Le modalità con cui vengono progettate le co- perture evidenziano il legame che in questo pe- riodo l’architettura ha con il proprio contesto. Un legame che si rifl ette nell’intero processo progettuale: dall’ideazione alla defi nizione dei dettagli. Nell’articolazione volumetrica e nel prospetto, l’architetto opera una sintesi del- le proprie intenzionalità: l’edifi cio si presenta all’osservatore in maniera frontale, dunque egli ne coglie in prima istanza gli alzati. È possibile parlare di un “aspetto dell’edifi cio” come insie- me dei caratteri che esso comunica ad un pri- mo livello di lettura. L’aspetto dell’edifi cio è ciò che entra nell’immaginario collettivo, uscendo dall’ambito di esclusività dell’architettura come disciplina. L’architettura, per la propria dimen- sione pubblica si è sempre relazionata con la collettività che, attraverso giudizi, ne condizio- na il corso. La collettività è composta da indi- vidui che vivono una duplice condizione: quella di abitanti che, gestendo gli elementi spaziali, sono automaticamente architeti ma nello stesso tempo hanno scarsa competenza nella discipli- na. L’individuo comune ha dunque una cono-
scenza dell’architettura limitata e questo porta ad una lettura superfi ciale degli edifi ci con cui si confronta. Il prospetto si presta a questo tipo di lettura oltre che ad una lettura approfondi- ta. Gli architetti del dopoguerra cercano spesso di dialogare con le preesistenze confrontandosi con l’immaginario collettivo. I prospetti sono quindi determinati anche da suggestioni ispirate dal luogo in cui l’oggetto architettonico si pone. Per il progetto de La Rinascente di Roma, Fran- co Albini guarda il passato, legge e reinterpreta il prospetto del palazzo rinascimentale. La strut- tura nera in acciaio viene portata in facciata, evidenziando il marcapiano di ogni livello ed i sostegni verticali. Il coronamento corrisponde ad un cornicione che rimanda a quelli dei palazzi rinascimentali. Albini utilizza un altro materiale (pannelli in graniglia) per la tamponatura che si distingue dalla struttura. Tuttavia i pannelli, non essendo rettilinei ma ondulati sul lato esterno, generano un ritmo di chiaroscuro che va ad ac- centuarsi nei livelli più alti. Una grande vetrata sulla facciata principale, come fosse la fi nestra del piano nobile di Palazzo Farnese, va ad inter- facciarsi con la piazza antistante e con le mura romane.
È evidente come F.Albini voglia reinterpretare e non copiare il palazzo rinascimentale: la leggera struttura metallica va a sostituire la pietra pesan- te degli ordini in facciata dei palazzi rinascimen- tali, il cornicione viene svuotato e alleggerito, viene citato il terrazzo del piano nobile.
Dunque la corrispondenza sintattica non si ri- fl etta anche nella semantica, Albini non copia anacronisticamente il passato ma si sforza di capirne e reinterpretarne le geometrie secondo
una logica costruttiva.
Mentre l’architetto milanese riprende una tradi- zione nobile per il suo edifi cio romano, Coderch e Valls indagano le forme delle architetture rurali della Catalunya e delle Baleari. Quando Coder- ch cura il padiglione spagnolo per la Triennale di Milano del 1949, realizza un grande collage di abitazioni rurali ad un unico livello. Nota e fa no- tare come il prospetto di ogni unità presenti una porta, una fi nestra grande ed una piccola. Nello stesso anno Domus pubblica “Dalla Spagna”, un articolo in cui presenta una serie di fotografi e ad edifi ci delle Baleari oltre ai progetti di Coderch e Valls per Sitges. È importante notare che, sia per il collage della Triennale che per quello pubblica- to su Domus, vengano mostrati i soli prospetti degli edifi ci. Andando poi ad analizzare i progetti dei due architetti catalani si nota un’articolazio- ne volumetrica e un trattamento delle facciate che rende chiara la suggestione rurale all’origine del progetto: i due progetti dimostrano come la lettura dell’esistente sia stata capita e metaboliz- zata. Tale idea è rafforzata dal contrasto che gli alzati hanno con l’organizzazione planimetrica: le viviendas a Sitges dimostrano una totale in- coerenza tra pianta e prospetto. Dunque il pro- spetto viene considerato sintesi di memoria e suggestione e comunica una prosecuzione della tradizione.
La nota foto della Manzana Pallars di Barcellona, progettata dal gruppo MBM, mostra l’edifi cio sullo sfondo ed una carrozza in primo piano. Il messaggio è chiaro, la foto è un manifesto in cui la carrozza, riferimento delle diffi cili condizioni
economiche in cui versa la Catalunya dell’imme- diato dopoguerra, si contrappone all’automo- bile come segno di modernità e automazione degli scatti alle ville di Le Corbusier. Dunque il prospetto trasmette una ampia serie di informa- zioni sui valori culturali della condizione proget- tuale.
La scelta dei materiali è condizionata da que- sto atteggiamento. Se il razionalismo utilizzava l’intonaco per esaltare la i caratteri volumetrici del manufatto, nel dopoguerra il materiale deve essere coerente con il luogo e con la condizio- ne economica della committenza. Trova ampia diffusione il laterizio sia nelle città spagnole che in quelle italiane, e in alcuni casi è affi ancato da pannelli piastrellati e si riscoprono le possibili- tà offerte dall’uso della persiana che, grazie a Coderch, inizia a trovare largo impiego. Tale impiego di materiali non è universale dato che per edifi ci di rappresentanza per committenze pubbliche o borghesi agiate, la pietra trova largo impiego come materiale di rivestimento, come dimostrano la Guardia Civil di Terragona di Alejandro de la Sota, il grattacielo pirelli di Giò Ponti e Pierluigi Nervi a Milano, oppure edifi ci privati come la casa al parco di I. Gardella. Nei casi in cui l’edifi cio da realizzare sia una vil- la per le vacanze in prossimità del mare, viene esaltata la dimensione mediterranea dell’archi- tettura e quindi viene utilizzato l’intonaco, come avviene per le case Uriach ed Ugalde di J.A. Co- derch o per la Saracena di L. Moretti o per la villa rotonda alla Maddalena di Cini Boeri. An- che Fernandez del Amo intonaca gli edifi ci dei villaggi poveri che progetta, facendo apparire la
condizione di povertà dalla granulometria con- sistente della superfi cie esterna. Quando la pro- gettazione riguarda rifugi di montagna, i materia- li prediletti sono la pietra e il legno: il materiale lapideo va a costituire il basamento solido su cui si appoggia un volume tamponato con materiale ligneo: Carlo Mollino e Franco Albini adottano questo metodo per il rifugio che ciascuno di loro realizza sulle Alpi.
Tra le caratteristiche dell’architettura spagno- la del dopoguerra, Gregotti nota un’estraneità all’”ansia del trasparente” sottolineando come l’architettura iberica, analogamente a quella ita- liana, non senta la necessità di utilizzo di grandi pareti vetrate. Come per il caso della pietra, an- che il vetro presenta un maggiore impiego nelle situazioni di committenze più agiate ed è quanto avviene per la palazzina di Morassutti e Mangia- rotti a via Quadronno a Milano, il cui perimetro è composto da numerosi pannelli vetrati alter- nati ad un numero esiguo di pannelli di legno.