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Se il prospetto, e a volte la sezione, prende in considerazione l’architettura tradizionale, nobi- le o povera che sia, la pianta in genere rimane coerente con gli insegnamenti razionalisti. Il con- trasto materiale ne evidenzia uno ideologico: se da un lato l’edifi cio deve mostrare una coeren- za con il contesto nel quale si trova, dall’altro i vantaggi di una pianta organizzata secondo la

concezione razionalista sono innegabili e spesso necessari.

Ciò deriva dal fatto che la pianta non è mai di- rettamente osservabile ma solo leggibile su di- segno o esperibile (escludendo in questo secon- do caso la possibilità di una visione d’insieme), mentre i volumi ed i prospetti sono immediata- mente disponibili all’osservazione diretta. Dun- que “l’aspetto dell’edifi cio” viene determinato dagli alzati.

Non è un caso infatti se Coderch abbia descrit- to le Baleari con un collage di fotografi e di fac- ciate (Triennale di Milano) o se l’articolo “Dalla Spagna” pubblicato da Domus presenti 3 pagine introduttive con foto di prospetti.

La suggestione che incarna la facciata nell’archi- tettura del dopoguerra viene messa in discus- sione nel momento in cui il progettista disegna la pianta.

Nelle varie tipologie che Coderch e Valls proget- tano per le unità abitative del villaggio di Sitiges, si nota il forte contrasto tra le piante organizza- te secondo una logica razionalista e gli alzati che rispettano la tradizione costruttiva del luogo. Non è possibile tuttavia parlare di incoerenza dato che i due sistemi riescono a convivere sen- za entrare in crisi. Piuttosto la sperimentazione di Coderch e Valls insegna come sia possibile coniugare due diversi sistemi. Le piante delle unità abitative infatti presentano quella articola- zione che l’architettura tradizionale, che sfrutta i vantaggi di volumi compatti, raggiunge dopo numerose fasi storiche di costruzione e amplia- menti. La differenza sta nel fatto che, mentre la complessa articolazione di un edifi cio popolare

ne testimonia una successione di fasi e quindi un grado di disordine, le abitazioni progettate dai due catalani rendono le varie parti necessarie le une alle altre. I caratteri principali si riassumono nella riorganizzazione funzionale e nell’assenza della componente storica. Per operare tale sin- tesi è necessario saper controllare una grande quantità di variabili e va dunque reso tale merito ai progettisti.

Un altro caso in cui pianta e prospetto non cor- rispondono è quello delle Torri Ina di Mario Ridolfi . Egli pone un tetto a falde come coro- namento delle torri ma tale operazione cela un inganno in quanto gli spioventi racchiudono un tetto piano che funge da stenditoio.

Dunque in alcuni progetti elaborati nel dopo- guerra pianta e alzato sono in contrasto, ma vi sono anche situazioni in cui la pianta stessa viene sconvolta da operazioni che i prospetti non comunicano. Ciò avviene soprattutto nel tessuto denso e compatto di Barcellona e due sono gli esempi più chiari: l’edifi cio per abitazio- ni in calle Bach di Ricardo Bofi ll e quello di Sola- Morales in calle Muntaner. In entrambi i casi il blocco mostra una facciata sul fronte strada li- neare e chiara ma nel momento in cui si apre verso il patio viene stravolto. Bofi ll infatti scava il volume ed opera una rotazione per parte del blocco mentre Sola-Morales sdoppia l’edifi cio in due parti: una che dialoga con il fronte strada- le e su di esso si allinea e un’altra, interna, che cinge il vuoto della manzana curvandosi intorno ad essa; i due volumi sono uniti da passaggi che tagliano l’unico vuoto interstiziale in tanti piccoli patii e collegano la zona giorno alla zona notte

dell’appartamento. Vi è dunque una individua- zione chiara degli spazi di soggiorno e della zona notte, separati da un lungo corridoio.

IL MURO

Il percorso che attraversa longitudinalmente l’interno della Saracena di Moretti è affi ancato da un lungo muro continuo. Esso non è lineare e non segue neppure una ben defi nita linea curva. Sembra un elemento naturale o primitivo con lo scopo di signifi care solo sé stesso come muro, elemento che chiude e ripara, vicino al quale l’uomo si sente protetto ed accompagnato nel percorso. Una tale conformazione planimetrica non è riconducibile né agli schemi del razionali- smo né a quelli dell’organicismo. È però possibi- le fare un parallelismo con quanto Le Corbusier realizza a Rochamp e all’idea di forma primitiva sottesa alla sua concezione. Il muro nella cultura mediterranea ha una enorme carica simbolica. Esso rappresenta il recinto a protezione di un terreno e nel momento in cui delimita un’unità abitativa diventa protezione dal clima, dal vento, dal sole e dai pericoli esterni. La storia delle cit- tà dell’Europa meridionale è una storia di mura, erette a protezione dai nemici e da altri perico- li sempre imminenti. La disponibilità di argilla e l’eventuale possibilità di cuocerla, l’accessibilità al materiale lapideo, consentono la realizzabilità del muro mentre l’assenza di legname scorag- giano le popolazioni dell’Europa meridionale ad utilizzare altre tecnologie.

Lo spazio racchiuso tra quattro mura è determi- nato dalla lunghezza dei tronchi disponibili per fare le travi: esso rappresenta il modulo base di dimensioni costanti. È attraverso la sua ripetizio- ne che si costruiscono edifi ci di maggiori dimen- sioni e quando la costruzione viene ampliata, lo si fa aggiungendo uno o più moduli al blocco già esistente. Nel muro possono essere praticate bucature di dimensioni contenute ma varie ed in questo modo nascono le porte e le fi nestre. Una possibile chiave di lettura della storia della tradizione mediterranea potrebbe essere pro- prio quella del muro dato il suo largo impiego e la vastissima quantità di interpretazioni e attri- buzioni di signifi cati che ha avuto nella storia. Il muro di Moretti ha una carica simbolica poten- tissima, sintetizzando in sé tutta la serie di valori che esso ha nella tradizione architettonica.