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Un‟altra chiave di lettura individuabile ne La straniera è l‟esotismo; dato che il romanzo esotico, in generale, è soprattutto un tentativo di evocare un mondo “diverso”, lontano ma pur sempre in rapporto con un mondo conosciuto, familiare, come quello europeo. L‟obiettivo dell‟autore è di fornire una rappresentazione dell‟alterità, e d‟altronde mischiare piacere ed etica nella narrazione.

La luna, il deserto, la sabbia dorata, i ginn, le canzoni di Abduh el Hamuli, Sayed Darwish e Umm Kalthum, il pane del forno di terracotta, le tende dei beduini, la caccia alle gazzelle, i cammelli, la melodia della rababa, gli odori del tè e del caffè al cardamomo, oltre alla citazione di personaggi folkloristici marocchini come Aisha Qandisha puntellano una narrazione estetizzante del Medio Oriente che inebria il lettore, felice di conoscere gli elementi dell‟esotico mondo arabo.

Grazie ad entrambi i protagonisti (l‟Architetto e Amina), Tawfik riesce a presentare delle raffigurazioni del mondo arabo, con sottolineature di costumi e di tipologie ambientali dal fascino pittoresco, e, altresì, la scelta di introdurre, nel testo, degli inserti plurilingui che vanno dall‟intelligibilità piena del contenuto a un maggiore grado di attività e partecipazione del lettore.

Prendiamo due esempi dal romanzo di questa messa in evidenza degli elementi esotici: in primis, l‟interessante presentazione di figure attinenti alla cultura islamica e al folklore marocchino: i ginn e Aisha Qandisha; e in secondo luogo, l‟importante ruolo che assumono le canzoni di Umm Kalthum nella trama dell‟opera.

Nell‟incipit del romanzo si delinea immediatamente questa esposizione esotica dei ginn, figura mutevole e inafferrabile creata dal fuoco, è di rilievo nella cultura arabo-islamica e nel Corano e sono difficilmente descrivibili con parole della lingua occidentale. Potrebbe essere definito una sorta di genio o spiritello, a volte maligno e a volte benevolo, molto spesso dispettoso e incute paura nelle concezioni popolari. Infatti, sulla natura timorosa dei ginn, fa riferimento il protagonista dicendo:

“Strano è l‟amore. Uno di quei ginn dalle mille teste che ci incanta e poi ci divora.”120

Torna di nuovo quella figura nel romanzo, attraverso la storia di Amina con Sidi Ahmed; qui i rapporti complessi tra ginn, umani e spiriti si complicano, per via di una sovrapposizione di elementi diversi per origine, provenienza e culti popolari. Si scopre che i ginn hanno il potere di punire l‟uomo, attraverso l'afflizione intenzionale di una certa sofferenza; artefici di molte malattie e di vari tipi d‟incidenti, capaci di possedere un uomo per pura malignità, oppure per altre ragioni non fondamentalmente malvagie per utilizzarlo come un veicolo fisico in un

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piano dimensionale a loro non accessibile. Tuttavia, si pone l‟idea di quegli esseri umani che possono sfruttare i ginn a loro vantaggio con certe procedure magiche, com‟è, appunto, il caso di Sidi Ahmed:

“Lui non aveva nulla a che fare con la religione, ma si faceva chiamare fqih […] Curava la gente con le erbe, scriveva ricette e talismani per qualsiasi cosa e praticava anche l‟esorcismo. Se una donna voleva far innamorare o sottomettere un uomo si rivolgeva a lui per farsi preparare un hammady, una fattura che avrebbe potuto ridurre un uomo come uno schiavo. Visitava anche donne che desideravano avere figli e, non si sa come mai, dopo due o tre visite rimanevano incinte. Andavano da lui anche le donne che non riuscivano ad avere figli maschi […] naturalmente dopo aver sborsato una fortuna in regali e sacrifici per i ginn, e in altre spese varie.”121

Non stupisce, allora, che sia la malattia del fratellino sia quella del padre di Amina sia interpretata come un‟opera dei ginn, le creature innominabili, in nessi forti con la credenza popolare.

