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Divorzio all’islamica a Viale Marcon

Dopo il successo del secondo romanzo di Lakhous, l‟autore italo-algerino scrive il suo secondo romanzo direttamente in italiano nel 2005 e lo pubblica nel 2010 sempre con la casa editrice E/O. Parallelamente alla stesura italiana del romanzo, una scelta che traduce la volontà dell‟autore di radicarsi nella lingua e nel paese adottivi, Lakhous comincia la preparazione della versione araba del romanzo, la quale esce sempre nel 2010 con un altro titolo ةريغصلا ةرهاقلا (Little Cairo) da due case editrici arabe: la prima è l‟algerina Editions El- Ekhtelaf e la seconda è la libanese Arab Scientific Publishers. A proposito della genesi parallela delle due versioni “gemelle”, spiega l‟autore:

“Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio è uscito in italiano nel 2006 e lo avevo pubblicato due anni prima in arabo con il titolo Come farti allattare dalla lupa senza che ti

morda. Ho riscritto la versione araba in italiano, non ho tradotto, al limite ho tradito il testo

originale. Invece con Divorzio all‟islamica a Viale Marconi, uscito nel 2010, ho fatto una nuova esperienza. Ho scritto la prima stesura in italiano, poi ho aperto il file sul computer e ho riscritto la versione italiana. Ogni tanto cambiavo la tastiera, dall‟arabo all‟italiano e viceversa, scrivendo due versioni gemelle dello stesso libro, con titoli e copertine differenti, la stessa trama e gli stessi personaggi, anche se con nomi diversi.”298

Divorzio all‟Islamica racconta, sostanzialmente, la vita degli immigrati arabi musulmani in

Italia, e nasce dalla sua tesi di dottorato in antropologia culturale conseguita presso l‟Università di Roma La Sapienza con il titolo “Vivere l'Islam in condizione di minoranza. Il caso della prima generazione degli immigrati musulmani arabi in Italia”. Invece di pubblicare un saggio con i dati raccolti, Lakhous pensa di scrivere un romanzo perché è il mezzo più efficace per avvicinare e coinvolgere il grande pubblico sostenendo che:

“Le grandi teorie lasciano il tempo che trovano; quando un lettore, invece, si trova di fronte a temi reali e vita quotidiana, è obbligato a prendere una posizione a favore o contro quello che legge.”299

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Emanuela D'Alessio, "Le interviste dei Serpenti: Amara Lakhous”, 22 giugno 2014. (http://www.viadeiserpenti.it/interviste-dei-serpenti-amara-lakhous/).

299 Elena Dini, "Se il divorzio è all'islamica e a Viale Marconi. Amara Lakhous e il suo nuovo romanzo, 1 ottobre

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Il libro di Lakhous, dunque, riesce a mostrare quanto l'identità del migrante musulmano è complessa e profonda, lungi dall'essere piatta e monolitica come spesso raffigurata dai mass media. È un punto sul quale si sofferma l‟autore giocando con gli stereotipi d‟islamofobia, che egli nega, elude o sottolinea come meglio giova al suo scopo.

Ambientate a viale Marconi, sempre nella metropoli romana, le vicende del romanzo sono narrate in prima persona da due punti di vista, due voci narranti, una maschile siciliana e l‟altra femminile egiziana le quali si alternano di capitolo in capitolo. In effetti, la voce narrante in Divorzio all‟islamica si biforca in due diverse sensibilità (maschile e femminile) e due diverse culture (italiana e araba-egiziana), che osservano il mondo da prospettive diverse pur alla presenza di pensieri, argomenti, fatti comuni.

Da una parte, c‟è la voce del protagonista maschile dell‟opera, Christian Mazzari, un cittadino italiano fluente in arabo tunisino, grazie a una conoscenza diretta con i madrelingua tunisini, rafforzata dopo aver studiato lingue orientali presso l'Università di Palermo.

Per via della sua duplice conoscenza delle culture italiana e araba oltre ad una fisionomia tipica mediterranea, Mazzari viene reclutato dai servizi segreti italiani per infiltrarsi in una sospettata cellula terroristica islamica con sede in un call center conosciuto come "Little Cairo", lavorando sotto copertura come un immigrato tunisino di nome "Issa".

