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Corte di Giustizia delle Comunità Europee e tutela del consumatore

4.1.2 (Sicurezza e) tutela del risparmio Rinvio.

C APITOLO T ERZO

3. Corte di Giustizia delle Comunità Europee e tutela del consumatore

Sembra ora opportuno, immediatamente dopo l’analisi della normativa comunitaria originaria, introdurre qualche rapida considerazione sulla funzione della Corte di Giustizia. Non tanto perché si ritiene che le sentenze della Corte di Giustizia abbiano un valore superiore a quello del diritto comunitario derivato – non si vuole, insomma, introdurre surrettiziamente un nuovo livello nella gerarchia delle fonti del diritto europeo –, ma semplicemente perché la funzione di interprete privilegiato che la Corte si vede riconosciuta all’interno dell’ordinamento comunitario si riconnette primariamente all’interpretazione dei Trattati istitutivi, e solo in seconda battuta alla lettura del diritto comunitario derivato. E siccome la comprensione di quest’ultimo necessariamente passa dalla conoscenza del primo, si è ritenuto opportuno premettere ogni elemento – e così anche l’apporto ermeneutico della Corte – che a questa conoscenza parrebbe in grado di apportare un utile contributo.

207 Cfr. C

ELOTTO-PISTORIO, L’efficacia giuridica della Carte dei diritti fondamentali dell’Unione

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Detto questo, il ruolo giocato dalla Corte di Giustizia in rapporto alla tutela del consumatore è riferito sia alla individuazione/elaborazione dei c.d. principî generali del diritto comunitario, sia all’interpretazione di alcune disposizioni del Trattato istitutivo, relative soprattutto all’attuazione del mercato interno.

Per qualche attiene i principî generali, sembrerebbero essere elaborati dalla Corte di Giustizia nell’ambito delle sue competenze ex art. 220 Tr. Ce, ai sensi del quale «la Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado assicurano, nell'ambito delle rispettive competenze, il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione del presente trattato».

Non si può qui affrontare il delicato problema circa il tipo di operazione in cui consiste l’elaborazione di questi principî generali – e segnatamente se si tratti di un’attività di tipo interpretativo, cui senz’altro la Corte è abilitata, oppure di tipo integrativo, rispetto alla quale vi sarebbero maggiori dubbî – e pertanto ci si limita a segnalare la particolarità (e la problematicità) delle regole giuridiche di séguito riportate, lasciando ai competenti di verificare con maggior dovizia di argomenti la loro appartenenza al concetto di ‘disciplina giuridica’ stipulato in premessa. Nel dubbio, qui si presumerà (cautelativamente e provvisoriamente) quest’ultima (appartenenza), per non omettere informazioni che potrebbero a posteriori risultare rilevanti.

A proposito – per quel che concerne la tutela del consumatore – è stato osservato come «si discuteva se si potesse includervi il principio generale di tutela della persona sub specie di riconoscimento e tutela dei diritti fondamentali e il principio generale di tutela del consumatore. Sul piano della effettività si è accertato che gli stessi organi dell’Unione e la Corte di giustizia hanno più volte menzionato questi principi e li hanno osservati nella loro azione. Pertanto oggi la questione, un tempo controversa, può ricevere soluzione positiva»208.

Per quanto il ruolo del principio di effettività per capire se esistano o non esistano dei principî generali del diritto comunitario non sia del tutto chiaro – atteso che al limite essi dovrebbero essere ricavati per via induttiva da disposizioni del Trattato, e non da prassi nella disponibilità dei varî organi della Comunità –, si può dire che già a partire dalla seconda metà degli anni

208 A

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Settanta, la Corte di giustizia ha riconosciuto come principî generali i diritti fondamentali della persona209, includendo fra questi anche quelli di natura

economica210.

