Se il co-sviluppo rimette in gioco le appartenenze ai luoghi e disegna o ripristina relazioni tra gruppi sociali e località, come si configurano le for- me e gli spazi della politica nei contesti nazionali e a livello transnazionale? Le analisi del transnazionalismo politico impegnano da circa dieci anni po- litologi, antropologi e sociologi che hanno prodotto un’ingente letteratura volta a svelare la complessità dei legami e dell’impegno politico che vincola i collettivi migranti ai paesi d’origine ed a quelli di insediamento (Goldring, 1998; Guarnizo, 1998; Levitt, 2001; Smith, 2003; Østergaard-Nielsen, 2003). Itzigsohn (2000) proponendo una delle prime definizioni di transnazionalismo politico individua, quali elementi chiave, l’apparato statale ed i partiti poli- tici del paese di provenienza e le associazioni dei migranti nel paese d’arrivo. Questi fattori, individuati nella sua analisi comparativa dei gruppi immigrati negli Stati Uniti d’America e provenienti dalla Repubblica Dominicana, Hai- ti and Salvador, trascenderebbero il caso specifico per divenire elementi di ricognizione identificabili anche in altri casi e contesti. Nell’analisi di Ghana- coopcome soggetto collettivo che agisce e costruisce forme di transnazionalità politica, i caratteri distintivi, così come proposti da Itzigsohn, non sono del tutto riscontrabili, non vi è infatti una relazione evidente tra questo attore ed i partiti politici in Ghana. Al contempo però è possibile intravedere pratiche sociali, forme, talvolta depotenziate a livello discorsivo dai leader del gruppo, d’impegno politico nel paese di arrivo e vita quotidiana, oltre che di inter- venti nello sviluppo nel paese d’origine che, a livello transnazionale, vengono presentate come impegno civile e politico delle diaspore. Il collettivo Ghana- coop, d’altra parte, non è una formazione politica tout court, né tanto meno è soltanto un’associazione di migranti ghanesi in Italia. È invece è un gruppo
sociale ed imprenditoriale nato all’interno di un organismo rappresentativo che si muove ed agisce dentro logiche nazionali e transnazionali di sviluppo, d’impresa e di impegno politico sul versante italiano. D’accordo con Michael Peter Smith il transnazionalismo politico, rimettendo in gioco formazioni identitarie, posizionamenti dei gruppi e pratiche politiche che si strutturano negli itinerari di migrazione, contribuisce a riformulare repertori di norme e pratiche sociali che operano dentro contingenze storiche e disegnano nuove frontiere di partecipazione (Smith, 2007b). E nel caso qui presentato l’agire dentro repertori di pratiche e dentro contingenze storiche che costruiscono le identità diasporiche di questo attore, che si situa e si declina dentro di- namiche multiple d’interazione scalare, risulta piuttosto evidente. In Italia, ad esempio, incorpora modalità di agire sociale, reti economiche e simboli- che di appartenenza al contesto storico-regionale e destina, mediando con le autorità locali, progetti di sviluppo nell’area del distretto ghanese. Ma pri- ma di presentare alcune riflessioni sulle declinazioni e azioni che Ghanacoop dispone nel campo dello sviluppo, sembra opportuno individuare i tratti e le forme della soggettività politica di questo attore, anche per verificare le potenzialità e/o gli eventuali limiti di questa interpretazione.
