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Pluralità dei registri linguistic

L‟ultimo aspetto da rilevare nei due romanzi è quello della pluralità del registro linguistico: da quello dialettale a quello dell‟uso di frasi e termini stranieri che fa capolino di tanto in tanto; a quello specialistico del giornalismo e a quello della parlata popolare quotidiana.

Le scelte linguistiche nei due romanzi descrivono alla perfezione i vari personaggi: ad esempio si nota, il registro giornalistico si fa sentire nel romanzo tramite il protagonista Enzo e i tanti pezzi di articoli del giornale riportati nel romanzo.

Cito qui, anche un passo significativo in cui il protagonista stesso spiega l‟importanza del titolo in un articolo, sottolineando quanto le indicazioni grafico-espressive dei titoli determinano la fisionomia della testata e ne indicano il carattere, consentendo quella che viene definita come “doppia lettura” ovvero la possibilità per il lettore non solo di informarsi mediante le parole chiave contenute nel titolo, ma anche di costruire un legame intersoggettivo tra giornalista e lettore. Inoltre, si rivela quanto il tono del titolo dell‟articolo di Enzo come peraltro il contenuto dell‟articolo, manipolato dal direttore e dal caporedattore, rispecchia una condanna a priori nei confronti dei rom attraverso le accentuazioni in negativo, le notazioni critiche espresse in modo preciso e l‟incentivazione all‟allarme sociale:

“Approfitto per dare un‟occhiata al giornale, al mio giornale. Il titolo della prima pagina non lascia spazio alle interpretazioni. Più diretto e chiaro di così si muore. ROM STUPRANO UNA RAGGAZINA ITALIANA. Non promette niente di buono. Se il buongiorno si vede dal mattino, gli articoli si vedono dai titoli. Sotto c‟è il nome e il cognome del sottoscritto. Bravo Enzo. Vado a leggere il mio articolo, anzi l‟articolo che Salvini e Maritani hanno cambiato, manipolato, falsificato […] Hanno aggiunto un po‟ di roba, frasi e parole ch non appartengono al mio vocabolario […] Luciano si impunta soprattutto sul titolo […] secondo lui ci sono tutti gli estremi

504 Ivi, p.119. 505 Ivi, p.63. 506 Ivi, p.117.

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per evocare l‟incitamento all‟odio razziale. A preoccuparlo non è l‟aspetto giuridico (a nessuno importa dei rom), ma quello morale. Che fine ha fatto il fottuto codice deontologico dei giornalisti? È giusto criminalizzare tutto il popolo rom? […] Gli racconto come sono andate le cose. Mi soffermo a lungo sulla storia del condizionale che Salvini ha trasformato in presente affermativo.”507

Per quanto riguarda il versante plurilinguistico, la lingua di Lakhous è vicina allo standard, e la presenza di termini dialettali e di forestierismi è data da una spinta realista. Così per esempio spiega la presenza di un unico dialetto cioè il dialetto calabrese cosentino, in entrambi i romanzi, impiegato in primo luogo dalla madre del protagonista e da egli stesso in maniera più ristretta e funzionale come indicatore sociolinguistico. Esempi di alcuni aspetti morfologici tipici di tale dialetto si vedono in frasi, termini e proverbi come: “Enzu‟ […] Si‟ statu fora da casa quattru iuorni”508

(dove il verbo essere è coniugato con la seconda persona singolare all‟indicativo passato con l‟ausiliare essere in dialetto “sì statu”, oltre ai termini calabresi come “fora”, “quattru” e “iuorni”); “fai „i capa tua”509; “Alla casa mia parru cumu me piacia”510; “‟u copriletto tua”511; “mi sta‟ distruggiennu „a salute”512; “ c‟è „u rischiu ca

cada supra a capa di qualche povero disgraziato”513; “figliu mia, tieni quarantun anni. Te

manca „n annu pe‟ te spusa‟. Dopu „un se po‟ fa‟ chiu‟ nente”514

.