Nonostante il suo ruolo nell‟"Operazione Little Cairo" sia quello di spiare la comunità musulmana per sventare il presunto attentato terroristico, Christian si rivela più efficace a farsi degli amici che a trovare delle informazioni incriminanti, passando spesso il suo tempo a chiedere aiuto ai suoi capi per risolvere i problemi degli immigrati poveri. Lo scrittore attraverso il narratore Christian-Issa, come osserva Patrizia Ceola, fa il doppio gioco: algerino d'origine offre lo sguardo di un italiano che si finge tunisino300. Issa condivide tutto con la comunità degli immigrati, e fa da controcanto parlando delle difficoltà quotidiane degli immigrati.

Dall'altra parte, si presenta la voce della co-protagonista ventisettenne egiziana Safia/Sofia, laureata in lingue e sposata con un architetto egiziano Said alias Felice che fa il pizzaiolo a Roma. Il loro è un matrimonio combinato che Sofia aveva accettato perché le poteva permettere di lasciare l'Egitto e realizzare il suo sogno di diventare una famosa parrucchiera. Purtroppo con il devoto marito musulmano, che le chiede di indossare il velo e di astenersi dal lavoro, sono inevitabili i dissapori e la vita in Italia resta difficile, mentre la vita di coppia diventa, col passare del tempo, noiosa e insoddisfacente.

Attraverso le due voci narranti, l‟autore affronta molteplici tematiche: con la voce di Issa il lettore viene informato su diversi temi legati alla migrazione e al terrorismo islamico, mentre

300 Cfr. Patrizia Ceola, Migrazioni narranti. L'Africa degli scrittori italiani e l'Italia degli scrittori africani: un chiasmo culturale e linguistico, Padova, libreriauniversitaria.it Edizioni, 2011, p.229.

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mediante la voce di Sofia Lakhous tratta le tradizioni egiziane e generalmente quelle arabe musulmane, la condizione della donna nel mondo arabo soffermandosi su diversi aspetti della cultura maschilista araba.

La paura del terrorismo islamico, cresciuta negli ultimi anni in Occidente e considerata il catalizzatore della nuova guerra che l‟Occidente si è attrezzato a combattere, è al centro della trama del romanzo di Lakhous con tantissime informazioni riguardanti i casi del terrorismo di matrice jihadista. Lo scrittore allude alle immagini e alle costruzioni linguistiche relative alla "guerra al terrorismo" ovvero War on Terror: la sovrapposizione tra migranti musulmani e terroristi, il concetto di musulmani come "nemico interno radicalizzato".

L‟intenzione dell‟autore, però, è quella di rivelare, anche, gli errori delle intelligence, anche sotto il profilo strategico, che hanno caratterizzato i loro vari casi di extraordinary renditions del post 11 settembre. Si tratta di azioni di cattura e rapimenti eseguite dai servizi segreti a danno di persone sospettate di terrorismo sottoponendoli, alcune volte, a trattamenti inumani e degradanti per ottenere dichiarazioni incriminanti; e ne citano tanti esempi nel corpus del romanzo.

Nel contesto della guerra globale al terrorismo, il caso del sequestro dell‟imam egiziano di Milano Hassan Mustafa Osama Nasr, detto Abu Omar, avvenuto il 17 febbraio 2003 da agenti della Cia, è il caso più noto di azione illegale dai servizi segreti riportato nell‟opera di Lakhous.301 Dopo averlo detenuto e deportato in Egitto nella base aerea di Aviano, dove vi è trattenuto fino al 19 aprile 2004, per essere interrogato sui sospetti di avere contatti con cellule terroristiche, l‟imam viene liberato per mancanza di prove.

Altri due casi d‟ingiusta detenzione subita da cittadini musulmani in nome della lotta al terrorismo islamista sono raccontati in Divorzio all‟islamica: il primo riguarda la detenzione in carcere di tre presunti terroristi egiziani arrestati ad Anzio nel 2002 (Ali Salah Abdel Fattah El Gammal, Magdi Mohamed Ahmed Shalabej e Mohamed Khaled Mohamed El Zahed) che hanno scontato diciannove mesi di pena con l‟accusa di custodire del tritolo destinato a un attentato contro un obiettivo sensibile, soprattutto dopo la testimonianza di un loro vicino di casa che aveva sentito pronunciare uno di loro il nome di Bin Laden. I tre malcapitati vengono assolti in via definitiva nel 2005 da tutte le accuse di terrorismo. Lakhous, infine, commenta amaramente l‟errore giudiziario:

“Nell‟aprile 2004 la Corte d‟Assise assolse in primo grado i tre egiziani dall‟accusa di terrorismo internazionale “perché il fatto non sussiste”. Nel frattempo quei tre poveracci si erano fatti quasi due anni di carcere. Chi aveva voluto incastrarli? E perché?”302