Nel caso della protagonista il carattere possessorio degli spiriti maligni non cambia, entra anche in gioco la credenza folklorica nei demoni e nell‟esorcismo. Secondo la convinzione del ciarlatano Sidi Ahmed, Amina è “maskuna” posseduta dallo spirito di Aisha Qandisha e, quindi, ormai profondamente alterata nella mente e nel comportamento dovrebbe cedere se stessa a lui per respingere lo spirito maligno:

“So che hai raggiunto ormai l‟età del desiderio. Un‟età dove non vi è più confine tra bene e male. Dove non si può più distinguere il giorno dalla notte. Dove le piante spasimano per l‟acqua del torrente. In te c‟è una lupa nera che desidera divorare gli uomini. Una specie di Aisha Qandisha che piano piano divorerà tutti i maschi del nostro villaggio. Se non la facciamo uscire dal tuo corpo, sarai la catastrofe per tutti noi.”122

Diviene, perciò, espressivo il paragone dei primi sentimenti di maturità sessuale della protagonista alla lupa; animale selvaggio, simbolo dell‟aggressività orale con aspetti sadici, però ugualmente noto, nell‟immaginario collettivo, per l‟aspetto libidico e seducente distruttivo, e figurativamente simboleggia la donna dissoluta.

Si tocca, qui, il mito di Aisha Qandisha, molto diffuso in Marocco e nelle regioni subsahariane, un ripugnante demone femminile; ripugnante, soprattutto, perché è libidinosa, affascinante e seduttiva123. Il suo passatempo preferito è assalire gli uomini di notte, per le

121 Ivi, pp.49-50. 122 Ivi, p.56.

123 È possibile trovare somiglianze tra la figura di Aisha Qandisha e altre figure presenti nelle mitologie e nelle

diverse credenze mesopotamiche, africane ed arabe: Lilith, nell‟tradizione ebraica e mesopotamica, demone femminile ed emblema di adulterio e lussuria con il duplice aspetto di seduttrice di uomini e persecutrice di madri perché ami succhiare il midollo delle ossa spezzate dei neonati (Cfr. Livia Profeti, L'identità umana, Roma, L'asino d'oro Edizioni, 2010, pp.80-83.); Al-Naddaha “colei che chiama” nel folklore egiziano, una donna molto bella che chiama gli uomini al Nilo con la sua dolce voce , molto probabilmente per la loro morte o divorati o tirati nel fiume e annegati, ma in entrambi i casi, la vittima è mai vista di nuovo viva ( Cfr. Theresa Bane, Encyclopedia of Fairies in World Folklore and Mythology, Jefferson. North Carolina, McFarland, 2013,

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strade e nei luoghi bui e semivuoti per indurli ad avere un rapporto sessuale con lei, e infine penetrare i loro corpi e stare con loro per sempre. La paura di Aisha Qandisha quanto il culto è presente nella vita quotidiana del Marocco: è vista in molte forme di credenze e pratiche popolari, e anche nella letteratura, ed è spesso invocata con canti in suo onore nei rituali esorcistici e terapeutici di trance degli hmadcha, dei jilala, dei gnawa.

La ragione per cui l‟immaginario popolare ha creato questa donna ossessa, seducente ma

temibile non è del tutto chiara. Si parla di possibili origini del mito ovvero di una donna in carne e ossa, o di leggende che portano in se il tentativo di uscire dall‟assoggettamento di genere.

Si è accennato in precedenza alla peculiarità de La straniera, giacché è un testo narrativo alternante fra prosa e poesia. Un altro aspetto cospicuo nel romanzo è la relazione tra musica e parole, tra musica e narrazione, due canali artistici diversi che hanno la capacità di trasmettere nel fruitore emozioni e messaggi.

