• Non ci sono risultati.

4.3 Ghanacoop: il versante ghanese

4.3.1 I dipendenti

All’oggi di questa ricerca tre giovani uomini, di cui uno poco più che ven- tenne, e una donna, compongono il gruppo Ghanital in Ghana. In questi anni vi sono stati vari avvicendamenti nei ruoli interni, ed anche tra i singoli nei rapporti con Ghanacoop, i primi dipendenti erano tutti legati ai soci di Ghanacoop da relazioni di consanguineità e di parentela, e questo sembrava essere un criterio importante individuato per rafforzare le relazioni di fiducia tra i due gruppi e per avviare sul terreno ghanese un buon lavoro d’impresa. Esercitare controllo e potere sui dipendenti non solo mediante la relazione di lavoro e di dipendenza economica ma anche attraverso le pressioni famigliari esercitate dall’Italia, appariva come un’efficiente sistema sociale codificato mediante cui avere controllo dell’operato sul terreno ghanese. Eppure l’av- vicendamento di questi anni, il cambiamento pressoché totale dei dipendenti i quali non sono attualmente legati da relazioni personali e famigliari con i soci italiani di Ghanacoop, ha rivelato che quel sistema incrociato di relazio- ni, che potevano configurarsi come relazioni di dipendenza normale (Cutolo, 2005), non riusciva ad arginare i problemi riscontrati sul terreno e poteva anche rivelarsi controproducente innescando conflitti e sospettose dicerie tra i Ghanesi emigrati in Italia. Questi ultimi, infatti, non avevano valutato del tutto positivamente i criteri adottati perché descritti come rappresentativi degli interessi di pochi e come lesivi degli interessi della “comunità ghane- se” di Modena che invece doveva continuare ad essere il referente unico del progetto Ghanacoop. Si precisa che queste annotazioni sul cambiamento e sulle scelte operate includendo persone di fiducia e parenti, non sono in al- cun modo valutative né tanto meno insinuano che le relazioni di parentela depotenziassero o addirittura rivelassero secondi fini del progetto in analisi. Infatti, appare chiaro ed è evidente, da tutte le interviste realizzate, che la gestione del progetto nel paese di emigrazione necessiti di operazioni compli- cate, di meccanismi di controllo e verifica e soprattutto di costruire relazioni efficaci e di fiducia; risulta più semplice affidare il buon risultato e l’inve- stimento, in particolare se questo è collettivo, a persone note e con cui le relazioni, nel tempo di emigrazione non si siano interrotte, nella gran parte dei casi famigliari. Coloro che sono stati intervistati hanno cominciato tutti, ad eccezione di una persona, a lavorare solo nel 2007 ovvero nella fase d’im- plementazione del progetto. Sono tutti cresciuti ad Accra ed una motivazione forte al lavoro è data dall’aspirazione di tutti a conoscere altri mondi, altri luoghi, o almeno di conoscere molti stranieri (Smith 2007a; Kabki, 2007). Eppure sollecitati in merito all’aspirazione a voler emigrare, tutti, tranne in un caso, hanno dichiarato il loro intento di rimanere in Ghana. Da parte di chi era stato in Italia, mi veniva ribadito che la vita dei Ghanesi a chi aveva

visto davvero come vivono non poteva interessare: troppe ore di lavoro, mol- ta fatica quotidiana e solitudine ed infine una lontananza dagli stili di vita che una città cosmopolita come Accra poteva offrire.

Come già accennato, un’aspettativa che lega tutte le narrazioni e che è stata, per alcuni, argomento di contrattazione per accettare il lavoro è data dalla possibilità di andare via o almeno di conoscere l’occidente, di poter conoscere persone, di avere relazioni importanti anche in Ghana. La possi- bilità di sviluppare un’impresa ma anche di avere una relazione privilegiata con l’Europa diviene tema ricorrente, una relazione privilegiata che consente un’eventuale opportunità di emigrazione ma anche una mobilità sociale nella società ghanese, il lavoro prestigioso attraversa le narrazioni dei dipendenti così come è stato appurato per quelle prodotte dai soci. Inoltre fare parte di un progetto d’impresa, che però ha una visibilità importante sia in Ghana che in Italia, li rende consapevoli delle possibilità che questo progetto pone e alimenta anche una pluralità di rappresentazioni, aspettative e visioni di cosa sia davvero Ghanacoop.

“Ghanacoop ha avuto denaro dal governo italiano, perché vogliono aiu- tare gli immigrati, Ghanacoop sta cercando di alzare il livello di con- sapevolezza sullo sviluppo e sul potere dei migranti in Europa” (P. intervista dell’11 giugno 2009).

