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La formazione delle figure addette al sistema

2. Funzioni e disciplina delle attività di formazione, informa-

2.1.3. La formazione delle figure addette al sistema

La formazione nell’ambito della salute e sicurezza deve coinvol-gere tutti i soggetti della sicurezza che sono presenti nei luoghi di lavoro «stabilendo una relazione biunivoca nella quale ciascu-no è, al contempo, debitore e creditore» (P. TULLINI, La forma-zione per la sicurezza sul lavoro, cit., p. 76) in materia formativa, «ma anche tutti gli altri soggetti che a qualsiasi titolo o causa parteci-pino all’apparato di sicurezza aziendale, intendendo per tale l’insieme degli adempimenti, delle misure e delle cautele poste in

essere a garanzia della salute e della sicurezza dei lavoratori nell’espletamento delle attività lavorative» (A. D’AMORE, Titolo I, Capo III, Sezione IV. Formazione, informazione e addestramento, cit., p.

272).

La normativa italiana prevede una specifica formazione non sol-tanto per i lavoratori, ma anche per tutte quelle figure ausiliarie del lavoratore e quei profili professionali che concorrono alla implementazione del sistema della salute e sicurezza.

Alla luce di quanto sostenuto dalla letteratura di riferimento i re-quisiti necessari per poter ricoprire il ruolo di responsabile del servizio di prevenzione e protezione si sono modificati nel tem-po sino a divenire precisamente delineati. Infatti, non è sempre esistita una chiara definizione dei requisiti professionali necessari per questa figura, poiché come ricordato da N. FURIN, E. DE

NEGRI, La nuova sicurezza del lavoro: soggetti responsabilità e sanzioni.

Guida operativa al nuovo Testo Unico (D.L.vo 9 aprile 2008, n. 81), La Tribuna, 2008, p. 174 «nella versione originaria del D.lvo 626/94, i requisiti professionali richiesti per il responsabile del Servizio erano individuati nel semplice possesso “di attitudini e capacità adeguate” (art. 2, lett. e). In pratica, l’unico titolo richie-sto per chi svolgesse i compiti di responsabile del Servizio di prevenzione e protezione era possedere una certa esperienza in materia». A causa della vaghezza della normativa italiana su que-sto punto l’Italia nel 2001 ha ricevuto una condanna da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee (15 novembre 2001, nella causa C-49/00) e in seguito a tale richiamo, per adat-tarsi al volere della legislazione europea, è stato emanato il d.lgs.

n. 195/2003, che ha inserito all’interno del d.lgs. n. 626/1994, l’art. 8-bis rubricato Capacità e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni o esterni (N.

FURIN, E. DE NEGRI, La nuova sicurezza del lavoro: soggetti responsa-bilità e sanzioni. Guida operativa al nuovo Testo Unico (D.L.vo 9 aprile 2008, n. 81), cit., p. 175).

Nel dettaglio il d.lgs. n. 81/2008 stabilisce che il responsabile (RSPP) e gli addetti al Servizio di Prevenzione e Protezione (ASPP) debbano essere in possesso di una formazione mirata, data l’importanza delle funzioni svolte da queste figure. Il per-corso formativo di RSPP e ASPP è delineato nell’art. 32. Al comma 1 viene specificato che «la capacità e i requisiti profes-sionali dei responsabili e degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavo-rative».

Al comma 2 vengono invece esplicitati i requisiti di cui devono disporre ASPP e RSPP poiché si può leggere che «per lo svolgi-mento delle funzioni […] è necessario essere in possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore nonché di un attestato di frequenza, con verifica dell’apprendimento, a specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative». I contenuti e i dettagli di tali corsi sono individuati in un accordo in Conferenza Permanente Stato-Regioni del 26 gennaio 2006.

