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1. La disciplina in materia di valutazione dei rischi

1.3. L’ordinamento francese

A livello nazionale la valutazione dei rischi è disciplinata dal Co-de du Travail, nonché dal Co-decreto n. 2001-1016 Co-del 5 novembre 2001 e la circolare n. 2002 – 06 del 18 aprile 2002).

Il Code du travail (art. L.4121-2), detta dei principi fondamentali di prevenzione («1. Éviter les risques; 2. Évaluer les risques qui ne peuvent pas être évités; 3. Combattre les risques à la source;

4. Adapter le travail à l’homme, en particulier en ce qui concerne la conception des postes de travail, ainsi que le choix des équi-pements de travail et des méthodes de travail de production; 5.

Tenir compte de l’état d’évolution de la technique; 6. Remplacer ce qui est dangereux par ce qui n’est pas dangereux ou par ce qui l’est moins; 7. Planifier la prévention en y intégrant, dans un en-semble cohérent, la technique, l’organisation du travail, les con-ditions de travail, les relations sociales et l’influence des facteurs ambiants, notamment les risques liés au harcèlement moral; 8.

Prendre des mesures de protection collective en leur donnant la priorité sur les mesures de protection individuelle; 9. Donner les consignes appropriées aux travailleurs»; É. DRAIS, La prévention des risques émergents à l’épreuve du principe de précaution : le cas des na-nomatériaux, in Droit et Société, 2017, n. 96, p. 307).

Oltre a imporre un obbligo di mezzi e un obbligo di risultati, il quadro normativo promuove l’adozione di un approccio orga-nizzativo alla prevenzione dei rischi professionali. L’obiettivo è incoraggiare l’attuazione prevenzione primaria, ovvero riduzione o eliminazione fattori di rischio alla fonte, attraverso la defini-zione, l’introduzione e la valutazione delle misure adottate a li-vello tecnico e organizzativo dell’attività, le cosiddette misure di prevenzione organizzativa relative, ad esempio, all’attuazione nell’ambito di un sistema informativo dedicato alla SSL (K.R OS-SIGNOL, É. DRAIS, M.FAVARO, Évaluer l’organisation de la préven-tiondesrisquesprofessionnels. Genèse et institutionnalisation d’un outil de mesureausein d’une branche de la Sécurité sociale, in Revue Terrains &

travaux, 2016, n. 28, p. 154).

Il decreto n. 2001-1016 del 5 novembre 2001 e la circolare n.

2002 – 06 del 18 aprile 2002 del Ministero del Lavoro hanno specificato le condizioni di applicazione della legge del 31 di-cembre 1991 concernente la valutazione dei rischi professionali

che impone a tutte le aziende di effettuare una valutazione dei rischi e di registrare i risultati su un documento disponibile per l’ispettore o supervisore del lavoro, medico del lavoro, agenti delle organizzazioni di prevenzione enti previdenziali e rappre-sentanti dei dipendenti (rapprerappre-sentanti dei dipendenti e CSE).

Questa valutazione, che deve essere aggiornata ogni anno e ogni volta sia utile, è funzionale alla definizione di misure preventive (M. BADEL, A. CHARBONNEAU, L.LEROUGE,Droit de la santé et de la sécurité au travail, Gualino, 2018, pp. 70-72; F.COUTAREL,F.

DANIELLOU,B.DUGUE, Evaluation des Risques Professionnels: quelle articulation des savoirs, des règles et des acteurs, in Prescription, Efficacité Et Santé, 2002, pp. 267-268).

I risultati della valutazione vanno formalizzati in un apposito documento, il documet unique (DUER), che deve essere reso ac-cessibile ai lavoratori così come agli attori della sicurezza. La sua incompletezza o la sua assenza comportano la responsabilità pe-nale del datore (C. travail 4714-1; Cass. Crim., 12 apr. 2016; n.

15- 81257) (M. BADEL, A.CHARBONNEAU, L. LEROUGE, Droit de la santé et de la sécurité au travail, cit., p. 72).

