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La scelta del giallo multietnico si analizza nel romanzo di Lakhous attraverso l‟uso dello spazio (l‟ascensore – condominio – Piazza Vittorio) come un dispositivo narrativo che riveste un‟importanza fondamentale. In tutti le opere di Lakhous e nella fattispecie Scontro di civiltà

per un ascensore a piazza Vittorio si pone l‟accento sulla nozione dello spazio come

protagonista del romanzo, e sull‟idea che i personaggi sono impensabili al di fuori di uno spazio, perché è lì che avviene tutto.

Se il condominio, nelle intenzioni dell‟autore, rappresenta l‟intera società italiana in cui i singoli personaggi agiscono senza inserirsi in un contesto comune, ciascuno seguendo le proprie esigenze e assecondando i propri pregiudizi, Piazza Vittorio Emanuele si presenterebbe come una sorta di quartiere-mondo, ovvero un pezzo del tessuto urbano a partire dal quale rappresentare un intero universo di rapporti fra le persone di etnie diverse nella capitale d‟Italia231

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Sulla scelta dell‟ascensore come luogo attorno al quale si articolano le vicende, il centro della storia, commenta Amara Lakhous:

“In Scontro di civiltà ho scelto l‟ascensore perché volevo riflettere sulla domanda: come convivere insieme? L‟ascensore è il luogo in cui si deve stare a stretto contatto e si sente l‟odore, il profumo degli altri: guardandosi negli occhi qualcosa bisogna dire. Ecco: proprio quell‟imbarazzo a me interessava molto.”232

L'ascensore, dunque, in qualche modo si pone come un luogo privilegiato che è presente come un personaggio non più come sfondo o quinta dove si consumano le vicende, proprio perché come Amedeo, l‟ascensore ha un rapporto con tutti. A questo si aggiunge che è anche il luogo

230 Amara Lakhous, Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio, op.cit, p.129.

231 In un‟intervista Lakhous spiega anche perché la sua scelta è caduta proprio su Piazza Vittorio, che è anche una

scelta antropologica culturale: “Non l‟ho scelta io, è lei che ha scelto me. È stato il primo quartiere dove ho abitato quando sono arrivato a Roma. Pian piano mi sono affezionato molto, così ci sono rimasto sei anni. Non nego poi che vedere tanti stranieri nel mercato o nei giardini mi aiutava a combattere la nostalgia, anche perché quando sei straniero tra stranieri, non ti senti più straniero! Inoltre Piazza Vittorio assomiglia molto ai quartieri popolari di Algeri. Questo straordinario luogo rappresenta l‟Italia del futuro. Ho sempre detto: se volete scoprire l‟Italia del 2020 o 2030, fate un giro a Piazza Vittorio. Oggi siamo di fronte a due scelte: un‟Italia dei ghetti, scontri e conflitti o l‟Italia multietnica, aperta al dialogo e alla convivenza civile”. (Doriano Fasoli, Piazza

Vittorio, un quartiere di Algeri. Nel libro di Amara Lakhous i malintesi alla base dello scontro di civiltà, in "Il

Messaggero", 22 aprile 2006.

232 Daniela Brogi, "Le catene dell'identità. Conversazione con Amara Lakhous", Between, I.1 (2011),

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dove è ritrovato il cadavere di Lorenzo Manfredi, dal quale “si scatena tutta la sequela di stereotipi, percezioni, versioni e testimonianze”233

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Pertanto, l‟ascensore è l‟emblema di un falso disagio, come sostiene l‟autore stesso, “perché nasconde altre questioni concrete. Ci sono malintesi (e non scontro di civiltà) che rendono la convivenza in questo condominio un po‟ faticosa. Ognuno vuole imporre la sua propria visione del mondo e infine non è nemmeno possibile un‟intesa tra Marini il milanese e Dandini il romano.”234

In questo romanzo giallo contaminato moltissimo dalla commedia all‟italiana, l‟oggetto in discussione, l‟ascensore si carica di un significato simbolico diverso per ogni condomino/personaggio rispecchiando in tal modo le loro mentalità e personalità.