La figura di Umm Kalthum, compare molto spesso nel romanzo, e alcune volte le voci narranti fanno delle digressioni su di lei, sulla sua immensa popolarità e sul suo prestigio nel panorama musicale arabo. La “Signora”, con le cui caratteristiche vocali di volume, risonanza ed elasticità, riesce ad agire sull‟animo, rapire e “ipnotizzare” gli ascoltatori:

“Dicono che, una volta, a Parigi, un immigrato maghrebino avesse rischiato di essere ucciso e fatto arrestare dalle guardie del corpo di Umm Kalthum. Ascoltando le parole di questa canzone, si era gettato improvvisamente sul palco, durante un concerto, per bacciarle i piedi, ma gli era andata male. Sì, gli arabi possono anche perdere la testa per una canzone. Possono piangere e morire dal dolore, soprattutto se si tratta di una canzone della nostra “Stella d‟Oriente”. Ogni parola e ogni nota esprime un dolore millenario. Concentra in sé la storia di un popolo sconfitto dai suoi stessi sentimenti.”124

Il ruolo che svolgono le canzoni di Umm Kalthum nella trama dell‟opera è di una significante funzione: in primo luogo, hanno il compito di accompagnare, sporadicamente, i pensieri dei protagonisti, ed alcuni brani fanno da colonna sonora della storia d‟amore impossibile fra Amina e l‟Architetto e della loro malinconia, come è il caso della canzone

Baeed Anak “Lontano da te”:

p.20); mentre nell‟Africa occidentale e centrale è diffusa la venerazione della Mammy Water, lo spirito dl vento e delle acque, ribelle, pericolosa e attraente che abita le donne belle, chiare di carnagione e dall‟umore variabile.

La confraternita marocchina Hmadcha è stata fondata alla fine del 17 ° secolo da Sidi Ali Ben Hamdouch,

dalla regione di Meknes, in Marocco. Oggi presente in tutto il Marocco, ma anche in Algeria e Tunisia, fa parte della tradizione popolare sufi, che tenta di stabilire un rapporto diretto con Dio attraverso la trance estatica.

I Jilala sono la più antica confraternita terapeutico-musicale del Marocco, famosi per i rituali che

invocano i santi e I ginn. Di origine sufi prendono il nome dal maestro sufi Abd al-Qadir al-Jilani, in Marocco chiamato Moulay Abdelkader Jilali.

I gnawa sono un gruppo etnico discendente dagli schiavi neri, presente in Marocco e in altre regioni del Maghreb. La musica gnawa è conosciuta per la sua funzione ipnotica che invoca diversi spiriti (i ginn).

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“Il lamento di Umm Kalthum copre la mia voce, mentre lei (Amina) sembra più attenta alle prole della canzone che alle mie. Due stranieri, come noi, uniti da una voce che non si stanca di mettere sale sulle ferite. Siamo uniti dal dolore, ma anche dalla solitudine, e chissà da quali altri problemi.”125

La stessa Amina decide di citare le parole del brano su un biglietto per esprimere al modo migliore i suoi sentimenti quando lascia l‟Architetto, conscia che non diventerà mai la donna della sua vita:

“Prendo un foglio sulla scrivania, vicino al telefono, e scrivo in fretta: “ Ricorda, se riesci,

un momento tanto bello

vissuto insieme in amore…”126

Altre volte, nella trama salta fuori una canzonecui è particolarmente legata la protagonista. Ad esempio il brano Enta Omry “Sei la mia vita” di Umm Kalthum che esprime i suoi sogni e una desiderata storia d'amore in attesa dell'uomo giusto:

“Mentre ero in bagno, sentivo la voce di Umm Kalthum, la mia cantante preferita. […] Le parole erano quelle dei miei sogni più segreti, del mio amore atteso: quello che un giorno mi salverà. Un uomo che io amerò più di ogni cosa al mondo. Un uomo che mi ridarà la vita, la gioia e la libertà.”127

