4.1.2 (Sicurezza e) tutela del risparmio Rinvio.
I L CONSUMO NELLA DISCIPLINA GIURIDICA INTERNA
2. Il Codice del Consumo: un’analisi pubblicistica.
2.1. Scopo e struttura del Codice del Consumo
2.1.2. Struttura del Codice
Ciò che da ultimo si è accennato circa l’estensione della materia disciplinata dal Codice del Consumo si ripercuote, naturalmente, nella struttura stessa del documento normativo in parola. Siamo anzitutto in presenza di un provvedimento che, per assicurare in modo ritenuto adeguato una congrua protezione al consumatore, non si limita a conferire diritti a quest’ultimo, bensì ritiene di dover disciplinare l’intero fenomeno socio-economico.
Codice del Consumo, quindi, non Codice del Consumatore: «la sua denominazione riflette una concezione oggettiva della materia regolata, che si contraddistingue per il fatto che le disposizioni organicamente inserite in questo contenitore si riferiscono ad un atto economico, per l’appunto il consumo, intorno al quale si intrecciano i rapporti giuridici instaurati dagli individui, nella loro veste di consumatori e imprenditori, o instaurati dalle loro rispettive associazioni»255.
In questo modo si spiega anche la particolare struttura assunta dal Codice. Infatti, se astraiamo per un istante dalla Parte I dedicata alle disposizioni generali – dove, oltre alle finalità e all’oggetto del Codice, si elencano i diritti dei consumatori e degli utenti e si definiscono i principali concetti giuridici utilizzati (consumatore o utente, associazioni dei consumatori e degli utenti, professionista, produttore, prodotto) – e dalla Parte VI sulle disposizioni finali, ecco che la successione logico-concettuale del provvedimento normativo subito balza agli occhi.
Il consumatore, conformemente alle moderne teorie sul consumo e alle connesse istanze di protezione256, vuole essere giuridicamente protetto in ogni
255 A
LPA, Art. 1, in Codice del Consumo. Commentario (a cura di Alpa e Rossi Carneo), Napoli, ESI
2005, 17 (corsivo nel testo).
256 Dato questo eloquentemente confermato dalla Relazione di accompagnamento: «la codificazione della normativa in materia di tutela dei consumatori e degli utenti è stata condotta, pertanto, con riferimento a un contorno di teorie e modelli concettuali consolidati, nella letteratura economica sul
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singola fase del suo processo di acquisto e consumo, dall’educazione al risarcimento danni per prodotti difettosi, passando per le azioni inibitorie promosse dalle associazioni di categoria: insomma, un progetto di assistenza giuridica del consumatore – verrebbe da dire – “dalla culla alla tomba” (nella speranza, ovviamente, di arrivarci il più tardi possibile).
Così, ad una Parte II, rubricata «educazione, informazione, pubblicità», dove evidentemente si cercano di regolare giuridicamente le (pre-)condizioni per una scelta consapevole e ponderata di un prodotto noto nelle sue caratteristiche essenziali – e qui si protegge il consumatore consentendogli di valutare e di scegliere se, cosa e perché immettersi nel traffico giuridico con produttore (o col distributore) –, segue una Parte III che, sotto la rubrica «il rapporto di consumo», disciplina il contenuto di una vasta serie di rapporti contrattuali in cui più tipicamente si verificano squilibri di posizione – là dove è evidente l’intento di tutelare, una volta che sia stata effettuata la scelta da parte del consumatore di immettersi nel traffico giuridico, il come il rapporto giuridico fra produttore (o distributore) e consumatore si possa atteggiare in termini di contenuto –, per poi passare alla Parte IV, dedicata alla «sicurezza e qualità» del prodotto finale – dove, esaurita la fase (pre- e) contrattuale, la protezione del consumatore avviene rispetto a un bene ormai materialmente nella sua disponibilità –, per concludere infine (caso mai qualcosa andasse storto…) con una Parte V dedicata ad «associazioni dei consumatori e accesso alla giustizia».
In una prospettiva privatistica, l’analisi ben potrebbe permettersi di seguire questo stesso itinerario, di per sé non privo di una sua logica nella progressione concettuale fra le varie fasi di tutela del consumatore. Siffatta
comportamento del consumatore e, più in generale, negli studi delle tecniche di mercato e del marketing. In particolare, la struttura e l’articolazione del codice sono state ispirate ai modelli sul processo d’acquisto del consumatore, che ne evidenziano i principali stadi in una logica sequenziale. In tale senso, le norme del codice sono da considerarsi in piena sintonia con la teoria delle fondamentali fasi del processo. Si parte da quelle volte a favorire l’educazione e l’informazione del consumatore nei momenti corrispondenti all’emergere dei bisogni e dei desideri di acquisto e possesso, concernenti beni e servizi di consumo. Si prosegue con le fasi che tutelano il consumatore, nel delicato stato della raccolta di informazioni da fonti istituzionali, commerciali, personali ed empiriche. Si considerano ancora i momenti che sostengono la razionalità e la trasparenza dei processi valutativi sulle alternative di scelta del consumatore. Si prevedono norme tese a garantire la correttezza dei processi negoziali e delle forme contrattuali da cui discendono le decisioni d’acquisto, l’uso e il consumo. A conclusione di tale sequenza sono state poste le norme concernenti le interazioni commerciali da cui hanno origine le
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“comodità”, tuttavia, non pare possa essere concessa nel caso si voglia, con riferimento al medesimo oggetto, svolgere un’analisi nella prospettiva del diritto pubblico (in generale) e del diritto costituzionale (in particolare).
