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CAPITOLO 4 IL MANAGEMENT DELLE RETI DI IMPRESE

4.3 PERCHÉ IL CONTRATTO DI RETE PER LE PMI

Le difficoltà sopra esposte delle PMI italiane a seguito dei numerosi shock che hanno dovuto affrontare (e tuttora affrontano) dall’inizio del Millennio (globalizzazione dei mercati, introduzione dell’Euro, impatto delle ICT nei processi aziendali, crisi economica) le hanno spinte a ripensare radicalmente le proprie strutture organizzative, i propri meccanismi di coordinamento con i partner commerciali e il loro modo di individuare e affrontare il mercato di riferimento. In particolare è cominciata ad emergere la diffusa consapevolezza che le PMI non potessero in molti casi più rimanere competitive continuando ad agire individualmente e contando solamente sulle proprie risorse, sia di capitale che di competenze. Le tipiche collaborazioni di distretto, la cui natura era principalmente casuale, occasionale e non strutturata, se da un lato continuava a permettere di mantenere un’alta qualità della produzione, dall’altro non si

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dimostrava più adeguata a sostenere i livelli di innovazione richiesti da un mercato la cui dimensione era ormai quella globale.

Il contratto di rete pertanto viene introdotto proprio per rispondere a queste nuove istanze di rilancio del tessuto industriale nazionale. Al contrario di strumenti giuridici di aggregazione industriale preesistenti quali, principalmente, la cooperativa, il consorzio o addirittura la fusione, esso ha delle differenze rilevanti. Innanzitutto, non richiede alle aziende che si mettono in rete di costituire un nuovo soggetto giuridico; un grosso limite a collaborazioni più profonde delle tipiche relazioni cliente-fornitore sono state concepite generalmente in maniera negativa da parte delle PMI italiane. Esse infatti si caratterizzano ancora per la mentalità del “faccio tutto da solo”, peculiare soprattutto delle regioni del Nord-Est ma più o meno diffusa in tutto il territorio nazionale. Il contratto di rete, invece, propone loro di aggregarsi senza perdere la propria individualità e potendo continuare parallelamente anche a svolgere le attività tipiche della propria singola azienda. Al tempo stesso, tuttavia, si dà loro la possibilità di inquadrare la propria relazione in un rapporto strutturato, nel quale mettono in comune risorse (capitale, risorse umane, infrastrutture) e competenze (di prodotto, di processo, di mercato) per tentare di raggiungere obiettivi sia commerciali che di innovazione che da sole non potrebbero assolutamente pensare di realizzare. Si pensi alla combinazione di tecnologie tipiche di settori differenti per ottenere un nuovo concetto di prodotto, alla partecipazione comune a fiere di settore utili per documentarsi sullo stato dell’arte della tecnologia e raccogliere utili contatti commerciali (soprattutto esteri), o ancora allo svolgimento congiunto di alcune funzioni aziendali (amministrazione e controllo, magazzino, commerciale) o all’acquisto collettivo (con la possibilità dunque di accedere a grosse scontistiche) di beni utili a tutti i partner (infrastrutture tecnologiche, materie prime, energia, finanche al materiale di cancelleria).

Il contratto di rete permette poi alle parti di focalizzare l’attenzione sull’importanza dell’innovazione continua di prodotto e di processo per il mantenimento della competitività delle imprese. Esse molto spesso non sono nemmeno dotate di un vero e proprio dipartimento dedicato all’R&D, la quale o non viene sviluppata oppure è condotta perlopiù in maniera occasionale da membri dello staff dell’ufficio tecnico o