Inoltre, nel romanzo si accenna al fenomeno della trasformazione del parlato in verbalizzato in cui l‟addetto alla trascrizione sbaglia e di conseguenza viene accusato di terrorismo un arabo

301 Amara Lakhous, Divorzio all'islamica a viale Marconi, op.cit, pp.141-142. 302 Ivi, p.34.

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musulmano. Lakhous racconta un aneddoto in cui l‟interprete doveva svolgere il compito di tradurre il senso di una conversazione informale fra due marocchini, e per incompetenza fa un errore clamoroso traducendo la parola araba majzara con “strage” invece che con “macelleria”. Il risultato finale è che il marocchino si ritrova in galera per via di un‟interpretazione errata303

:

“Mi racconta la storia di un connazionale, residente in una città del Nord, arrestato perché aveva detto a un amico al telefono questa frase “Ho intenzione di fare una majzara islamica, inschiallah”. Qualche interprete, forse per incompetenza o per malafede, ha tradotto la parola

majzara con “strage” anziché con “macelleria”! Per gli inquirenti non c‟erano dubbi: l‟immigrato

marocchino era un terrorista islamico che progettava una strage all‟islamica! Il poveretto, incensurato e padre di famiglia, si è fatto un lungo periodo in carcere.”304

Lakhous non sostiene che i motivi della War on Terror siano del tutto illusori; infatti, quando Mazzari decide di accettare l'incarico dell‟agente sotto copertura, lo fa perché "i terroristi islamici esistono davvero, non sono un'invenzione dei media. Hanno già fatto vedere a tutto il mondo di cosa sono capaci"305. Tuttavia, con tali episodi ci mostra anche la natura sbagliata di una parte del lavoro dei servizi segreti e della polizia, e le immagini negative dei media sull‟immigrato musulmano ovvero il terrorista camuffato; tutto ciò diventa, poi, fondamentale sia per la costruzione della trama sia per la poetica della narrazione.

Non mancano nel romanzo di Lakhous i vari temi della migrazione che attraverso entrambi i protagonisti sono affrontati, ma in particolar modo attraverso il protagonista maschile Issa si scopre il mondo degli immigrati legali e clandestini, le loro difficoltà e i loro progetti futuri. È molto interessante l‟introduzione del tema del progetto migratorio che potrebbe essere di carattere individuale o condiviso a livello familiare, diverso dal tipo della migrazione forzata a causa di una forte repressione politica o della discriminazione religiosa o etnica che l‟autore ha presentato con il personaggio del profugo iraniano Parviz nel romanzo precendente.

Attraverso le parole dell‟unico personaggio bengalese nel romanzo, Omar, si assiste al tipo di progetto migratorio strategicamente pianificato a livello familiare, nato in un contesto pre-

303 A proposito di errori d‟interpretazione per cui vengono arrestati e accusati degli arabi musulmani innocenti, si

ricorda il caso di cronaca nera avvenuto nel 2010 dell‟omicidio della ragazza tredicenne di Brembate di Sopra (BG) Yara Gambirasio. In effetti, all‟inizio fu incriminato l'operaio marocchino Mohammed Fikri per un'intercettazione telefonica ambientale nella sua lingua, rivelatasi poi priva di valore a causa di una traduzione errata. In un primo tempo, una frase in dialetto marocchino in quella telefonata fu tradotta con “Allah mi perdoni, non l‟ho uccisa io”, e sulla base di quella interpretazione oltre ad altri labili elementi indiziari, fu deciso il fermo. Poi, giorni dopo, il giudice per le indagini preliminari chiese una nuova traduzione, e allora si scoprì che la frase significava qualcosa come “Dio, fa che mi risponda!”. Si trattava, infatti, di una frase diretta a una persona che Fikri stava cercando di contattare per riavere una somma di denaro che gli aveva prestato. L‟operaio,alla fine, fu scagionato dopo la conferma che nella frase non c‟era alcun riferimento alla vicenda dell‟omicidio. (Cfr. Giuliana Ubbiali, “Yara, la sedicesima e ultima traduzione scagiona Mohamed Fikri”, in “Il Corriere della Sera”, 24 maggio 2013).

304 Amara Lakhous, Divorzio all'islamica a viale Marconi, op.cit, p.156. 305 Amara Lakhous, Divorzio all'islamica a viale Marconi, op.cit, p.31.

