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stro nel 1954 e la sede bolognese della Johns Hopkins University progettata da Zacchiroli nel 1959.

Carvajal nasce a Barcellona nel 1926 e presto si trasferisce a Madrid dove frequenta gli studi e si laurea nel 1953, vincendo, con la propria tesi, il “Premio Extraordinario Fin de Carrera”. Inizia già da subito la propria carriera universitaria: dal 1954 è professore ausiliare, nel 1962 ottiene il

dottorato e nel 1965 la cattedra all’ETSAM di Madrid. Nel 1954, con Rafael García de Castro, vince il concorso per la Escuela de Altos Estudios Mercantiles a Barcellona che viene costruita ne- gli anni successivi. Dal 1955 al 1957 vive a Roma dove frequenta la Scuola di Belle Arti e dove, tra il 1957 e il 1958 costruisce un monumento funebre, il Panteón de Españoles nel Cimitero del Verano, progettato con José María García de Paredes. Tornato a Madrid coniuga l’insegna- mento universitario all’attività professionale che porta avanti per decenni e che gli vale il premio Medalla de Oro de la Arquitectura 2012, il ri- conoscimento spagnolo più importante per un architetto locale. Ideologicamente vicino al fran- chismo, fi no al 1975 lavora molto, soprattutto per committenze pubbliche e spesso attraverso concorsi mentre dopo la caduta del regime vive una sorta di isolamento che lo porta a ricevere pochi incarichi e che egli stesso racconta così:

“non mi pento di quello che ho fatto in quegli anni, cosciente del fatto che fu esattamente in quel pe- riodo che cominciò la mia emarginazione che durò per quasi quindici anni e che ha convertito la mia vita in una specie di esilio interiore di certo non desiderato ma che tuttavia non è riuscito a farmi abbandonare le speranze. Non crediate che le mie parole siano esagerate. La semplice lettura del mio curriculum, a partire dal 1976, non lascia margine di errore”1

1 “de nada de cuanto hice en aquellos años me arre- piento, sin que tal afi rmación pueda suponer que desconozca que fue, precisamente en estos años, cuando se generó la marginación, a la que se me ha sometido durante casi quince y que ha convertido mi vida en una especie de largo exilio interior, no ciertamente deseado, que no ha conseguido vencer mi esperanza. No creáis que mis palabras son exageradas. La simple lectura de mi curriculum profesional, a partir de 1976,

Si indagano qui le fi gure di Javier Carvajal Ferrer (1926-2013) ed Enzo Zacchiroli (1919-2010), due personaggi tra loro molto diversi e che non si conoscono personalmente ma che nel campo progettuale svolgono ricerche che presentano diversi elementi affi ni.

Viene operato un confronto tra due edifi ci uni- versitari progettati dai due autori: la Escuela de Altos Estudios Mercantiles di Barcellona proget- tata da Javier Carvajal e Rafael García de Ca-

Carvajal è un professore appassionato come viene riportato da Ignacio Vicens: “le lezioni era-

no divertenti, nonostante fossero dure, Carvajal era molto critico. Era impressionante la sua capacità di generare entusiasmo: uscendo non sapevamo di cosa avevamo parlato però sapevamo che non po- tevamo rinunciare all’architettura. Tutto lo portava all’architettura, dimenticava l’arte e la politica”. 2

Lo stesso Carvajal conferma il piacere che prova nell’insegnamento affermando che “l’essere pro-

fessore è la cosa più felice della mia vita“3.

Nonostante il periodo negativo in ambito pro- fessionale, lascia la propria impronta in quello universitario. Scompare nel 2013.

Enzo Zacchiroli nasce a Bologna nel 1919 da una famiglia di origini umili e già fi n da studente del liceo artistico lavora come disegnatore ne- gli studi di Giuseppe Vaccaro, Alberto Legnani e Gianluigi Giordani: probabilmente è a causa di questa sua condizione di studente-disegnatore che matura una fortissima attenzione verso la cura di ogni elemento del progetto.

Si iscrive ad Architettura anche grazie al sug- gerimento del pittore Giorgio Morandi che, vedendo i suoi disegni mostratigli dalla madre e rimanendo colpito dalla loro qualità avrebbe

no deja margen para el engaño” Carvajal Javier, “Ultima lección académica”, in “Javier Carvajal”, Madrid, Editorial Munilla-Lería, 2000, p.157

2 “las clases divertidas, aunque duras -era muy crítico-”, de Carvajal. “Era impresionante su capacidad para generar entusiasmo: al salir no sabíamos de que había hablado, pero sabíamos que no podíamos dejar la arquitectura. Todo lo llevaba al ofi cio, ya fuera el arte, la política,…” http://www. coaglugo.es/es/noticias/773/muere-javier-carvajal/

3 “Ser profesor es lo más feliz de mi vida”, afi rmaba http://www.coaglugo.es/es/noticias/773/muere-javier-carvajal/

affermato “Che faccia l’ architetto”4.

