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I contenuti normativi e le deroghe alla discipli-

Come anticipato, l’Estatuto de losTrabajadores, che al capitulo II, seccion 5a, regola con gli artt. da 35 a 38, i principali istituti rilevanti per quanto riguarda il tempo di lavoro e, in particolare, la giornata di lavoro, il lavoro straordinario, il lavoro notturno e il lavoro a turni, il riposo settimanale e i permessi e, infine, le fe-rie.

Al centro della disciplina c’è la nozione di tempo di lavoro effet-tivo che, pur essendo oggetto di un certo numero di richiami all’interno dello Statuto – sia nella disciplina sul tempo di lavoro sia in altri “capitoli” dello Statuto – non è oggetto di una specifi-ca definizione normativa (M.A. ALMENDROS GONZÀLEZ, Regi-stro de jornada y tiempo de trabajo efectivo, in Revista Espanola de Dere-cho del Trabajo, 2020, n. 5, pp. 65-69). Dinnanzi a tale lacuna, par-te della dottrina spagnola par-tende a valorizzare come referenpar-te mi-nimo la definizione euro-unitaria di tempo di lavoro (M. B A-STERRA HERNANDEZ, Tiempo de trabajo y tiempo de descanso, Tesis Doctoral, Universidad de Alicante, 2016, p. 47, M.A. A LMEN-DROS GONZALEZ, op. ult. cit., p. 68), che si deve coordinare con il riferimento di cui all’art. 34, comma 5, secondo cui «el tiempo de trabajo se computará de modo que tanto al comienzocomo al final de la jornada diaria el trabajador se encuentre en su puesto de trabajo». Al di là dell’incerto riferimento normativo, si è sot-tolineato come una certa dose di flessibilità della nozione di tempo di lavoro effettivo sia conferita dall’intervento della con-trattazione collettiva, la quale risulta maggiormente idonea a ri-spondere alle esigenze dei singoli settori, così chiarendo rispetto agli stessi l’esatta collocazione e il trattamento normativo dei di-versi tempi terzi o intermedi, come quelli relativi alle guardie, i

tempi di viaggio o di vestizione, quelli relativi alle attività forma-tive o relaforma-tive alla salute e sicurezza, quelli di reperibilità e alcuni tempi di riposo (M.A. ALMENDROS GONZALEZ, Registro de jorna-da y tiempo de trabajo efectivo, cit., pp. 69 ss., per una analisi degli stessi; sul punto anche M. BASTERRA HERNANDEZ, Tiempo de trabajo y tiempo de descanso, cit., p. 49 e passim). Si tratta di uno spa-zio di intervento autonomamente costruito dalle parti sociali (o, eventualmente, in sede di contratto individuale di lavoro), che non corrisponde ad un sistema di deleghe ex lege – salvo che con riferimento alla riconduzione o meno del tempo della pausa du-rante la giornata (art. 34, comma 4) (M.A. ALMENDROS G ON-ZALEZ, op. ult. cit., p. 98) – e che, di conseguenza, è limitato a modifiche migliorative sia nella riconduzione al tempo di lavoro effettivo sia nel relativo trattamento normativo o retributivo (anche se si segnalano dei casi in cui si è paventata anche la pos-sibilità di deroga peggiorativa, ma in un complessivo intervento collettivo di maggior favore: M. BASTERRA HERNANDEZ, op. ult.

cit., pp. 50-52). Occorre aggiungere come, in alcuni casi, sia la stessa legge ad individuare la natura di tempo di lavoro effettivo di momenti non riconducibili prima facie alla definizione comuni-taria, come nel caso del tempo di pulizia personale per lavoratori esposti a determinati agenti (M. BASTERRA HERNANDEZ, op. ult.

cit.). Nonostante l’interazione di diverse fonti normative e con-venzionali, l’esatta collocazione dei tempi intermedi all’interno del sistema binario tra tempo di lavoro e tempo di riposo ha da-to vita ad una intesa attività giurisprudenziale che ha interessada-to l’ordinamento spagnolo anche in sede europea (si veda, per esempio, CGUE 10 settembre 2015, C-266/14, su cui S. R O-DRIGUEZ GONZALEZ, La consideraciòn del tiempo de desplazamiento domicilio-clientes come tiempo de trabajoefectivo. Comentario a la STJUE de 10 septiembre del 2015, in Trabajo y Derecho, 2016, n. 13, pp. 73-80).