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dall’imprenditore stesso38. La sottoscrizione del contratto di rete invece permette di attribuire una grande rilevanza a questa funzione e di accedere a maggiori risorse per tentare si svilupparla. Infatti nella rete ogni organizzazione apporta, tra le altre cose, le proprie tecnologie e le proprie competenze e cerca di combinarle in maniera sinergica e fruttuosa con quelle dei partner. Questa unione potrà portare a risultati interessanti non solo in termini di nuovi prodotti, ma anche di nuovi mercati nei quali cominciare ad operare. Molte volte infatti la tecnologia detenuta da un’impresa viene indirizzata verso un solo settore poiché mancano le capacità (sia tecniche che di conoscenza del mercato) per tentare di espandere la propria attività anche in altri ambiti industriali, e le risorse a disposizione non permettono investimenti per internalizzare nuove competenze, acquisire infrastrutture o potenziare le attività di marketing. La collaborazione in rete può rappresentare quindi la soluzione a queste esigenze. Ogni azienda mette a disposizione il proprio bagaglio tecnico e di conoscenza affinché vi possano accedere facilmente e con costi relativamente bassi anche i partner; gli investimenti monetari fatti in comune possono poi essere funzionali a progetti che singolarmente le aziende non si sarebbero mai potute permettere (come ad esempio missioni commerciali per farsi conoscere all’estero), ma che risultano necessari per garantire loro una maggiore visibilità e competitività sul mercato. Infine regolando la collaborazione con il contratto di rete, il legislatore ha voluto imporre alle imprese di definire sin dall’inizio quali sono gli obiettivi che si prefiggono, le attività attraverso le quali intendono realizzarli e le modalità di misurazione dei risultati ottenuti. La fissazione di obiettivi chiari e condivisi (seppur modificabili nel corso della vita della rete) assume un’importanza fondamentale poi per l’impegno che le parti mettono nello sviluppo della collaborazione e nell’efficacia delle mosse strategiche definite per conseguire l’obiettivo comune. Si supera inoltre quel carattere di scarsa strutturazione tipico dei rapporti inter-aziendali nei distretti e che si è rilevato come sia stato uno dei fattori che ha reso non più attuale e competitivo il concetto di distretto industriale.

Per concludere, è importante rimarcare come il contratto di rete non specifichi nulla né riguardo alla specializzazione produttiva che deve accomunare le imprese partner, né

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Tipicamente, nelle piccole e medie imprese l’imprenditore assume su di se’ molte, se non tutte, le funzioni aziendali di maggior rilevanza. Nel corso delle interviste raccolte durante l’analisi esplorativa che sarà oggetto della Parte II del presente capitolo, è stato possibile rilevare come nella maggior parte dei casi l’imprenditore fosse al tempo stesso a capo dell’ufficio tecnico, direttore commerciale, responsabile della R&D e CFO (Chief Financial Officer).

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alla loro appartenenza ad una stessa area geografica. Dunque le imprese che si costituiscono in rete non lo fanno per forza con partner della stessa filiera produttiva. Anzi, una grande potenzialità di questo strumento è proprio quello di permettere l’aggregazione di organizzazioni operanti in settori industriali diversi, favorendo così una cross-fertilization di tecnologie e processi che, come detto, promette di essere una delle principali fonti dell’innovazione sviluppata in rete. Rimane quindi alle aziende decidere se costituire reti orizzontali, alle quali appartengono organizzazioni che tipicamente operano in settori industriali differenti e che pertanto apportano competenze, know how e conoscenze del mercato molto diverse, oppure reti verticali39, delle quali fanno parte imprese che svolgono attività probabilmente simili ma che aggregandosi possono aumentare di dimensione e offrirsi come una supply chain già integrata. Dall’altro lato, contrariamente a quanto fatto a proposito dei distretti, il legislatore non ha voluto inserire nella definizione di rete nessun riferimento ad un’area geografica comune nella quale dovrebbero risiedere i partner di rete. Al contrario, le aggregazioni possono estendersi sia all’ambito nazionale sia addirittura a quello internazionale. Tale volontà nasce dalla presa d’atto che una limitazione dell’appartenenza geografica per le aziende in rete non avrebbe sempre consentito una scelta ottimale dei partner; non è infatti detto che tutte le competenze necessarie possano essere ritrovate in una limitata area geografica. Sebbene il fattore fiducia, che è una delle componenti fondamentali per il successo della relazione, porti generalmente le imprese a ricercare i propri partner tra le aziende con le quali già collaborano e che tipicamente sono loro geograficamente prossime, tuttavia sarebbe stato piuttosto insensato stabilire un limite territoriale all’estensione della rete. Tanto più che l’implementazione crescente delle tecnologie ICT nei processi aziendali consente ora una comunicazione e un coordinamento rapido, puntuale e costante anche con organizzazioni ben lontane territorialmente. Un’altra problematica potrebbe verificarsi nel caso in cui la formazione della rete avvenga grazie al supporto di associazioni industriali locali che aiutano le imprese nella ricerca dei partner; in questa eventualità, è