All’interno dell’associazione ghanese di Modena, i leader, grazie alla soli- darietà mediata dall’appartenenza al gruppo e alla conoscenza dell’apparato statale italiano con le sue procedure, regolamenti e leggi sull’immigrazione che regolano i diritti degli associati nella loro relazione con le istituzioni ed i servizi locali, hanno sperimentato forme di partecipazione e azione politica dentro la città e la regione sviluppando relazioni con enti istituzionali, enti erogatori di servizi e altri gruppi associativi migranti. E proprio nell’agire la rappresentanza degli interessi del collettivo ghanese, quest’associazione ha avuto l’opportunità di partecipare al bando MIDA ed alla costruzione di un soggetto imprenditoriale che opera a livello transnazionale tra l’Italia ed il Ghana. In questo processo di diversificazione e pluralizzazione degli organi- smi rappresentativi ghanesi in Italia, il collettivo ghanese ha ricomposto ed ampliato il repertorio di pratiche politiche e sociali in cui muoversi. Se l’am- pliamento può essere ricondotto ai nuovi interventi codificati, strategicamente e ed in modo intermittente, di sviluppo, la ricomposizione tenta di riformulare in forme peculiari gli ideali del panafricanismo. Nel contesto italiano, infatti, attraverso Ghanacoop ed il suo successo imprenditoriale, questo organismo e, di rimando l’associazione ghanese, madre dell’intervento di co-sviluppo, ha avviato nuove relazioni con altri collettivi e associazioni provenienti dal- l’Africa sub-sahariana nell’intento di replicare il progetto imprenditoriale ma anche di pensare forme di impegno politico organizzato. Insieme a questo processo di ricomposizione degli ideali panafricani, nuove forme di azione po- litica collettiva si sono strutturate non in base alla provenienza ma piuttosto
in nome del colore della pelle o della “nerezza” che dovrebbe costituire non solo una presunta comunanza iscritta nel e sul corpo ma sarebbe anche il ri- sultato identitario di una pratica discriminatoria esperita nel contesto locale e nazionale italiano. Panafricanismo e “nerezza”, dovrebbero, quindi, a pare- re di coloro che intendono promuovere la costituzione di gruppi di pressione politica in relazione al contesto nazionale italiano, costituire gli elementi di- stintivi e caratterizzanti in nome dei quali richiedere un ampliamento dei diritti in Italia. Il presupposto di questa soggettività politica, espressa nei termini della marginalità sociale e della genetica che dovrebbe ricomporre bios e norma sociale, ricodificando le soggettività corporeee ed iscrivendole dentro una prospettiva di azione minoritaria dal margine, non è condiviso dall’intero gruppo ghanese dell’associazione né tanto meno dentro Ghana- coop. Tensioni sull’idea di inclusione e diritto, fanno scontrare prospettive di estensione dei diritti in nome del colore della pelle, prospettive cosmopolite che individuano invece la mobilitazione per i diritti da acquisire in nome del posizionamento autoctoni-stranieri (Geschiere, 2009), o ancora coloro che an- corano la mobilitazione e partecipazione in nome dell’identità nazionale del paese d’origine e possono auspicare eventuali forme allargate di partecipa- zione sociale e politica in nome del panafricanismo. In questa dialettica, che costituisce il terreno per attivare forme di mobilitazione ed acquisizione di diritti d’azione nel campo dello sviluppo, l’agire in nome e attraverso identità diasporiche ha ulteriormente ampliato il repertorio di discorsi e di pratiche in cui agire per divenire ed esprimere la propria soggettività politica. In nome dell’impegno a favore dei paesi d’origine, dello sviluppo sostenibile, il col- lettivo ghanese, infatti, attraverso Ghanacoop si è autorevolmente costituita come rappresentante dei diritti dei migranti. Gli efferati casi di cronaca, di questi ultimi due anni, che hanno coinvolto alcuni Ghanesi hanno ripro- posto con forza una riflessione sull’esperito razzismo (Rivera, 2009) e sulla marginalità nei contesti specifici ed in relazione ai gruppi autoctoni. Ghana- coop, attraverso il suo sito, si è resa interprete di questi fatti proponendosi anche in questo caso come mediatore di conoscenza ed interpretazione degli eventi, sia per i collettivi ghanesi che quelli italiani, oltre che come esempio positivo d’integrazione nel contesto Italia. Eppure incarnando un modello di impegno economico ed integrazione ha proposto con forza le sue idee, la sua capacità di mediare identità culturali e scontri sociali, esprimendo una sua soggettività politica che si declina nell’incorporazione della diversità culturale ma anche nella capacità di agire mediando i punti di vista e, talvolta, nel- la paradossalmente percepita, mimesi del modello imprenditoriale emiliano romagnolo.
6.4.1
Lo sviluppo tra ethos caritatevole ed estromissio-
ne del politico
Sottolineando l’estrema abilità comunicativa e politica di questo grup- po nell’acquisire e risignificare discorsi e retoriche che le organizzazioni del- lo sviluppo e le istituzioni politiche costruiscono e forgiano, si proverà ora ad esplorare il meccanismo di depoliticizzazione e di partecipazione politica che Ghanacoop ha avviato, rispettivamente, nel contesto di partenza e nel contesto di arrivo.
Con il termine depoliticizzazione mi riferisco all’accezione classica fornita da Ferguson (1994), che individuava nello sviluppo, nei suoi apparati e nei suoi discorsi, una modalità con cui estendere le istituzioni statali e la bu- rocrazia negando la natura politica dell’intervento di sviluppo ed anche “il carattere politico delle strutture statali con le sue basi di classe, con le scelte volte ad indirizzare risorse in alcune aree piuttosto che altre e i vantaggi, di alcune élite o fazioni, derivanti dall’inefficienza delle strutture statali o dall’eventuale corruzione” (Ferguson, 2005, pg. 139).