A fronte di tale nozione, composita e sfuggente, nozione di tempo di lavoro effettivo, è all’art. 34 che si deve guardare per la disciplina della giornata di lavoro tanto con riferimento alla

du-rata normale e alla dudu-rata massima del lavoro, quanto con rife-rimento al riposo giornaliero e alla pausa. Con riferife-rimento all’orario normale di lavoro si prevede che la durata sia quella stabilita nel contratto collettivo o nel contratto individuale; a tale orario normale di lavoro corrisponde una durata ordinaria non superiore a 9 ore, con possibilità di deroga tramite contrattazio-ne collettiva, ma sempre contrattazio-nel rispetto del riposo minimo giorna-liero che, indirettamente individua la durata massima giornaliera dell’orario di lavoro inderogabile anche da parte della fonte col-lettiva (M. BASTERRA HERNANDEZ, Tiempo de trabajo y tiempo de descanso, cit., pp. 84-85). Previsioni specifiche quanto alla durata dell’orario giornaliero sono dettate sia con riferimento ai minori (art. 34, comma 3) sia con riferimento a specifici settori, tanto in aumento quanto in senso limitativo (su questi regimi, in senso critico rispetto alla loro rilevanza attuale e alle effettive tutele dei lavoratori, J.M. GOMEZ MUNOZ, Revisitando las jornadas especiales de trabajo de la mano de Manuel Ramón Alarcón, in AA.VV., Los gran-des debates actuales en el derecho del trabajo y la protección social: estudios en recuerdo del profesor Dr. Manuel Ramón Alarcón Caracuel, Consejo Andaluz de Relaciones Laborales, 2016, pp. 301-315).

Quanto, poi, alla declinazione settimanale si prevede che la jorna-da ordinaria (l’orario normale di lavoro) non possa avere una du-rata media superiore alle quaranta ore da computare sull’anno e rispetto alle quali è possibile una collocazione irregolare nel cor-so del periodo di riferimento tramite contrattazione collettiva o, in assenza, nel limite del 10%. L’orario normale di lavoro non è derogabile in aumento. Non è, invece, prevista una durata mas-sima settimanale per legge, cosicché un limite di estensione su base settimanale della prestazione può essere ricavato a contrario dal combinato disposto delle discipline del riposo giornaliero e del riposo settimanale, con possibili effetti negativi in termini di salute e sicurezza dei lavoratori, laddove si disponesse appieno della flessibilità concessa, con possibili profili di violazione della disciplina comunitaria (M. BASTERRA HERNANDEZ, Tiempo de trabajo y tiempo de descanso, cit., pp. 92-96). Regimi per particolari

settori sono previsti sia nello Statuto (minorenni) sia in norme collegate (J.M. GOMEZ MUNOZ, Revisitando las jornadas especiales de trabajo de la mano de Manuel Ramón Alarcón, cit.). Sulla base della jornada ordinaria e, tenendo conto, oltre che dei riposi giornalieri e settimanali, anche delle ferie e dei festivi, si può ricavare la dura-ta massima annuale di circa 1826 ore (M. BASTERRA H ERNAN-DEZ, Tiempo de trabajo y tiempo de descanso, cit., p. 99).