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Nella pubblicazione edita da RetImpresa “Il Management delle reti d’impresa” (Calzolaio, D’Alvia, Di Marco, Rullani, Tronci, 2013) le reti verticali sono indicate anche come “reti di filiera” e la loro definizione ricalca quella, per l’appunto, di una supply chain:“L’insieme degli attori e delle funzioni da essi svolte concorrono alla formazione e al trasferimento di un prodotto sino allo stato finale di utilizzazione.” Nel seguito del capitolo si continuerà tuttavia ad utilizzare l’espressione “rete verticale” in quanto più logicamente contrapposta alla rete orizzontale costituita invece da organizzazioni che svolgono attività eterogenee.

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probabile che esse inizino il processo di screening considerando principalmente aziende iscritte alla sezione locale dell’associazione, e solo se tra queste non dovessero trovare la soluzione ricercata estenderebbero la ricerca anche ad organizzazioni con sede in altre aree geografiche. Questo processo, tuttavia, rischierebbe di portare a soluzioni sub- ottimali, che non tengono conto di opportunità che avrebbero completato la rete in maniera decisamente migliore. Il rimedio può essere quello di una maggiore integrazione a livello nazionale delle sezioni locali delle associazioni industriali, in maniera da garantire una comunicazione orizzontale più efficace e una ricerca integrata delle soluzioni ottimali per la costituzione dei network aziendali.

Pertanto la forma organizzativa della rete si propone come uno strumento assolutamente flessibile e quasi completamente adattabile alle esigenze specifiche delle aziende che decidono di adottarlo. Fatto salvo l’obbligo di definizione di obiettivi e criteri di misurazione, qualsiasi altro aspetto può essere adattato alle esigenze operative e organizzative specifiche, lasciando come detto indipendenti nella propria individualità giuridica le imprese sottoscrittrici. Nel corso della recente “Fiera delle Aggregazioni di Impresa” alla quale ho partecipato, durante una delle conferenze un relatore si è trovato a dichiarare:

”Dal mio punto di vista lo strumento del contratto di rete fornisce solamente vantaggi alle imprese e non comporta per loro nessun svantaggio.”

Purtroppo tale affermazione oggi come oggi non appare del tutto condivisibile. Innanzitutto perché non tiene in considerazione la complessità che emerge dalla relazione inter-organizzativa: una complessità organizzativa, di governo e di gestione. Inoltre l’efficacia del contratto di rete dipende dai contenuti stabiliti dalle parti. Se nel contratto i diversi aspetti della collaborazione sono stati regolati in maniera puntuale, indicando obiettivi chiari e condivisi, predisponendo un metodo di governance pienamente legittimato e definendo efficaci meccanismi per la risoluzione dei conflitti, allora probabilmente la collaborazione che ne scaturirà potrà portare a risultanti soddisfacenti per le aziende partner. Molti problemi potrebbero d’altro canto scaturire nel caso di contratti di rete non chiaramente condivisi e che lasciano non regolati aspetti chiave della relazione. D’altro canto, risulta ancora in certe situazioni piuttosto

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controverso il modo in cui la rete (nel suo complesso) si interfaccia con il mercato. Principalmente tre appaiono le sfide principali che ancora le reti non sembrano avere ben chiaro come risolvere. Primo, si deve comprendere qual è la maniera migliore per trasmettere ai clienti il valore che può scaturire dalla collaborazione e comunicargli come questo possa soddisfare maggiormente le sue richieste; è importante poi presentarsi sempre come un’entità unica, riconoscibile con un proprio marchio e che comunica attraverso un unico interlocutore; infine serve comprendere le differenti caratteristiche dei mercati approcciati in modo da capire se la forma della rete viene riconosciuta come una controparte valida da tutti i clienti, oppure se con alcuni di essi risulta difficile o addirittura impossibile relazionarsi in questo modo40.