Nel periodo in cui frequenta gli studi univer- sitari, nella Facoltà di Architettura di Firenze, i colleghi notano la sua grande sensibilità verso l’architettura che lo spinge ad essere molto ri- fl essivo, come riporta Giovanni Klaus Koenig: “la straordinaria lentezza dei suoi comportamenti

(era) nota a tutti i suoi amici. Nelle gite, Zacchiroli è sempre l’ultimo a salire sul pullman, nonostan-

4 PARISINI, Francesca, “Addio Zacchiroli, l’ architetto che disegnò la città futura”, Repubblica, 10 Marzo 2010

Nella pagina precedente: Monumento funebre al Verano In questa pagina: Casa Garcia, Somosaguas, Carvajal

te gli urli degli architetti cuccioli ansiosi di correre ad annusare nuove architetture. Mentre continua- va imperterrito ad annotarsi i più piccoli dettagli di un’opera (di Aalto, nel caso in cui sono stato testimone), alla domanda risentita di chi lo stava osservando, immobile e come trasognato: -Ma che diavolo fai?, la risposta era sempre la stessa: - Mi sto domandando perché l’abbia fatto in quel modo. E non valeva chiedere che, per favore, la risposta se la desse a sedere nell’autobus, assieme agli altri. No, la risposta doveva venire di lì, da quel pezzo di marmo, chissà perché scanalato in quel modo.(...) La sua lentezza (...) è quindi la lentezza del serio analista pignolo.”5

In un’intervista di qualche anno dopo Zacchiroli spiega così il suo comportamento: “so di esse-

re lento fi ntanto che non capisco a fondo le cose che indago. Non puoi soprassedere al fatto di non aver capito. Quando hai capito invece, allora tutto diventa più facile e più veloce. Ogni situazione ha bisogno dei suoi tempi.”6

Zacchiroli partecipa come soldato alla seconda guerra mondiale e questo gli causa un ritardo negli studi che riesce a compensare con la qua- lità, infatti si laurea con Lode e vince il primo premio nazionale C.O.N.I., grazie alla qualità della propria tesi che riguarda un palazzetto del- lo sport a Bologna e che viene anche pubblicata su Casabella 337.

La cura che Zacchiroli ha per i propri progetti viene riportata da Koenig:

“L’architettura di Zacchiroli non è fi glia del gesto

istintivo, frutto di intuizioni rapide quanto poco con-

5 KOENIG, Giovanni Klaus, “Enzo Zacchiroli. Il mestie- re full-time”, Bari, Dedalo libri, 1980, pp. 6-7

6 SIGNORINI, Sergio, “Conversazione con Enzo Zacchi-

roli”, Costruire in laterizio n.61 pp 36-41

trollate (…). Essa rappresenta il momento chiave di un processo che Dio solo sa quanto è lungo, quando è cominciato e quando fi nirà. (…) Per Zac- chiroli le sue architetture sono tutte fi glie amatissi- me, da non abbandonare mai.”7

La dedizione totale all’architettura di Zacchiroli si evidenzia anche da alcuni episodi signifi cativi: ”«Mio padre era un uomo da tavolo da disegno e

da cantiere», lo racconta il fi glio, ricordando quan- do lui, bambino, lo vide trasportato tra i ponteggi dentro il cucchiaio di una ruspa. «Si era fratturato una vertebra e aveva metà del corpo ingessato. Neanche così c’era verso di fermarlo.»”8

Durante il periodo universitario Zacchiroli in- contra personaggi molto bravi nella sua facoltà, come Leonardo Ricci, Leonardo Savioli, Adal- berto Libera ma sembra molto più attratto dall’opera di Giuseppe Giorgio Gori e da Gior- dani con il quale aveva lavorato: “tutti i miei ma-

estri universitari che, in quel momento, più erano diversi più mi costringevano a sperimentare strade diverse. Ma più mi sforzavo, tanto più tornavo sem- pre ad osservare quello che faceva Aalto e quello che faceva Giordani.(...). Lavoravo molto nello stu- dio di Giordani, tutte le ore libere le andavo a pas- sare lì. E poi Alvar Aalto è stato il grande sogno”9.

