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Il convivio come metafora sociale

Parte seconda

CONVIVERE E CONDIVIDERE PER UN UMANESIMO FRATERNO

2. Il convivio come metafora sociale

Fatte queste rapide esemplificazioni della diversa tipologia del convivio, vorrei fare riferimento soprattutto a tre testi per eviden-ziare il carattere ambivalente del banchetto, dal momento che in queste tre opere se ne denuncia il carattere negativo assuntocome metafora della società capitalistica e, in alternativa, si annuncia un metaforico banchetto positivo in senso utopico nell’opera di Ivan Illich, etico nell’opera di Avishai Margalit, ed ecologico nella encicli-ca di papa Francesco. Richiamiamo l’attenzione su questi testi, che si collocano nell’ultimo quarantennio e si muovono tra denuncia del banchetto della ingiustizia e della inequità, e annuncio di un banchetto della equità, della condivisione e della comunione (così nell’opera Avishai sulla società decente, di Illich sulla convivialità, e nell’enciclica di Papa Francesco sulla cura della casa comune); in particolare, riteniamo che l’enciclica Laudato si’ offra le coordinate per individuare la convivialità reale e ideale, e aiuti a superare la commensalità escludente o maldicente o indecente a favore di una convivialità includente o dialogante o decente.

All’inizio degli anni ’70, Ivan Illich propone un modello di vita all’insegna della convivenza e della condivisione in alternativa al modello dominante giudicato conflittuale e divisivo. In questo sag-gio del 1973 - intitolato nell’originale Tools for Conviviality (Stru-menti di convivialità) e nella traduzione italiana semplicemente La convivialità (1974) - Illich definisce il suo progetto di società con-viviale come una società in cui lo strumento moderno sia utilizza-bile dalla persona integrata con la collettività, e non riservato ad un corpo di specialisti che lo tiene sotto controllo. Quindi una società è conviviale se prevale la possibilità per ciascuno di usare lo stru-mento per realizzare le proprie intenzioni. Invece, con lo

strumen-to moderno si è creastrumen-to il monopolio della produzione industriale, monopolio che poi è stato trasferito anche ad altri settori, come la medicina, la scuola ed i trasporti. Secondo Illich, si può supe-rare questo stato culturale, con la nascita della società conviviale, nella quale l’uomo dispone di strumenti conviviali, strumenti che generano efficienza senza compromettere l’autonomia personale;

che non creano rapporti di dipendenza; e che estendono il raggio di azione personale. Invece nell’età industriale si sono determinate specializzazione e centralizzazione del potere, tanto che l’uomo è diventato accessorio della macchina e l’idea di crescita è considerata irrinunciabile. Quindi la convivialità è il contrario della produtti-vità industriale e occorre passare dalla produttiprodutti-vità alla convivialità, dallo strumento dominante (stereotipato, anonimo) allo strumento conviviale (individuale e interpersonale).

La proposta libertaria di Illich punta quindi a una politica che limiti lo sviluppo. A tal fine occorre puntare a un equilibrio post-industriale, per cui l’uomo usa in maniera conviviale gli strumenti:

tale è l’uomo che Illich definisce austero. L’obiettivo dell’umanità è quindi raggiungere l’austerità intesa come virtù che non esclude tutti i piaceri, ma solo quelli che degradano o ostacolano le relazio-ni personali. La odierna crisi che merita d’essere defirelazio-nita epocale, è conseguente al tipo di rapporto instaurato fra strumento e uomo:

l’individuo fa la parte dello schiavo e da tale situazione non si fuo-riesce con la semplice limitazione della crescita. Dunque, secondo Illich lo strumento può rappresentare un vantaggio per l’uomo, tale è lo strumento conviviale, ovvero può rendere l’uomo schiavo della macchina-sistema, nel senso che la vita e le scelte degli individui sono diventati funzione delle macchine. Secondo Illich, la convi-vialità si fonda su valori essenziali come la sopravvivenza, l’equità e l’autonomia creatrice che garantiranno uno sviluppo accettabile

degli strumenti. Per la creazione della società conviviale, è necessa-rio capire, conoscere e condividere, più precisamente dobbiamo:

capire quali sono le soglie al di là delle quali uno strumento non è più conviviale, conoscere gli effetti che ne conseguono, e condividere la conoscenza e l’uso proprio dello strumento per una giusta equi-tà. Tutto ciò comporta: la demitizzazione della scienza, la riscoperta del linguaggio e il recupero del diritto, che deve tornare ad essere uno strumento di tutela dell’uomo e non della crescita indefinita.

Ebbene, il superamento di questi tre ostacoli porterà in maniera na-turale, secondo Illich, alla crisi del sistema industriale e all’innesco dell’inversione politica su cui si potrà fondare una società convivia-le. Dunque, la convivialità illichiana appare motivata dall’esigenza di superare una società divisa e divisiva; invece la convivialità è in-disgiungibile dalla condivisione.

Si può ben comprendere allora perché quella società sia stata definita “indecente” e si auspica che possa diventare se non giusta, almeno equa, cioè “decente”. Secondo Margalit Avishai, una so-cietà buona da viverci è innanzi tutto una soso-cietà in cui le persone non vengano umiliate, perché l’umiliazione è distruttiva dell’ono-re e del rispetto delle persone, un modo per escluderle, per con-siderarle non umane; invece il riconoscimento delle persone è il fondamento della società decente; così s’intitola il libro curato da Andrea Villani e pubblicato da Guerini di Milano nel 1998. È da sottolineare in questa sede che secondo Margalit la società decente è quella in cui le istituzioni non fanno vergognare i cittadini dei loro comportamenti, dei valori e dei simboli in cui essi si riconoscono, ma ne rispettano la dignità e l’onore civico; ebbene, appartengono alla sfera simbolica non soltanto i simboli delle religioni ma anche quelli dell’alimentazione, dell’abbigliamento, del calendario e delle varie feste e ricorrenze. Vanno in questa direzione alcune iniziative

sociali, portate avanti da diverse forme di volontariato, alcune carat-terizzate proprio in termini conviviali, a favore di un cambiamento che, almeno parzialmente, vada contro la indecenza e la ingiustizia che si traducono in banchetti che non hanno nulla di conviviale ma sono invece ispirati a forme di cannibalismo politico ed economico.