Il comma 4 dell’art. 32 individua i soggetti che possono occupar-si dei coroccupar-si di formazione «organizzati dalle regioni e dalle pro-vince autonome di Trento e di Bolzano, dalle università, dall’ISPEL, dall’INAIL, o dall’IPSEMA per la parte di relativa competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco dell’amministrazione della Difesa, dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione e dalle altre Scuole superiori delle sin-gole amministrazioni, dalle associazioni sindacali dei datori di la-voro o dei lavoratori o dagli organismi paritetici». Al comma successivo, il 5, vengono identificate le classi di laurea (L7, L8, L9, L17, L23) e laurea magistrale LM26. Anche per tali figure, come per i lavoratori è previsto un aggiornamento della forma-zione, tant’è che al comma 6, del suddetto articolo, viene chia-ramente esplicitato che «i responsabili e gli addetti dei servizi di

prevenzione e protezione sono tenuti a frequentare corsi di ag-giornamento».

Il Testo Unico a seguito del correttivo, d.lgs. n. 106 del 2009, esplicita all’art. 37 anche la formazione per dirigenti, i preposti e i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. In particolare, il comma 7, art. 37, prevede che «i dirigenti e i preposti ricevono a cura del datore di lavoro un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodo in relazione ai propri compiti in ma-teria di salute e sicurezza del lavoro. I contenuti della formazio-ne di cui al presente comma comprendono: a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi; b) definizione e individuazione dei fattori di rischio; c) valutazione dei rischi; d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione».

Secondo P. DE VITA, Formazione di lavoratori, dirigenti e preposti, in M. TIRABOSCHI, L. FANTINI (a cura di), Il testo unico della salute e sicurezza sul lavoro dopo il correttivo (d.lgs. n. 106/2009), Giuffrè 2009, p. 670, una novità in quest’ambito risiede nel comma 7-bis, secondo il quale la formazione prevista al comma 7 «può essere svolta anche presso gli organismi paritetici di cui all’art. 51 o le scuole edili, ove esistenti, o presso le associazioni sindacali dei datori di lavoro o dei lavoratori». Dunque, si ribadisce il fatto che i destinatari dell’obbligo di formazione non sono più soltan-to i lavorasoltan-tori, ma anche i dirigenti e i preposti che devono rice-vere una adeguata e specifica formazione per lo svolgimento dei propri compiti.

All’art. 37, comma 10, del d.lgs. n. 81/2008 che viene trattata anche la formazione dei rappresentanti dei lavoratori (RLS) «il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concer-nente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la pro-pria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi». Viene anche specificato (art. 37, comma 12, d.lgs. n.

81/2008), che la formazione deve essere erogata durante l’orario di lavoro, con oneri a carico del datore di lavoro, e deve avvenire in collaborazione con gli organismi paritetici ove presenti, nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del datore di lavo-ro. È sempre il medesimo articolo, al comma 11, a stabilire le modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Dettagli che, come si può evincere dal suddetto comma, possono essere stabiliti in sede di contrattazione collettiva tenendo però conto di alcuni contenuti minimi «a) principi giuridici comunitari e nazionali; b) legislazione generale e speciale in materia di salute e sicurezza sul lavoro; c) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi; d) de-finizione e individuazione dei fattori di rischio; e) valutazione dei rischi; f) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione; g) aspetti normativi dell’attività di rappresentanza dei lavoratori; h) nozioni di tecnica della comunicazione». In merito alla durata viene stabilito che la durata minima dei corsi è di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di preven-zione e protepreven-zione adottate, con verifica di apprendimento; la contrattazione collettiva nazionale disciplina le modalità dell’obbligo di aggiornamento periodico, la cui durata non può essere inferiore a: 4 ore annue per le imprese che occupano dai 15 ai 50 lavoratori; 8 ore annue per le imprese che occupano più di 50 lavoratori.