Per quel che attiene altri principî rilevanti – in via mediata – per la tutela della posizione del consumatore, può essere citato anzitutto il principio di responsabilità dello Stato (e, in generale, delle istituzioni interne) per la violazione del diritto comunitario, essendo inclusa nel concetto di violazione anche il mancato (o intempestivo) recepimento delle direttive. Per effetto di tale principio – sviluppato a partire dalla sentenza Francovich211 e precisato nella sentenza Brasserie du Pêcheur212 – (anche) il consumatore, qualora gli siano assicurati diritti o prerogative da una direttiva e questa non sia stata trasposta entro il termine stabilito nel diritto interno, può comunque – nonostante la mancata recezione, che sarebbe condizione necessaria per l’efficacia interna delle norme introdotte a séguito di direttiva – esercitarli direttamente nei confronti dello Stato (c.d. efficacia verticale)213.

Il principio di tutela del consumatore ha ricevuto significative declinazioni anche nell’applicazione delle norme comunitarie del Trattato relative alla libera circolazione delle merci, (declinazioni) di cui si segnalano qui soltanto i passaggi più importanti214:

- le restrizioni alla libera circolazione delle merci previste negli ordinamenti degli Stati membri non possono violare i diritti e o menomare le possibilità di difesa dei consumatori215;

- sono vietate in quanto lesive dei diritti del consumatore e pertanto non conformi al Trattato le norme degli ordinamenti interni che

209 Cfr. Corte giust., 7 luglio 1976, causa 118/75, Watson e Belmann.

210 In un primo momento, tuttavia, questi ultimi venivano considerati di rango inferiore ai diritti relativi agli aspetti basilari della vita, e dunque sottoponibili a limitazioni derivanti da «superiori interessi generali» (per questa giurisprudenza cfr. Corte giust., 27 settembre 1979, causa 230/78, Eridania). 211 Corte giust., 19 novembre 1991, cause riunite 6/90 e 9/90.

212 Corte giust., 5 marzo 1996, cause riunite 46/93 e 48/93.

213 Non così se i diritti previsti dalla direttiva sono riconosciuti nei confronti di (altri) privati, atteso che viene negata la c.d. efficacia orizzontale alle direttive scadute senza recepimento: in questo caso il privato danneggiato dal mancato recepimento potrà esperire azione di risarcimento nei confronti dello Stato.

214 Più in particolare, si omette qui di riportare le pronunce relative alla composizione merceologica dei prodotti, l’etichettatura e via discorrendo, così come la giurisprudenza in materia di concorrenza, di pubblicità ingannevole, di recesso e così avanti.

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comportino restrizioni in materia di importazioni parallele216 o che

impongano ai commercianti restrizioni in materia di prezzi217.

- alcune sentenze hanno riconosciuto – in deroga al principio processuale generale per cui l’attore deve convenire in giudizio il convenuto nel luogo dove questi ha la sua sede – al consumatore il diritto di convenire davanti al proprio giudice nazionale il professionista residente in altro Stato della Comunità, sulla base della motivazione per cui il consumatore si presume «parte economicamente più debole e giuridicamente meno esperta»218. Sempre in tema di libera circolazione delle merci, infine, rileva poi l’interpretazione di specifiche disposizioni del Trattato, e segnatamente dell’art. 28 (ex 30) Tr. Ce, che vieta «le restrizioni quantitative all’importazione, nonché qualsiasi misura di effetto equivalente» fra gli Stati membri. L’art. 30 (ex 36) Tr. Ce, dal suo canto, ammette deroghe a tale generale divieto se i divieti o le restrizioni all’importazione, all’esportazione e al transito siano giustificati, tra le altre cose, da ragioni di «tutela della salute e della vita delle persone».

Orbene, la Corte – nella celebre pronuncia Cassis de Dijon: sent. 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral – ha da un lato affermato il principio secondo cui per ‘misure di effetto equivalente’ non devono intendersi soltanto le misure direttamente discriminatorie, ovvero quelle norme nazionali che risultano più onerose per i prodotti importati dall’estero, ma anche le norme nazionali indistintamente applicabili ai prodotti nazionali e a quelli provenienti da un altro Stato membro e che tuttavia ostacolino gli scambî all’interno della Comunità a causa delle differenti legislazioni degli Stati membri219. Nel contempo però la Corte ha anche precisato – con riferimento alle specifiche possibilità di deroga ai sensi del citato art. 30 – che «possano ammettersi come necessarie per rispondere ad esigenze imperative attinenti, in particolare, alla efficacia dei controlli fiscali, alla protezione della salute

215 Cfr. Corte giust., 12 luglio 1979, causa 153/78, Commissione c. Germania. 216 Cfr. Corte giust., 7 giugno 1985, causa 154/85, Commessione c. Italia. 217 Cfr. Corte giust., 10 gennaio 1985, causa 229/83, Levlerc c. Au blé vert. 218 Cfr. Corte giust., 19 gennaio 1993, causa 89/91, Shearson Lehman Hutton.

