza zingara non fa parte dell‟umanità. Allora cosa bisogna fare? Semplice: procedere senza indugi a sterilizzare le donne. Un signore che non ho mai visto prima prende la palla al balzo e ricorda ai presenti che qualcuno (con le palle) aveva già trovato una soluzione per sradicare questa razza inferiore più di sessant‟anni fa.”456

La generalizzazione e il razzismo razziale si vedono ancora nel discorso di Mario Bellezza, cui non manca la volgarità che caratterizza il personaggio, con il protagonista a riguardo dei rom e dei loro bambini:

“Caro Enzo, è ora di fare pulizia. Fuori gli zingari dai coglioni. “Hai spaventato i bambini”. Faccio notare.

“Ma quali bambini! Questi sono piccoli mostri, futuri stupratori […] Non scherzo. Dobbiamo castrarli subito.”457

E infine, nel corteo anti-rom si respirano rabbia e stupore, con accenti razzisti e minacce contro gli zingari che si leggono nei cartelli, negli striscioni e negli slogan inquietanti: “Basta zingari”, “No al buonismo”, “Via gli stupratori delle nostre bambine”, “Zingari stupratori”, “Via ai mostri nelle nostre città”458

; il tutto, infatti, alla fine si conclude con il dare fuoco al campo dei rom vicino il parco del Valentino, cui è attribuita gran parte dei problemi della zona, in primo luogo la violenza sessuale di Virginia, e in secondo luogo il degrado del parco e della zona (sporcizia – insicurezza sociale) divenuto un microcriminalità.

In entrambe le opere s‟individua un sottile filo di critica e ironia contro la retorica politica rivolta dai correnti politici e soprattutto dai media agli elettori e agli spettatori, in questo caso si tratta degli abitanti del quartiere San Salvario puntualmente influenzati dai discorsi politici e mediatici in cui si parla tanto degli stranieri in termini di problematicità sociale e spesso associando l‟aumento della delinquenza e l‟allarme sociale ai flussi migratori.

Gli stranieri costituiscono quindi, per certi versi, bersagli simbolici di diversità sui quali riversare pulsioni aggressive sia di natura individuale che collettiva, e nei cui confronti

456 Amara Lakhous, La zingarata della verginella di via Ormea, op.cit, pp. 36-37. 457 Ivi, p.41.

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operare interventi politici e mediatici finalizzati appunto alla gestione del controllo e del consenso sociale, con il cosiddetto compito di difendere la patria e i propri valori e identità nazionali che vede l‟immigrato una minaccia costante all‟identità italiana. Ed infatti, con la tendenza del martellante sistema mediatico e il suo straordinario potere suggestivo all‟assimilare tout cout fra immigrazione e criminalità, oppure al pericolo della perdita dei valori collettivi nazionali, qualora anche culturali e religiosi, che l‟odio, gli stereotipi e i pregiudizi contro gli immigrati non possono altro che auto-alimentarsi e rafforzarsi continuamente459.

Prendiamo qui due esempi dove nel contenuto degli articoli della testata locale, presso cui lavora il protagonista, prevale l‟interesse giornalistico di consolidare la minaccia costituita dagli stranieri e dalla loro delittuosità a Torino. Nel primo caso si tratta dello scoop della lotta vendicativa fra le cosche mafiose rivali albanese e rumena, e nel secondo si ribadisce la presunta pericolosità dei Rom e Sinti e la necessità di reagire rigidamente contro la crisi zingara in nome della sicurezza pubblica; ciò che connota i due articoli è la presenza dei temi allarmistici nei quali appare sempre il binomio straniero-criminalità:

