4.1.2 (Sicurezza e) tutela del risparmio Rinvio.
I L CONSUMO NELLA DISCIPLINA GIURIDICA INTERNA
1. La normativa giuridica speciale indirettamente rilevante per il fenomeno del consumo
1.1. La protezione sostanziale indiretta del consumatore in alcuni provvedimenti normat
Per quanto attiene alla disciplina interna sub-costituzionale del consumo, vanno anzitutto segnalate una serie di disposizioni normative, talvolta anche abbastanza risalenti, relative ai diversi profili in cui si declina l’attività di produzione e di distribuzione del bene di consumo.
Senza pretesa di esaustività – anche perché, come s’è detto in premessa, sarebbe difficile individuare un criterio per ritenere realizzata quest’ultima, atteso che lo stesso concetto di consumo non è del tutto definito nei suoi contorni – si possono qui ricordare, la disciplina dettata in materia di bevande e di medicinali per quel che riguarda la salute del consumatore, e quella delle vendite straordinarie e di manifestazioni a premio rispetto alla protezione dei suoi interessi economici245.
Di alimenti e bevande si occupa la l. 30 aprile 1962, n. 283246, secondo
il cui art. 1 «sono soggette a vigilanza per la tutela della pubblica salute la produzione ed il commercio delle sostanze destinate alla alimentazione».
Le competenze principali in materia sono di spettanza del Ministero della salute, che opera sia attraverso dei controlli preventivi, sia con un’attività di tipo ispettivo247. I primi sono volti al rilascio di autorizzazioni all’insediamento e all’esercizio di stabilimenti, laboratori e depositi. La seconda può comportare, in qualunque momento per tramite degli organi competenti, ispezioni e prelievo dei campioni, nonché – in talune circostanze – al sequestro delle merci, fino ad arrivare – qualora in forza degli accertamenti effettuati questo risulti indispensabile per la tutela della salute pubblica – alla loro distruzione.
245 Più precisi riferimenti in F
ARO, La tutela del consumatore, cit., 4077-4079.
246 Cfr. anche il regolamento di esecuzione, D.P.R. 26 marzo 1980, n.327.
247 I controlli – che si esercitano sia nei confronti delle strutture (impianti), dei mezzi (strumenti tecnici e utensili utilizzati) e delle sostanze alimentari, sia delle persone (produttori, rivenditori, personale addetto alla fattiva produzione delle sostanze) – sono relativi a tutte le fasi del processo di produzione e distribuzione delle sostanze in parola.
141
Relativo alla produzione e alla distribuzione di prodotti medicinali è invece il d. lgs. 29 maggio 1991, n. 178, adottato in attuazione delle direttive delle Comunità europee sulle specialità medicinali per uso umano 65/65/CEE, 75/319/CEE, 83/570/CEE, e 87/21/CEE.
Attraverso il decreto è stato previsto il divieto di produrre una specialità medicinale senza l’autorizzazione del Ministero della salute, autorizzazione che viene rilasciata dopo accertamenti relativi alla disponibilità da parte dello stabilimento di personale e mezzi tecnici adeguati per la preparazione, il controllo e la conservazione di ogni medicinale prodotto. Dopodiché, il Ministero può comunque procedere in qualsiasi momento a ulteriori ispezioni degli stabilimenti e dei locali dove si effettuano produzione, controllo e conservazione dei medicinali, nonché al prelievo di campioni dei medicinali stessi. Specifiche norme sono dettate per la commercializzazione del farmaco: anche qui è richiesta l’autorizzazione del Ministero della salute, a meno che non sia intervenuta un’autorizzazione comunitaria – valida per tutti gli Stati membri e rilasciata da un comitato per le specialità medicinali composto da rappresentanti degli Stati membri e della Commissione – oppure che, a seguito di una procedura di mutuo riconoscimento dell’autorizzazione rilasciata da uno Stato membro, l’autorizzazione nazionale sia automatica e segua una semplice registrazione.
In entrambi i casi ora citati si può facilmente notare come i controlli pubblicistici siano decisamente pervasivi – prevedendo poteri autorizzatori, conformativi, ispettivi e di controllo in senso ampio – rispetto all’attività di iniziativa economica di settore, ed è piuttosto evidente come la giustificazione in termini di legittimità costituzionale della limitazione non può che passare direttamente dalla direttrice, a suo tempo segnalata, fra produzione (art. 41, primo comma Cost.), sicurezza (art. 41, secondo comma Cost.) e salute (art. 32 Cost.).
Più contenuti, ma pur sempre di una certa consistenza, sono i limiti e i controlli previsti nel caso che in gioco siano gli interessi economici dei consumatori, come accade negli specifici casi delle vendite straordinarie e delle manifestazioni a premio.
Rispetto alle prime – che sarebbero «le vendite di liquidazione, le vendite di fine stagione e le vendite promozionali nelle quali l'esercente
142
dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei propri prodotti» – rileva l’art. 15 del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 114 (di riforma della disciplina del commercio): qui si prevede l’obbligo di indicare lo sconto o il ribasso effettuato, espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita (che comunque deve essere esposto). Da menzionare anche il disposto del sesto comma, per il suo evidente rilievo pubblicistico – e per la sua problematicità, dopo la riforma del titolo V, atteso quel che si dirà poi rispetto alla materia del consumo ex art. 117 Cost. – rispetto alla ripartizione delle competenze fra enti territoriali: «le regioni, sentite i rappresentanti degli enti locali, le organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio, disciplinano le modalità di svolgimento, la pubblicità anche ai fini di una corretta informazione del consumatore, i periodi e la durata delle vendite di liquidazione e delle vendite di fine stagione».
Rispetto alle seconde (manifestazioni a premio)248 rileva il D.P.R. 26 ottobre 2001, n. 430, che prevede un’attività di controllo da parte del Ministero delle attività produttive, sia d’ufficio, sia su segnalazione dei soggetti interessati.
È prevista a carico dell’organizzatore una cauzione (art. 7) per garantire l’effettiva corresponsione dei premi promessi. Lo svolgimento di manifestazioni a premio è vietato, fra le altre cose, quando (art. 8) «il congegno dei concorsi e delle operazioni a premio non garantisce la pubblica fede e la parità di trattamento e di opportunità per tutti i partecipanti, in quanto consente al soggetto promotore o a terzi di influenzare l’individuazione dei vincitori oppure rende illusoria la partecipazione alla manifestazione stessa». Se viene individuata o segnalata una manifestazione vietata si apre una procedura, che coinvolge il promotore, e che può sfociare in un provvedimento motivato di immediata cessazione della manifestazione. Chiaramente, anche in questo caso si porrebbe il problema di ricondurre il concetto di pubblica fede ad uno dei limiti all’iniziativa economica privata dell’art. 41 Cost., operazione che peraltro non appare del tutto facile – atteso quanto già detto nella parte
248 Le manifestazioni a premio si suddividono in concorsi e operazioni a premio, di cui si occupano rispettivamente, l’art. 2 e l’art. 3 del D.P.R. in oggetto. La differenza sta nel fatto che nei concorsi il premio viene assegnato solo ad alcuni concorrenti e tale assegnazione può essere indipendente dall’acquisto di prodotti o servizi, mentre nel caso delle operazioni a premio, quest’ultimo viene assegnato a tutti i partecipanti, a seguito però dell’acquisto di un prodotto.
143
relativa all’inquadramento costituzionale della tematica –, senza ricorrere ad una lettura estensiva della clausola ‘sicurezza’.