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La strada dei Fiori di Miral e La sposa di Assuan di Rula jebreal

1.3 La strada dei fiori di Miral

Nel suo romanzo d‟esordio, La strada dei fiori di Miral, che a tratti ha le qualità della cronaca, la velocità dell‟informazione, piuttosto che un andamento letterario, la Jebreal ripercorre in primo luogo la vita di Hind Husseini, una donna nobile palestinese che fondò nel 1948, a seguito del massacro di Deir Yassin, ai piedi del Monte degli Ulivi a Gerusalemme il celebre Dar al-Tifl al-Arabi, inizialmente un orfanotrofio, trasformatosi nel tempo in un istituto che dà istruzione e ospitalità a migliaia di bambini palestinesi; in secondo luogo parallelamente alla storia della Husseini, viene gettata luce sulla storia del conflitto israeliano palestinese con diversi cenni storici alla Nakba, la catastrofe del 1948, la creazione dello stato d‟Israele, lo smembramento della Palestina e l‟espulsione di centinaia di migliaia di cittadini palestinesi dalla loro terra o in campi profughi o alla diaspora.

In terzo luogo, la voce narrante si concentra sulla vita di Miral, un personaggio principale nel romanzo, una palestinese orfana di madre all‟età di cinque anni, affidata a Dar Al-Tifl insieme a sua sorella dal padre, Randa, dopo la morte della madre in circostanze poco chiare sulla spiaggia di Jaffa.

Attraverso il ritratto appassionato della giovane Miral e del suo incontro con Hind Husseini, la Jebreal racconta la storia di formazione della giovane protagonista, offrendo al contempo

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una testimonianza delle sue stesse esperienze da giovane palestinese scissa fra la necessità di una lotta legittima (rivolta popolare e la prima Intifada) e l‟aspirazione a una pace giusta. In effetti, la vita della protagonista è quasi interamente basata sulle esperienze personali della Jebreal, anche lei orfana di madre, affidata dal padre, l‟imam di una moschea al collegio di Hind Husseini, dove cresce e consolida la sua identità palestinese. Inoltre, anche il contatto fra le allieve del collegio e i ragazzi dei campi profughi, cui fanno da istruttori e insegnanti, è d‟ispirazione fortemente legata all‟esperienza biografica della scrittrice, la quale racconta in più di un‟intervista della sua attività volontaria giovanile nei campi profughi vicino Ramallah dove andava una volta a settimana per insegnare ai bambini; così come il trascorrere delle villeggiature estive dalla zia materna a Haifa dove regna la compresenza multireligiosa e multietnica. A proposito del modello di convivenza fra arabi ed ebrei che rappresenta Haifa, fa notare la Jebreal in un‟intervista ad Alessandra Di Pietro:

“Quell‟autobus che aspettavo mi avrebbe portata ad Haifa dalla sorella di mia madre dove passavo l‟estate. Quando arrivai, trovai la zia e la sua vicina israeliana che mi abbracciò forte accogliendomi con affetto. Lì, come sempre, avrei giocato per tre mesi con le mie cugine e le loro amiche israeliane, letto i libri di Abraham Yeoshua, Amos Oz e David Grossman, imparato l‟ebraico moderno.”568

Il romanzo si apre con una sorta di necrologio, la notizia della morte di Hind Husseini che si diffonde in tutta Gerusalemme e viene accolta come una doccia fredda da tutti gli abitanti profondamente tristi e angosciati per la perdita di uno dei simboli della loro città. La voce narrante in terza persona è onnisciente, descrive lo stato della profonda amarezza dei palestinesi ad accogliere la notizia, e in seguito i riti del funerale. È particolarmente bella l‟immagine delle porte di Gerusalemme cui viene paragonata Hind Husseini, considerata anche lei un altro pilastro importante della Città Santa:

“All‟alba del 14 novembre 1994 i quartieri arabi di Gerusalemme furono scossi da un fremito. La notizia della morte di Hind Husseini si diffuse di casa in casa ancor prima che Radio Gerusalemme la trasmettesse. […] La bara stava uscendo dal collegio Dar Al Tifel. Quel luogo, adagiato ai piedi del Monte degli Ulivi, di fronte alla Città Vecchia, era stato tutta la sua vita […] Alle finestre delle case dei quartieri arabi pendevano bandiere palestinesi, e chi non era sceso in strada gettava manciate di sale, riso o fiori dai balconi, applaudendo per onorare una donna che aveva vissuto con coraggio e umiltà. Persino gli uomini avevano le lacrime agli occhi […] La sensazione di tutti, quel giorno, era che Gerusalemme avesse perso uno dei suoi simboli, come se improvvisamente una delle sue porte si fosse chiusa per sempre.”569