Inoltre, nel romanzo si notano alcuni dei proverbi calabresi disseminati che offre la cultura locale e fungono da espressione della saggezza popolare. Esempi raccolti in entrambi i romanzi: “I guai da pignata i sapi a cucinara chi i gira”515

; "Cu pecura si faci, u lupu sa

mangia"516; “Na nuci ndo saccu non scrusci”517; “Chine nascia rutunnu non mora quadratu”518.

Dalla lettura delle due opere, salta all‟occhio l‟uso diffuso dei forestierismi: in Contesa per

un maialino si individuano diversi termini francesi, inglesi, albanesi e rumeni; mentre ne La zingarata della verginella il testo si fa poliglotta impiegando i diversi termini e locuzioni sia

in latino che in romanes (detto anche romanì) cioè la lingua vernacolare dei rom, ma anche alcuni francesismi. Tutti quanti, sono sempre riportati in corsivo e spesso con la traduzione o la spiegazione dei termini. L‟impiego di differenti lingue straniere in entrambi i romanzi da una parte crea la dovuta atmosfera oltre a contribuire alla caratterizzazione del parlare di ogni personaggio, mentre, invece, ogni traduzione trascrive molto semplicemente il termine utilizzato nel corpus del testo senza note a piè pagina.

Ad esempio, nei capitoli narrati da Patrizia ne La zingarata della verginella, l‟autore opta per l‟impiego di tanti latinismi nel registro della voce narrante femminile che serve come un tocco

507 Amara Lakhous, La zingarata della verginella di via Ormea, op.cit, pp.37-39. 508 Amara Lakhous, Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario, op.cit, p.27. 509 Ivi, p.28.

510 Ivi, pp.33-34. 511 Ivi, p.60. 512 Ivi, p.113. 513 Ibidem.

514 Amara Lakhous, La zingarata della verginella di via Ormea, op.cit, p.58. 515 Ivi, p.146.

516 Ibidem. 517 Ibidem.

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di particolarità troppo distante dal comune, funzionale alla caratterizzazione linguistica519 e la definizione sociale del personaggio.

Esempi di locuzioni latine che appaiono nel romanzo, sempre seguite da una traduzione, sono: “Nihil est dictu facilius”520, “Acta est fabula”521, “Omnia fert aetas”522, “Vox populi, vox

Dei”523, “Bene vixit qui bene latuit”524

.

In breve, le scelte linguistiche di Lakhous, ovvero variare i registri e la lingua impiegata nei romanzi fra dialetti e forestierismi per quanto può servire ai suoi personaggi, potrebbero assumere un peso critico cospicuo se vengono inquadrate entro una più ampia panoramica generale che interessa l‟evoluzione della narrativa migrante italiana, e ciò è spiegabile considerando che, come commenta Laura Mancini, “l‟uso del dialetto e plurilinguismo faccia segno di una più profonda penetrazione nell‟humus culturale della destination

culture italiana”.525

519 La protagonista nel secondo capitolo, spiega e giustifica l‟uso ricorrente dei latinismi nella sua parlata:

“Crescendo ancora ho preso cotta per il latino. Non so come sia successo. Forse mi ero innamorata del professore, oppure ero affascinata dalla sfida di salvare dall‟oblio una lingua “morta”. Ancora adesso continuo a usare molto i proverbi latini, che mi piacciono da morire. Mi fanno sembrare una persona molto colta, o forse solo una vecchia professoressa, chissà. (Amara Lakhous, La zingarata della verginella di via Ormea, op.cit, p.28). 520 Ivi, p. 25. 521 Ibidem. 522 Ivi, p.51. 523 Ivi, p.76. 524 Ivi, p.144.

525 Laura Mancini, La lingua di “Divorzio all‟islamica a viale Marconi”, pubblicato nella rivista Flanerì, 11

giugno 2011.

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Capitolo II