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1. La disciplina in materia di valutazione dei rischi

1.1. L’ordinamento italiano

1.1.1. Coordinate normative e funzione. Uno stru-

Oltre all’art. 2087 c.c. quale norma di chiusura generale alla quale la dottrina come si vedrà attribuisce un ruolo non secondario nella ricostruzione normativa e nella definizione critica dei con-tenuti e delle funzioni della valutazione dei rischi, i principali ri-ferimenti normativi per la valutazione dei rischi con riferimento all’ordinamento italiano si riscontrano nel d.lgs. n. 81/2008 pre-valentemente agli artt. 28 e 29. Le disposizioni definiscono l’oggetto della valutazione (tutti i rischi per la sicurezza e la salu-te dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavora-tori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato), nonché gli aspetti relativi alla formaliz-zazione della valutazione nel c.d. documento unico (DVR). Tale documentazione deve non solo contenere una redincontazione dell’attività di valutazione e dei relativi criteri, ma anche una esposizione delle misure di sicurezza tecnico-organizzative adot-tate per la limitazione del rischio identificato, oltre a: c) il pro-gramma delle misure ritenute opportune per garantire il miglio-ramento nel tempo dei livelli di sicurezza; d) l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, non-ché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono prov-vedere, cui devono essere assegnati unicamente soggetti in pos-sesso di adeguate competenze e poteri; e) l’indicazione del no-minativo del responsabile del servizio di prevenzione e prote-zione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio; f) l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che ri-chiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica espe-rienza, adeguata formazione e addestramento. La normativa in esame definisce anche i tempi e le modalità della procedura. Con particolare riferimento a quest’ultimo aspetto, si evidenzia che il

Testo Unico prescrive che nella valutazione di rischi il datore di lavoro si avvalga della collaborazione del responsabile del servi-zio di prevenservi-zione e proteservi-zione e del medico competente, nei casi di cui all’art. 41 del medesimo Testo Unico. È inoltre previ-sto l’obbligo di aggiornamento della valutazione del rischio.

La riforma del 2008 ha razionalizzato e integrato la disciplina del 1994 (d.lgs. n. 626/1994), su diversi aspetti rilevanti tra i quali la valutazione del rischio. In particolare «amplia ed approfondisce la prospettiva di tale adempimento, obbligando il datore di lavo-ro (attraverso il servizio di prevenzione ed il medico competen-te) alla valutazione “di tutti i rischi”, sia di natura “oggettiva” (at-trezzatura, sostanze, ecc.), sia di natura soggettiva, anche con-nessi alla peculiare condizione dei lavoratori stessi, con specifica esplicita menzione di categorie quali le donne in gravidanza o i lavoratori migranti (extracomunitari), ed a fattori di rischio quali le differenze di genere e di età o, ancora, alla specifica tipologia contrattuale utilizzata (con chiaro riferimento ai lavori c.d. “fles-sibili”), sino a ricomprendere nella valutazione anche i rischi non strettamente fisici ma di natura psico-sociale (stress lavoro-correlato)». Il nuovo sistema che si delinea dopo questo inter-vento normativo, che introduce nuove “tecnicalità” soggettive e procedurali «ha fortemente contribuito ad evidenziare la rilevan-za del fattore organizrilevan-zativo a fini prevenzionali: sia nel senso di esplicitare la rilevanza della organizzazione “della” prevenzione, presupponendo un assetto sistematico di soggetti, procedure, adempimenti “dedicati” alla prevenzione dei rischi per i lavora-tori; sia nel senso di considerare anche i fattori organizzativi (or-ganizzazione aziendale della produzione e del lavoro) ed i rap-porti tra questi ed i lavoratori, ai fini prevenzionali». Le innova-zioni del Testo Unico del 2008 comportano inevitabilmente del-le significative modifiche dell’organizzazione aziendadel-le tra cui l’analisi e il monitoraggio dei processi del lavoro (valutazione ri-schi, redazione/aggiornamento del documento di valutazione, ecc.); la verifica continua dei rischi e dell’attuazione delle misure di prevenzione; «in poche parole, realizzare correttamente sul

piano operativo quanto obbligatoriamente imposto dal legislato-re per proteggelegislato-re la salute dei lavoratori, ha sostanzialmente si-gnificato adeguare di conseguenza l’organizzazione aziendale nel suo complesso, oltre che l’organizzazione del lavoro; progettare e realizzare la sicurezza del lavoro in azienda come “organizza-zione nell’organizza“organizza-zione”» (P.PASCUCCI, La nuova disciplina della sicurezza sul lavoro del 2008/2009: una rapsodia su novità e conferme, I Working Papers di Olympus, 2011, n. 1, p. 9 ss.).

La valutazione dei rischi può essere considerata come il princi-pale strumento attuativo dell’obbligo prevenzionistico ex art.

2087 c.c. (così già C. SMURAGLIA, La sicurezza del lavoro e la sua tutela penale, Giuffrè, 1974, p. 79, richiamato da C.LAZZARI, Per un (più) moderno diritto della salute e della sicurezza sul lavoro: primi spunti di riflessione a partire dall’emergenza da Covid-19, in Diritto della Sicurezza sul Lavoro, 2020, n. 1, p. 141; che sottolinea tuttavia come l’applicazione pratica di tale precetto sia «avvenuta soprat-tutto in sede risarcitoria, ossia ex post. La legislazione comunita-ria, invece, mediata da quella nazionale di recepimento, fornisce al datore di lavoro la strumentazione per dare concreto e corret-to adempimencorret-to ex ante, cioè in chiave preventiva, all’obbligo posto dalla norma codicistica». Con una sfumatura diversa, L.M.

PELUSI, Tutela della salute dei lavoratori e COVID-19: una prima lettu-ra critica degli obblighi datoriali, in Diritto della Sicurezza sul Lavoro, 2019, n. 2, I, p. 123 ss., sottolinea come «l’obbligo di sicurezza e la valutazione dei rischi rappresentano cerchi concentrici, il se-condo più piccolo e interamente racchiuso nel primo» che tutta-via C. LAZZARI, op. ult. cit., ritiene una ricostruzione che, seppur suggestiva, non corrisponde ad una caratteristica necessariamen-te connaturata al sisnecessariamen-tema di prevenzione). Sul punto è stato anzi osservato come «una forma di valutazione dei rischi, quantome-no in nuce, era già prevista dall’art. 2087 c.c.», dal momento che

«prescrive al datore di lavoro di adottare le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessa-rie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavorato-ri, in buona sostanza gli impone di effettuare una valutazione dei

rischi. […] La novità del decreto del 2008 è che si chiede al dato-re di lavoro di inseridato-re nella sua organizzazione produttiva, o meglio ancora nella sua idea di organizzazione produttiva di mezzi e persone, il concetto di sicurezza» (F.OLIVELLI, La valu-tazione dei rischi, in M. PERSIANI (a cura di), Il Nuovo Diritto della Sicurezza sul Lavoro, Utet, 2012, pp. 277-278).