CAPITOLO 2 – IL CONTRATTO DI RETE SOTTO IL PROFILO GIURIDICO
2.4 La soggettività giuridica della rete
Il D.L. n. 179/201213 dispone che siano le imprese stesse a decidere se attribuire o meno la personalità giuridica alla rete.
Questo intervento ha posto fine ad un dibattito emerso immediatamente dopo la promulgazione della Legge 33/2009. Effettivamente la prima versione della legge lasciava numerosi dubbi in merito alla questione. In particolare, essa prevedeva l’obbligatorietà dell’istituzione sia del fondo patrimoniale che dell’organo comune. Tali elementi hanno portato molta parte della dottrina14 ad includere il contratto di rete fra i
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Convertito con modifiche con Legge n. 221/2012.
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Già con riguardo alla prima versione della Legge non mancavano tuttavia le voci secondo le quali la personalità giuridica non sarebbe stata da attribuire alle reti. Sul punto vedasi in particolare Camardi, C., 2009, Dalle reti di imprese al contratto di rete nella recente prospettiva legislativa. I Contratti, 10.
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contratti associativi, presupponendo che esso generasse una nuova società dotata di struttura di governo e di proprio patrimonio. Quando però le più recenti modifiche alla legge hanno eliminato la loro obbligatorietà, alcuni di coloro che precedentemente sostenevano l’attribuzione della soggettività giuridica alle reti, hanno continuato a reputare che essa, a logica, potesse ancora essere riconosciuta nel caso in cui fondo patrimoniale e organo comune ancora venissero istituiti (seppur in via facoltativa); in caso contrario, invece, non si poteva ammettere che le reti fossero considerate soggetto giuridico e dunque ente autonomo rispetto alle imprese che lo costituivano. Tuttavia questo tipo di resistenza risultava piuttosto debole; tanto più che la stessa legge al co. 4- ter lett. e) afferma che “l’organo comune agisce in rappresentanza degli imprenditori
[…] partecipanti al contratto”, prefigurandolo come un mandatario con procura, e
nemmeno più un organo secondo la definizione letterale. Sembrava, dunque, risultare acclarato che una rete di imprese non fosse un nuovo soggetto giuridico distinto dal punto di vista civilistico dal complesso delle aziende che lo costituiscono. L’unica soggettività che essa avrebbe potuto vantare sarebbe stata quella riconosciutale nei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni nel momento per l’attribuzione dei benefici fiscali e amministrativi. Il D.L. n. 179/2012 ha tuttavia definitivamente (forse) chiarito la questione, rendendo opzionale, secondo la preferenza delle parti, l’attribuzione o meno della personalità giuridica alla rete.
Come scegliere, dunque? Ad oggi, una rete con personalità giuridica costituisce fondamentalmente un nuovo modello societario, il quale però non viene regolato dalla legge, nemmeno in maniera suppletiva. Quindi, nel caso di emersione di controversie tra le parti, se queste non sono state regolate adeguatamente non contratto di rete, ci sarebbe incertezza rispetto alla disciplina alla quale riferirsi per dirimerla.
Se, invece, la personalità giuridica non viene attribuita, le parti, in caso di incompletezza del testo contrattuale da loro redatto, potranno sempre fare riferimento alle norme del Codice Civile, Libro IV, Titolo II relativo ai contratti. Vi è quindi una
Secondo la fonte in questione, infatti, era già “confermato inequivocabilmente” che il contratto di rete non potesse costituire un soggetto giuridico, leggendo al co. 4-ter lett. e) dove l’organo comune viene definito dal legislatore “incaricato”; tale attributo costituirebbe la conferma della circostanza per la quale già nella versione originaria della L. 33/2009 il Legislatore considerasse l’organo comune non come il dispositivo di governo di un nuovo ente autonomo costituito tramite contratto associativo, ma piuttosto come uno strumento funzionale alla corretta attuazione del programma di rete predisposto dagli imprenditori.
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maggiore certezza e prevedibilità dei rapporti, il che può dare più sicurezza alle imprese sull’opportunità di partecipare alla rete.
Oggi, quindi, è l’incompletezza della legge, di fatto, a consigliare la scelta relativa all’attribuzione o meno della personalità giuridica alla rete.
Conclusioni Parte I
Con l’istituzione del contratto di rete il legislatore sembra avere voluto attuare quasi più una manovra di politica industriale che giuridica. La finalità che si è posto è stata quella di rilanciare la competitività delle PMI anche nel contesto del mercato globalizzato. In uno scenario nel quale le imprese italiane faticano a confrontarsi con i concorrenti internazionali in quanto a costi di produzione e prezzi applicati, i nuovi paradigmi sui quali fondare il proprio vantaggio competitivo diventano l’innovazione, l’incremento della presenza nei mercati esteri e la diversificazione dei settori industriali di destinazione.