Anche per la figura del medico competente, prevista anch’essa dal Testo Unico, è requisito necessario uno specifico iter forma-tivo. È a partire dal d.lgs. n. 626/1994 che sono stati individuati i titoli che un medico competente deve possedere per poter svol-gere la sorveglianza sanitaria. Nel dettaglio il d.lgs. n. 626/1994 ha inserito tra i titoli necessari allo svolgimento della professione le specializzazioni in igiene e medicina preventiva e medicina le-gale e delle assicurazioni. Attualmente il Testo Unico all’art. 38, Titoli e requisiti del medico competente, richiede a quelli che «non sono specialisti in medicina del lavoro una integrazione alla

prepara-zione di base» (L. MIGLIETTA, L. FANTINI, Il medico competente, cit., p. 364). L’emendamento introdotto dal d.lgs. n. 106/2009 all’art. 38 ha poi ampliato l’elenco dei «requisiti necessari per ac-cedere all’elenco dei medici competenti istituito presso il Mini-stero del lavoro, della salute e delle politiche sociali (articolo 38, comma 4)» (L. MIGLIETTA, L. FANTINI, Il medico competente, cit., p. 364).

Secondo l’art. 38, comma 1, con integrazioni del correttivo d.lgs.

n. 106/2009, il medico competente deve possedere i seguenti ti-toli: «a) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica; b) docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene industriale o in fisiologia e igiene del lavoro o in clinica del lavoro; c) autorizzazione di cui all’art. 55 del d.lgs. n. 277/1991; d) specializzazione in igiene e medicina preventiva o in medicina legale; d-bis) con esclusivo riferimento al ruolo dei sanitari delle Forze Armate, compresa l’Arma dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza, svolgimento di attività di medico nel settore del lavoro per almeno quattro anni».

Il d.lgs. n. 81/2008 al comma 3 prevede per questa figura anche la partecipazione al programma di educazione continua in medi-cina ai sensi del d.lgs. n. 229/1999 e s.m.i, a partire dal pro-gramma triennale successivo all’entrata in vigore del d.lgs. n.

81/2008. Il suddetto comma prevede anche che «i crediti previ-sti dal programma triennale dovranno essere conseguiti nella mi-sura non inferiore al 70 per cento del totale nella disciplina me-dicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro».

I medici che conseguono i crediti formativi del programma triennale di educazione continua in medicina devono obbligato-riamente comunicare il possesso degli stessi al Ministero del la-voro, della salute e delle politiche sociali. Tale figura deve anche comunicare, mediante autocertificazione «all’art. 1, comma 1, (decreto 4 marzo 2009) il possesso dei titoli e requisiti abilitanti

per lo svolgimento di tale attività […] sono altresì tenuti a co-municare, con le stesse modalità, eventuali successive variazioni comportanti la perdita di requisiti precedentemente autocertifi-cati e la cessazione dello svolgimento dell’attività» (G. C AMPUR-RA, Le modifiche all’attività del medico competente nel “correttivo” al TU, in Igiene e Sicurezza del Lavoro, 2009, n. 9, p. 496).

Inoltre, secondo il comma 4 dell’art. 38 del d.lgs. n. 81/2008 i medici in possesso dei titoli e dei requisiti di medico competente sono iscritti all’elenco dei medici competenti che è stato istituito presso il Ministero della salute (G. CAMPURRA, op. cit.; F.

D’ORSI, Le caratteristiche del medico competente, in M. TIRABOSCHI, L. FANTINI (a cura di), Il testo unico della salute e sicurezza sul lavoro dopo il correttivo (d.lgs. n. 106/2009). Commentario al decreto legislativo n. 81/2008 come modificato e integrato dal decreto legislativo n.

106/2009, cit., pp. 695-699).

Come segnalato già all’inizio della presente rassegna alcuni autori mettono in luce qualche aspetto critico della formazione in ma-teria salute e sicurezza. Recentemente, P. PASCUCCI (a cura di), L. LA PECCERELLA, R. D’ALIA (con la collaborazione di), Salute e sicurezza sul lavoro. Tutele universali e nuovi strumenti regolativi a dieci anni dal d.lgs. n. 81/2008, Franco Angeli, 2019, individuano altre problematiche come «le differenti modalità di accreditamento regionale dei soggetti formatori; la disomogeneità e difformità nell’approccio alla formazione delle diverse figure, l’insufficiente specializzazione dei percorsi formativi rispetto ai diversi e parti-colari contesti produttivi, la scarsa propensione alla valutazione di efficacia degli interventi formativi» (pp. 171-172).

2.2. L’ordinamento spagnolo

2.2.1. La legislazione spagnola in merito alla formazione