Con riferimento al regime del lavoro straordinario, l’art. 35 dell’Estatuto de los Trabajadores prevede che si considerino tali le ore di lavoro svolte al di fuori dei limiti della durata ordinaria prevista nell’art. 34, sancendo, poi, l’alternativa tra la contropar-tita in riposi compensativi e quella retributiva, la quale non potrà essere inferiore al costo ordinario e che, in assenza di accordo sul punto, lo svolgimento di ore di lavoro straordinario deve es-sere compensato in termini di riposo nel corso dei 4 mesi suc-cessivi. Salvo eccezioni, non è consentito lo svolgimento di ore di lavoro straordinario in misura superiore a 80 annue e lo stesso deve avvenire su base volontaria, salvo che un accordo collettivo o il contratto individuale non dispongano diversamente. Alcuni limiti sono posti allo svolgimento del lavoro straordinario per caratteristiche soggettive del lavoratore (es. apprendisti, lavora-tori notturno, soggetti portalavora-tori di disabilità), che si aggiungono ai limiti oggetti relativi al massimo di ore di straordinario, al ri-spetto dei riposi settimanali, ma anche all’incremento di costi contributivi. Al regime del lavoro straordinario “comune”, fa ec-cezione la disciplina delle ore di lavoro straordinario per forza maggiore, le quali – fatto salvo il diritto alla contropartita previ-sta – derogano alla durata ordinaria di lavoro e anche al compu-to all’interno dei limiti quantitativi per lo straordinario. (M.

BASTERRA HERNANDEZ, Tiempo de trabajo y tiempo de descanso, cit., pp. 139-182).

Quanto al sistema dei riposi, l’Estatuto de los Trabajadores pre-vede da un lato un limite minimo di dodici ore di riposo conse-cutivo su base giornaliera (art. 34, comma 3) che vanno dalla

fi-ne della giornata di lavoro all’inizio di quella successiva (M. B A-STERRA HERNANDEZ, op. ult. cit., pp. 261-270, per anche una ri-costruzione dei diversi regimi speciali e derogatori) cui si aggiun-gono il diritto alla pausa di 15 minuti per giornate più lunghe di 6 ore (salvo regimi eccezionali connessi a condizioni soggettive o oggettive, M. BASTERRA HERNANDEZ, op. ult. cit., pp. 246-251) e la disciplina del riposo settimanale di cui all’art. 37, com-ma 1, dove si stabilisce il diritto di ogni lavoratore a un giorno e mezzo consecutivo di riposo ogni 7 giorni, da computare su un periodo di due settimane e derogabile in meglio dalla contratta-zione collettiva o dall’autonomia individuale. Regimi particolari sono previsti, tendenzialmente in aumento, sia per i minori sia per determinati settori (M. BASTERRA HERNANDEZ, op. ult. cit., pp. 273-274) Con riferimento a quest’ultimo, un profilo di incer-tezza riguarda la cumulabilità del riposo giornaliero con quello settimanale o, alternativamente, l’applicazione del principio di assorbimento del primo all’interno del secondo. Secondo la giu-risprudenza e parte della dottrina, i due regimi dei riposi giorna-liero e settimanale dovrebbero essere intesi come autonomi, co-sicché gli stessi dovrebbero essere riconosciuti in maniera con-secutiva (giornaliero e, successivamente, settimanale) così cumu-landosi (R. POQUET CATALÀ, Conflictos interpretativos en torno al de-scanso semanal, in IUSlabor, 2020, n. 3, pp. 128-134, e ivi ampi ri-ferimenti giurisprudenziali; sul punto anche M. BASTERRA

HERNANDEZ, Tiempo de trabajo y tiempo de descanso, cit., pp. 275-276). Si prevede, inoltre, che il riposo debba coincidere normal-mente con la domenica e con parte del sabato o del lunedì, ma con una tecnica normativa che lascia spazio a possibilità di dero-ghe collettive e individuali, oltre ad essere previsti regimi speciali rispetto a specifici lavori (R. POQUET CATALÀ, Conflictos interpre-tativos en torno al descanso semanal, cit., pp. 134-141, cui adde M. B A-STERRA HERNANDEZ, Tiempo de trabajo y tiempo de descanso, cit., pp. 286-287).

