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Le deroghe alla disciplina in materia di orario

Per quanto riguarda il sistema di deroghe alla disciplina ordinaria in materia di orario di lavoro, al di là dell’ampio spazio lasciato alla contrattazione collettiva, di particolare interesse nel contesto della trasformazione tecnologica e organizzativa risulta essere quella relativa «ai lavoratori la cui durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi»

(art. 17, comma 5, del d.lgs. n. 66/2003), specificando a scopo esemplificativo il riferimento al telelavoro (lett. d). La deroga ri-guarda l’applicazione delle discipline riri-guardanti l’orario normale di lavoro, la durata massima settimanale, lo straordinario, il ripo-so giornaliero, le pause e la durata e l’organizzazione del lavoro notturno, rimanendo applicabili, salvo l’operatività di ulteriori deroghe, le discipline relative al riposo settimanale, al diritto alle ferie e agli altri aspetti del lavoro notturno (G. RICCI, Tempi di lavoro e tempi sociali, ecc., cit., p. 443). La disposizione, oltre a defi-nire l’ambito soggettivo e le modalità di applicazione della dero-ga, si preoccupa di introdurre una tutela di base (con il richiamo al rispetto dei principi generali della tutela della salute e sicurez-za) e di produrre delle esemplificazioni rispetto alla nozione ge-nerale dei lavoratori soggetti alla deroga. Tale elencazione, se-condo la dottrina, non deve considerarsi tassativa e, al contem-po, non deve essere intesa come preclusiva ex lege dell’applicazione delle discipline a tali rapporti di lavoro, laddove le modalità di svolgimento della prestazione contraddicano la nozione generale (G. RICCI, op. ult. cit., p. 444, e con specifico ri-ferimento al telelavoro pp. 458-459; sul punto, recentemente, V.

LECCESE, Lavoro agile e misurazione della durata dell’orario per finalità

di tutela della salute, in Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza Sociale, 2020, n. 3, p. 441).

Rispetto all’ambito di deroga relativo ai lavoratori la cui durata della prestazione non è determinata o è autodeterminata, oltre all’art. 17, comma 5, risulta di interesse l’art. 18 della l. n.

81/2017, laddove con riferimento al c.d. lavoro agile prevede l’applicazione dei soli limiti della durata massima giornaliera o settimanale. La dottrina è abbastanza spaccata sul punto. La maggioranza dei commentatori ha rilevato come la disciplina in-trodotta dal legislatore del 2017 risulti incompatibile con l’ambito di deroga lasciato agli ordinamenti nazionali, dal mo-mento che, da un lato, nel richiamare tali limiti, richiama a contra-rio, anche i limiti relativi ai riposi, e dall’altro presuppone proprio la misurabilità del tempo della prestazione (si veda, per primo e in maniera approfondita, M. PERUZZI, Sicurezza e agilità: quale tu-tela per lo smart worker?, in Diritto della Sicurezza sul Lavoro, 2017, n.

1, pp. 15-21, cui adde tra gli altri A. ALLAMPRESE, F. PASCUCCI, La tutela della salute e della sicurezza del lavoratore «agile», in Rivista Giuridica del Lavoro e della Previdenza Sociale, 2017, n. 2, p. 316). Al-tri (A. FENOGLIO, Il tempo di lavoro nella “New Automation Age”: un quadro in trasformazione, in Rivista italiana di diritto del lavoro, 2018, p. 633) hanno parlato di deroga alla deroga, nel senso di ritenere derogato quanto previsto dall’art. 17, comma 5, ai fini dell’applicazione di tutele maggiori a lavoratori potenzialmente rientranti nell’ambito applicativo della stessa. Ancora, si è soste-nuto che, al pari di quanto avviene con i telelavoratori, la legitti-mità di tale opzione derogatoria, ma migliorativa, debba essere considerata applicabile soltanto laddove si possano effettivamen-te riscontrare i requisiti oggettivi previsti dall’art. 17, paragrafo 1, della direttiva europea (V. LECCESE, Lavoro agile e misurazione della durata dell’orario per finalità di tutela della salute, cit., p. 441).

1.1.4. Le “nuove” soluzioni ai rischi tecnologici e organiz-zativi

Per quanto riguarda i maggiori rischi della rivoluzione tecnologi-ca sulla disciplina del tempo di lavoro, la dottrina italiana si è in-teressata ai problemi relativi alla costante reperibilità e connes-sione agli strumenti tecnologici di lavoro e alla c.d. fuga dal tempo misurato, ovvero all’emergere di una quantità di momenti di diffi-cile riconduzione alla nozione di orario di lavoro favoriti dalla stessa (F. SIOTTO, Fuga dal tempo misurato: il contratto di lavoro tra subordinazione e lavoro immateriale, in Rivista italiana di diritto del lavo-ro, 2010, n. 2, pp. 411-453; ma sul punto già G. RICCI, Tempi di lavoro e tempi sociali, ecc., cit., pp. 467 ss., dove parla della difficile misurabilità del tempo “cognitivo” e “creativo”).

In termini di soluzioni, l’intervento normativo francese sul dirit-to alla disconnessione ha spindirit-to il legisladirit-tore italiano ad intro-durre una disciplina specifica della disconnessione con limitato riferimento ad una modalità di lavoro, il c.d. lavoro agile, discipli-nato nel 2017 a seguito di un lungo percorso parlamentare e di una sua prima diffusione all’interno delle aziende tramite con-trattazione collettiva e sperimentazioni unilaterali. In particolare, il legislatore ha previsto che l’accordo individuale di lavoro agile – necessario ai fini dell’accesso alla modalità di lavoro – debba individuare «i tempi di riposo nonché le misure tecniche e orga-nizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavora-tore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro» (art. 19, com-ma 1, secondo periodo).

