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La formazione e l’informazione dei lavoratori:

2. Funzioni e disciplina delle attività di formazione, informa-

2.1.2. La formazione e l’informazione dei lavoratori:

La formazione dei lavoratori, a partire dalla direttiva-quadro eu-ropea n. 89/391/CEE, è un caposaldo della normativa in mate-ria di salute e sicurezza tant’è che, come si è potuto notare, il le-gislatore italiano con il d.lgs. n. 81/2008 e poi le modifiche ap-portate nel d.lgs. n. 106/2009 ha maggiormente disciplinato que-sto fondamentale aspetto del sistema della gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (per un ulteriore approfondimento si rimanda a P. PASCUCCI, Quali formatori per la sicurezza sul lavoro?, I Working Papers di Olympus, 2015, n. 40, pp. 1-2).

Considerando nel dettaglio gli artt. 36 e 37 del d.lgs. n. 81/2008, che riguardano direttamente l’informazione e la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, secondo A. D’AMORE, Titolo I, Capo III, Sezione IV. Formazione, informazione e addestramento, cit., pur non rappresentando delle novità, in quanto l’obbligo in rela-zione a questi temi era già previsto nel precedente d.lgs. n.

626/1994, sanciscono di fatto il tentativo da parte del legislatore di ribadire che la salute e la sicurezza del lavoro sono influenzate non solo da un approccio tecnico, ma soprattutto da quello formativo. Nel dettaglio è sempre A. D’AMORE, Titolo I, Capo III, Sezione IV. Formazione, informazione e addestramento, cit., p. 273, a ribadire che un sistema così creato consente ai lavoratori «una partecipazione consapevole ed equilibrata, oltre che responsabi-lizzata, al processo produttivo aziendale. Ciò rispecchia, in pie-no, lo spirito della direttiva-quadro comunitaria 391/89/CEE, dalla quale è emerso, chiaramente, un nuovo ruolo per i lavora-tori: essi non devono essere considerati e, nel contempo, non sentirsi più, meri destinatari di norme ed adempimenti, ma com-partecipi, invece di un sistema all’interno del quale essi devono assumere un ruolo attivo e sinergico».

Dunque, la diffusione di compiti e responsabilità riconosciute anche ai lavoratori nel complesso sistema della salute e sicurezza

di fatto sancisce una struttura partecipata al processo di costru-zione della sicurezza negli ambienti di lavoro. In tale sistema, come ben esplicitato da L. FANTINI, La formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro tra complessità normative e semplificazioni giu-risprudenziali, cit., pp. 33-34, «la parola “formazione” costituisce il leitmotiv dell’intera normativa, la chiave di volta perché il sistema della sicurezza possa efficacemente funzionare: ciò sul presup-posto che solo un’adeguata e specifica conoscenza dei rischi e delle condizioni in cui il lavoratore è chiamato ad operare può garantire un sistema di prevenzione degli infortuni seriamente realizzabile».

L’art. 36 è contenuto nella Sezione IV Formazione, informazione e addestramento del d.lgs. n. 81/2008 e si occupa di specificare le at-tività di informazione che spettano ai lavoratori. Il datore di la-voro è responsabile di questa attività in quanto al primo e se-condo comma è chiaramente esplicitato che «il datore di lavoro provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata infor-mazione» su una serie di tematiche elencate alle lett. a, b, c e d del comma 1: «a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro con-nessi alla attività della impresa in generale; b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei luoghi di lavoro; c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 45 e 46; d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e pro-tezione, e del medico competente». Al comma 2 si legge alle lett.

a, b e c, che il datore di lavoro deve informare i lavoratori anche

«a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all’attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; b) sui pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati perico-losi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate».

Quindi, considerando nello specifico i contenuti dell’informazione previsti dall’art. 36, commi 1 e 2, come

osser-vato anche da A. D’AMORE, Titolo I, Capo III, Sezione IV. Forma-zione, informazione e addestramento, cit., p. 273, si rilevano due for-me differenti di esplicazione dell’obbligo informativo: al primo comma il livello dell’obbligo è generale, riguarda tutto ciò che concerne le più generali attività delle imprese, mentre il secondo comma prevede una informazione specifica connessa alle attività e alle sostanze che verranno utilizzate e maneggiate dal singolo lavoratore e ai rischi specifici nei quali può incappare ciascun singolo lavoratore.

