Una nuova architettura
LE SCUOLE DI ARCHITETTURA
Nel II Dopoguerra il dibattito architettonico si sviluppa intorno ad un numero limitato di poli. La situazione à molto diversa da quella odierna caratterizzata da una proliferazione di Facoltà che si distribuiscono omogeneamente sul terri- torio e culturalmente organizzate secondo una rete per la quale differenti scuole di pensiero convivono all’interno della stessa Facoltà. Nei decenni successivi alla Seconda Guerra Mon- diale i poli universitari sono anche poli culturali all’interno dei quali si sviluppa un dibattito che li contraddistingue tra loro. I poli sono inoltre di numero ridotto: i principali in Italia sono Roma, Milano, Firenze, Venezia, Napoli mentre in Spa- gna erano Madrid e Barcellona.
La fi gura di Zevi ha portato a Roma la novità del- la corrente organica e su di essa si va costruen- do la nuova cultura architettonica della capita- le. Zevi è promotore di una grande quantità di eventi culturali e profonde grande impegno nella critica e nella didattica. Trovando il fondamento delle proprie idee nei testi di Benedetto Croce, per lui il problema architettonico non può esse- re ridotto ad una questione formale ma nasceda una posizione culturale e politica.
L’insegnamento zeviano contempla l’idea che
In alto: Sede della “Obra Sindical del Hogar”. Progettata da Rafael Aburto y Francisco Cabrero In basso: F. L. Wright e Bruno Zevi a Venezia nel 1951
ogni architetto sia anche critico e che ogni ope- ra architettonica debba avere anche questo grado di lettura. In questo modo si educa una generazione di architetti ad una grande coscien- za progettuale che però, nei decenni successivi, porterà ad un sovraccarico critico che grava su ogni progetto.
A Roma, oltre a Zevi, vi sono le importanti fi - gure di Saverio Muratori e Ludovico Quaroni i quali sono protagonisti dell’evoluzione di alcune nuove correnti di pensiero.
Mentre la Facoltà di Milano viene guidata da al- cune delle fi gure di spicco del periodo Raziona- lista e segue le linee culturali difese da E.N. Ro- gers, Giuseppe Samonà riesce, dal termine degli anni Quaranta, a portare lo IUAV a livelli di ec- cellenza che manterrà per decenni, chiamando Franco Albini, Ignazio Gardella, Bruno Zevi, Sa- verio Muratori, Ludovico Belgioioso, Giovanni Astengo, Luigi Piccinato e Giancarlo De Carlo, i quali si uniscono ad un corpo docente in cui già erano coinvolti professori come Carlo Scarpa. Franco Purini, parlando del dopoguerra in un’in- tervista, cerca di tracciare un quadro completo affermando che “In Italia esistono due percorsi ar-
chitettonici fondamentali, il percorso Roma-Milano ed il percorso Milano-Venezia. Quest’ultimo è quel- lo più importante. Esso è infatti fi glio di culture più avanzate, gli architetti di queste due realtà sono storicamente più organizzati, meglio strutturati rispetto a quelli romani. A Roma esiste una forte confl ittualità che impedisce politiche culturali co- ordinate, che invece avvengono regolarmente a Milano, dove, le linee di pensiero diverse e a volte contrapposte non vengono mai alla luce in modo esplicito, la confl ittualità culturale è sempre ricon-
dotta nella traiettoria di una politica architettonica comune”1.
Le Scuole di architettura spagnole nelle quali vi è una chiara linea culturale in questo periodo sono Madrid e Barcellona. In entrambe, come sotto- linea Fullaondo in una intervista di María Teresa Muñoz, pubblicata nella monografi a “Corrales e Molezún”2, manca una vera e propria elabora-
zione di pensiero. Si ricorre quindi, nei limiti del- le possibilità consentite dalla chiusura del regime franchista, ad uno sguardo verso l’estero e per questo si allacciano i contatti con Bruno Zevi, E.N. Rogers e Gio Ponti i quali vengono invitati per delle conferenze nel paese iberico e con i quali si instaura una collaborazione continuativa. La mancanza di una costruzione di un pensiero teorico nelle scuole di architettura spagnole è tuttavia secondario in una epoca in cui le idee sono ben chiare in quanto il pensiero teorico, seppur implicito era forte e chiaro. Il testo che Coderch pubblica su Domus nel 1961 dal titolo “No son genios lo que necesitamos ahora” indica la necessità di un impegno nella costruzione e nel- la risoluzione pratica dei problemi architettonici, evitando una eccessiva e sterile speculazione te- orica. In fondo l’architettura che Coderch pro- pone è un’architettura dettata dalle condizioni del paese senza eccessi di cariche ideologiche. La sua è una maniera di fare architettura che risponde alle necessità dell’utenza e lo fa con i 1 PURINI, Franco, “La scuola romana del dopoguerra”, Intervista di Marco Pietrosanto, 5 Novembre 2014, portale Archidiap.
2 FULLAONDO, Juan Daniel, “Sir José Antonio and Sir Ramón” in AA.VV., “Corrales y Molezún”, Madrid, Fundación
migliori strumenti a disposizione, materiali po- veri e ampio impiego di una manodopera poco costosa ma con grande competenza ed espe- rienza. Le Scuole di architettura di Barcellona e Madrid si sviluppano a partire da tali ipotesi e se Coderch insegna con Josep Maria Sostres in Catalogna, a Madrid la linea è quella tracciata da Alejandro de la Sota, Javier Sáenz de Oiza, José Luís Fernández del Amo, Julio Cano Lasso, Javier Carvajal e dalla metà degli anni Sessanta anche da Fernandez Alba. L’accentramento franchista ha portato tali fi gure ad insegnare contempora- neamente alla ETSAM di Madrid e tali architetti, sempre attivi a livello professionale, educano le generazioni successive per cui architetti come Rafael Moneo, Alberto Campo Baeza, Juan Navarro Baldeweg risultano essere i diretti di- scendenti di quel modo di fare architettura. Ciò avviene anche grazie alla collaborazione profes- sionale che si affi anca a quella accademica. Dunque negli anni cinquanta, mentre le Scuole di Milano e Barcellona si dimostrano più vicine alle forme razionaliste, Roma e Madrid sono ri- volte allo sviluppo delle forme organiche. Tale parallelismo nella serie di contatti che avvengo- no con frequenza tra architetti che si organizza- vano in due assi culturali: quello Roma-Madrid e quello Milano-Barcellona.