Come già descritto etnograficamente Ghanacoop, negozia, media con al- cune istituzioni statali locali, sia in Italia che in Ghana, e tenta di aggirare le istituzioni statali ghanesi pur coltivando con queste dei rapporti di reciproco interesse. L’ipotesi interpretativa di definire gli interventi di questo broker di sviluppo come effetto della depoliticizzazione mira proprio a verificare se e come Ghanacoop pensi i propri interventi come apolitici, contribuisca a disegnare i luoghi ghanesi in cui opera come contesti tipici e bisognosi di sviluppo, e depotenzi costantemente, nelle testimonianze e nelle interviste, il proprio ruolo politico rappresentandosi come benefattore impegnato nello sviluppo del proprio paese. In questo processo di definizione del sé collet- tivo, se pure Ghanacoop riecheggia indirizzi di politiche internazionali che vedono nel protagonismo dei migranti un’opportunità ed un’azione di cam- biamento, la forma specifica d’impresa, la rete dei contatti avviata e le idee di sviluppo di cui è portatrice favoriscono l’estromissione del politico dai pro- pri interventi di sviluppo sul territorio ghanese. Ma nonostante il processo di depoliticizzazione in Ghana, questo attore, grazie alla tipologia e alla co- municazione relativa a questi interventi, sta costruendo la sua soggettività politica nel contesto di immigrazione. Ghanacoop si muove nell’ambito dello sviluppo utilizzandone il linguaggio e talvolta alcune rappresentazioni delle relazioni tra donor e beneficiario ma senza una logica burocratica, anzi nel segno della pragmaticità imprenditoriale e in una visione dell’intervento di sviluppo caritatevole e/o, per usare le parole degli informatori, del dono. Il circuito del dono che comincia a delinearsi, non solo sussume ed esemplifica
una forma tipica del linguaggio donativo5 con cui lo sviluppo è realizzato e proposto (Apthorpe, 2005), ma vincola il donatore al trasferimento di merci e reti di relazioni ed il donatario al riconoscimento sociale di questo gruppo emigrato che, così, acquisisce una nuova autorità legata alla risorsa sviluppo da cui, in particolare le istituzioni della chieftaincy, rinnovano la propria au- torità politica (cfr. Cap V). Si suggerisce, infatti, di cogliere questo meccani- smo di riconoscimento della risorsa sviluppo dentro la micro-politica ghanese (Mazzuccato e Kabki, 2009) di contesto, per individuare meglio i movimenti diasporici delle istituzioni politiche tradizionali e valutare, in una prospettiva di medio termine, come si modifichino gli assetti i posizionamenti e le forme dell’autorità politica.
In Ghana, Ghanacoop sta ottenendo un riconoscimento del suo impegno come emergente autorità politica: al suo leader è stato chiesto di parteci- pare e divenire membro del consiglio degli anziani del luogo dove sono stati implementati gli interventi di sviluppo; Ghanacoop agisce e si muove tra le istituzioni politiche ghanesi come mediatore ma anche come decisore politico, decide la tipologia degli interventi e la localizzazione degli stessi offrendo ne- goziazioni bloccate alle autorità preposte. Eppure l’autorità politica, in via di conferimento, nelle pratiche e soprattutto nelle rappresentazioni che il grup- po propone, è costantemente depotenziata. Infatti, l’impresa cooperativa e l’associazione ghanese di Modena, con cui permangono delle sovrapposizioni e dei livelli d’intervento comune, intorno a ciò che è stata definita ddiasporic ritual charity (Nieswand, 2008) ha consolidato la sua immagine e la sua azio- ne sociale oltre che identità in Ghana come in Italia. Il carattere d’impresa ha poi definito ulteriormente questi interventi come iniziative di corporate social responsability, e questo ha comportato la depoliticizzazione e la tra- sformazione definitiva dello sviluppo. Ha trasformato, infatti, l’impegno nello sviluppo in beneficenza sul versante ghanese, ed in bene immaginario mone- tizzabile ma anche in impegno politico per lo sviluppo, nel contesto italiano. A livello internazionale poi, rinnova il suo impegno nel ruolo di mediatori di risorse materiali ed immateriali con la presenza ad importanti conferen- ze, dimostrando non solo la sua capacità ed efficacia comunicativa ma anche l’abilità a tessere relazioni stratificate tra soggetti e attori oltre che avviare nuovi rapporti, in nome della loro visibilità come gruppo, con altri gruppi e
5“Compito chiave dello stile donativo è investire il discorso delle politiche di sviluppo con
alti ideali, in modo da essere persuasivo attraverso la sua capacità di stimolare ispirazioni, elaborare morali ed essere teleologico. . . il proposito speciosamente operativo dello stile donativo è la sua intenzione di essere “pratico”, non teorico o filosofico, di procedere nel lavoro senza indugio” (Aphtorpe R. Il discorso delle politiche dello sviluppo in R. Malighetti (ed.) Oltre lo Sviluppo. Le prospettive dell’antropologia. Roma Meltemi editore, 2005 pg. 127-128).
collettivi ghanesi dislocati in Europa.