Di particolare rilevanza, anche in termini innovativi rispetto a quanto previsto dal precedente d.lgs. n. 626/1994, è il comma 4 dell’art. 36 nel quale si può leggere che «il contenuto della in-formazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo».

Sul punto molta letteratura di riferimento ha rimarcato l’importanza di questa puntualizzazione sostenendo, come ha fatto A. D’AMORE, Titolo I, Capo III, Sezione IV. Formazione, in-formazione e addestramento, cit., p. 273, che tale specificazione è di fatto finalizzata «alla piena efficacia dell’attività informativa, la quale potrebbe rivelarsi vana, se esplicata attraverso modalità o termini non facilmente comprensibili ed in particolar modo qua-lora tra i destinatari dell’informazione ci siano anche lavoratori immigrati».

Anche l’art. 37, riguardante la formazione dei lavoratori e dei lo-ro rappresentanti, ribadisce l’importanza di una formazione suf-ficiente e adeguata in quanto al primo comma si può chiaramen-te leggere l’inciso che «il datore di lavoro assicura che ciascun la-voratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in mate-ria di salute e sicurezza, anche rispetto alle conoscenze linguisti-che, con particolare riferimento a: a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizzazione della prevenzione

aziendale, diritti e doveri dei vari soggetti aziendali, organi di vi-gilanza, controllo, assistenza; b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle conseguenti misure e procedure di preven-zione e protepreven-zione caratteristici del settore o comparto di appar-tenenza dell’azienda». Sul punto anche G. DI CORRADO, Ruolo della formazione in azienda, in Diritto & Pratica del Lavoro, 2019, n.

22, p. 1372, sostiene che la formazione deve «essere perfetta-mente in grado di chiarire, senza che rimanga alcun dubbio nei lavoratori, quali potrebbero essere le conseguenze pericolose del mancato rispetto di alcuni comportamenti o della mancata ado-zione delle misure di sicurezza».

Il comma 2 dell’art. 37 stabilisce la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione che sono definiti attraverso un ac-cordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

Il comma 3 ribadisce nuovamente l’importante ruolo che deve essere ricoperto dal datore di lavoro nelle attività di formazione

«il datore di lavoro assicura, altresì, che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi speci-fici».

Al comma 4 sono invece previsti i momenti nei quali svolgere la formazione. Si può leggere, infatti, che la formazione può avve-nire al momento della costituzione del rapporto di lavoro o dell’inizio dell’utilizzazione in caso di somministrazione di lavo-ro, o anche del trasferimento o del cambiamento di mansioni o dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro, nuove tecno-logie o nuove sostanze o preparati pericolosi.

Ai commi successivi si ribadisce, invece, che l’addestramento deve essere eseguito da una persona esperta e sul luogo di lavo-ro. Altro comma importante al fine di inquadrare la concezione relativa alla formazione è il sesto nel quale si chiarifica la dimen-sione continua e aggiornabile della formazione qualora insorga-no nuove condizioni o strumenti di lavoro.

Quanto previsto dall’art. 37 sulla applicazione della formazione, come specificato dal comma 8 del medesimo articolo, vale anche ai «soggetti di cui all’articolo 21, comma 1» cioè anche ai com-ponenti dell’impresa familiare ex art. 230-bis c.c., ai lavoratori au-tonomi ex art. 2222 c.c., i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i pic-coli commercianti. Come precisato da L. FANTINI, La formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro tra complessità normative e sem-plificazioni giurisprudenziali, cit., p. 37, è comunque importante precisare che nei confronti delle suddette categorie «la norma non impone un obbligo, ma attribuisce la facoltà di partecipare a percorsi formativi specifici relativi ai rischi propri delle attività svolte, con oneri a proprio carico».