La figura femminile della Husseini è di grande importanza nella società palestinese, in quanto fondatrice della prima struttura a Gerusalemme che accoglieva e educava i bambini orfani nei tempi di guerra, oltre ad essere una figura di riferimento importante nella vita della stessa autrice, che cercò sempre di allontanarla dalle vie della violenza e di far crescere in lei

568 Alessandra Di Pietro, "Rula Jebreal: Cosa si prova a crescere da nemica", 19 febbraio 2009.

(https://alessandradipietro.it/2009/02/19/cosa-si-prova-a-crescere-da-nemica-la-mia-intervista-a-rula-jebreal/).

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i valori dell‟istruzione e in specie per le donne, non solo come fonte di crescita ma per il bene di tutto il Paese, poiché come ripeteva Hind, “saranno loro a costruire la nostra futura Palestina”.570

Anche a questo proposito, commenta la Jebreal:

“Ho scritto il romanzo nel 2003 […] soprattutto come omaggio al mio mentore, Hind Husseini, che mi ha insegnato il valore della cultura e dell'educazione per arrivare alla pace; all'amore di mio padre e all'amore della mia terra. È la storia di una ragazzina piccola in una storia grande: Miral non sono solo io, ma tutte le ragazzine che vivono lì ancora oggi". Anche perché […] le donne e i bambini sono le prime vittime della guerra. […] In Medio Oriente, se le donne non hanno accesso all'educazione hanno solo due scelte: fare la sposa bambina a tredici anni, o finire nelle mani dei fanatici".571

Il romanzo è diviso in quattro parti con dentro una serie di punti dedicati a tanti personaggi principali e secondari. La prima parte ripercorre alcune tappe della biografia della Husseini ed in particolare la sua infanzia e la giovinezza, con diversi analessi e flashback agli ultimi momenti della sua vita oltre alle reazioni popolari dopo la sua morte. Le vicende biografiche racchiudono in sé esperienze, tratti interessanti e significativi da costituire un motivo di interesse letterario e sociale. Per esempio, attraverso la biografia di Hind, si viene a conoscere la condizione della donna palestinese all‟epoca, e quanto sua madre, una nobildonna palestinese e vedova di un giudice dell‟Impero ottomano, insisteva che la figlia ricevesse un‟ottima istruzione, a differenza dell‟idea che era diffusa allora che il compito delle donne era di cercare la realizzazione della loro personalità come mogli e madri e che l‟istruzione era un privilegio esclusivamente maschile.

Il 1948 fu un anno importante nella vita di Hind, in quanto era l‟inizio del suo lavoro sociale, uno spazio in cui dimostrò la sua validità personale. A partire da un lavoro volontario per combattere l‟analfabetismo nella Palestina oltre alla promozione di aprire nuove scuole anche nei villaggi, organizzato insieme ad alcune colleghe della Scuola musulmana femminile di Gerusalemme, dove insegnava, fino infatti alla fondazione di Dar Al Tifel Al-Arabi nel settembre dello stesso anno.

Del personaggio femminile sono messe in rilevanza alcune caratteristiche quali la determinazione, l‟intelligenza, la ferrea volontà, la fermezza, la positività ma soprattutto il coraggio in tutte le situazioni.

La narrazione si sofferma sul racconto del massacro di Deir Yassin, avvenuto il 9 aprile del 1948, data divenuta storica nell‟interminabile storia del conflitto israeliano palestinese. Il massacro perpetrato dalle milizie dell‟Irgun con il beneplacito dell‟esercito ufficiale israeliano, l‟Haganah, desse l‟avvio all‟esodo di migliaia di palestinesi terrorizzati da un destino simile a quello degli abitanti del villaggio. Il tragico bilancio di quel massacro fu di

570

Ivi, p.25.

571 Claudia Morgoglione, "Una ragazzina nell'inferno mediorientale "Miral", inno alla pace di Rula e Julian", in

"La Repubblica", 2 settembre 2010.