Proprio la scelta, sopra segnalata, di estendere la materia del Codice del Consumo al di là dell’atto (e del rapporto) di consumo in senso stretto, infatti, finisce per sollecitare con intensità affatto diversa le corde dei principî costituzionali coinvolti, a seconda che si discorra – per esempio – di sicurezza e salute, di equità e correttezza nei rapporti contrattuali, o di pubblicità ingannevole, corretta informazione ed educazione del consumatore. E questo con pregnanti conseguenze rispetto alla corretta impostazione del lavoro.
Se il privatista, infatti, tende a concentrare la sua attenzione su uno studio di tipo (almeno prevalentemente) orizzontale della disciplina, concentrandosi eminentemente sul livello normativo primario, di cui indaga sistematica, connessioni e nessi interni, lo studioso di diritto pubblico è chiamato ad un’indagine di tipo (almeno primariamente) verticale, che metta a confronto i differenti livelli normativi coinvolti e di questi (livelli) evidenzi le concrete tipologie di rapporto (non contraddizione, conformità, contrasto, e così avanti). Ed ecco allora che – talvolta – (anche) là dove, per lo studioso del diritto civile, la comune ratio di tutela del consumatore giustifica un’analisi unitaria della disciplina, per lo studioso del diritto pubblico può imporsi come necessità una trattazione differenziata, in connessione con le differenze (di contenuti) nel livello normativo sovra-ordinato, che funge da parametro di legittimità.
Nello specifico caso del Codice del Consumo la ricostruzione logico- sistematica del ‘fenomeno consumo’ effettuata nel capitolo secondo consiglia – in forza di un criterio d’intensità di tutela (costituzionale) decrescente della posizione del consumatore, e di un corrispettivo progressivo riespandersi delle prerogative del produttore e del distributore, tutelate dal primo comma dell’art. 41 Cost. – di invertire l’ordine di esposizione abbracciato nell’atto normativo in esame.
Si tratterà quindi di procedere iniziando con le norme (Parte IV) a tutela della salute e della sicurezza del consumatore – i diritti «alla tutela della
valutazioni di soddisfazione o insoddisfazione, nonché i comportamenti relazionali, considerando come tali anche quelli di natura conflittuale».
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salute» ed «alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi», secondo la terminologia dell’art. 2 –, la cui legittimità costituzionale pare (al di là di improbabili ipotesi di totale funzionalizzazione del diritto) fuori discussione, per poi passare (Parte III) alle disposizioni relative «alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali», rispetto alle quali – in assenza di specifiche norme costituzionali specificative dei limiti all’art. 41 Cost. –, la verifica di proporzionalità dell’intervento legislativo dovrà svolgersi con ben altro rigore. E se non pare che la Parte V – relativa, lo si ricorda, alle associazioni dei consumatori e all’accesso alla giustizia – desti particolari difficoltà di inquadramento sotto il profilo della legittimità costituzionale, analoga conclusione non sembrerebbe prima facie possibile per la Parte II, atteso che le tematiche dell’educazione e della pubblicità, anche quando (come in questo caso) risultino connesse al consumo, in esso non si risolvono né dal punto di vista socio-economico, né soprattutto – ed è quel che più rileva in questo caso – dal punto di vista giuridico-costituzionale. A questo livello, infatti, il paradigma esplicativo finora individuato della dialettica (sia pure differenziata) fra libertà di iniziativa economica e suoi limiti (eventualmente specificati da altre norme costituzionali), potrebbe necessitare di ulteriori integrazioni per quel che attiene il parametro di costituzionalità, sia per quanto attiene i diritti che si vengono a limitare – non più circoscrivibili alla sola iniziativa economica: si pensi solo alla possibile rilevanza degli artt. 21 e 33 Cost. nel caso della pubblicità –, sia per quanto riguarda i limiti ad essi opponibili – giacché è ovvio che non si potranno sbrigativamente traslare quelli della libertà di iniziativa economica, magari dopo un disinvolto giudizio di prevalenza, laddove l’operazione pare invece alquanto delicata e di non facile soluzione –, sia per quel che concerne eventuali compiti in positivo dello Stato e relativi principi costituzionali coinvolti, come nel caso del diritto all’educazione.
Se la parte relativa a sicurezza, salute e correttezza contrattuale può considerarsi un tema “classico” del consumo, rispetto al quale anche il livello di approfondimento costituzionale qui raggiunto non sembra incongruo, i risvolti da ultimo citati (pubblicità ed educazione) costituiscono, potremmo dire, le attuali “frontiere” della tutela (legislativa) del consumatore e pongono altrettante sfide al pubblicista che sia interessato al loro inquadramento
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secondo il parametro costituzionale. Sfide queste che, tuttavia – atteso che le tematiche costituzionali coinvolte (basti pensare al problema della pubblicità) risultano di tale ampiezza e complessità da meritare ciascuna un autonomo approfondimento monografico – non potranno essere qui raccolte se non in minima parte e rispetto alle quali ci si limiterà dunque (né pare poco) ad offrire alcune linee di un progetto di sistemazione della materia.
2.2. Analisi del diritto positivo