Tuttavia lo stesso Zacchiroli cerca fi n da subito di tracciare un proprio percorso come sostiene egli stesso: “Negli stessi anni, sono 4 o 5 anni in cui

mi occupo di questi tre lavori, progressivamente mi

7 KOENIG, Giovanni Klaus, “Enzo Zacchiroli. Il mestie- re full-time”, Bari, Dedalo libri, 1980,

8 PARISINI, Francesca, “Addio Zacchiroli, l’ architetto che disegnò la città futura”, Repubblica, 10 Marzo 2010

9 SIGNORINI, Sergio, “Conversazione con Enzo Zacchi-

roli”, Costruire in laterizio n.61 pp 36-41

distacco, cerco di recuperare una mia fi sionomia, pur accorgendomi che il linguaggio è ormai quello: gli interni sono ancora aaltiani, nell’organizzazione degli spazi c’è ancora Dudok, ci sono ancora tutti i maestri.”10

La Bologna del dopoguerra è un ambiente mol- to dinamico in cui lavorano architetti come Glauco Gresleri, Giorgio Trebbi, Luigi Vignali e in cui vengono edifi cate importanti opere di Sa- verio Muratori, Filippo Monti, Italo Gamberini, Giovanni Michelucci, Pierluigi Nervi e Giuseppe Vaccaro tra gli altri. Bologna è un laboratorio urbanistico molto importante in questi anni, sia per quanto accade per il centro che riduce il fenomeno di musealizzazione che affl igge mol- te altre città italiane, sia per quanto riguarda le zone di espansione sulle quali la classe politica locale, molto attenta nei confronti del problema della casa per le classi meno abbienti, fa si che vengano avviati numerosi cantieri da parte dell’I- stituto Autonomo Case Popolari, tutti gestiti da architetti molto qualifi cati.

Zacchiroli è uno dei protagonisti della scena architettonica bolognese nel dopoguerra e per questo viene nominato accademico di San Luca. La produzione architettonica dei due personag- gi è molto ricca e mantiene sempre alti livelli di qualità, anche nei decenni successivi.

Carvajal ad esempio vince nel 1964 il premio per il miglior padiglione all’esposizione di New York.

Carvajal afferma esplicitamente il riferimento a Terragni per il progetto della Escuela de Altos Estudios di Barcellona e la sintesi dello schema strutturale lascia immaginare che l’edifi cio al 10 Ibidem

quale si rimanda sia la Casa del Fascio di Como. Allo stesso modo, tenendo a mente il riferimen- to a Terragni, si nota come le sovrapposizioni di gruppi di elementi e sistemi strutturali che con- fi gurano le facciate del blocco di appartamenti sulla Calle Montesquinza a Madrid (1966-68) alludano alla stratifi cazione della casa Giuliani Frigerio di Terragni a Como.

Molto probabilmente i due architetti non si sono mai conosciuti e non è dato sapere se abbiano mai visto il lavoro l’uno dell’altro e questo è un elemento signifi cativo ai fi ni della ricerca infat- ti si considera molto utile confrontare le opere di due progettisti che tra loro non hanno avuto contatti ma che appartengono a due ambienti in cui la progettazione architettonica si sviluppa sulla stessa linea. Il fatto che i due architetti non si siano mai confrontati direttamente rafforza l’i- dea secondo la quale da alcune linee di indagine simili sia possibile raggiungere risultati proget- tuali per certi versi affi ni.

Zacchiroli e Carvajal lavorano per decenni su temi simili che allo stesso tempo li distinguono da altri architetti a loro contemporanei.

Tra il 1970 e il 1973 Carvajal costruisce a Madrid la Torre de Valencia, in una posizione privilegia- ta dato che il lotto si trova vicino al Parque del Retiro e la torre è ben visibile da diversi punti del parco. Pochi anni dopo, nel 1977, Zacchi- roli progetta due torri a via Zago a Bologna, in un punto particolarmente importante della città dato che si trovano oltre la fascia ferroviaria che separa il centro dalla zona di espansione ma vi- cine al ponte che collega le due parti di città. La

separazione dal centro rende i due volumi auto- nomi rispetto al resto del costruito e per questo ben visibili.

È interessante notare alcuni elementi che acco- munano i due edifi ci: entrambi hanno la funzio- ne residenziale ed entrambi sono in calcestruzzo armato a vista. Ciò che più colpisce è la logi- ca con la quale sono progettati infatti entram- bi possiedono piante fortemente irregolari e le fi nestre non vengono lasciate a vista ma sono celate dall’ombra delle logge sulle quali si apro- no. Queste terrazze costruiscono una serie di ombre orizzontali che ritmano la verticalità delle torri. Tuttavia il modo in cui è trattato il calcestruzzo armato è diverso dato che quello di Carvajal possiede grande matericità mentre quello di Zacchiroli consiste in un leggero dia- framma. Il valore di questo materiale viene così defi nito da Carvajal: “il calcestruzzo, che per me

è sempre stato fonte di ispirazione, ha voluto offri- re più cose di quelle che si possono fare con esso, più delle strutture che non vengono lasciate a vi- sta, più delle opere pubbliche costruite per la sola funzionalità”11.