Le rappresentazioni dello sviluppo e della diaspora auspicando e mobili- tando le corde emozionali dell’appartenenza ad un gruppo sociale, sia questo localizzato in un luogo preciso o piuttosto declinato in un’identità nazionale, contribuiscono a forgiare le pratiche e le appartenenze agite dal collettivo ghanese di Modena e ci consentono di leggere la pluralità delle rappresenta- zioni di località che nel co-sviluppo vengono messe in gioco tessendo relazioni vincolanti tra singoli, gruppi sociali delocalizzati e luoghi di provenienza dei migranti.
Sebbene qui non si pretenda di riassumere o dibattere temi quali le iden- tità, su cui una cospicua letteratura è stata prodotta, o sulle modalità di costruzione e politicizzazione delle identità nazionali (Anderson, 1991; Her- zfeld, 1987), le declinazioni dell’appartenere a dei gruppi sociali sollecitano anche delle riflessioni sulla località, sui luoghi di vita reale e quelli immagina- ti o sognati come spazi sociali in cui tornare o a cui testimoniare la propria lealtà. Tentando una ricostruzione sintetica su come l’antropologia abbia osservato e teorizzato lo spazio e la località, a parte le monografie classiche in cui i luoghi erano pensati e descritti come contenitori di relazioni socia- li, di corpi individuali e collettivi che abitavano le forme di vita definendo i riti di costruzione del sé e segnando lo spazio sino a renderlo culturalmen- te identificabile, o le monografie sulle migrazioni in cui i luoghi diventano spazi concreti e immaginati di conflitto, di contatto o piuttosto di processi di spaesamento e ricodificazione culturale, dobbiamo attendere gli anni Ot- tanta e Novanta per leggere alcune teorizzazioni sulle produzioni di località, sugli spazi culturali, sui fenomeni di ri-territorializzazione e spazialità oltre le culture e gli stati (Gupta e Ferguson, 1997). I processi di globalizzazione e ricollocazione identitaria, la nascita di città pensate come nuove località indipendenti dalle realtà nazionali (Sassen, 2003), le analisi transnazionali (Glick Schiller et al., 1992; Vertovec, 1999, 2004) ed infine, le riflessioni di geografi ed economisti (Smith, 1992; Brenner, 1998; Brenner et al., 2003) sulle nuove gerarchie economiche che alterano le relazioni tra spazi statali e cittadini, hanno indotto gli studiosi di migrazione a riflettere sulle località e i gruppi migranti. In particolare li hanno sollecitati a considerare i modi ed i processi d’incorporazione dei gruppi migranti dentro le città per verificare se e come questi permettessero di scardinare, aggirare o ripristinare asimmetrie e gerarchie di potere tra luoghi, gruppi economici, e forme statali nazionali ma soprattutto locali. Glick Schiller e Caglar (2007) cercando di coniugare le prospettive teoriche di alcuni geografi (Massey et al., 1998) ed economi- sti con l’analisi antropologica sollecitano infatti gli studiosi di migrazione a ripensare metodologicamente e teoricamente i propri oggetti di ricerca veri-
ficando come il fenomeno migratorio, che si realizza nello spostamento nel transito e nella vita quotidiana dentro i luoghi sia non solo l’effetto di processi economici capitalistici ma possa anche ristrutturare o riformulare relazioni e asimmetrie tra località, gruppi sociali oltre che forse ricodificare alcuni spa- zi della politica. Se pure i suggerimenti delle autrici sopra citate, possono essere considerati come una nuova opportunità metodologica per sollecitare le discipline antropologiche ad un’osservazione multifocale di processi sociali e istituzionali, non si può non rilevare la complessità teorico-metodologica di un’analisi scalare dei processi d’incorporazione dei gruppi migranti, so- prattutto quando questi chiamano in causa relazioni bilaterali e multiple tra gruppi sociali e apparati istituzionali protesi oltre i confini nazionali.
Questa prospettiva teorica, che sollecita l’individuazione dell’emergere di eventuali località in rapporto ai circuiti di accumulazione del capitale, sem- brerebbe nell’analisi delle associazioni coinvolte nel co-sviluppo, ed in parti- colar modo nel caso presentato in queste pagine, offrire un’ipotesi descrittiva dei processi economici e sociali in atto, nonostante probabilmente risulti ca- rente da un punto di vista euristico-interpretativo. Tentando di accogliere i suggerimenti teorici proposti, si potrebbe rilevare come Ghanacoop, attraver- so la sua configurazione imprenditoriale che opera tra Accra, Modena ed il nord-est italiano e nella sua veste di broker di sviluppo, che direziona risorse economiche e di progetto verso Gomoa Simbrofo ed il distretto di Apam, stia disegnando una mappa di nuove relazioni tra località, pur non essendo “tipi- ci” luoghi d’accesso dei migranti (Glick Schiller et al., 2006; van DijK, 2008), in cui agire come mediatore creando uno spazio politico di negoziazione ma anche direzionando capitali e rimesse sociali (Levitt, 1998). In questa fase, nonostante questo progetto operi dentro una logica di cooperazone decen- trata, che aggira le istituzioni statali nazionali e costruisce nuove relazioni tra enti e istituzioni locali, la capacità di mediazione è interamente affidata al collettivo ghanese, e non si registrano relazioni politiche autonome tra le istituzioni.
