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La corruzione: il male e la cura

ANTIDOTI AI MALI DELL’ANIMA

2. La corruzione: il male e la cura

Il primo male da prendere in considerazione è la corruzione (10), perché considerato il più grave da papa Bergoglio, il quale se ne era occupato già da cardinale nel libro intitolato Guarire dalla corruzio-ne, dove la corruzione -una mala pianta che ha invaso la politica, l’economia, la società, e finanche la chiesa- è presa in considerazio-ne non tanto dal punto di vista economico o sociologico quanto da quello antropologico, scendendo alla radice -il cuore umano- perché è lì che si annida il male della corruzione.

La corruzione, cui qui si fa riferimento, non è semplicemente un atto, bensì un abito, per dire che essa modifica la struttura etica della persona, collocandola in un orizzonte amorale o antimorale (cioè senza parametri etici) piuttosto che immorale (cioè trasgressiva);

infatti viene meno il senso del peccato e del reato; così la corru-zione finisce per configurarsi come un costume, a cui non ci si può sottrarre o, addirittura, non ci si deve sottrarre, perché “così fan tut-ti”, e non farlo significherebbe solo essere tagliati fuori da altri che prenderebbero il posto. Se si volesse usare una metafora medica, si potrebbe parlare di una sclerotizzazione dell’anima, un indurimento del cuore che porta a considerare come inevitabile una conduzione corrotta della vita, una condotta che viene nascosta non perché av-vertita come disdicevole, ma perché se fosse fatta alla luce del sole non raggiungerebbe gli effetti preventivati. In questa ottica, la cor-ruzione è un male dell’anima che la annichilisce del senso suo più profondo: prima ancora di essere contro la morale, la corruzione è senza morale o ha un’antimorale; ecco perché, nei suoi confronti è richiesta un’opera non di semplice correzione, ma di vera e propria guarigione.

Sul tema papa Francesco si sofferma nella Evangelii Gaudium,

dove affronta la corruzione dal punto di vista sociale, definendola

“cancro sociale” (n. 60), in quanto la “corruzione ramificata” (n.

56) è conseguente a quell’”individualismo postmoderno e globa-lizzato (n. 67), che si traduce nel “soggettivismo relativista” e nel

“consumismo sfrenato” (n. 70).

Dal punto di vista ecclesiale, papa Francesco identifica la corru-zione con la mondanità, per cui denuncia il rischio di una “chiesa mondana sotto drappeggi spirituali e pastorali” (n. 97) come con-seguenza di una “spiritualità del benessere senza comunità”, di una

“teologia della prosperità senza impegno fraterno” e di “esperienze soggettive senza volto” (n. 90). Da qui la richiesta di guardarsi dal-la “mondanità spirituale” (n. 93); spiega papa Francesco: “questa mondanità guarda dall’alto e da lontano, rifiuta la profezia dei fra-telli, squalifica chi gli pone domande, fa risaltare continuamente gli errori degli altri ed è ossessionato dall’apparenza” (n. 97), e si tradu-ce in “diverse forme di odio, divisione, calunnia, diffamazione, ven-detta, gelosia, desiderio di imporre le proprie idee a qualsiasi costo”.

Se si vuole prevenire o curare la corruzione, s’impone anzitutto, dal punto di vista umano, di non farsi complici di quella che è una vera e propria cultura della corruzione, dotata di una sua “capacità dottrinale, linguaggio proprio, modo di agire peculiare”. Si tratta, quindi, di prendere coscienza della portata patologica della corru-zione, di denunciarne la cultura che la alimenta e di non farsene inquinare, e, quando questo dovesse accadere, di curarsi, in modo da guarire dalla corruzione.

Dal punto di vista cristiano, fondamentale è la consapevolezza che la corruzione è qualcosa di diverso dal peccato, tanto che Ber-goglio invita a distinguere tra “peccatore” e “corrotto”, e arriva a dire che per il peccato c’è sempre perdono, per la corruzione, no, nel senso che dalla corruzione è necessario guarire: operazione difficile

che, secondo Bergoglio, può essere favorita alla luce della parola di Dio e ispirandosi alla radicalità di san Francesco di Assisi e alla spiritualità di sant’Ignazio di Loyola.

In ogni caso, l’imperativo che viene da papa Francesco è quello di guarire dalla corruzione, perché la corruzione riguarda l’inte-grità della persona: occorre quindi prestarvi attenzione in tutti gli ambiti e impegnarsi a preservare o curare l’animo, in modo che non sia intaccato dalla corruzione; quando ciò avvenisse, si rende neces-sario per guarirne una vera e propria conversione: sia religiosa, sia civile, accomunate in un processo di rieducazione che muove dalle coscienze e sulle coscienze è incentrato. È, questa, la condizione per rinnovare la società, in modo che eviti di cadere nella cultura della corruzione, ma sia incentrata sulla dignità personale e sul bene comune, ed è anche la condizione per rinnovare la Chiesa, affinché non sia una “Chiesa mondana” (che vive in se stessa, di se stessa, per se stessa) ma sappia essere una “Chiesa evangelizzatrice” (che esce da se stessa per porsi al servizio di un dialogo per quanto difficile).

In sintesi, per guarire dalla corruzione è richiesto un itinerario di conversione spirituale e morale, che coinvolga la persona nella sua integralità, perché (ribadiamo) la corruzione mette in crisi l’integri-tà della persona.

Ma non meno importante del curare è il prevenire, e un con-tributo per prevenire la corruzione viene dalla educazione. Già da cardinale Bergoglio aveva espresso delle idee educative (cui si può attingere anche per guarire dalla corruzione) e lo aveva fatto in tre volumi. Il primo s’intitola Nel cuore dell’uomo e si colloca tra “uto-pia e impegno”, per cui risultano essenziali radicamento e solidarie-tà nell’orizzonte di una cultura dell’incontro. Il secondo s’intitola Scegliere la vita dove vengono avanzate “proposte per tempi diffici-li”, finalizzate alla creatività intesa come tensione costante fra novità

e continuità, per cui l’utopia diventa la speranza stessa all’opera, nel vivo della quotidianità. Il terzo s’intitola Disciplina e passione che indica nella speranza, solidarietà e tolleranza “le sfide di oggi per chi deve educare”.

Da questi contributi di carattere pedagogico, come pure da altri interventi, può essere ipotizzato un percorso educativo, che muove dal cuore e al cuore è finalizzato (intendendo il cuore non in sen-so sentimentalistico, ma come il centro dell’uomo); da qui l’invito aprite la mente al cuore, da qui l’apertura al dialogo come modalità relazionale che coinvolge anche il cuore.