Nel contesto italiano l’azione politica è più articolata. Data la visibilità a livello nazionale, Ghanacoop è stata chiamata a presentare il proprio progetto nelle camere parlamentari italiane e testimoniare l’impegno nello sviluppo in diverse occasioni promosse dalla società civile. Le istituzioni politiche italia- ne, nelle attività di promozione dell’internazionalizzazione delle imprese o nei progetti di cooperazione nel contesto ghanese, e spesso per estensione nel con- testo africano, propongono ai diversi attori l’intermediazione di Ghanacoop. Quest’ultima, inoltre, è chiamata dalle istituzioni statali cittadine e regionali dell’Emilia Romagna a esprimere pareri sulle politiche migratorie locali. La visibilità, ottenuta sui media nazionali, facilita ulteriormente la costruzione di reti tra soggetti sociali molto diversi tra loro. Al leader di Ghanacoop, infine, è stato chiesto di candidarsi alle elezioni amministrative regionali e di impegnarsi nella politica nazionale di un partito del centro-sinistra; si ram- menta che ancora le cariche politiche istituzionali sono di rado affidate in Italia a cittadini immigrati o con doppia cittadinanza.
Il carattere d’impresa, il linguaggio dello sviluppo ricodificato e l’idioma imprenditoriale rendono Ghanacoop un progetto vincente e pienamente ade- rente al lessico politico dominante. Emerge come concreto esempio visibile dell’immigrazione che diviene risorsa economica nel paese d’immigrazione co- me nel paese di provenienza. Lo sviluppo è presentato, se pure con accezioni linguistiche che echeggiano allo sviluppo sostenibile, allo sviluppo umano, esclusivamente come crescita economica ed impegno apolitico nei contesti lo- cali. Anche le modalità d’orientamento nelle scelte degli interventi si rivelano essere poco partecipative e poco attente ai conflitti ed alle dialettiche tra le componenti sociali disegnando l’iniziativa di sviluppo come l’unico interven- to possibile oltre che competente, e queste visioni dell’intervento di sviluppo tendono ad oggettivarlo presentandolo scevro di ogni connotazione politica o scelta specifica. Nell’oggettivazione e naturalizzazione degli interventi an- cora una volta si può percepire l’eco dei discorsi e delle politiche di grandi organismi internazionali (Apthorpe, 2005) ma la peculiarità che ad operarli sia un gruppo promotore del co-sviluppo che in sé, come pratica politica, do- vrebbe avere proprio la capacità di rivelare immagini falsificate dei contesti e dei problemi, rende questo progetto, privo di questa potenzialità di scardi- namento delle logiche e dei discorsi di sviluppo, delle asimmetrie di potere e degli assetti politici. Infatti se potenzialmente il co-sviluppo, grazie all’auto- investitura dei migranti come soggetti che decidono sulla sorte delle comunità d’origine, potrebbe intercettare apparati di potere (Riccio e Ceschi, 2010) al fine di dare voce a gruppi esclusi, nonostante il progetto Ghanacoop riveli alcune forme di riappropriazione dei linguaggi dello sviluppo sembra ricollo- care alcune risorse economiche e politiche di una élite dislocata senza alterare
gli equilibri sociali e/o favorire un cambiamento sociale. Pur riconoscendo che in diversi studi il co-sviluppo abbia consentito un complesso processo di acquisizione simultanea della cittadinanza (Riccio, 2009), e conservato la potenzialità di attivare reti e gruppi sociali dislocati per mobilitare risorse materiali e rimesse politiche al fine di avviare dei processi di cambiamento sociale, il caso ghanese qui presentato sembra delineare, nonostante la com- plessità e pluralità dei processi in atto, un quadro di riferimento parzialmente differente.