A questo proposito, salvo alcune voci che hanno negato la natu-ra stessa di diritto della disconnessione per come regolata dal le-gislatore (A. ALLAMPRESE, F. PASCUCCI, La tutela della salute e del-la sicurezza del del-lavoratore «agile», cit., pp. 314-315), del-la dottrina italia-na ha, tendenzialmente, apprezzato lo slancio del legislatore di introdurre «un argine digitale contro la fluidità temporale» (A.

FENOGLIO, Il diritto alla disconnessione del lavoratore agile, in G. Z

I-LIO GRANDI, M. BIASI (a cura di), Commentario breve allo Statuto del lavoro autonomo e del lavoro agile, Cedam, 2018, p. 555; sulla scar-sa rilevanza giuridica dell’intervento, in ragione dell’esistenza del diritto al riposo, V. ZEPPILLI, Disconnessione: un’occasione mancata per il legislatore italiano, in Rivista Giuridica del Lavoro e della Previden-za Sociale, 2019, n. 2, p. 314). A sollevare dei dubbi è stata la tec-nica normativa utilizzata dal legislatore italiano, il quale, da un lato, non ha esteso tale disciplina a tutti i lavoratori (A. F ENO-GLIO, op. ult. cit., p. 553, ma sulla possibilità di estendere il diritto ad altri lavoratori, tra gli altri, M. RUSSO, Esiste il diritto alla discon-nessione? Qualche spunto di riflessione alla ricerca di un equilibrio tra tec-nologia, lavoro e vita privata, in Diritto delle Relazioni Industriali, 2020, p. 684 e passim) e, dall’altro, non ha previsto un contenuto preci-so della tutela che fornisse uno standard minimo e nemmeno una adeguata sanzione (A. FENOGLIO, op. ult. cit., p. 561; con-cordemente, tra i molti, V. ZEPPILLI, op. ult. cit., p. 316, e A.R.

TINTI, Il lavoro agile e gli equivoci della conciliazione virtuale, WP CSDLE “Massimo D’Antona”.IT, n. 419/2020, p. 36; contro ta-le posizione si veda E. DAGNINO, Il diritto alla disconnessione nella legge n. 81/2017 e nell’esperienza comparata, in Diritto delle Relazioni Industriali, 2017, n. 4, p. 1036, laddove sottolinea come la scelta sia coerente con l’esigenza di demandare la regolazione ai livelli più prossimi all’organizzazione aziendale). Accanto a questi ele-menti, si è considerato anche il livello di intervento prescelto dal legislatore, che ha demandato la regolazione dell’intervento all’autonomia individuale, così non prevedendo uno specifico ruolo per la contrattazione collettiva, con il rischio di una inef-fettività della tutela, su cui incide notevolmente il rapporto di forza tra i contraenti (sul punto, ex multis, R. DI MEO, Il diritto alla disconnessione nella prospettiva italiana e comparata, in Labour &

Law Issues, 2017, n. 2, p. 28).

1.2. L’ordinamento spagnolo

1.2.1. Il sistema delle fonti e l’ambito applicativo

Nell’ordinamento spagnolo, la disciplina relativa ai tempi di la-voro è contenuta principalmente nello Statuto dei lavoratori – artt. 34 ss. – trovando il proprio inquadramento costituzionale nell’art. 40, comma 2, dove si prevede che «los poderes públicos […] velarán por la seguridad e higiene en el trabajo y garantizarán el descanso necesario, mediante la limitación de la jornada laboral, las vacaciones periódicas retribuidas». Tale disciplina è stata oggetto di numerose modifiche nel corso del tempo, orientate ad una crescente flessibilità nella gestione dell’orario di lavoro (su tutti, M.T. IGARTUA MIRÒ, Ordenación Flexible del Tiempo de Trabajo: Jornada y Horario, Tirant Lo Blanch, 2018, pp. 23-26 e passim), salvo un parziale revirement con un intervento normativo del 2019, approntato anche in ragione delle giurisprudenza eurounitaria (E. ROJO TORRECILLA, D.

GUTIERREZ COLOMINAS, La obligación de registro diario de la jornada: la necesaria intervención del TJUE en el debate judicial entre la Audiencia Nacional y el Tribunal Supremo, in Revista de Jurisprudencia Laboral, 2019, n. 3, pp. 1-9).

Quanto all’ambito applicativo, la disciplina in materia di orario di lavoro si applica ai soli lavoratori subordinati, mentre una specifica disciplina – ancorché minimale – è prevista con riferi-mento ai lavoratori autonomi economicamente dipendenti ai sensi della Ley 20/2007, con riferimenti ai giorni di diritto alla interruzione della prestazione (18 giorni), al regime dei riposi e della durata della prestazione, da concordare nel accordo indivi-duale, al trattamento del tempo di lavoro ultroneo rispetto a quello concordato e alle dinamiche di conciliazione vita profes-sionale-vita privata.

Dal punto di vista della rilevanza della fonte collettiva rispetto alla regolazione dell’orario di lavoro, la disciplina spagnola viene ricondotta al modello dell’incarico negoziato (EUROFOUND,

Working time developments in the 21st century: Work duration and its re-gulation in the EU, cit., p. 16).

1.2.2. I contenuti normativi e le deroghe alla disciplina in