Per l‟iraniano Parviz è un luogo di riflessione e meditazione, ma è altrettanto una metafora della vita con i suoi alti e bassi la quale va su e giù come l‟ascensore che collega i vari piani di un edificio portando dal basso all‟altro e viceversa:

“Io adoro l‟ascensore, lo uso non per pigrizia ma per meditare. Premi il pulsante senza nessuno sforzo, vai su o scendi giù, potrebbe guastarsi mentre sei dentro. È esattamente come la vita, piena di guasti. Ora sei su, ora sei giù. Ero su… in paradiso… a Shiraz, felice con mia moglie e i miei figli, mentre adesso sono giù… nell‟inferno, soffro di nostalgia. L‟ascensore è uno strumento di meditazione. Come vi ho detto, sono abituato a praticare questo passa mento: salire e scendere è un esercizio mentale come lo yoga.”235

È, invece, un oggetto di potere e di controllo per la portinaia Benedetta che lo “sorveglia come una gatta litigiosa” ed è pronta a litigare con qualsiasi persona voglia usarlo in quanto è soggetto di frequenti guasti. Lei, infatti, impedisce sia a Iqbal di prendere l‟ascensore per consegnare la spesa agli inquilini del palazzo, sia alla badante peruviana Maria Cristina per via della sua obesità attribuendole la responsabilità dei guasti dell‟ascensore, e quindi per la colf l‟ascensore diventa una sorta di privilegio a lei interdetto:

“Mi hanno detto: “Prima dimagrisci e poi usi l‟ascensore!”. È giusto che mi impediscono di usare l‟ascensore mentre permettono al cane della signora Fabiani di farci pipì?”236

Il più inflessibile di tutti è, senz‟altro, il professore milanese Marini per cui l‟ascensore è il simbolo della civiltà e dello sviluppo cui non bisogna mai rinunciare, e che invece occorre custodire dall‟essere ridotto a una latrina pubblica (a causa di Manfredi/ alias il Gladiatore e il cane Valentino) in cui il tanfo di urina è insopportabile oltre ad essere un atto incivile tipico dei meridionali:

233 Valerio Borchiellini, op.cit. 234 Cfr. Doriano Fasoli, op.cit.

235 Amara Lakhous, Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio, op.cit, p.16. 236 Ivi, p.68.

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“Uno scandalo mi impedisce di rimanere in silenzio: sapete che gli inquilini del nostro stabile pisciano nell‟ascensore?” È una cosa vergognosa davvero. […] Il guasto dell‟ascensore è una grande catastrofe che ci costringe a usare di nuovo le scale, insomma un‟offesa alla modernità, allo sviluppo e all‟illuminismo! […] L‟ascensore è un mezzo di civiltà. Aiuta a guadagnare tempo e a risparmiare gli sforzi, è importante quanto la metro e l‟aereo. Mi rifiuto categoricamente di camminare e di perdere tempo salendo e scendendo le scale […] Io mi chiedo: quando ci sbarazzeremo delle scale in Italia?”237

A questo punto è, addirittura, il soggetto delle varie riunioni condominiali come lo chiama ironicamente l‟olandese Johan Mr ascensore secondo il quale, invece, perdere il tempo a parlare dell‟ascensore è un indizio del sottosviluppo e dell‟ottica chiusa; perciò, egli è deciso nella realizzazione di un suo film sul rapporto morboso dei condomini con l‟ascensore. In queste riunioni spesso gli inquilini non sanno incontrarsi se non per litigare a causa di un ascensore, come racconta Sandro Dandini:

“Il milanese ha fatto di tutto per impedirci di usare l‟ascensore, voleva averlo solo per sé, avanzando le proposte più strane con la scusa che servivano a migliorare la qualità del servizio: chiudere l‟ascensore con un catenaccio, impedire ai visitatori e agli ospiti di usarlo, divieto di fumare e sputare, pulirsi le scarpe prima di entrare, mettere uno specchio e una sedia per due persone ecc. Una volta, dopo l‟ennesima riunione in cui mi sono rotto […] gli ho detto: “Mo ha' rotto er c**** e mo te meno, st‟ascensore appartiene a tutti e nun è „na parte de casa tua, questo è „r nostro palazzo e nun è „na tribù de zulù! Va‟ a Milano a fa‟ quer c**** che te pare! Lui non c‟è stato: “ Barbari, non sarò mai uno di voi! Difenderò la civiltà in questo palazzo finché sono vivo. L‟ascensore è la barriera tra la barbarie e la civiltà!”238

Per il protagonista Amedeo l‟odio dell‟ascensore si sente nelle sue parole e nella sua decisione di boicottarlo e di fare le scale. Infatti, la solitudine dell'ascensore, la sensazione di essere ingabbiato dentro un luogo stretto e chiuso (claustrofobico) gli ricorda la tomba (luogo che getta sempre un‟ombra di morte nel suo pensiero):

“I miei incubi sono sempre ambientati dentro un ascensore: una tomba stretta senza finestre.”239

Infine, il lettore si sente così coinvolto nella lettura di questo romanzo, da percepire il sotterfugio dell‟ascensore con i suoi contasti malfunzionamenti che diventerebbe la metafora, sotto un profilo sociale, dell‟Italia contemporanea e le proprie difficoltà e i concreti problemi di convivenza fra comunità e persone di diverse etnie e convinzioni religiose.