Questo documento può costituire notevole supporto per orien-tare il lavoro verso una maggiore attenzione e rispetto di chi è impegnato nella prestazione (P. DAVEZIES, Le document d’évaluation des risques: une occasion unique pour débattre sur le travail, in Revue Santé & Travail, 2008, n. 63, pp. 28; F. BOURGEOIS, L.

VAN BELLEGHEM, Avec l’approche travail dans l’évaluation des risques professionnels (décretdu 5/11/01), en fin du nouveau en prévention, in F.

Hubault (coord.) Travailler, une expérience quotidienne du risque? Oc-tarès, 2004, p. 1; lo definiscono «un véritable projet d’entreprise, devant prendre appui sur une démarche d’analyse solidement construite, nécessairement collective, et envisagée comme pre-mière étape vers un programme de prévention»).

Perché ciò accada è necessario che non venga percepito e messo in atto come un mero adempimento formale; rischio che sussiste sia con riferimento alla posizione del datore di lavoro, sia per

tutti gli altri attori della sicurezza in azienda coinvolti nel proces-so, compreso il CHSCT, ora CSE) (P. DAVEZIES, Le document d’évaluation des risques: une occasion unique pour débattre sur le travail, cit., pp. 28-30).

È stato evidenziato come questa errata impostazione implichi che molte aziende adottino delle semplificazioni nell’attività di redazione di documento, delegando enti esterni di controllo che non hanno visione delle reali dinamiche interne all’azienda, o adottando modelli standard costituiti da rischi predefiniti (F.

COUTAREL, F. DANIELLOU, B. DUGUÉ, Evaluation des Risques Professionnels: quelle articulation des savoirs, des règles et des acteurs, cit., pp. 267-268; P.DAVEZIES, op. utl. cit., pp. 28-30).

Partendo da queste considerazioni e tenendo presente alcuni elementi contraddittori che si manifestano con riferimento ad uno specifico settore, si possono ricavare alcuni principi guida nello svolgimento di questa attività e nell’elaborazione del relati-vo documento. Segnatamente: non considerare la valutazione come mero adempimento formale, limitare il ricorso a soggetti esterni, tenere conto delle dimensioni e delle caratteristiche aziendali e in generale personalizzare l’intervento e la valutazione in base al contesto specifico, senza una visione rigida dei com-parti aziendali, adempiere all’obbligo legale di censimento e pre-venzione dei rischi, promuovere la prepre-venzione, consentire agli stakeholder aziendali di organizzarsi in modo progressivo e ite-rativo, valorizzare il profilo multifattoriale di alcuni rischi, intel-ligibilità delle classificazioni e delle qualificazioni tali da poter agevolare la definizione di priorità (F. COUTAREL, F. D ANIEL-LOU,B. DUGUÉ, Evaluation des Risques Professionnels: quelle articula-tion des savoirs, des règles et des acteurs, cit., p. 267-268). Inoltre, è fondamentale che capire come i lavoratori mobilitano il loro know-how per limitare i rischi e proteggersi. In questo senso il contributo di varie figure professionali specializzate (es. esperti di ergonomia) coinvolte nel processo può rivelarsi fondamentale (F.COUTAREL,F.DANIELLOU,B.DUGUÉ, op. cit., p. 271. Nello

stesso senso, soprattutto con riferimento alla partecipazione dei lavoratori e al ruolo degli organi preposti in questo senso P.

DAVEZIES, Le document d’évaluation des risques: une occasion unique pour débattre sur le travail, cit., secondo il quale per affrontare compiutamente ed efficacemente tutti i rischi deve svilupparsi un dibattito sociale in azienda e non concentrarsi solo sull’aspetto formale del documento, prestando particolare atten-zione a quello che viene definito in questa sede “lavoro reale”, cioè alla concreta realtà aziendale e a come realmente si volge il lavoro, «C’est ce qu’appellent les textes: le médecin du travail, le CHSCT, les délégués du personnel, sont chacun invités à pro-duire leurs propres évaluation et leurs propres hiérarchisations des exigences de transformation; c’est de la confrontation de ces points de vue, de la controverse, que sont attendues les évolu-tions du travail Mettre ainsi l’accent sur la dynamique impose d’intégrer les salariés. En effet, ce que nous avons dit de l’employeur vaut aussi pour les représentants du personnel: rien d’intelligent ne peut être avancé si les salariés ne peuvent contri-buer à la discussion sur la base de leur expérience du travail. Le risque de formalisme, c’est le risque de l’enfermement dans un tête à tête entre employeur et représentants du personnel», pp.