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migratorio sulla base di elementi noti e raccontati da ex-immigrati: fermarsi poco tempo, lo stretto necessario per accumulare un po‟ di risparmio per realizzare un investimento e soddisfare i bisogni familiari e personali. Al centro di questo progetto, però, c‟è sempre l‟idea del ritorno e non una sistemazione definitiva nel paese di arrivo. Omar racconta a Issa il suo progetto migratorio il quale si può definire di breve-medio periodo, finalizzato particolarmente alla massimizzazione economica:

“La sua è un‟immigrazione studiata a tavolino […] Ogni immigrato che si rispetti ha un progetto migratorio. Prima di partire ha già pronto un programma con obiettivi precisi da realizzare: la costruzione di una casa, il matrimonio, l‟acquisto di un terreno, il contributo alla dote delle sorelle, il mantenimento scolastico dei fratelli più piccoli… Non è solo un poveraccio che ha bisogno di assistenza.

L‟immigrazione pianificata è una specie d‟impresa economica […] in questo caso s‟investono soldi, tanti soldi, per avere un guadagno in futuro. Un immigrato come Omar diventa un piccolo imprenditore che si mette al servizio di un progetto familiare. È disposto a rischiare tutto per conquistare il successo per sé e per i suoi cari.”306

Si discutono i problemi e le condizioni misere dei venditori ambulanti migranti ovvero i

vucumprà, coloro, appunto, che cercano di arrangiarsi col commercio ambulante e i loro

continui problemi con la polizia municipale. L‟autore attraverso la storia del personaggio senegalese Ibrahima ci presenta il classico venditore ambulante abusivo che gira ogni giorno per le strade vendendo merce contraffatta correndo rischi, e ogni tanto è costretto a darsela a gambe quando nota qualche vigile o un poliziotto. Tutto ciò lo fa con fatica e tirando la cinghia per poter guadagnare i soldi necessari da inviare alla famiglia a Dakar; una famiglia grande composta da una moglie e cinque figli da mantenere, cui bisogna spedire duecento euro mensilmente. Nonostante l‟illegalità dell‟attività commerciale ambulante, il protagonista non nasconde anche la sua stima nei confronti di Ibrahima e i vucumprà in generale riconoscendo in loro il coraggio e la sfida di matrice anarchica richiamando un capolavoro del cinema italiano I magliari (1959) di Francesco Rosi, il quale racconta un‟esperienza dolorosa, con toni umoristici mescolati ad altri di secca drammaticità, come l‟emigrazione italiana all‟estero prima del boom industriale inserita in un contesto socio-economico neocapitalistico (nella Germania occidentale), e la condizione di lavoro e le acrobazie mercantili di un italiano che decide di unirsi a un gruppo di venditori ambulanti di stoffe e di fare anche lui, appunto, il magliaro, cioè una sorta di vucumprà italiano all‟estero:

“Devo ammettere che ho sempre guardato i vu cumprà come Ibrahima con ammirazione. Sono dei veri anarchici, dei rivoluzionari nel campo del commercio. Se ne fottono delle licenze e delle tasse, fanno tutto a viso scoperto. Il mercato deve essere aperto a tutti, è un luogo d‟incontro e di scambio […] Mi torna in mente I magliari, il film di Francesco Rosi con il grande Alberto Sordi e Renato Salvatori. La storia è ambientata in Germania negli anni Cinquanta e racconta le

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avventure di un gruppo di venditori di tessuti, abusivi e imbroglioni, insomma, dei vu cumprà italiani.”307

E poi si tocca anche la tematica del permesso di soggiorno con i problemi connessi alle difficoltà di ottenimento e rinnovo che certo non può mancare in un romanzo sugli immigrati. In effetti, il permesso di soggiorno per un immigrato rappresenta il proprio diritto sostanziale della residenza sul territorio italiano e la propria libertà di mobilità e circolazione; ma purtroppo, come fa notare l‟autore, il tutto è in mano ad una burocrazia spesso complessa e vessatoria che, di solito, genera forti ripercussioni e disagi psico-fisico sull‟immigrato stesso. È indicativo il caso del personaggio Mohamed, il coinquilino marocchino di Issa, il quale per via di un‟estenuante rito dai tempi burocratici e indeterminati per il rinnovo del permesso di soggiorno, non è in grado di ritornare in Marocco a visitare la famiglia, e di conseguenza si ammala di depressione. Sempre sul tema del permesso di soggiorno, è rilevata, altrettanto, una forte critica sul trattamento notevolmente informale, e qualche volta dispregiativo, con gli extracomunitari negli uffici statali, e la distinzione discriminatoria tra le categorie di stranieri fatta sulla base della cittadinanza e sullo status sociale:

“Le cose funzionano così nelle questure, nei commissariati e nei posti di controllo degli aeroporti. E questo Mohamed lo sa benissimo visto che sta in Italia dagli anni Ottanta. Con il passare del tempo ha anche sviluppato un sistema di difesa contro le possibili reazioni dei poliziotti e degli impiegati del Comune e delle poste, il loro uso del tu al posto del lei, le smorfie sarcastiche, i sorrisi ironici, le domande provocatorie […] Nella sala di attesa, aspettando il suo turno, s‟assittò accanto i raccomandati, alla gente che conta, la crème de la crème, familiari degli ambasciatori stranieri in Italia, imprenditori russi e cinesi, cittadini extracomunitari di prima classe (americani e canadesi). Gli venne un mal di testa che durò per il resto della giornata. Si sentiva fuori posto in ogni senso.”308

Inoltre, si sfiora la questione della clandestinità in tante parti del romanzo: da una parte si presentano gli immigrati extracomunitari clandestini che spesso cadono vittime di sfruttamento di datori di lavoro e di padroni di casa grazie alla loro debolezza sociale e alla loro ricattabilità. Il protagonista Issa trasferitosi nell‟appartamento di via Marconi ci spiega la condizione disgraziata dei clandestini:

“Non viviamo in un‟isola autonoma, bensì in una società che condiziona le nostre scelte e limita le nostre libertà. Quindi siamo divisi in clandestini da una parte e regolari dall‟altra. I primi vivono nel panico, sono terrorizzati dall‟idea di essere arrestati, rinchiusi in qualche lager ed espulsi. Parlano ossessivamente della sanatoria per ottenere il permesso di soggiorno. Desiderano uscire allo scoperto e non vogliono nascondersi come se fossero latitanti. Hanno sempre paura della polizia e soprattutto dei carabinieri. Subiscono ricatti continui […] Gli immigrati regolari, invece, usufruiscono di uno sconto di cinquanta euro sull‟affitto (l‟ha stabilito la finanziaria di

307 Ivi, pp.72-73. 308 Ivi, pp.90-91.

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Teresa alias Vacanza). Il vantaggio maggiore è che non tremano di paura sentendo parole come polizia, carabinieri, espulsione, Cpt, Lega Nord eccetera.”309

Dall‟altra, un personaggio femminile ci fa conoscere un altro tipo di sfruttamento che subiscono i clandestini ovvero il traffico degli esseri umani, e in questo caso si parla della prostituzione forzata cioè la situazione delle donne straniere ridotte a stato di schiavitù dai loro aguzzini (con minaccia della forza, la violenza fisica/morale o con l‟abuso di potere), e costrette a fornire prestazioni sessuali non su iniziativa loro anziché su quella della terza parte sfruttatrice.

Dorina, l‟amica albanese di Sofia, è l‟esempio chiaro di una forma di traffico delle donne straniere sfruttate nell‟esercizio della prostituzione forzata: ingannata e sedotta da un loverboy che amava in Albania, il quale aveva adottato una tecnica di ingaggio basata sull‟amore e sulla futura promessa del matrimonio, lei lo segue in Italia avendo riposto in lui la sua fiducia per poi scoprire che il ragazzo è un aguzzino che la costringe a prostituirsi suo malgrado altrimenti minaccia di usare la violenza. Dopo un lungo periodo di abuso, infine Dorina se ne libera dichiarandosi vittima di tratta e denunciando il suo sfruttatore, e in quel modo riesce a ottenere il permesso di soggiorno e decide di cambiare vita facendo la badante:

“Dorina viene venduta come una schiava a una banda di criminali e costretta a fare la prostituta. Dopo quattro anni di torture trova il coraggio di denunciare i suoi sfruttatori, grazie all‟aiuto di un‟associazione che combatte il racket della prostituzione di ragazze immigrate. Così ottiene il permesso di soggiorno e si trasferisce a Roma per cambiare vita. Non è mai tornata in Albania perché si vergogna, teme la reazione della gente e la vendetta dei suoi sfruttatori. Adesso Dorina odia gli uomini, tutti gli uomini, e piange spesso quando ricorda le gelide notti trascorse sui marciapiedi di strade di periferia in attesa dei clienti.”310

D‟altronde, sono messe in scena anche le difficoltà dei figli degli immigrati ovvero la seconda generazione: in primo luogo la comprensione della natura profonda della crisi di