Eppure il co-sviluppo, plasmando uno spazio politico transnazionale, pro- duce una pluralità di rappresentazioni della località, dell’appartenenza e della “comunità locale o diasporica” di riferimento. D’accordo con i suggerimenti di Caglar (2006) sulla necessità euristica di applicare il concetto di “scalarità” alle associazioni di migranti, proverò ad evidenziare come Ghanacoop, grazie alla forma economica specifica che ha assunto, ha consentito all’Associazione Ghana Onlus di acquisire uno spazio nella sfera pubblica in Ghana ed in Italia permettendo l’emersione, se non la generazione, di “nuove località” (ad es: la diaspora del nord-est italiano), e “nuove comunità” (ad es: le comu- nità identificate dalle diaspore imprenditoriali) che rispondono alle logiche neoliberiste dei processi di globalizzazione, processi nei quali il co-sviluppo
prende corpo e parola.
L’associazione Nazionale Ghana Onlus di Modena rappresenta gli inte- ressi degli immigrati ghanesi nel contesto cittadino locale e talvolta a livello nazionale, grazie anche al ruolo dei suoi leader nelle cariche di rappresen- tanza del COGNAI. Ghanacoop, rappresenta e parla a nome della comunità ghanese diasporica ma anche a nome del villaggio di Gomoa Simbrofo, che è l’area degli interventi di sviluppo finanziati dalla cooperativa, o ancor più spesso in quanto rappresentante della diaspora imprenditoriale. La gamma di rappresentazioni comunitarie, a parte l’uso situazionale e tattico, riflette la caratterizzazione discorsiva di questo nuovo attore collettivo che dispo- ne ed agisce, opportunamente, talvolta come associazione più spesso come impresa cooperativa sociale, o ancora come rappresentante degli interessi di categorie più ampie ed eterogenee come quella di migranti. L’associazione ma anche la cooperativa si presentano ai diversi interlocutori economici e politico istituzionali in Italia, in Ghana e a livello internazionale come un “corpo sociale comunitario”, coeso e ben rappresentativo. La solidità del le- game comunitario è postulata ed iper-rappresentata, le tensioni e le relazioni asimmetriche e di potere nel gruppo sono sottovalutate e celate. L’iper- rappresentazione della comunità può essere ricondotta sia all’appropriazione di teorie e politiche di sviluppo3 che ad una prospettiva d’azione politica in
cui per usare le definizioni di Baumann (1996), il collettivo ghanese utilizza il “discorso demotico”4 che in parte riproduce il lessico dominante per po- ter comunicare intenti e aspirazioni o come complessi processi di costruzione identitaria. Questi ultimi caratterizzano la trasmigrazione come traiettoria storica che connette gli individui alle collettività negli stati interstiziali di
3Nelle ultime tre decadi la comunità ha occupato un ruolo preminente nella teorizzazio-
ne politica dello sviluppo: lo sviluppo community-driven, per citarne l’ultima formulazione, è apparso come esempio concreto di azione ed impegno politico delle comunità di base e rurali che consentiva di aggirare o scavalcare i governi e le istituzioni statali. Per una riflessione antropologica su questo tema si rimanda al testo: Marabello S., 2004 Making of community a con-Text: an Anthropological Analysis of Development Discourses, tesi finale MSc in Anthropology and Development, London School of Economics and Political Science, Londra.
4Baumann G., 1996. Contesting culture. Discourses of Identity in Multi-ethnic Lon-
don. Cambridge, Cambridge University Press. Nel suo studio sulle migrazioni nel sobborgo di South Hall, distingue in merito al concetto di comunità due accezioni e discorsi che si intrecciano: il “discorso dominante” ed il “discorso demotico”. Il primo, operato da ammi- nistrazioni politiche, istituzioni locali e mass media identifica la “comunità” con l’identità etnica e la cultura del gruppo sociale, immaginandolo come universo coerente e semplifica- to, producendo immagini di alterità reificate. Il “discorso demotico” si organizza intorno a immagini, strategie comunicative che i singoli ed i gruppi immigrati utilizzano per definirsi in relazione alle istituzioni locali del paese d’accoglienza, si presenta più frammentato e meno coerente ma utilizza spesso immagini attribuite dal discorso dominante.
vita tra luoghi ed appartenenze (Grillo, 2007). L’atto performativo, operato dall’associazione, nell’uso della gamma di rappresentazioni legate alla comu- nità di cui si sente rappresentante e in nome delle quali agisce potrebbe esser considerato esclusivamente come strategia discorsiva, ma ritengo che oltre a consentirci di leggere le discrepanze e le opportunità per pensare le località ed il senso di appartenenza, soggettivo e collettivo, nelle trasmigrazioni poli- tiche ed economiche, permetta di tratteggiare gli effetti delle organizzazioni nel rafforzamento e/o nella generazione del senso di appartenenza nei gruppi sociali e sulle comunità transnazionali (Henry e Mohan, 2003). D’altra parte il co-sviluppo agisce e muove, in una prospettiva politica e d’azione economi- ca, il senso di appartenenza ai gruppi ed alle località, stabilendo tra l’altro delle inferenze tra territorio, sapere codificato-trasmettibile e gruppi sociali.