28-29. Ancora lo stesso A. sottolinea l’importanza del potenzia-mento degli organi rappresentativi dei lavoratori in questo pro-cesso che non riguarda tuttavia solo i membri del CHSCT, in particolare afferma che «L’objectif est de développer l’expression collective des salariés sur ce qui les touche au pre-mier chef dans leur activité: les conflits de logiques et de ten-sions dans lesquels ils se trouvent pris et qu’ils vivent dans l’isolement. De fil en aiguille, un tel processus touche à tous les problèmes liés à la valorisation et la reconnaissance du travail. Il intéresse, au de là des représentants en charge des questions de santé, l’ensemble des institutions représentatives du personnel.

En ce sens, le mouvement engagé pourrait constituer une occa-sion inespérée pour renouveler les relations entre syndicats et sa-larié», p. 30. Parlano di attenzione al lavoro reale anche F.

BOURGEOIS, L. VAN BELLEGHEM, Avec l’approche travail dans l’évaluation des risques professionnels (décret du 5/11/01), enfin du nou-veau en prévention, cit., p. 1).

1.3.2. La disciplina sulla valutazione dei rischi alla prova delle diverse dimensioni del rischio

Dal punto di vista degli obiettivi che lo strumento si prefigge nel complesso delle azioni prevenzionistiche in azienda, è stato sot-tolineato come l’ambiziosa esigenza di tutela ad ampio raggio, che si modella sull’ampiezza del concetto di salute elaborato dall’OMS, risulta frustrata nella pratica; dal momento che si scontra un sostanziale ritardo nell’adeguamento dei processi ri-spetto all’emergere di varie e complesse esigenze di tutela (ad esempio con riferimento a patologie che si sono intensificate in epoche recenti come i disturbi muscolo scheletrici; così G.

LUTZ, Cultures du risque au travail et pratiques de prévention, in Revue d’histoire de la protection sociale, 2009, vol. 1, n. 2, p. 137). Inoltre, nonostante l’intento dell’istituto sia quello di valorizzare la mul-tidisciplinarietà della materia e di conseguenza degli interventi, considerando l’evoluzione delle conoscenze sul rapporto lavoro-salute e favorendo così un approccio cosiddetto “globale” ai ri-schi, l’approccio dominante nei settori che elaborano il docu-mento unico (DUE) è più orientato sulla dimensione analitica, voce per voce e riguarda principalmente la relazione uomo-macchina, i rischi da esposizione (polvere, agenti chimici, rumo-re, ecc.). Spesso vengono sopravvalutati i rischi immediati e più visibili, sottostimando i rischi psicosociali e organizzativi, quelli che vengono chiamati “fattori aggravanti” (S. GRANAUX, Les CHSCT aux prises avec l’évaluation des risques du travail dans un con-texte d’individuation de la relation salariale et de déclin des représentations collectives; quatre cas de figure et deux exemples de CHSCT préventifs, in XIIIèmes Journées Internationales de Sociologie du Travail, 25-27 janvier 2012, p. 1).