L’art. 36 si preoccupa, invece, della disciplina del lavoro nottur-no e del lavoro a turni. Quanto al lavoro nottur-notturnottur-no, esso è

defini-to come il lavoro prestadefini-to tra le 22 e le 6 del mattino, mentre si considera lavoratore notturno quello che presta normalmente per almeno 3 ore nell’orario indicato così come il lavoratore che svolga almeno un terzo del proprio orario di lavoro su base an-nuale in periodo notturno. Il periodo di 8 ore individuato dalla disciplina è più favorevole rispetto alla previsione comunitaria, con carattere di derogabilità soltanto in meglio sia per il tramite della contrattazione collettiva sia per esercizio dell’autonomia individuale e indisponibile rispetto ad una collocazione oraria diversa. Alcune incertezze interpretative discendono dall’uso della clausola generale della “normalità” della prestazione not-turna per 3 ore di lavoro al giorno, dal momento che non è spe-cificato come lo stesso debba essere interpretato (M.A. C ORRA-LES MORENO, Condiciones laborales del trabajo nocturno, Tesis docto-ral Universidad de Cantabria, 2016, pp. 61-66; A. LOPEZ Q UI-NONES-GARCIA, Los Límites de Jornada de los Trabajadores Noctur-nos, Tirant Lo Blanch, 2017, pp. 34-41 e, sulle problematiche del-la definizione di del-lavoratore notturno, amplius, pp. 169-238). Il del- la-voro notturno non può eccedere le 8 ore giornaliere, calcolate come media in 15 giorni, cosicché deve ritenersi possibile la pre-stazione notturna superiore di 8 ore laddove tale estensione sia compensata nell’arco temporale indicato (M.A. CORRALES M O-RENO, op. ult. cit., pp. 73-81; A. LOPEZ QUINONES-GARCIA, Los Límites de Jornada de los Trabajadores Nocturnos, cit., pp. 291 ss.). La retribuzione delle ore di lavoro notturno è fissata dalla contrat-tazione collettiva. I lavoratori notturni hanno diritto alla sorve-glianza sanitaria e in caso di circostanze di salute preclusive dell’attività in periodo notturno alla adibizione al lavoro diurno.

A ciò si aggiunge il divieto di lavoro notturno per alcune specifi-che categorie di lavoratori (minori, lavoratori in formazione, donne) (M.A. CORRALES MORENO, op. ult. cit., pp. 96-122). Un obbligo di informazione della autoridadlaboral è previsto in capo al datore di lavoro che ricorra con regolarità al lavoro notturno (A. LOPEZ QUINONES-GARCIA, Los Límites de Jornada de los Tra-bajadores Nocturnos, cit., pp. 126-141). Quanto ai lavoratori a

tur-no, oltre al richiamo al diritto a condizioni di tutela della salute non inferiori agli altri lavoratori dell’impresa (richiamo esteso anche ai lavoratori notturni), l’Estatuto si preoccupa di definire il lavoro a turni e di assisterlo con un criterio di alternanza sui di-versi turni nonché con il principio di chiusura della tutela del la-voratore rispetto al ritmo di lavoro e al rischio di monotonia (M.A. CORRALES MORENO, Condiciones laborales del trabajo noctur-no, cit., pp. 123-131, e, con specifico riferimento all’interazione con la disciplina del lavoro notturno, pp. 139-167).

Infine, con riferimento alle ferie, è l’art. 38 a disporre che il pe-riodo minimo di ferie retribuite è fissato dalla contrattazione col-lettiva al di sopra del limite minimo di trenta giorni e a definire le modalità della collocazione delle stesse. Al di là della derogabilità in melius di cui dispone la contrattazione collettiva e l’autonomia individuale, vale rilevare come nell’utilizzare l’espressione diasna-turales, il legislatore abbia disposto l’assorbimento dei giorni non lavorativi nel periodo di computo delle ferie all’interno del mi-nimo di 30 giorni (M. BASTERRA HERNANDEZ, Tiempo de trabajo y tiempo de descanso, cit., pp. 299-300).

1.2.3. Le “nuove” soluzioni ai rischi tecnologici e