Un altro aspetto da rilevare in ottemperanza di questi temi è si-curamente quanto osservato da L. FANTINI, La formazione in ma-teria di salute e sicurezza sul lavoro tra complessità normative e semplifica-zioni giurisprudenziali, cit., pp. 34-35, che specifica di fatto che il grado e i livelli di formazione in materia di salute e sicurezza non dipendono dall’esperienza maturata dai lavoratori in quell’azienda e in quella specifica posizione lavorativa perché

«contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l’esistenza di una pregressa e fondata esperienza lavorativa non porta a ritenere superflua un’adeguata formazione impartita al soggetto, la cui necessità “non subisce alcuna svalutazione per la particolare qua-lificazione professionale dei collaboratori”. L’esperienza, inoltre, può introdurre una familiarità tale con il lavoro svolto da rende-re meno accorto il soggetto».

La legislazione che regola la formazione dei lavoratori non si esaurisce in quanto previsto dal d.lgs. n. 81/2008, ma al contra-rio si dispiega in una serie di altri provvedimenti. Infatti, è il Te-sto Unico stesso che rimanda a un accordo in Conferenza Stato-Regioni per una precisa definizione dell’intero istituto. Nello specifico il rimando è contenuto nell’art. 37 al comma 2, nel quale si evince che «la durata, i contenuti minimi e le modalità

della formazione di cui al comma 1 sono definiti mediante ac-cordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano adottato, previa consultazione delle parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore al presente decreto legislativo».

L’accordo è stato approvato il 21 dicembre 2011 e pubblicato in Gazzetta ufficiale l’11 gennaio 2012 ed è un documento di parti-colare rilevanza poiché rappresenta «una norma “di dettaglio”

rispetto ai principi generali di cui al “testo unico” di salute e si-curezza sul lavoro, i quali restano delineati comunque nelle norme di legge di riferimento». Occorre poi precisare che la normativa di riferimento sulla formazione nel suo complesso viene rilevata attraverso una combinazione tra l’accordo dell’11 gennaio 2012 con quello approvato un data 25 luglio 2012 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 agosto 2012, serie generale, n. 192.

Ciò che in generale emerge è che, come evidenziato da L. F AN-TINI, La formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro tra com-plessità normative e semplificazioni giurisprudenziali, cit., p. 37, «la rego-lamentazione contenuta in questi Accordi distingue, a proposito dei lavoratori, tra una formazione “generale” (uguale per tutti i settori produttivi) della durata minima pari a 4 ore, e una forma-zione “specifica”, diversamente modulata a seconda della ri-schiosità dei settori (4 ore per i settori a basso rischio, 8 ore per quelli a rischio medio e 12 per i settori a rischio alto, come indi-viduati dall’allegato codice ATECO). L’accordo del 21 dicembre 2011 prevede, inoltre, in coerenza con il dettato di legge, un ag-giornamento “quinquennale” per tutti i soggetti interessati (lavo-ratori, preposti e dirigenti) della durata minima di 8 ore. Altro aspetto che assume un particolare significato è costituito dall’utilizzo delle modalità di apprendimento e-learning (le cui modalità operative sono riportate in un apposito allegato).

Come è evidente dunque, nella normativa italiana emerge un al-tro nodo legato all’esistenza di una pluralità di fonti di regola-zione della formaregola-zione nell’ambito salute e sicurezza sul lavoro.

Infatti, la regolazione in materia appare complessa in virtù della combinazione e integrazione della normativa statale e quella se-condaria, gli atti amministrativi generali (accordi Stato-Regioni-Province autonome) e particolari (Determinazioni regionali), e la contrattazione collettiva (P. TULLINI, La formazione per la sicurezza sul lavoro, cit.).

Dunque, in considerazione della legislazione italiana nell’ambito della formazione in materia di salute e sicurezza dei lavoratori occorre tenere conto di una serie di specificità: (1) la formazione deve svolgersi durante l’orario di lavoro, (2) la formazione non comporta oneri economici a carico dei lavoratori, (3) la forma-zione deve fornire ai lavoratori conoscenze generali, relative ai concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione, organizza-zione della prevenorganizza-zione aziendale, diritti e doveri dei vari sogget-ti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza e conoscen-ze specifiche: rischi riferiti alle mansioni, ai possibili danni, alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione ca-ratteristici del settore o comparto di appartenenza dell’azienda, (4)la formazione deve essere “sufficiente e adeguata”.

2.1.3. La formazione delle figure addette al sistema della