• Non ci sono risultati.

Per un’etica del condividere

Parte seconda

PER UN’ETICA DELL’ABITARE E DEL CONDIVIDERE NELLA CITTA’ DELL’UOMO

3. Per un’etica del condividere

Si pone, così, l’etica del condividere. Al riguardo, affinché la con-divisione rinnovi radicalmente il rapporto dell’uomo con la natura, si possono puntualizzare tre categorie, e precisamente il principio della dignità, la metafora della famiglia e la relazione di mediazione.

Per precisare questi tre aspetti farò riferimento all’esergo (la cita-zione dal Genesi 2, 26-31) e al titolo (“custodire la terra come dono di Dio per l’intera famiglia umana”) di questa sesta edizione delle Giornate di spiritualità di Fonte Avellana.

La prima osservazione riguarda la frase posta in esergo: vi viene citato Gen. 2, 26-31, dove tra l’altro si dice a proposito della crea-zione dell’uomo che “Dio vide quanto aveva fatto; ed ecco, era cosa molto buona”, ma è da fare riferimento anche Gen. 1, 3, 10, 12, 18, 21, 25, dove a proposito di ogni altra parte della creazione si dice che “era buona”. Ebbene, questa duplice citazione rende evidente la duplice valutazione della creazione, vale a dire che tutto il creato è “cosa buona” e che, in particolare, l’uomo è cosa “molto buona”.

Tradotto in altro linguaggio, si potrebbe dire che ogni essere, in quanto creato, ha dignità, e che, fra tutti gli esseri, l’uomo ha (per usare alcune espressioni dell’enciclica) una “speciale dignità” (n.

43), una “immensa dignità” (n. 65), una “dignità unica” (n. 69), una “peculiare dignità” (n. 154); detto altrimenti ha una “dignità infinita” (Giovanni Paolo II), una “dignità trascendente” (Benedet-to XVI). Già in san Francesco era evidente il riconoscimen(Benedet-to della dignità di tutte le creature; come ricorda san Bonaventura (citato nella enciclica), “san Francesco chiamava le creature, per quanto piccole, con il nome di fratello e sorella”, per cui in san Francesco

(come annota papa Francesco) c’è “una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio” (n. 11).

È importante evidenziare che la dignità è di tutto il creato, pur se in esso è da riconoscere all’uomo una dignità speciale. In tal modo, la dignità non è solo di alcuni uomini (concezione premoder-na di carattere elitario), e non è solo dell’uomo (concezione moderpremoder-na di carattere universale), ma è di tutti gli esseri (concezione postmoder-na di carattere cosmico). È su questa base che papa Bergoglio intende proporre una “ecologia integrale”, cioè che ha “diverse dimensioni”, in particolare, “il posto specifico che l’essere umano occupa in que-sto mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda” (n. 15, cfr. tutto il capitolo quarto dell’enciclica: nn. 137-162); una eco-logia, quindi, ambientale e umana, che è all’insegna del rispetto e della responsabilità, in quanto a tutti gli esseri riconosce la dignità, e all’uomo una dignità speciale, conseguente alla sua ragione e alla sua libertà.

La seconda osservazione è relativa alla espressione “famiglia uma-na” contenuta nel titolo: affinché non suoni restrittiva, bisogna ri-cordare che accanto alla famiglia umana c’è, per dirla con il poeta, la “bella famiglia d’erbe e d’animali” (Ugo Foscolo). Occorre cioé non dimenticare la “famiglia cosmica”, nella quale francescana-mente tutti hanno il loro riconoscimento e meritano rispetto, pur nella diversità delle condizioni di ciascuno.

Infatti, nella stessa enciclica (e precisamente al n. 89) si parla di “famiglia universale”; scrive papa Bergoglio: “essendo stati cre-ati dallo stesso Padre, noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge a un rispetto sacro, amorevole e umile”.

La terza osservazione riguarda l’idea della terra come donazione.

Mi chiedo: la terra è stata “donata” o è stata “affidata”? Quelli di do-nazione e di affidamento - pur obbedendo a una logica ternaria, che mette al centro il momento della mediazione e dunque la relazione mediata (di donazione o di affidamento) tra due persone (chi dona o affida e chi riceve il dono o l’affidamento) - sono concetti diffe-renti, per il fatto che “affidare”, diversamente da “donare”, implica una donazione parziale o comunque incompleta, cioè configura un possesso condiviso e non completamente trasferito.

È pertanto una questione pregiudiziale: parlare della terra come

“donata” da Dio all’uomo mette l’accento sul carattere di amore e gratuità da parte di Dio, mentre parlare della terra come “affidata”

da Dio all’uomo chiama in causa specialmente la responsabilità e l’impegno da parte dell’uomo. In altre parole, si potrebbe dire che su una cosa donata il donante non ha più voce, mentre su una cosa affidata sì; nel primo caso il donatario è libero di disporre a suo pia-cimento del dono (pur nella gratitudine all’amore che il dono espri-me), mentre nel secondo caso non può disporre arbitrariamente di ciò che gli è stato affidato, perché ne deve rendere conto a chi glielo ha affidato. In una relazione di affidamento (che ovviamente non esclude la dimensione dell’amore) la relazione non comporta una

“condivisione” maggiore e, insieme, una “responsabilità” maggiore da parte dell’uomo? Scrive papa Francesco (n. 159), “se la terra ci è donata, non possiamo più pensare soltanto a partire da un criterio utilitarista, di efficienza e produttività, per il profitto individuale”;

ebbene, tale affermazione è ugualmente valida, e forse in misura maggiore, se la terra ci è affidata. La cosa si rende anche più eviden-te in riferimento ai rapporti intragenerazionali e ineviden-tergenerazionali, a cui richiamava papa Benedetto e su cui torna papa Francesco, in termini di solidarietà: leale, rinnovata e urgente (n. 162).

C’è una costante fra le tre categorie di dignità creaturale,

fami-glia universale e affidamento ambientale: è la dimensione cosmica, ed è condizione pe una nuova mentalità ecologica, nel senso che è richiesta una nuova logica, per affrontare in termini inediti la que-stione ecologica: cioè per capirne le cause e suggerirne i rimedi.

Quella “cosmica” è una dimensione cui il mondo cattolico è for-se poco abituato, esfor-sendo più abituato alla dimensione “cattolica”

(umanistico-universale).

Tuttavia, proprio la dimensione cosmica costituisce la rivoluzio-ne copernicana che papa Francesco opera rivoluzio-nella questiorivoluzio-ne ecologica.

Spostando il centro del suo discorso dall’uomo a Dio, e dall’uomo alla natura, i riferimenti al creatore e al creato (n. 69) offrono le coordinate per intendere correttamente la posizione dell’uomo, ed evitare che alcuni esseri siano considerati meno creature di altre o che “alcuni (uomini) si sentano più umani di altri” (n. 90). In questo contesto, sono essenziali due sottolineature: primo: che “lo scopo finale delle altre creature non siamo noi” (n. 83); secondo: che occorre “mantenere una relazione corretta con il prossimo” (n. 70);

da qui il riconoscimento della “interdipendenza delle creature” (n.

86) e l’imperativo a “rispettare il creato” (n. 69) in termini di “cre-azione” (n. 76), per evidenziarne il carattere di processo continuo e coinvolgente.