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254 morti572 mentre numerosi furono gli orfani e i bambini abbandonati per disgrazia nella fretta della fuga. Molti di questi ultimi ebbero la fortuna, in quell‟occasione, di imbattersi nelle vicinanze del Santo Sepolcro in una donna diventata simbolo della filantropia, che vede nell‟istruzione e nell‟educazione, il miglior modo di resistenza del suo popolo. L‟incontro della Husseini con i bambini profughi di Deir Yassin, è riportato con i minimi dettagli nel romanzo:

“Il 9 aprile 1948, non appena una pausa dei combattimenti glielo permise, Hind si recò nella Città Vecchia, invitata dal governatore a una riunione sull‟emergenza profughi. […] Nei pressi del Santo Sepolcro, Hind s‟imbatté in un gruppo di bambini. Erano una cinquantina circa, alcuni seduti sul bordo del marciapiede, appoggiati gli uni agli altri, altri immobili sul ciglio della strada, come in attesa di qualcuno. Avvicinandosi notò che i più piccoli erano scalzi, piangevano e avevano le guance sporche di fango e i capelli impastati di polvere. Hind chiese spiegazioni alla bambina più grande, che dimostrava all‟incirca dodici anni, indossava pantaloni strappati e una camicia con le maniche sdrucite […] Zeina raccontò a Hind di aver udito spari per tutta la notte nel proprio villaggio, Deir Yassin, e di aver visto le case andare a fuoco, anche la propria. Aveva cercato i genitori urlando fra le lacrime, ma il rumore degli spari era troppo forte. Così si era nascosta. La mattina, improvvisamente, alcuni uomini armati l‟avevano presa e portata nella piazza centrale. Lì c‟erano altri bambini […] li avevano fatti salire su un camion, tutti insieme. Poi li avevano scaricati lì senza dire una parola. […] Erano inebetiti dal rumore degli spari, rigidi, quasi impietriti. Hind prese in braccio il più piccolo e disse agli altri: “Venite tutti con me, vi porto via di qua.

Per arrivare alla casa di Hind quello strano corteo dovette attraversare tutta la Città Vecchia. Chi li vide passare rimase colpito dal contrasto tra quel piccolo esercito di bambini scalzi e seminudi e l‟elegante ragazza che lo guidava”573

Si accenna, anche, alla rappresaglia dei guerriglieri palestinesi avvenuta nel 13 aprile 1948574, quando un convoglio medico blindato da miliziani Haganah che percorreva la strada che dall‟Hadassah Hospital portava al Monte Scopus, venne attaccato un gruppo armato arabo causando la morte di settantotto persone, soprattutto ebrei, tra medici, infermieri e soldati israeliani. Bisogna ricordare però che il massacro Deir Yassin e quello del convoglio della Hadassah Hospital non saranno né i primi né gli ultimi opportunistici atti di violenza compiuti contro i civili da entrambe le parti. 575

Si parla anche della questione finanziaria troppo limitata dell‟Istituto, e di come la Husseini, grazie anche ad una lunga rete di conoscenze, cercava di raccogliere i fondi

572 Nel romanzo si cita la relazione della Croce Rossa Internazionale, dove sono descritti le brutalità e gli orrori

del massacro in una conversazione fra Hind Husseini e Anwar Al Khatib, il governatore di Gerusalemme, e sull‟utilizzo della strage, da parte delle bande sioniste, per seminare il terrore anche nella popolazione palestinese rimasta e obbligarla ad abbandonare i villaggi. (Cfr. Rula Jebreal, La strada dei fiori di Miral, op.cit, pp.26-28).

573 Rula Jebreal, La strada dei fiori di Miral, op.cit, pp.19-22. 574

Si noti che la data dell‟attacco riportata nel romanzo presenti un evidente refuso non emendato, in quanto si legge la data con l‟anno sbagliato “13 aprile 1949” invece che nel “1948”.

575 Per maggiori informazioni su entrambi i massacri, veda Ernest Tucker, The Middle East in Modern World History, New York, Routledge, 2013, pp. 207- 208.