Ghanacoop è un agenzia che offre assistenza ai turisti ed agli investi- tori, se è la prima volta che arrivi in Ghana e non hai idea del paese chiedi a Ghanacoop dove andare cosa fare. . . ”( J. intervista del 15 giugno 2009).

“Dunque, io penso che Ghanacoop sia la via maestra per vedere i mi- granti in un modo migliore. In Ghana Ghanacoop è conosciuta ma solo per i progetti sociali, invece Ghanital è nota solo negli ambienti legati al business. Forse Ghanacoop smetterà di fare progetti sociali e si occupe- rà solo di commercio, d’altra parte non tutti i membri sono interessati ai progetti sociali, quasi tutti pensano solo al business e quindi se que- sta parte di lavoro non dovesse esserci più non cambierebbe niente” (S. intervista del 9 giugno 2009).

Tutti conoscono la natura di Ghanacoop, tutti sanno che è una coope- rativa di emigrati ghanesi impegnata per promuovere lo sviluppo del paese d’origine. E sono consapevoli anche che molte delle iniziative intraprese, a parte l’impegno dei migranti, sia dovuto alla storia del paese d’arrivo e di vita, spesso ripetevano “voi italiani credete nelle cooperative e fate molti pro- getti sociali ”. Questo dato che è rappresentato come tipicamente italiano è

più facilmente attribuibile al contesto locale e regionale dove Ghanacoop è nata, ma è altrettanto chiaro, almeno agli occhi di alcuni dei dipendenti sul versante ghanese, che l’impegno della cooperativa in Ghana consente loro di aprire un credito importante con le istituzioni italiane e con alcuni operatori economici.

“Con l’ospedale di Apam è andata così. Conad voleva sponsorizzare un progetto sociale che riguardava la salute in Ghana ed allora ha contatto Alex sono venuti qui e siamo andati dal Cardinale. Loro avevano in mente di realizzare un pronto soccorso mobile per fornire un primo aiu- to, così quest’ambulanza poteva anche girare per tutta l’area di Gomoa Simbrofo. Il cardinale vive nella regione centrale e conosce le persone di cosa hanno bisogno, allora ci ha detto che c’era un progetto a Man- kessim che poteva essere utile appoggiare ma poi invece quello era stato completato allora ci ha consigliato di contattare l’ospedale cattolico di Apam perché sapeva che occorreva partecipare ad un progetto che era già in corso. Non ricordo esattamente l’entità dell’investimento, penso che abbiamo dato 35000-40000 euro oltre ad alcuni beni come un’am- bulanza, alcuni materassi letti d’ospedale. Prima sono arrivati questi beni e poi il denaro.

Abbiamo preso le nostre informazioni e poi abbiamo deciso di fare que- sto progetto. Ghanacoop aveva già una relazione con il Cardinale T. non so che tipo di relazione ci sia ma era un contatto e la persona mi- gliore da contattare per avviare il progetto, lui sa quali siano i bisogni delle persone, ci poteva guidare ed indicarci in quali villaggi direzionare i nostri progetti e poteva anche aiutarci e facilitarci il compito. Infatti, è difficile reperire tutte le informazioni necessarie per un progetto se non hai un contatto con una persona importante e che conosce i luoghi, le persone a cui rivolgersi.

La decisione di fare un progetto sulla salute è stata presa in Italia, l’ha deciso Conad non so quanto Ghanacoop abbia influito su questa deci- sione ma ha sicuramente deciso come fare e dove farlo qui in Ghana” (S. intervista del 9 giugno 2009).

Ghanacoop nei discorsi dei dipendenti, assume una forma abbastanza pre- cisa in cui però si muovevano pochi attori, quelli che quotidianamente lavo- rano dentro la cooperativa e che hanno potuto vedere nei loro viaggi ghanesi, eppure l’adesione e la coincidenza tra il gruppo ghanese di Ghanacoop e quello italiano sembrava pressoché assoluta. In particolare tutte le domande poste per comprendere quanto il progetto fosse condiviso, quanto e come la giovane età dei dipendenti potesse costituire, eventualmente, un ostacolo allo sviluppo dell’impresa sul versante ghanese hanno trovato risposte dissimili;

l’elemento della giovane età sembrava poi ai loro occhi una mia annotazione marginale e di poca importanza. Eppure la dipendenza, l’autorità legata all’età e la terminologia di parentela che i dipendenti utilizzavano per chia- mare i leader di Ghanacoop aveva sollevato in me dei dubbi e delle domande relative ai rapporti interni, non tanto tra i singoli e i leader ma piuttosto sul gruppo ghanese ed il gruppo italiano, che si contraddistinguevano per avere posizioni complementari ma gerarchiche in termini di capacità economica e progettuale, risorse e capitali sociali, e infine relativamente all’età.