L’analisi dei dati empirici del caso Ghanacoop e, forse si potrebbe dire, della tipologia d’impianto MIDA, permette di leggere con particolare atten- zione il processo d’acquisizione del potere politico da parte di soggetti econo- mici che, in quanto migranti e quindi incarnando un’identità soggettiva data dalla mobilità e dal legame re-inventato e riformulato con i contesti sociali di vita, intervengono nella sfera pubblica nazionale e transnazionale agen- do contemporaneamente pratiche di mercato e discorsi di sviluppo. Questa tipologia di progetti di co-sviluppo dunque consente nuove forme di parte- cipazione politica dei migranti nei paesi d’immigrazione ma, nel deputare le iniziative ai gruppi diasporici, non solo rinnova un approccio neoliberista e presenta problemi di sostenibilità ed accountability, ma autorizza e conferisce potere a gruppi sociali la cui rappresentanza politica è paradossale. La rap- presentanza politica di questi gruppi, infatti, è data, nel contesto di partenza dalla distanza dal luogo, nel contesto di arrivo dalla capacità di trasformare il linguaggio politico, dello sviluppo e della mobilità, al fine di depoliticizzarlo.
6.4.2
Broker
di capitali e big men: denaro, reti e cono-
scenza
La ricostruzione del campo socio-politico in cui Ghanacoop prende posi- zione e forma esprimendo ed esercitando una soggettività politica, potrebbe esser letta come funzionale all’emersione dell’elemento di novità sostanziale che quest’ oggetto etnografico pone: la forma d’impresa, che per sue caratte- ristiche sembra acquisire i connotati di un organismo intermedio delle società in cui opera. Lo sviluppo, la cooperazione decentrata, le politiche neolibe- riste che vincolano i singoli ed i gruppi emigrati agli Stati di provenienza, al fine di attribuire loro responsabilità dello sviluppo economico e sociale o ancora le iniziative volte ad intercettare e investire le rimesse economiche e sociali, hanno contribuito a far emergere una molteplicità di attori sociali. Ghanacoop è sicuramente uno di questi attori ma ciò su cui si vorrebbe porre
l’attenzione è la caratterizzazione di broker di sviluppo e come questa con- senta l’acquisizione di potere e legittimazione contemporaneamente in Italia ed in Ghana. Ferguson (1994), nel suo studio sul Lesotho, ha precisato come lo sviluppo pur operando in diverse contingenze storiche e sociali sia capace, nella strutturazione dei suoi interventi, di moltiplicare e riorganizzare le rela- zioni di potere esistenti. L’assunzione di questo punto di vista può aiutare a sviluppare un’analisi delle pratiche messe in campo da Ghanacoop che agisce, dirotta e ricostruisce fasci di relazione di potere, che talvolta sono statali (a livello locale e nazionale), talaltra appartengono a reti della chiesa cattolica, o ancora sono circoscrivibili al mondo delle organizzazioni imprenditoriali. Il dirottamento delle risorse materiali e immateriali, chiesto esplicitamente dai gruppi sociali che chiedono la mediazione della società cooperativa ghanese di Modena, permette di costruire una legittimazione del potere di questo gruppo, in particolare nel contesto ghanese.
La mediazione che si richiede a Ghanacoop ha carattere prettamente cul- turale, questa dovrebbe favorire gli scambi economici e gli investimenti tra i due paesi contribuendo a creare delle occasioni di sviluppo economico per gli attori sociali ed economici che decidono di operare su e tra i confini geografico- culturali dei due paesi. In Italia è chiamata a mediare con componenti sociali diversificate e con le istituzioni nel ruolo di rappresentanza degli interessi gha- nesi e dei migranti, in nome dell’inclusione sociale e dell’integrazione di cui essi stessi sono testimonianza. Questo compito di mediazione delle forme culturali si realizza in occasioni tra loro diverse a cui si è già fatto cenno: in occasioni di pubblico dibattito promosse dalla società civile, nelle sedi istitu- zionali (nazionali ed internazionali), sui media italiani e ghanesi, negli eventi e progetti imprenditoriali incoraggiati dagli enti preposti all’internazionaliz- zazione ed allo sviluppo d’impresa. Le forme di mediazione della conoscenza a cui Ghanacoop è chiamata non riproducono esclusivamente forme e habitus culturali pre e post migrazione, infatti ciò che si richiede è una conoscenza del locale, che pur producendo inferenze tra territorio, cultura e sapere e autoriz- zando anche forme di marketing territoriale, sia consapevolmente elaborata nella appartenenza distante, nella diaspora e nelle connessioni meticcie.
La capacità di mediazione culturale e politica tra i confini ed i paesaggi sociali, si concretizza come si è dimostrato nella capacità di mediare anche capitali economici, che sono mobilitati, direzionati ed investiti secondo i cri-