“A sinistra c‟è l‟editoriale del direttore Salvini del titolo ALLA RICERCA DELLA SICUREZZA PERDUTA: […] La sicurezza è un bene prezioso per il nostro paese. I cittadini pagano, attraverso le tasse, per mantenerla. I fatti di cronaca che coinvolgono cittadini stranieri sono aumentati nell‟ultimo periodo. La criminalità straniera è diventata una realtà innegabile. Assistiamo, preoccupati e angosciato, a un‟escalation di violenza nelle nostre città. E questo il nostro giornale documenta giorno dopo giorno. Adesso il nostro cronista Enzo Laganà ci informa che un regolamento di conti è in corso tra criminali albanesi e rumeni sul territorio italiano, nella nostra bella Torino, la prima capitale dell‟Italia dopo l‟Unità, la città del miracolo economico.”460 “Guardo a sinistra, c‟è l‟editoriale di Salvini […] questa volta ha scelto un titolo combattivo: QUANDO REAGIREMO?: “Una società viva e sana possiede sempre anticorpi per difendersi e soprattutto per reagire. L‟Italia è sotto anestesia. E la tristissima e scomoda verità. Ormai siamo un Paese vecchio e stanco. Perché non riusciamo a reagire? Questa domanda ci interpella oggi più che mai perché ci troviamo di fronte a una grande tragedia accaduta ieri a Torino. In un quartiere popolare è stata stuprata una bambina di quindici anni da due rom. Una cosa indescrivibile. Una famiglia perbene distrutta dal dolore. […] Bisogna alzare la voce e gridare: abbiamo paura. Sì, questi stranieri violenti rendono la nostra vita quotidiana insicura. Tutti concordano che così non si può andare avanti. Occorre avere il coraggio e l‟onestà intellettuale di ammettere che esiste un‟emergenza zingara in questo benedetto paese. Quando reagiremo? Quando?”461

Quindi, uno dei temi principali su cui ribatte Lakhous è, in poche parole, l‟ideologia anti- stranieri, condivisa e diffusa in Italia da tante persone e da tanti movimenti, e non da ultimo anche attraverso i media. Il pubblico ricettivo di quell‟ideologia solleva le preoccupazioni

459 Per maggiori informazioni veda Ernesto Calvanese, Media e immigrazione tra stereotipi e pregiudizi. La rappresentazione dello straniero nel racconto giornalistico, Milano, Franco Angeli, 2011.

460 Amara Lakhous, Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario, op.cit, p.29. 461 Amara Lakhous, La zingarata della verginella di via Ormea, op.cit, p.38.

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riguardanti l‟aumento della discriminazione e l‟uso linguistico offensivo nei confronti degli stranieri ma anche a una probabile crescente violenza. Il che lo mettono in evidenza i romanzi dell‟autore italo-algerino dove i rom, i musulmani e gli stranieri generalmente non sono visti di buon occhio a Torino. Va detto comunque, che i romanzi sono del tutto realistici in quanto i sondaggi degli ultimi anni mostrano chiaramente che le opinioni dei popoli europei sugli immigrati sono piuttosto negative. Ad esempio, un sondaggio condotto dal Pew Research Center, un‟organizzazione di ricerca indipendente americana, in diversi paesi europei a giugno del 2016462, con una parte sulla percezione delle minoranze, sembra affermare che l‟Italia è al primo posto per quanto concerne la posizione intollerante degli italiani proprio nei confronti dei rom, con una percentuale di visione negativa dell‟82%; non va meglio neanche l‟opinione sui musulmani, i quali sempre più alla ribalta a livello sociale, politico e pubblico e una reputazione peggiorata costantemente, giacché il 69% degli intervistati italiani non ne avrebbe una buona opinione che in certi casi risulta anti-islamica o islamofobica.

D‟altronde, si nota in Contesa per un maialino una centrale critica ai meccanismi con cui nascono le notizie di cronaca e con cui si parla di argomenti scottanti come l‟immigrazione i quali, senz‟altro, hanno una stretta correlazione con la vendita dei quotidiani. In tal modo, l‟autore presenta il caso della faida fra i mafiosi albanesi e rumeni, una notizia di cronaca nera del tutto infondata, come uno scoop del protagonista senza il minimo impiego della deontologia professionale, inventandosi tutta la vicenda e le successive dichiarazioni e interviste dei fonti.

Il modus operandi di Enzo Laganà pare applicare con rigore le teorie di Joseph Paul Goebbels463, ministiro della Propaganda nel Terzo Reich dal 1933 al 1945, per cui l‟importante è pompare una notizia malgrado sia falsa, a patto che abbia le radici in