219 In altre parole, si è così sancito il principio secondo cui, quando un prodotto è ammesso alla libera circolazione in uno Stato membro, questo prodotto può circolare liberamente in tutta la comunità.

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pubblica, alla lealtà dei negozi commerciali e alla difesa dei consumatori» (corsivo mio)220, dove è da notare come tutelati risultano non soltanto i diritti

di salute e sicurezza (che vengono garantiti dalle clausole «tutela della salute e della vita delle persone» e «salute pubblica», in quanto prerogative della persona), ma anche quelli economici dei consumatori (rispetto alle quali rileva la più comprensiva locuzione ‘difesa dei consumatori)221.

Da ultimo, rispetto alla giurisprudenza della Corte di giustizia, pare significativo segnalare una sentenza che specifica come intendere la figura del consumatore rispetto al diritto comunitario, secondo il quale il bene cui il rapporto di consumo è strumentale deve essere necessariamente fruito da un consumatore (anche se non necessariamente lo stesso che ha stretto il rapporto di consumo). Concretamente si era posto il problema di una fideiussione effettuata da un cittadino tedesco (privato non nell’esercizio di attività professionale) a favore del padre (commerciante), il quale aveva contratto un mutuo con una banca. La corte, argomentando l’accessorietà della fideiussione rispetto al contratto principale, pur ammettendo che in generale non si può escludere dall’ambito applicativo della protezione dei consumatori il contratto a favore di terzi per il solo fatto che i beni o servizî acquistati non siano destinati all’uso del consumatore (qui fideiussore), nondimeno non si applica qualora il soggetto, a vantaggio del quale è stipulato il contratto a favore di terzi, sia un professionista: l’art. 2 della direttiva n. 87/577/CEE, infatti, deve essere interpretato «nel senso che un contratto di fideiussione stipulato da una persona fisica, la quale non agisca nell’ambito di un’attività professionale, è escluso dalla sfera di applicazione della direttiva quando essa garantisca il

220 La Corte di Giustizia, nella sua successiva giurisprudenza, è venuta a precisare come la normativa nazionale può ritenersi legittimamente integrante la ‘esigenza imperativa’ di protezione dei consumatori solo allorché corrisponda a criterî di proporzionalità e adeguatezza rispetto allo scopo di tutela che si prefigge.

Più in particolare, lo scopo (o il risultato) non può tradursi nell’adozione di misure meramente protezionistiche (C. giust. Ce, 10 novembre 1982, causa 261/81, Rau), di provvedimenti finalizzati alla difesa di interessi particolari diversi da quelli dei consumatori (C. giust. Ce, 7 marzo 1990, causa 362/88, GB-Inno-BM), né di misure che non risultino adeguate alla luce del quadro normativo nazionale nel quale si inseriscono (C. giust. Ce, 25 luglio 1991, causa 76/90, Säger; C. giust. Ce, 9 luglio 1997, cause 34-36/95, Konsumentombudsmannen).

221 Da segnalare come la giurisprudenza appena descritta in materia di tutela delle ‘esigenze imperative’ è stata estesa – nelle sentenze C. giust. Ce, 25 luglio 1991, causa 76/90, Säger; C. giust. Ce, 9 luglio 1997, cause 34-36/95, Konsumentombudsmannen – anche al campo della libera prestazione di servizi, avvicinando ulteriormente (quanto a livello di tutela) la posizione dell’utente a quella del consumatore.

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rimborso di un debito contratto da un’altra persona la quale agisce, per quanto la concerne, nell’ambito della propria attività professionale»222.

Viene pertanto in tal modo individuata una ulteriore declinazione del principio di tutela del consumatore, per cui solo i consumatori possono trarre vantaggio da una normativa dettata a loro (esclusiva) protezione.

4. L’attuale disciplina del consumo nel diritto comunitario derivato

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