L’indirizzo strategico perseguito dal Legislatore è quello della collaborazione tra imprese che allaccino rapporti diretti ed informali per riuscire a:
Accrescere la propria massa critica;
Acquisire un maggiore potere contrattuale sia con i fornitori che con i clienti; Rendersi ancora più flessibili e reattive nell’adattarsi alle esigenze del mercato; Mettere in comune le risorse necessarie ad incrementare le proprie attività di
export e ad accedere a nuovi mercati;
Integrare le rispettive competenze per aumentare la propria capacità innovativa; Generare economie di scala e di scopo a livello di sistema.
L’elemento della prossimità geografica, caratteristico del distretto, non è più avvertito come determinante. Ciò che è più rilevante è invece che ci possa essere integrazione funzionale con il partner. La distanza non costituisce più un problema per il coordinamento, grazie al progresso esponenziale delle ICT che permettono ormai di comunicare da qualsiasi luogo e a costi molto ridotti e di condividere in tempo reale informazioni e documenti. È invece fondamentale la volontà di collaborare a livello di sistema, di integrare i rispettivi know how e di cimentarsi in mercati settoriali diversi da
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quelli abituali ma nei quali, grazie al supporto dei partner, diviene ora possibile provare ad operare.
Il legislatore intercetta quindi questi cambiamenti nel tessuto industriale nazionale e le nuove istanze provenienti dalle piccole e medie imprese. Così, al termine di un percorso legislativo iniziato nel 2008 con il Disegno di legge “Bersani” e terminato un anno dopo con la L. 33/2009, predispone il nuovo istituto del Contratto di Rete. Come si è avuto modo di evidenziare precedentemente, esso di per sé non costituisce un fenomeno giuridico totalmente nuovo; infatti non fornisce alle imprese nessuno strumento che già non potessero rinvenire nell’ordinamento, e il modello aggregativo che esso propone sarebbe già stato possibile ricorrendo alla disciplina della società cooperativa, del consorzio oppure sottoscrivendo un contratto atipico. Lascia inoltre fin troppo spazio all’autonomia negoziale delle parti, le quali sono libere di definire praticamente ogni aspetto della loro collaborazione nella rete, potendo così calibrare il livello di risorse che intendono investire secondo le rispettive possibilità e necessità. Addirittura non si rinviene nel testo della legge nessun riferimento alle conseguenze in termini di nullità del contratto a fronte di inadempimenti o di vizi di forma, tanto che a tal proposito la dottrina ha aperto un ampio dibattito dovendo operare più per interpretazioni che per lettura letterale della norma. Il contratto di rete sembra quindi emergere come uno strumento giuridico piuttosto soft, dallo scarso potere regolatore. La sua forte portata innovativa emerge al contrario dall’analisi della causa del contratto. Essa è rintracciabile nell’accrescimento (sia individuale che collettivo) della capacità di innovare e della competitività delle imprese che collaborano nella rete. Si comprende quindi come la finalità della legge non sia quella di introdurre nell’ordinamento una nuova tipologia contrattuale e di definirne la disciplina, ma piuttosto quella di suggerire alle imprese nazionali un modello organizzativo “virtuoso” da seguire per rivalutare le proprie potenzialità e tornare competitive sul mercato internazionale. Il Legislatore si pone pertanto un obiettivo quasi più promozionale che regolativo. Egli concentra nella normativa del contratto di rete tutte le indicazioni che ha tratto dall’osservazione della realtà industriale, costruendo un unico quadro d’azione che auspica venga seguito dalle aziende. Nel delinearlo, lo rende tuttavia sufficientemente elastico da poter essere conformato da quest’ultime secondo le loro esigenze e le loro situazioni particolari.
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Come si è visto, malgrado le numerose modifiche apportate al testo originale della L. 33/2009, la disciplina del contratto di rete appare ancora incompleta e migliorabile. Ciò appare particolarmente evidente per quanto riguarda la mancata regolamentazione legislativa della rete con personalità giuridica, il che ne rende ad oggi sconsigliabile l’adozione.
Un possibile correttivo potrebbe consistere nella definizione di un modello di contratto di rete, assolutamente derogabile su volontà delle parti, che però potrebbe integrare i contratti già in essere e quelli futuri nelle parti che essi mancano di regolare. Ciò, inoltre, sarebbe molto utile per indirizzare e facilitare le imprese al momento della scrittura del proprio contratto, proponendo soluzioni per la stabilizzazione dell’assetto di interessi e le forme di governo e amministrazione ritenute più efficaci.
Considerata la relativa giovinezza della disciplina in questione, ci si auspica che le istituzioni possano raccogliere, magari attraverso le unioni industriali e le camere di commercio, le problematiche che l’attuale formulazione della norma comporta nella sua attuazione e provvedano, quindi, a porre in essere le azioni correttive necessarie per rendere lo strumento del contratto di rete ancora più conforme al raggiungimento degli obiettivi di innovazione e competitività per i quali è stato istituito.
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PARTE II
CAPITOLO 3 - EVOLUZIONE DELLA FILIERA DI FORNITURA