In secondo luogo, si potrebbe notare che le canzoni della famosa cantante egiziana fanno da filo che lega la narrazione con la situazione storica del mondo arabo in seguito alla guerra dei Sei giorni 1967, e generalmente con filo drammatico delle vicende narrate:

In effetti, il protagonista afferma che la voce di Umm Kalthum si considera, in un certo senso, una degli emblemi del panarabismo; grazie al poter della sua voce di unire tutti gli arabi attorno alla radio per ascoltare le sue canzoni sia sentimentali sia nazionalistiche. Uno dei ricordi del giovane Architetto è quando i cittadini arabi, dall‟Egitto al Marocco e dall‟Iraq al Libano, sono scesi in piazza per indurre Nasser a ritirare le dimissioni e a riprendere la lotta, gridando “Combatteremo, Combatteremo” e cantando le canzoni patriottiche di Umm Kalthum e Saiyyd Darwish. Si noti che il brano della cantante citato in occasione nel terzo capitolo “Walla Zaman Ya Selahy” (Erano bei tempi arma mia) fu l‟Inno Nazionale della Repubblica Araba Unita tra Egitto e Siria, e spesso cantata dagli arabi, grazie al suo testo fortemente patriottico che evoca la resistenza nazionale:

“Ancora cantare questa volta una canzone dell‟adorata Umm Kalthum: “Erano bei tempi, arma mia,

125 Ivi, p.138. 126 Ivi, p.165. 127 Ivi, p.60.

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ho tanta nostalgia di impugnarti,

con tanto amore,

e che voglia di combattere.

Parla, dimmi che sei ancora in vita

e che vuoi affrontare il nemico…”128

D‟altronde, la tecnica dell‟introduzione degli elementi esotici adottata dallo scrittore, secondo una tesi suggerita da Jennifer Burns, possa rientrare, sotto forma di letteratura engagée: si tratta di un testo letterario appartenente alla letteratura migrante, “una letteratura avente una funzione etica e sociale con un manifesto e urgente referente socio-politico (es. l‟immigrazione illegale), cui è chiamato a rispondere un lettore di fatto sensibile a certe questioni e portato a ritenere la lettura come una prova d‟impegno. In tale modo, la relazione dell‟autore con la società e con i lettori si fondava su un impegno, caratterizzato da fiducia e responsabilità.”129

Non bisogna scordare che si tratta di un concetto d‟impegno diverso da quello dell‟immediato dopoguerra nel quale l‟impegno era determinato da una specifica agenda ideologica o da questioni di macro-politica, e bisogna considerarlo sullo sfondo del nuovo contesto storico-culturale.

Nel caso de La straniera, Chiara Mengozzi, osservando l‟opinione di Burns, commenta:

“Secondo Burns, il lettore, interpellato dalle questioni etiche che il testo incorpora in una narrazione di finzione dove i contenuti socio-politici non sono esposti in maniera diretta e didascalica come nelle prime testimonianze a quattro mani, proprio nel momento in cui si abbandona al “piacere” indotto dalle rappresentazioni esotizzanti fornite dai personaggi, è portato a ragionare sul fatto che l‟esotismo è in questo caso lo sguardo adottato dai soggetti che storicamente ne sono stati l‟oggetto e dunque a interrogarsi sulle ragioni di questo “piacere” per prenderne distanza, per metterlo in discussione.”130

128 Ivi, p.119. 129

Cfr. Jennifer Burns, Fragments of impegno: interpretations of commitment in contemporary Italian

narrative, 1980-2000, Leeds, Northern Universities Press, 2001, pp.159-180.

130 Chiara Mengozzi, Narrazioni contese: vent'anni di scritture italiane della migrazione, Roma, Carocci, 2013,

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