Alla base delle criticità delle attività di valutazione del rischio alla luce del nuovo scenario di riferimento, si colloca anche la diffi-coltà per alcuni fattori di poter misurare e prevedere la loro lesi-vità in base alle regole attualmente previste dall’ordinamento (la misurazione dell’esposizione) (É. DRAIS, La prévention des risques émergents à l’épreuve du principe de précaution: le cas des nanomatériaux, cit., pp. 305-319, a proposito degli obblighi che gravano sul da-tore, tra i quali la valutazione dei rischi, sottolinea come queste prescrizioni non sono adatte alla struttura nei nuovi rischi, come nel caso dei nano materiali (pp. 307-308). La difficoltà è data dall’incertezza relativa ai rischi connessi ad alcuni nuovi fattori, il che secondo l’A. renderebbe necessario il ricorso al principio di precauzione, che «viendrait se substituer aux principes généraux de prévention vis-à-vis de la santé et de la sécurité des salariés, au moins dans le raisonnement des employeurs… si non dans leurs pratiques; elle modifierait ainsi la conception de la respon-sabilité de l’employeur et de la protection absolue. La crainte est grande de voir s’étendre ainsi des discours et des mesures qui s’écartent de la prévention au sens strict demandée par la régle-mentation au motif d’une confusion, voire d’une concurrence, entredes règles de droit» («sostituirà i principi generali di preven-zione in materia di salute e sicurezza dei dipendenti, almeno nel ragionamento dei datori di lavoro … se non nelle loro pratiche;

cambierebbe quindi il concetto di responsabilità del datore di la-voro e protezione assoluta. C’è una grande paura di vedere la diffusione di discorsi e misure che si discostano dalla prevenzio-ne prevenzio-nel senso stretto richiesto dai regolamenti per motivi di con-fusione o persino di concorrenza», p. 310).

In particolare si evidenzia un approccio non scientifico e siste-matico dei soggetti che operano nell’ambito dell’organizzazione aziendale e delle carenze nella elaborazione del documento di valutazione (évaluation et de prévention des risques professionnels, EvPRP) che viene percepita come adempimento isolato e non globale e sistematico (G.LUTZ, Cultures du risque au travail et prati-ques de prévention, in Revue d’histoire de la protection sociale, cit., pp.

139-140). A questa criticità si aggiungono degli elementi culturali e comportamentali che minano l’effettività della prevenzione, come ad esempio la tendenza da parte del lavoratore, che è an-che lui gravato di una responsabilità individuale di cooperazione nell’attuazione delle politiche prevenzionistiche, a prediligere la garanzia dello standard della propria prestazione rispetto all’ottemperanza a misure di prevenzione e tutela per la sua salu-te e sicurezza; sottolineando l’insufficienza di un approccio esclusivamente tecnico, medico e legislativo «En France et en Europe, la dégradation de la santé au travail montre les limites des niveaux strictement techniques, médicaux et législatifs de la prévention. Ce ne sont pas les connaissances et les obligations liées à la prévention qui sont insuffisantes, ce sont les termes de la négociation, de leur interprétation et de leur mise en œuvre pratique» (p. 140).

Un ulteriore fattore, che incide negativamente sull’efficacia dello strumento rispetto all’intento che si prefigge, è rappresentato dall’enfasi che l’organizzazione pone sugli individui e sull’autonomia individuale (che si riflette anche nella sempre più affievolita differenza tra autonomia e subordinazione), facendo venire meno la dimensione collettiva aziendale, influendo sull’attività sindacale e la rappresentanza e anche sulle attività di valutazione rischi e alla cooperazione dei soggetti coinvolti (S.

GRANAUX, Les CHSCT aux prises avec l’évaluation des risques du tra-vail dans un contexte d’individuation de la relation salariale et de déclin des représentations collectives; quatre cas de figure et deux exemples de CHSCT préventifs, cit., che sottolinea con conclusione e dopo l’analisi di diversi approcci adottati dal CHSCT nell’esercizio delle sue fun-zioni come l’intervento dell’organo contribuisca all’efficacia della valutazione «Les cas de mobilisations de CHSCT montrent que l’évaluation des risques est enrichie par une mesure du travail plurielle et collective. Dans ces deux expériences la mobilization des élus a permis de débusquer des problèmes de santé graves qui ne l’auraient surement pas été sans leur action. En portant leur attention sur des problèmes non traités, ils ont créé une

sorte d’effet “pelote de laine” où la découverte de premiers cas problématiques a entrainé la découverte d’autres» (p. 9).

1.4. L’ordinamento britannico