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attraverso le piccole e grandi donazioni di singole persone e aziende e imprese arabe, soprattutto dei paesi del Golfo, per garantire al collegio il denaro necessario per poter assumere insegnanti preparate ma anche per poter ampliare Dar Al Tifel e costruire nuovi edifici (sia scuole sia dormitori per le allieve). La strategia del collegio si basava alla necessità di predisporre un posto accogliente per le bambine e le ragazze abbandonate, scampate alla guerra o orfane di un genitore o di entrambi dove poteva trovare serenità, educazione e istruzione, ed è proprio per questo che la struttura dopo quasi vent‟anni diventò un collegio femminile dopo che era nata principalmente come un orfanotrofio misto:

“Hind era convinta della bontà di questa decisione, perché sapeva che nei casi di abbandono le donne erano i soggetti più deboli, e senza un‟adeguata istruzione sarebbero state condannate all‟emarginazione sociale […] Con il passare degli anni Dar Al Tifel divenne non solo una scuola rinomata, ma anche un simbolo per tutti gli arabi di Gerusalemme. Il solo fatto che esistesse, infatti, era rassicurante.”576

Nel collegio, Hind mise a punto il suo progetto educativo: dalle scelte didattiche ai programmi scolastici, e in particolare la disciplina abbastanza rigida, con regole e orari precisi da rispettare, e il rapporto di sostegno-aiuto fra le insegnanti e le studentesse grandi che dovevano prendere cura di quelle più piccole. Inoltre, come viene sottolineato, le allieve dotate “ se lo avessero voluto, sarebbero potute diventare insegnati a loro volta.”

Il confronto, il dialogo e il sostegno sono gli aspetti più profondi del sistema pedagogico del collegio. E quanto a Hind stessa, nel corso della lettura del romanzo, ma soprattutto nella terza e quarta parte dedicata alla storia di Miral, la vediamo molto immersa nella vita delle sue allieve cercando sempre di darle consigli e di allontanarle il più possibile dalle attività politiche per evitare che le autorità israeliane potessero decidere di chiudere l‟Istituto privando molte altre ragazze dalla possibilità d‟istruzione. S‟impegnava a costruire un contatto diretto con i problemi quotidiani delle ragazze, di ascoltarle e aiutarle, così che molte ragazze di Dar Al Tifel la chiamavamo “mamma”, perché per loro era diventata confidente e consigliera, rompendo il rapporto schematico preside-allieva.

Su questo rapporto così particolare, si possono citare due esempi dal romanzo: il primo riguarda la storia di studentessa di nome Aziza, il cui zio voleva dare in sposa al figlio contro sua voglia all‟età di quindici anni obbligandola a lasciare la scuola e a fare soltanto la moglie. Allora Hind intervenne in favore della ragazza difendendola dal matrimonio precoce e forzato e sostenendo la libera scelta personale della ragazza senza badare minimamente alle minacce dello zio:

“La ragazza è irremovibile, non vuole sposare il cugino. Hind sorride […] per lei la volontà della ragazza è l‟unica cosa che conta. Dopo averla congedata fa rientrare lo zio. “Mi dispiace […] Aziza è contraria a questo matrimonio. Ora lei mi capisce […] non posso costringere sua nipote a

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fare un passo del genere se non lo vuole”. Lo zio si infuria, si alza in piedi e stringendo il pugno destro minaccia di denunciarla alle autorità. Per nulla toccata, Hind non cambia idea.”577

Il secondo invece concerne la storia di un‟altra allieva, amica di Miral, di nome Amal, la quale viene da una famiglia campagnola che vive in un villaggio palestinese nei pressi di Ramallah. Orfana di padre, Amal è affidata al collegio dalla madre che però torna tutte le estati per prendere la figlia a passare le vacanze da lei e adempiere al suo dovere di aiutare nel lavoro nei campi della famiglia. Durante una di queste vacanze estive, la ragazza s‟innamora di un suo compaesano il quale muore in una manifestazione anti-israeliana cui ha partecipato per puro caso, e lei dopo un po‟, scopre di essere incinta. Al suo rientro a scuola, Amal entra in uno stato di silenzio, e le insegnanti notano un calo nel suo rendimento scolastico, ma anche dei sintomi strani che in qualche modo somigliano ai classici sintomi della gravidanza ovvero nausea, vomito e stanchezza. A quel punto, la Husseini decide di farla visitare dal medico del collegio che conferma la gravidanza della ragazza. Dal confronto con la madre, Hind rimane delusa dopo che la madre ripudia la figlia dopo lo scandalo che ritiene un evento funesto incolpando la figlia che ha commesso un errore così grossolano. Così Hind decide di farla abortire pur essendo una scelta difficile ma la vede come unica alternativa per il bene di Amal. Dalla conversazione fra la madre e la Husseini si nota una sorta di contrasto fra l‟atteggiamento freddo e irresponsabile della mamma e la razionalità e il sentimento protettivo quasi materno della preside che prende subito le difese della ragazza minorenne:

“Ora, per quanto riguarda sua figlia dovremmo…”

“Io non devo proprio niente, signora mia. Quella lì non la voglio più vedere, ci ha disonorati” esclamò la madre di Amal mentre due lacrime di rabbia le scendevano sul viso.

Hind, che non poteva sopportare quella situazione paradossale in cui la vera madre sembrava lei, si alzò di scatto e […] disse: “Bene, allora non avrà certo difficoltà a firmare questo foglio per l‟aborto” […] La madre si limitò a scrollare le spalle, e con una calligrafia incerta si apprestò a firmare il foglio. […] “Sua figlia è ancora una bambina, non si rende neppure conto di quello che ha fatto. E lei vuole punirla, privandola dell‟affetto di cui ora più che mai ha bisogna. Questo è imperdonabile. È necessario pensare al suo futuro. E adesso se ne vada, e non si disturbi a tornare l‟estate prossima a prendere Amal.”578

L‟ultimo capitolo della vita della Husseini è segnato dalla malattia; il carcinoma del sangue, una leucemia acuta che aveva indebolito fortemente il suo fisico, però a sentire la notizia di una possibile nascita di uno Stato palestinese, dopo gli accordi di Oslo, diviene più serena, felice e piena di speranze.

Gli accordi di Oslo, la cosiddetta “Dichiarazione dei Principi”, sono stati siglati ufficialmente il 13 settembre del 1993, dopo una lunga serie di intese segrete e pubbliche fra le delegazioni

577 Ivi, p.137. 578 Ivi, pp.159-160.

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israeliane e quelle palestinesi, sul prato davanti alla Casa Bianca dal ministro degli Esteri israeliano Simon Peres e da Mahmud Abbas, in veste di negoziatore dell‟OLP, alla presenza di Bill Clinton, Ytshaq Rabin, Yasser Arafat, Warren Christopher e il ministro degli Esteri della Federazione russa Kozyrev. Secondo l‟accordo, durante i cinque anni successivi del “periodo ad interim” i palestinesi avrebbero realizzato forme sempre più estese di autogoverno, mentre una serie di negoziati sui problemi relativi allo status permanente avrebbe dovuto condurre nel giro di tre anni alla creazione di quello che per tutti sarebbe diventato un vero stato palestinese nella maggior parte dei territori conquistati da Israele nel 1967.579

L‟agonia di Hind Husseini fu lunga e dolorosa tollerata con forza esemplare, ma infine il cancro ha vinto e la portò alla tomba il 13 settembre 1994. La sua morte causò un dolore immenso a tutto il popolo palestinese, e in particolare alle sue allieve, che furono loro, infatti, le protagoniste del funerale, un rito che solitamente nel mondo islamico vedeva tra i primattori solo uomini. Una scena di sfida e di coraggio è ben descritta nel romanzo, in cui le donne del collegio dimostrano di essere le vere eredi di Hind, cioè emancipate, audaci e intraprendenti, pronte a sfidare gli ostacoli e a rompere gli schemi e regole impliciti e tabù consolidati. Si tratta dell‟azione coraggiosa delle donne del collegio che hanno insistito di restare con la bara della Husseini fino alla sepoltura, nonostante, secondo i riti islamici dell‟epoca, era solo consentito agli uomini seguire il feretro fino al cimitero:

“Quando la bara uscì dalla moschea stracolma di fedeli, le donne avevano il capo coperto da un fazzoletto bianco in segno di purezza […] Il corteo si avviò in direzione del cimitero. Qui un nutrito gruppo di donne, sfidando i precetti del Corano e l‟autorità del mufti che le ammonì di allontanarsi, si rifiutò di abbandonare il luogo della sepoltura. Il mufti ebbe un acceso diverbio con una di loro, un‟anziana insegnante di Dar Al Tifel […] Zeina, le disse “ti prego, non